Nel 2016 per il cinquantenario dell’alluvione del 1966, è stata organizzata una mostra a Firenze dal titolo "Arno, fonte di prosperità, fonte di distruzione". Che l’Arno possa essere fonte di distruzione non ci sono dubbi, ma una persona di oggi potrebbe chiedersi perché un fiume debba essere considerato pure fonte di ricchezza. In realtà se oggi i fiumi sono solo ostacoli da restringere, nel passato erano fondamentali per tanti usi e nonostante il pericolo di viverci accanto le loro sponde pullulavano di abitati. Martedì prossimo alle 21.00 (+ quarto d’ora accademico!) parlerò del rapporto fra l’Arno e Firenze in un caffè-scienza organizzato da Caffè-Scienza Firenze e Prato APS, associazione di cui sono uno degli animatori. Per chi non sta a Firenze l'incontro sarà anche trasmesso in streaming sul nostro canale YouTube
L’ARNO PRIMA DI FLORENTIA. L’Arno per Firenze è estremamente importante e per capire come è nata la città bisogna riassumere un attimo la situazione nel I millennio AC.
La piana dove oggi sorge la città e le aree limitrofe erano totalmente paludosa, come ricorda il Boccaccio nel Ninfale fiesolano:
Prima che Fiesol fosse edificata
di mura o di steccati o di fortezza,
da molta poca gente era abitata:
e quella poca avea presa l’altezza
de’ circustanti monti, e abandonata
istava la pianura per l’asprezza
della molt’acqua e ampioso lagume
ch’ai pie de’ monti faceva un gran fiume
Ai tempi di Boccaccio la situazione non era molto cambiata da quella del I millennio AC: quando l’Arno usciva come adesso alla estremità della piana, si divideva in più rami.
Il ramo centrale ricalca più o meno il corso attuale solo che all’epoca, non essendo stato ancora canalizzato, aveva un andamento molto meandreggiante con continui scambi di acqua con gli acquitrini e i laghetti prospicienti.
Il ramo di sinistra lambiva i colli tra Bagno a Ripoli e l’odierna Gavinana, poi era costretto a ritornare lungo il corso principale (quello attuale) a causa del Monte alle Croci (per i non fiorentini il colle del piazzale Michelangelo)
Il ramo di destra andava verso Campo di Marte ma qui c’è l’inghippo: specialmente chi va in bicicletta (vista la debole pendenza) sa che Piazza della Libertà, l’angolo fondamentale della circonvallazione, è in posizione più alta rispetto al resto dei viali. Questo perché il Mugnone entrando nella piana dalle Cure aveva formato una conoide (per i non geologi: un torrente quando entra nella valle principale siccome rallenta la velocità della corrente deposita sedimenti formano quindi una leggera altura nella piana). Questa conoide è stato il risultato di climi preesistenti e già all’inizio del I millennio AC era probabilmente in erosione. Però costituiva una serie di alture tra le Cure e l’Arno. Il ramo di destra dell’Arno quindi era un classico cul-de-sac: l’acqua si fermava lì e non poteva proseguire a causa di questa barriera. La palude del Campo di Marte è stata bonificata solo dopo il XIV secolo.
Costruendo le conoidi, in qualsiasi valle gli affluenti provocano una deviazione del fiume principale dalla parte opposta e l’Arno non fa eccezione: la conoide del Mugnone lo costringeva quindi a stringersi e a tenersi all’estrema sinistra della valle, lambendo il Monte alle Croci e più a valle la collina di Bellosguardo, prima di entrare nella vasta piana a valle.
GLI ITINERARI UMANI. In un mondo in cui uomini e merci si spostavano soprattutto per via acqua già i villanoviani avevano stabilito un villaggio in quel promontorio formato dalla parte più vicina all’Arno della conoide. I loro successori, gli etruschi invece vivevano sulle colline, prima ad Artimino, un borgo alle pendici del Montalbano vicino a Signa e successivamente a Fiesole. Ma nella zona a monte del promontorio, quella di Santa Croce, c’era il porto al servizio della città.
FLORENTIA. Poi arrivavano i romani. Le legioni invece si muovevano per strada. Tra Roma e il nord Italia c’erano due itinerari principali: l’Aurelia lungo la costa tirrenica o la Salaria attraverso le valli del Velino e del Tronto fino alla costa adriatica e poi lungo il margine dell’Appennino (e difatti Cesare dopo aver gettato il dado varcò il Rubicone per tornare a Roma). Ma anche senza una importanza assoluta, da Roma capirono che era necessario difendere l’unico guado del fiume fra Arezzo e la costa, dove l’Arno si stringeva grazie alla sinergia fra colli e conoide del Mugnone. Così sul promontorio sopra le paludi nacque Florentia, mentre il porto a monte del restringimento rappresentava un vantaggio logistico importante e forse fu addirittura costruito un ponte.
Il porto probabilmente ha contribuito a tenere quasi viva la città nei secoli bui.
L’ARTE DELLA LANA. Veniamo a qualche secolo dopo: Firenze diventa grande grazie all’arte della lana, mentre nascono al servizio delle vendite le banche, anzi le botteghe di cambio.
Le sponde del fiume pullulavano di mulini e il fiume era fondamentale per fornire l’energia alle macchine che servivano a battere la lana e anche per tingere i tessuti. Quindi senza l’Arno non sarebbe stato possibile lavorare la lana. Ma senza il fiume non sarebbe stato possibile neanche trasportare il prodotto grezzo e quello finito.
L’importanza dell’Arno per l’economia della città è dimostrata da un evento drammatico: la frana di Castagno di Andrea del 1335, che rese l’acqua talmente torbido che, come scrisse il Villani nella Nova Cronica fue ora che i Fiorentini dubitaro forte di non poterlo mai gioire, né poterne lavare o purgare panni lini o lani, e che però l'arte della lana non se ne perdesse in Firenze;
Nel frattempo con l’espansione della città nella zona di Santa Croce il porto si trasferisce a valle delle mura in riva sinistra, nella zona di Santa rosa, dove rimarrà fino all’inizio del XX secolo.
LE ALLUVIONI. Ma vivere intorno all’Arno oltreché necessario era pure pericoloso: già nel 17 d.C.: nel tentativo di prevenire a Roma le alluvioni del Tevere una commissione del Senato progettò di invertire verso l'Arno il flusso del Clanis, il fiume che percorreva la Val di Chiana, le cui acque si dirigevano nel Tevere attraverso il Paglia. Così, molto spaventati per il progetto, inviarono una delegazione a Roma per bloccare il progetto ed ottennero incredibilmente ragione
Poi verrà ripercorsa la storia delle alluvioni che hanno investito la città e verranno illustrati i lavori effettuati, in corso e futuribili per aumentare la sicurezza idraulica della città.
Nell’introduzione Tommaso Beni mostrerà alcuni suoi filmati sull’Arno, evidenziando bellezze e criticità del corso del fiume nel tratto cittadino.
Tra due geologi modererà un ingegnere, il prof. Fabio Castelli, docente di Costruzioni idrauliche e marittime e idrologia dell'Università di Firenze
L’incontro oltrechè dal vivo sarà visibile in diretta streaming. Il link sul sito www.caffescienza.it nella pagina dell’incontro è questo: https://www.caffescienza.it/programma-2022-2023/umanità-e-fiumi-il-rapporto-fra-larno-e-firenze
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