domenica 12 novembre 2023

il crollo del ponte di Ozzanello (Appennino Parmense) del 30 ottobre 2023: come non costruire u attraversamento di un corso d'acqua


Fig.1: vista del ponte di Ozzanello da valle dopo il crollo
Un ponte può crollare per diversi motivi. Ma se crolla è probabile che qualcosa non abbia funzionato a dovere nella progettazione o nella dinamica dell’alveo. Qualche anno fa scrissi un post sui ponti “antichi” e su quelli moderni, facendo vedere che c’è negli ultimi decenni un po' di leggerezza nel costruirli (esempio classicissimo il nuovo ponte di Varese Ligure confrontato con il vecchio). È possibile che ci fosse più attenzione nel costruire i ponti durante la piccola era glaciale tra XIII e XVIII secolo perché le alluvioni a scala di bacino erano più frequenti e anche perché costruirne uno era una cosa difficile e costosa.
Per il crollo del ponte di Ozzanello, avvenuto il 30 ottobre 2023 durante una piena eccezionale sulla stampa è stato detto che il pilone ha ceduto perché l'onda d'acqua sovrastava il ponte nel momento di massima piena. Ma a vedere alcune immagini c’era qualcosa che mi sfuggiva. 

Fig.2: in celeste chiaro l'alveo di morbida,
in celeste scuro l'alveo di magra
Trovo giusto in prima battuta riepilogare alcune definizioni sugli alvei.
  1. Alveo di magra: la porzione dell'alveo che resta bagnata anche nei periodi più secchi, quando scorre poca acqua.
  2. Alveo di morbida: la porzione dell'alveo occupata dalle acque in condizioni di piena ordinaria nei periodi umidi, in cui scorre abbondante acqua.
  3. Alveo di piena: la porzione del letto fluviale occupata quando scorre una quantità eccezionale di acqua tale da inondare aree che normalmente sono asciutte.
Gli argini principali sono quelli che circondano l’alveo di piena e tutte le sistemazioni devono per forza fare riferimento all'alveo di piena (in particolare andrebbe evitato di infilarci dentro strutture come pilastri o, peggio, rilevati)

IL PONTE DOPO IL DISASTRO. Dati i miei dubbi ho fatto alcune ricerche in rete, e ho trovato la figura 1: si tratta probabilmente di una immagine da drone che mostra il ponte dopo il crollo, visto guardando verso monte. Si vedono chiaramente la campata destra ancora a posto, una campata al centro crollata e una lunga zona priva di struttura che potrebbe corrispondere ad una terza campata, appena caduta. Questa ricostruzione lascia parecchi dubbi per diversi motivi: 
(1) non si vedono minimamente tracce di questa terza campata (dove sarebbe finita?)
(2) ci sono dei tubi ancora sospesi (strano… se erano a lato della campata crollata o peggio contenuti all’interno come hanno fatto a salvarsi? Mah…)
ma soprattutto
(3) la campata crollata sembrerebbe più lunga delle altre due, circostanza costruttiva abbastanza insolita. 
La cosa – indubbiamente anomala – mi ha incuriosito ulteriormente e sono andato  a cercare di capirci qualcosa. 

fig.3: vista del ponte da monte lungo la riva sinistra

IL PONTE PRIMA DEL DISASTRO. Per ricostruire come fosse la situazione e quindi come era fatto il ponte, le immagini di Google sono state estremamente utili. La figura 3, presa da Street View di Google dalla strada provinciale 39 che scorre lungo la riva sinistra dello Sporzana, chiarisce le cose: il ponte consisteva in due campate, con in aggiunta un rilevato che collegava la stessa SP39 con l’estremo della campata sinistra del ponte. Questo rilevato partiva dall’argine sinistro di piena ed è la cosa che manca completamente dopo il disastro, come appunto si vede dalla figura 1.

figura 4: vista aerea con il tracciato dell'alveo di morbida e la parte in erosione della sponda

Figura 5: dal ponte, sulla sinistra idraulica dello Sporzana si vede bene che
in sinistra idraulica la corrente tende ad erodere l'alveo
LA DINAMICA DEL TORRENTE SPORZANA A MONTE DEL PONTE. Qui sopra nella figura 4 vediamo un aspetto particolarmente importante che emerge dall’immagine aerea di Google: il fiume sta creando subito a monte del ponte un meandro all’interno dell’alveo di morbida e per questo il rilevato della strada che dalla SP39 porta al ponte è diventato esso stesso nella sua parte più estrema l’argine dell’alveo di morbida.
Nella figura 5, qui accanto, che è presa dal ponte stesso al suo inizio in riva destra, si tova la conferma visiva della situazione: a causa della incipiente formazione del meandro la sponda sinistra dell’alveo di morbida a monte del ponte è chiaramente in erosione, essendo quella esterna del meandro in formazione. Quando è stato realizzato il ponte, il suo pilastro di sinistra si appoggiava sul rilevato, probabilmente in corrispondenza della sponda sinistra dell’alveo di morbida di allora. Ma l’erosione in riva sinistra ha provocato una regressione della riva, per cui il lato a monte del rilevato si è trovato a far parte della sponda dell’alveo di morbida.

figura 6: ricostruzione del disastro

LA PROBABILE DINAMICA DEI FATTI
. Quindi cosa è realmente successo al ponte di Ozzanello? Si vede dalla figura 6. 
Molto semplicemente a causa della piena la corrente del torrente Sporzana è andata sopra la sponda dell’alveo di morbida e ha demolito quella parte del rilevato che a seguito dell’erosone in riva sinistra era diventata la sponda. Lungo di esso la corrente particolarmente veloce essendo all'esterno della ansa è diventata estremamente erosiva, scavando il rilevato che alla fine è crollato. A questo punto la campata sinistra del ponte si è trovata senza l’appoggio sul rilevato, determinandone quindi il crollo.
La figura 6 riassume la situazione e soprattutto evidenzia il nuovo alveo dello Sporzana, che si trova al posto del rilevato ed è spostato a sinistra rispetto a quello precedente .

Perché succede questo? Perché un fiume lasciato libero tende a modificare il suo corso e all’interno dell’alveo di magra lo Sporzana era appunto libero di fare quello che farebbe naturalmente un fiume avendo spazi a disposizione, come si vede nel riquadro in basso a destra di della figura 6.

Direi quindi che l’errore fondamentale che ha portato al crollo è stato quello di costruirlo sostituendo parte della possibile travata in cemento armato con un rilevato all’interno dell’alveo di piena, usando come riferimento l'alveo di morbida: se il ponte fosse stato realizzato fino a comprendere tutta l’estesa fra le due rive dell’alveo di piena, probabilmente non sarebbe crollato.
La dinamica ricorda quella di un ponte crollato in Sardegna che si vede qui accanto: anche in questo caso l'attraversamento del corso d'acqua era parte in rilevato e parte in viadotto, con il rilevato che ha fatto da diga.



1 commento:

Gianluca Lovicu ha detto...


Mi riallaccio solo alla fine dell'articolo... Il ponte della Sardegna di cui si parla alla fine è il ponte di Oloè in territorio di Oliena... Ci morì un poliziotto che scortava un'ambulanza.

Dopo 10 anni, una prima ricostruzione e successiva abbattimento per ordine della magistratura che decretó la pericolosità del ponte (evidentemente progettato male), oggi è stato innaugurato il nuovo.
Non capisco se sia stato eseguito correttamente stavolta...

https://www.unionesarda.it/news-sardegna/nuoro-provincia/oliena-a-10-anni-dal-ciclone-cleopatra-riapre-il-ponte-di-oloe-s4rcjyig