giovedì 15 ottobre 2020

No! cavare le ghiaie dai fiumi non è un rimedio contro le alluvioni.... (un'altra dannosa "leggenda metropolitana")


Dopo aver evidenziato il problema del ruolo dei fiumi nella gestione del territorio e la necessità di costruire un nuovo mondo intorno ad essi, oggi parlo di una questione assurda che viene sempre alla ribalta dopo le alluvioni: la visione secondo la quale per difenderci dalle alluvioni bisognerebbe dragare il fondo dei fiumi per abbassarne gli alvei, asportando un certo spessore di sedimenti fluviali. Nell’intenzione  di chi ne parla, verrebbe aumentata la portata  del corso d’acqua, cosa teoricamente utile in caso di piena. Secondo qualcuno ci sarebbero stati troppi anni di incuria e malinteso ambientalismo da salotto grazie ai quali gli alvei sono stati lasciati a se stessi, senza neanche toccare l’albero nell’alveo, e prima o poi i fiumi ti presentano il conto. Si trattasse solo di alberi chi ha pronunciato queste parole non avrebbe del tutto torto, perché l’effetto-diga provocato dai tronchi che si mettono di traverso sotto i ponti è decisamente uno dei fattori che possono provocare le alluvioni (ma se i ponti, specialmente su fiumi non troppo grandi, fossero a campata unica...). Il problema è che per qualcuno automaticamente questo vuol dire che per combattere le alluvioni sia fondamentale ripulire non solo dagli alberi ma anche dalla ghiaie, ignorando gli affronti fatti ai fiumi, in particolare restringendone gli alvei. In effetti questa visone tipica degli interessi di chi sfrutta la ghiaia fluviale, in questo periodo ampiamente portata avanti persino da sindaci, presidenti di Regione, parlamentari etc etc come panacea per le alluvioni, appare logica ai non esperti del ramo, ma in realtà fa sobbalzare sulla sedia legioni di geologi ed ingegneri ambientali e idraulici, perché è uno dei peggiori errori che si possano compiere. Oltretutto senza memoria, perché stiamo ancora pagando i danni delle escavazioni dei tempi passati. Passiamo in rassegna alcune delle motivazioni per le quali questa è una pratica in genere estremamente scorretta.


Lettera a La Stampa. Fino a quando lo dice un cittadino comune
che dichiara inoltre di non essere competente in materia è un conto;
quando invece lo dice un politico importante è un altro
Quando qualcuno parla di ambientalisti da salotto per molti aspetti ha ragione: l’ambientalismo italiano spesso ha atteggiamenti che contrastano con le “buone pratiche” in materia ambientale, soprattutto perché in molti ambientalisti manca una specifica cultura scientifica, e per questo non si rendono spesso conto di quello che stanno dicendo. Però sulla questione delle escavazioni dei fiumi bisogna andare cauti.
Innanzitutto queste operazioni andrebbero in realtà viste nel loro contesto e non giudicate aprioristicamente come si usa fare al solito in Italia, dove su qualsiasi questione si fa i manichei: o si deve essere “completamente a favore” o si deve essere “completamente contro”, quando spesso ogni azione (o inazione!) può avere conseguenze sia favorevoli che sfavorevoli a seconda dello stato dei luoghi.
 
PERCHÈ ESTRARRE MATERIALI DAI FIUMI? Le ghiaie e le sabbie fluviali rappresentano un ottimo prodotto di base per l’edilizia che ha diversi vantaggi per chi lo fa: 
  • è di facile estrazione
  • il materiale è di qualità pregevole, poiché risulta già pulito (cioè privo di sedimenti fini), disomogeneo e ben arrotondato
  • gli impianti, attualmente usati per la lavorazione di inerti cavati altrove spesso si trovano nelle golene vicino a vecchie cave 
  • la cava in alveo evita di usare a questo scopo spazio agricolo nella piana
I costi ambientali? Beh, non sono quasi mai presi in considerazione nelle valutazioni di progetti estrattivi (peraltro non solo in questi…) e di conseguenza cavare nei corsi d’acqua appare molto più conveniente rispetto che a farlo altrove, per i vantaggi di cui sopra. 
I sedimenti fluviali sono sempre stati sfruttati nei secoli passati, ma ad un tasso molto modesto (anzi, direi quasi sostenibile), fino agli ultimi decenni del XIX secolo, da quando l’inizio dell’espansione edilizia ha provocato un drammatico incremento della domanda di materiali da costruzione, domanda che ha raggiunto i livelli più alti nei 3 decenni successivi alla seconda guerra mondiale. Purtroppo, è stato ampiamente dimostrato come asportare i sedimenti alteri l’equilibrio del corso d’acqua, che nel giro di qualche anno tenderà a definire un nuovo profilo di equilibrio aumentando la propria azione erosiva di fondo alveo determinando la scomparsa del materasso alluvionale (il complesso di sedimenti  – sabbia, ghiaia e ciottoli – che costituiscono il fondo dell’alveo).

