giovedì 1 marzo 2018

Anche i neandertaliani erano dotati di pensiero simbolico !



Ormai è sicuro: anche i Neandertaliani erano dotati di pensiero simbolico. Il che non stupisce più di tanto, date le dimensioni del loro cervello, paragonabili se non superiori al nostro, anche se per qualcuno la forma meno rotonda della testa e le dimensioni corporee mediamente superiori lo fanno leggermente retrocedere nel rapporto massa cerebrale / massa corporea. Insomma, le ultime ricerche confermano definitivamente i sospetti che erano già stati avanzati in base a prove più che concrete: si tratta di datazione effettuate in Spagna di sedimenti sovrastanti a conchiglie trattate con pigmenti e di pitture murali; in tutti questo casi i reperti risalgono a tempi molto antecedenti la conquista da parte dei Sapiens della penisola iberica, l'ultima fortezza dei nostri cugini insieme ai monti Altai. A qusto punto chi pensava che i neandertaliani fossero ben inferiori a noi "umani" come intelletto (per qualsiasi motivo, da quelli scientifici a convinzioni più, diciamo, razziste o antievoluzioniste, dovranno ricredersi): i nostri cugini avevano dei bei pensieri. Anzi, le tracce di pensiero simbolico neandertaliane sono più vecchie di quelle fino ad oggi rilevate per i sapiens, il che vuole probabilmente dire che per definire la storia cultirale dei nostri antenati mancano ancora parecchi dati)


Il grande genetista Svante Paabo con un cranio neandertaliano
l’Uomo di Neandertal è al centro di un dibattito in cui ai dati scientifici, in particolare la parentela con Homo sapiens, gli eventuali incroci fra le due “specie” e le sue “capacità culturali” si somma per taluni una sovrastruttura culturale e/o religiosa che su queste cose non dovrebbe esserci. Inoltre ci sono stati (ma ci non ancora...) persone che considerano i neandertaliani poco più che degli scimmioni e negano drasticamente ogni possibile ibridazione tra noi e loro in maniera aprioristica e senza considerare i dati scientifici. Ho messo fra virgolette “specie” perché, come ho già scritto anni fa, fra le due correnti antropologiche, io sono un estremista di quella che tende a ridurre il più possibile il numero di “specie” tra le australopitecine a noi, considerando Homo una cronospecie protagonista di una grande trasformazione che partendo da creature prevalentemente arboricole dotate di una capacità cerebrale ridotta (anche se già ai massimi dell’epoca) ha portato ad esseri perfettamente a loro agio nel camminare eretti sulla superficie terrestre e capaci di trasformare massicciamente il pianeta, anche se i vari nomi con cui sono noti i fossili sono assolutamente utili per capire il posto dei vari reperti in questo grande processo.


Con l'evoluzione multiregionale i Neandertal
erano considerati gli antenati degli europei
NEANDERTAL E CULTURA. Un primo aspetto è nomenclaturale: si parla di Homo neanderthalensis con la “h”, ma di “Neandertaliani” senza la “h”: questo a causa di un cambiamento deciso dai linguisti nella ortografia generale tedesca qualche decennio dopo la classificazione, che ha tolto dalla parola “thal” (valle) la “h”; ma siccome la specie non può cambiare nome, allora nella nomenclatura ufficiale questa “h” rimane.
L’aspetto culturale è parimenti interessante perché il ritrovamento del suo primo fossile, insieme a quello di Archaeopteryx si colloca subito dopo la pubblicazione della prima edizione dell’Origine delle specie: entrambi i reperti quindi piovvero come macigni sul dibattito scientifico (e religioso) e senz’altro agevolarono i sostenitori dell’evoluzionismo. Una curiosità è che all’inizio le orbite particolarmente evidenti del fossile (un tratto tipicamente neandertaliano che rende ne riconoscibilissimi i crani) suggerirono ad antievoluzionisti e a coloro che negavano l’esistenza di altri Homo in generale che si trattasse di un soldato Ussaro morto aggrottando le ciglia…
Comunque per la maggior parte degli studiosi si trattava di un “parente stupido” di Homo sapiens fino a quando non venne alla luce l’ipotesi della “evoluzione multiregionale” di Homo sapiens. In questo quadro i neandertaliani rappresentavano gli antenati degli europei, e allora divennero “intelligentissimi”… per poi ritornare degli esseri dallo scarso intelletto quando le indagini genetiche stabilirono il quadro dell’espansione di una popolazione proveniente dall’Africa (l’ipotesi “out of Africa”), quadro che è ancora valido pur considerando che il quadro è sensibilmente cambiato dai tempi in cui l'ipotesi "out of Africa" scofisse l'evoluzione multiregionale. In ogni caso la capacità cranica dei neandertaliani era uguale – anzi, leggermente superiore – alla nostra.


