Spesso e non solo su Scienzeedintorni, ho sempre espresso la mia opinione contraria rispetto a chi invoca i dragaggi in alveo come strategia di diminuzione della pericolosità idraulica (non del rischio… è un’altra cosa...) A chi lo chiedi ho a mia volta chiesto di considerare cosa succederebbe agli argini e alle pile dei ponti in caso di abbassamento dell’alveo. Ovviamente non ho ricevuto risposta in merito. Il 3 maggio nel momento in cui l’attenzione era rivolta alla situazione dovuta al primo evento alluvionale della Romagna, anche lungo la costa ionica della Sicilia settentrionale e in Calabria sono successi un po' di guai. In particolare è crollato un ponte sul fiume Trionto sulla SS 177. Questo evento rappresenta una ottima occasione per parlare delle dinamiche fluviali, in particolare della solita questione delle conseguenze della realizzazione di opere in alveo e soprattutto delle escavazioni che appunto a detta di qualcuno dovrebbero prevenire le alluvioni (anche se qui non si tratta di problemi legati alle escavazioni).
Il crollo del ponte sul Tronto rappresenta, come vedremo, un chiaro esempio delle conseguenze che potrebbe portare l’abbassamento degli alvei.
PONTE E ALVEO DEL TRIONTO. Nella costruzione non erano stati previsti i pali ma solo una fondazione in c.a. a platea di 8 x 8m con altezza di m 1,5 poggiante direttamente sui depositi fluviali. Non sono un esperto in materia, e quindi il mio giudizio “non conta”, ma la mancanza di pali sotto la platea mi ha lasciato un po' perplesso. Altri sono stati molto più precisi e hanno commentato la mancanza di pali in modo estremamente negativo, proponendola come concausa del disastro. Nell’immagine si vede molto bene dalle basi delle pile quanto l’alveo si sia approfondito dopo la costruzione del ponte stesso (che dovrebbe essere avvenuta intorno al 2014).
La domanda che viene spontanea è quanto di naturale e quanto di antropico (e cosa) abbia pesato per ottenere un risultato del genere. È noto che tutti i fiumi calabresi sono in erosione per il sollevamento regionale, ma l’attività tettonica non può dare degli effetti così rapidi a meno di improvvise deformazioni cosismiche. Al di là quindi di cause tettoniche, che sono attive “alla lunga” e non in 10 anni, fondamentalmente un abbassamento veloce e improvviso dell’alveo di un fiume (in altre parole, la comparsa di una violenta erosione) può essere attribuito a due fenomeni: - il prelievo non sostenibile di inerti a valle
- la diminuzione del trasporto solido
Il primo fenomeno è direi abbastanza intuitivo: il prelievo di inerti abbassa il livello dell’alveo e quindi tutta l’asta a monte dell’area interessata dalle attività reagisce alla modifica e quindi per ritornare ad un profilo ottimale l’alveo va in erosione (ed è il motivo per cui sono contrario alle escavazioni).
il secondo fenomeno è meno intuitivo per i non addetti ai lavori: l’erosività della corrente di un fiume dipende non solo dalla sua velocità, ma anche dalla quantità di carico solido trasportato; cioè un’acqua già carica di sedimento ha meno capacità erosiva di un’acqua che ne trasporta pochi.
i piloni del ponte e la forte erosione dell'alveo successiva alla costruzione del manufatto (foto Dr.Francesco Foggia) |
IL CASO-TRIONTO. Essendo nella parte verso il mare una classica fiumara, la maggior parte dell’alveo del Trionto è normalmente priva di acqua. Osservando le immagini di Google Earth a valle del ponte il suo esteso alveo evidenzia ad un occhio addestrato un deficit di trasporto solido di origine piuttosto recente.
Ma siccome non ci sono tracce di attività di prelievi di inerti questo è un indizio importante: è chiaro ed evidente come l’innesco dell’erosione che ha indebolito la pila del ponte sia dovuta ad una diminuzione del carico solido del fiume.
A sua volta la diminuzione del carico solido è teoricamente attribuibile a due fattori diversi:
- una diminuzione dell’erosione a causa della riforestazione, che notoriamente limita l’erosione dei versanti
- un blocco degli apporti solidi a causa della costruzione di briglie a monte
Ho interpellato un geologo che abita in zona, Francesco Foggia, che era andato a vedere la situazione subito dopo il disastro; le foto sono sue. Il motivo dell’erosione accelerata dell’alveo risiede nell’assenza di una briglia a valle del ponte in questione (la più vicina si trova oltre 1,5 km), mentre a monte il collega ne ha fotografate ben 6, realizzate dopo la costruzione del ponte. A valle la prima briglia si trova a circa 2 km dal ponte.
Inoltre in quel tratto un affioramento di roccia laminata di colore verde ha concentrato la piena sui depositi sottostanti i due piloni.
le briglie sul fiume: si nota la distanza troppo elevata fra il ponte e le briglie a monte immagine elaborata dal Dr. Francesco Foggia |
È evidente quindi che l’erosione dell’alveo sia dovuta fondamentalmente alla diminuzione del trasporto solido causata dalla recente costruzione delle briglie a monte, che abbattono drasticamente il carico solido. Possiamo comunque invocare anche la concausa della canalizzazione della corrente dettata da motivi stratigrafici (la roccia laminata).
NB: questo escluderebbe da un lato responsabilità nella filiera della costruzione del ponte, ma dall’altro c’è il grosso interrogativo sulla mancanza di pali sotto le platee, pali che comunque stante la situazione prima o poi entro qualche decennio non sarebbero stati sufficienti a meno di realizzare a valle del ponte una briglia. Stupisce però che nessuno si sia reso conto del problema.
LEZIONI PER IL FUTURO. Questa storia dimostra quanto possano essere impattanti per i manufatti le operazioni in alveo e quindi prima di realizzarle sarebbe meglio analizzare attentamente la situazione e capire le conseguenze. E probabilmente che un po' di prudenza nella progettazione di opere come un ponte con pile in alveo non guasterebbe, considerando scenari futuri che appunto possano apportare modifiche radicali alla dinamica fluiale (come è dimostrato dal caso in oggetto).
E visto che conseguenze simili si hanno pure a causa dei dragaggi in alveo, ancora una volta invoco la prudenza nei confronti delle ipotesi di dragaggio dei fiumi proposto come rimedio alle alluvioni, ritenendolo semplicemente un provvedimento che farebbe più danni rispetto ai presunti vantaggi.
La domanda spontanea è “quanti ponti sono nella stessa situazione, con o senza pali sotto le platee, e non solo in Calabria?”. Purtroppo fra disboscamento e costruzione di invasi, con la maggior parte dei fiumi italiani in erosione accelerata è chiaro che il problema si porrà presto in diverse situazioni, sia che abbiano pali sotto le platee che non. E a questo si aggiunge il normale degrado dei manufatti in cemento armato, notoriamente non eterni.
Insomma, per i ponti italiani si preparano momenti molto duri e come al solito ci limiteremo a reagire alle emergenze e basta.
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