LA PROPOSTA DI LEGGE SULLE ESCAVAZIONI
. Constatati i guai che l’incontrollato prelievo di inerti ha provocato nei decenni precedenti al 1980, le Autorità furono costrette – peraltro obtorto collo – a vietare l’estrazione degli inerti dai fiumi. Da quel momento la credenza popolare secondo la quale le esondazioni siano favorite dal fatto che nell’alveo dei corsi d’acqua vi siano alberi, arbusti e molto, forse troppo, materasso alluvionale (che, appunto, diminuisce lo spazio per le acque) è stata alimentata ad hoc proprio dai cavatori e dalle aziende produttrici di materiale per l’edilizia, e – conseguentemente – da politici che dando ragione alla ggggente ricevono facili consensi di persone che non hanno ben chiara la situazione.
Nel 2018 è stata presentata la Proposta di Legge n. 260 «Disposizioni per la manutenzione degli alvei dei fiumi e dei torrenti», dove si afferma che la causa di tanti disastri stia “nella mancata pulizia degli alvei dei fiumi e dei torrenti che provoca l’innalzamento degli alvei, dovuto alla cronica deposizione dei sedimenti e di trasporto solido, riducendo la sezione, che non riesce più a contenere il volume d’acqua del bacino scolante”. Secondo questa proposta la maggior parte dei problemi di alluvione sarebbe risolta con una manutenzione costante del corso d’acqua, liberandolo dai tronchi d’albero e dal materiale vegetale che ne impediscono il regolare deflusso, e con una pulizia del fondale dei fiumi e dei torrenti dalla deposizione della sabbia e della ghiaia trascinate dalla corrente, dovuta a “una legislazione obsoleta, carica di inopportune ideologie ambientaliste”. 
Ovviamente nessun accenno alle cause antropiche delle alluvioni quali edificazioni in aree ad alta pericolosità e confinamento dei fiumi in alvei troppo stretti per sopportare le piene e alla mancanza di sfoghi nelle paludi non più esistenti dopo le bonifiche… (paludi che vengono attualmente un po' riprodotte dalle casse di espansione). Per rimediare a questo problema, il testo darebbe per tre anni poteri straordinari ai Presidenti delle Regioni per concedere a privati l’autorizzazione a estrarre “ciottoli, ghiaia e sabbia e altre materie dal letto dei fiumi: materiale lapideo, valutato sulla base dei canoni demaniali, che verrà reso agli operatori per quantitativi commisurati al lavoro svolto”. 

Insomma, gli estensori della legge non sanno (o non capiscono) che il problema non sta nei fondi degli alvei, ma nel fatto che i fiumi sono stati ristretti, rettificati e talvolta pure intubati e non possano più esondare facilmente, non sono più in grado di depositare sedimenti nelle pianure che allagavano. Per questo oggi nelle golene si sedimenta quello che si depositerebbe nelle piane. Questi sono dei seri problemi, ma rispetto ai desiderata dei cavatori in genere è un falso problema: cavare inerti dalle golene spesso non è possibile, innanzitutto perché sono sedimenti più fini rispetto alle ghiaie di alveo e poi perché le golene, specialmente quelle dei grandi fiumi padani, per la loro fertilità sono oggetto di ricercatissime concessioni a privati per uso agricolo. 
Un altro aspetto importante da considerare è la riforestazione dovuta all’abbandono delle campagne (e specialmente delle colline), che dal dopoguerra ha notevolmente diminuito in molti bacini l’erosione e quindi l’afflusso di sedimenti nei fiumi.

L'abbassamento del livello dell'Arno dalla metà del XIX secolo,
avvenuta nonostante il forte afflusso di sedimenti
dovuto al disboscamento massiccio della fine del XIX secolo
da Rinaldi e Simon (1998)
PERCHÈ IL DRAGAGGIO NON È UNA RISPOSTA CONTRO LE ALLUVIONI. Innanzitutto l’abbassamento diretto del livello del fondo nella zona di estrazione provoca un aumento locale di pendenza che tende a migrare verso monte, dove quindi l’alveo si approfondirà. E qui qualcuno dirà: ma è cosa buona! E invece no. Vediamo le conseguenze dell’abbassamento indiscriminato di un alveo (Rinaldi et al, 2005):
  • vengono scoperte le pile dei ponti, degli argini e delle briglie, compromettendo quindi la loro stabilità 
  • la diminuzione del livello del fiume provoca un abbassamento delle falde acquifere, provocando problemi di approvvigionamento idrico, la scomparsa di aree umide e l’alterazione della vege-tazione riparia perché il suolo è più secco 
  • Inoltre aumenta il rischio a valle perché accelera e concentra i deflussi, accentuando di conseguenza il picco di piena e la sua velocità di trasferimento verso valle
  • il deficit di trasporto solido sbilancia il delicato equilibrio dei litorali, già messi a dura prova dall’aumento del livello marino e, in molti casi, dalla subsidenza
Insomma, come è già successo fino agli anni ‘80, il prelievo di inerti dai fiumi rende instabile l’equilibrio geomorfologico non solo in zona, ma anche a forte distanza sia a monte che a valle.
 