A sinistra: cranio di Homo neanderthalensis
A destra: cranio di Homo sapiens
Si notano le orbite sporgenti del primo, da cui la deduzione
degli antievoiluzionisti che i resti erano di un soldato morto 
aggrottando le ciglia
I RAPPORTI GENETICI FRA I DUE HOMO. Secondo lo stato dell’arte attuale della ricerca sui rapporti fra Homo sapiens e H. neanderthalensis la divergenza fra questi due gruppi data tra 400 e 700 mila anni fa da un antenato comune che i più considerano quantomeno vicino a H. Heidelbergensis. I neandertaliani si diffusero in tutta l’Europa occidentale e lungo le sponde del Mediterraneo circa 400.000 anni fa (una data che corrisponde all'inizio del Riss), e verso est durante un periodo interglaciale più caldo circa 125.000 anni fa, quando arrivarono fino alla Siberia centrale.
Si possono notare nella genetica umana diverse differenze fondamentali fra gli africani (intendendo in questa denominazione esclusivamente le popolazioni a sud del Sahara) e il resto dell’umanità:
  • una maggiore varietà genetica degli africani, il che dimostra la derivazione di tutti i non africani da una sottopopolazione particolare dell’Africa
  • gli alleli comuni fra sapiens e neanderthalensis sono molto più comuni nelle popolazioni umane extra africane e dell’Africa settentrionale rispetto all’Africa sub-sahariana (anzi, si può dire che le popolazioni sub-sahariana sono le uniche non affette dall'evento di mescolanza) 
  • tracce di sapiens si trovano nel genoma dei neandertaliani dei monti Altai, una popolazione che mostra dei segni di isolamento genetico

Tutto questo potrebbe significare due cose diverse: 
  • una maggiore vicinanza genetica ai Neandertaliani delle popolazioni discendenti dai primi Sapiens migrati dall’Africa orientale (e quindi essere antica),
  • oppure la presenza incroci più recenti

Oggi sembra certa la seconda ipotesi: ad esempio nell’Africa settentrionale il segnale genetico dei Neandertal è più elevato nelle popolazioni con un'ascendenza locale, pre-neolitica e pertanto, la mescolanza rilevata non è dovuta a migrazioni recenti [1], anche se le linee dirette paterne e materne provenienti da questi incroci si sono perse.
Nel Vicino Oriente la presenza di esseri umani moderni (a Skhul e Qafzeh) e di Neanderthal (a Tabun) nel Levante fin da 120.000 anni fa fornisce un luogo in cui il flusso genico dai primi esseri umani moderni ai Neanderthal (e viceversa) potrebbe essersi verificato; di fatto, ci sono dei siti che dimostrano di essere stati alternativamente occupati dalle due popolazioni.
La scarsità, la frammentarietà e la cronologia spesso poco chiara della maggior parte dei fossili europei del Medio Pleistocene, oltre ad implicare controversie nella loro classificazione, sono un ostacolo ancora importante per capire di più sulle dinamiche che hanno portato i Neandertaliani ad occupare l’Eurasia centrale e occidentale e le sponde del Mediterraneo. Una questione molto complessa di cui eventualmente parlerò in altra occasione.

Le leggendarie pitture della grotta di Altamira, 
opera "recente" dei cacciatori - raccoglitori solutreani 

CAPACITÀ COGNITIVE E COMPORTAMENTO SIMBOLICO. Quello di cui voglio parlare in questo post è la questione delle capacità cognitive dei Neandertaliani; l’occasione è data da due articoli usciti in questi giorni che hanno fatto molto “rumore”, associando inequivocabilmente a questi uomini delle manifestazioni del pensiero simbolico. Quando 5 anni fa sono stato alla Scuola di Paleoantropologia organizzata dal buon Marco Cherin all’università di Perugia, una delle principali questioni di discussione al di fuori dell’aula verteva proprio sulle eventuali capacità di pensiero simbolico da parte dei Neandertaliani.

Per più di un secolo, le prove archeologiche sembravano suggerire una comparsa dei manufatti simbolici piuttosto tarda, databile al contesto della cosiddetta rivoluzione del Paleolitico superiore, quando circa 40.000 anni fa in Europa appaiono – apparentemente all’improvviso – arte rupestre, figure scolpite, strumenti ossei decorati, e gioielli in osso, dente, avorio, guscio, o pietra.
Il tutto ha portato alla conclusione che la comparsa del pensiero astratto e quindi del "comportamento moderno" tipico degli esseri umani anatomicamente moderni, sia stata la molla che ha consentito la sostituzione delle popolazioni euroasiatiche contemporanee, come i Neandertal o gli eredi asiatici di erectus e i Denisovani, da parte di questa popolazione “più capace”. Un ovvio corollario è che le popolazioni “arcaiche” di cui sopra erano ancora prive di pensiero simbolico e possibilmente anche della lingua.
In questo quadro i sapiens appena usciti dall’Africa del vicino oriente di oltre 100.000 anni fa si sono diretti verso il sudest asiatico perché i neandertaliani erano ancora un osso duro, e solo una rivoluzione culturale nella quale ha avuto molto peso la comparsa del pensiero simbolico avrebbe consentito loro, decine di migliaia di anni dopo, di strappare ai loro cugini il controllo dei loro territori.
La presenza di un comportamento simbolico è dedotta dall'uso, presumibilmente per l'ornamento del corpo, di pigmenti minerali, conchiglie (spesso colorate), artigli e piume di Aquila, per arrivare all'arte rupestre, che ne costituisce una prova particolarmente impressionante e suggestiva. Però, come nel caso dei reperti paleontologici e degli utensili, la scarsità dei reperti fornisce poche basi sulla cronologia della sua comparsa (e, aggiungo, la presenza di un oggetto o un uso fornisce una sua età minima, dimostrando la sua presenza almeno da quel momento, ma non consente di sapere da quanto tempo prima era adottata, a meno di evidenze della sua mancanza).
Ciottolo inciso databile a 77.000 anni fa, da [2]
Insomma, è pertanto possibile che la cultura simbolica sia ben più antica di quanto si pensava fino a poco tempo fa e che si collochi almeno immediatamente prima dell’inizio dell’espansione di sapiens fuori dall’Africa
Diciamo che a me questa apparizione così tarda mi è sempre suonata strana poiché artefatti simbolici caratterizzano anche culture come quella Australia, che si divise dal resto della famiglia umana prima di 40.000 anni fa (anche se qualche idea sulla “convergenza culturale” poteva spiegarla). E gli ultimi due decenni di ricerca hanno contestato l’idea di una origine così recente del pensiero simbolico: utilizzazioni di pigmenti ocracei sono evidenti da 100.000 anni e già nel 2002 furono trovati in Sudafrica ciottoli incisi risalenti a poco meno di 80.000 anni fa [2]. Ancora più antiche sono le conchiglie marine forate e dipinte con pigmenti ocra ritrovate in vari siti della costa mediterranea africana [3]. 
Nel contempo  è stato dimostrato che le strutture vocali e uditive dei fossili di Atapuerca / Sima de Los Tonios, vecchi di circa 500.000 anni e appartenenti a Homo heidelbergensis,  mostrano la capacità di produrre e percepire i suoni emessi durante la moderna lingua parlata umana [4]. H.heidelbergensis è considerato l’antenato comune di sapiens e neandertal e i fossili di Sima de los Tonios in particolare possono rappresentare gli antenati dei neandertaliani, che compaiono poco tempo dopo. Insomma, le radici del linguaggio possono essere molto più antiche di quanto si ritiene oggi e presenti nell'antenato comune di sapiens e neanderthalensis.

Accune conchiglie pigmentate rinvenute a 
Cueva de los Aviones, da [7]
LE NUOVE DATAZIONI CHE ATTRIBUISCONO AI NEANDERTALIANI SPAGNOLI IL PENSIERO SIMBOLICO. Venendo ai Neandertaliani, la loro cultura era descritta come piuttosto stabile per centinaia di migliaia di anni, e la cosiddetta cultura Chatelperroniana è stata interpretata come imitazione da parte dei Neandertaliani della cultura dei sapiens.
Però c’è la possibilità che delle conchiglie vecchie di 100.00 anni trovate a Qafzeh Cave  in Israele siano state usate in una collana, perché, nonostante i fori siano naturali e non intenzionalmente prodotti da esseri umani, mostrano evidenti tracce di coloritura con un pigmento ocraceo. Questo ultimo sito è inequivocabilmente Musteriano e quindi neandertaliano [5]. Ci sono poi altre segnalazioni di siti neandertaliani con tracce di sensibilità artistica o pensiero simbolico: un osso di corvo decorato in Crimea e, in molti siti, falangi terminali di  uccelli con tracce evidenzianti una deliberata rimozione degli artigli [6].
I due articoli a cui ho accennato all’inizio, avendo datato i reperti neandertaliani di due località iberiche dimostrano definitivamente che i Neandertal erano dotati di pensiero simbolico.