Non solo, ma – cosa questa non troppo nota – l’abbassamento generalizzato degli alvei dovuto al sovrasfruttamento delle ghiaie che ha coinvolto fino ad oggi tutti o quasi i fiumi italiani si sta attenuando proprio per la cessazione di questa pratica che ha pure azzerato l’effetto degli estesi disboscamenti dell’Italia post-unitaria, quando i fiumi si erano riempiti di detriti, peggiorando dunque le loro prestazioni in quanto a portata utile, ma fornendo buon materiali che però oggi sono stati praticamente tutti sfruttati dove di buona qualità.  Anzi, addirittura in molti casi si assiste a una nuova fase di deposizione, nonostante il minor afflusso di sedimenti per la riforestazione: questo fa capire quanto abbiano inciso i prelievi di ghiaie! 
Questo comporta dei problemi di percezione da parte delle popolazioni (e di parecchi politici…)  che adesso vedono i fiumi meno incavati di prima e per questo si allarmano senza sapere che il fiume sta tendendo a tornare dov’era prima del disequilibrio antropico. E soprattutto l’abbassamento dell’alveo ha coinciso con una errata percezione di sicurezza spingendo a costruire in golena, generalmente abusivamente (regolarizzando poi grazie ai condoni) ma in qualche caso anche con i giusti permessi.

classico esempio delle conseguenze delle escavazioni
sui ponti: la parte della pila una volta sottoterra è ora scoperta
UN PERCORSO RAGIONATO. Questo non vuole assolutamente dire che in alcune condizioni l’estrazione di ghiaie non sia una opzione valida, ma lo è solo ed esclusivamente – appunto – in determinate condizioni, in genere associate – guarda caso – ad azioni antropiche... 
Per migliorare le condizioni di sicurezza e  la qualità ambientale e paesaggistica, l’approccio attualmente ritenuto corretto consiste nell’individuazione a livello di una intera asta fluviale di un assetto di riferimento o di progetto rispettoso delle caratteristiche generali del corso d’acqua. Nel concetto di "assetto" ci sono sia il ripristino e/o la rinaturalizzazione delle sponde quanto le "giuste" quote, profondità e larghezza dell'alveo (e si sa quanto gli alvei siano stati ristretti negli ultimi decenni). Ovviamente bisogna che il tutto sia compatibile con l'uso del suolo in atto nel bacino (in special modo per la risposta alle piogge). Tale assetto di riferimento deve poi essere applicato ai singoli segmenti fluviali (Luino, 2019).
Per assetto di riferimento non bisognerebbe considerare solo la profondità dell’alveo, ma anche la sua larghezza. 
Il successivo confronto tra l’assetto attuale e quello sperabile consente di valutare le attuali condizioni di funzionalità dell’asta fluviale e l’individuazione delle azioni da intraprendere per ottenere e successivamente mantenere  tale configurazione: si tratta quindi – banalmente – di analizzare gli attuali usi e programmare i possibili interventi utili per dar maggior spazio (e quindi respiro) ai fiumi..  Poco sopra ho usato l’avverbio sperabilmente perché,  purtroppo, spesso l’assetto di progetto ideale va in conflitto con l’attuale sviluppo antropico, e se l’obiettivo prioritario fosse quello di garantire adeguate condizioni di sicurezza per i centri abitati e le infrastrutture principali,  bisogna anche purtroppo pensare ad eventuali delocalizzazioni di edifici o di infrastrutture.
Un altro aspetto da non trascurare è quello dei ponti (ne avevo parlato qui). Ad esempio dopo la terribile alluvione del 1994, in Piemonte sono state svolte tante azioni che hanno consentito al territorio di reagire in modo positivo alla addirittura maggiore intensità dell’evento del 2016, dove ci sono stati problemi solo dove non si è voluto affrontare la questione.
 
 
Come musica associata direi: 
- Riccardo Marasco - L'alluvione (una scanzonata storia ambientata a Firenze il 4 novembre 1966)
- George Friedrich Haendel - Musica sull'acqua

Bibliografia:

Luino (2019) L’uomo e i corsi d’acqua: una convivenza che è diventata difficile fra urbanizzazioni intensive, alluvioni, danni e proposte di legge per  rimuovere i sedimenti fluviali Geologia dell’Ambiente 2/2019, 2-9

Rinaldi et al (2005) sediment mining in alluvial channels: physical effects and management perspectives River Res. Applic. 21: 805–828 

Rinaldi e Simon (1998) Bed-level adjustments in the Arno River, central Italy Geomorphology 22 (1998) 57-71 

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