Cueva de Los Aviones [7] è una grotta lungo la costa meridionale della Spagna, vicino a Cartagena. Questo sito del Paleolitico medio europeo è stato chiaramente occupato da Neandertaliani. Vi sono stati trovate conchiglie forate con residui di vari pigmenti, mentre altre conchiglie che servivano come contenitore di pigmenti mostrano residui di miscele coloranti complesse.  

La datazione di queste conchiglie con il radiocarbonio è piuttosto difficile per due aspetti:
  • le stime di età sono ai limiti della rilevazione per questo metodo (anzi, direi ben oltre)
  • non è detto che si possa considerare queste conchiglie come un sistema “chiuso” nei confronti del carbonio dall’epoca della loro deposizione ad oggi e se un sistema non è chiuso nei confronti dell’elemento che si considera la datazione non è possibile

Quindi è stato deciso di applicare il metodo Uranio – Torio, ampiamente utilizzato per esempio nella datazione di stalattiti e stalagmiti, specialmente in campo paleoclimatico. Non sono state datate le conchiglie, bensì un sedimento immediatamente al di sopra, con cui è stato ottenuta una età minima dei reperti che va tra i 115 e i 120.000 anni fa. La datazione è perfettamente compatibile con la storia della grotta stessa, che prima della deposizione di questo sedimento subaereo era sotto il livello del mare ed è emersa solo dopo il suo calo registrato 118.000 anni fa. Insomma, gli abitanti di Cueva de Los aviones avrebbero scoperta ed abitato (o, almeno, utilizzato) la grotta quasi immediatamente dopo che si è resa disponibile.
Naturalmente queste conchiglie rappresentano gli artefatti più vecchi dipinti mai scoperti (anche, eventualmente, di quelli di Qafzeh), e quindi viene confermato che questo primato spetti – per adesso – ai neandertaliani. 

L'impronta di una mano impressa nella roccia
67.000 anni fa in falsi colori a Maltravieso, da [8]
Nel secondo lavoro [8] è stata accertata la paternità neandertaliana di altri classici esempi  di pensiero simbolico, le pitture rupestri. Siamo sempre nella Spagna meridionale (Estremadura e Andalusia), ma anche a nord, in Cantabria. In questi siti sono state confermate precedenti ipotesi che però non erano ben circostanziate. Le pitture nelle grotte quando sono eseguite su una concrezione calcarea possono essere datate analizzando la concrezione stessa con il metodo U / Th, che ovviamente sarà più vecchia della pittura, oppure considerando una concrezione che l’ha eventualmente ricoperta, e in questo caso la pittura è più antica della concrezione in oggetto.
È evidente che, dovendo estrarre un campione, in entrambi i metodi si perde una parte della pittura, ma si tratta di una porzione quasi infinitesimo (meno di 10 milligrammi) e quindi non si produce un danno eccessivo.
Nella grotta di La Pasiega (Cantabria) è stata ricavata una età minima di 65.000 anni; al sud a Maltravieso (Estremadura) l’età minima è 67.000 anni; a Doña Trinidad (Andalusía) la situazione è estremamente complessa, essendo questa attività ripetuta nel tempo in diverse fasi, tra i 67 e i 38 mila anni fa.
Le date più recenti di Doña Trinidad sono possibilmente compatibili sia con la presenza di neandertaliani che di sapiens, collocandosi più o meno nella fase di sostituzione della vecchia popolazione con la nuova, ma per quelle più vecchie di questo sito e per le altre pitture le datazioni non lasciano alcun dubbio: dato che a quei tempi H. sapiens non era ancora arrivato in Spagna, queste opere sono dovute ai Neandertaliani, i quali – di conseguenza – erano quindi dotati di pensiero simbolico come gli esseri umani moderni. Ed è un dato di fatto, qualsiasi cosa si pensi su come H. neanderthalensis si ponga rispetto a noi. Soprattutto, il corollario di questi risultati è che la capacità di simbolismo sia molto più antica di quello che le testimonianze archeologiche abbiano finora evidenziato perché doveva per forza essere appannaggio dell’antenato comune fra noi e i neandertaliani circa mezzo milione di anni fa, come i fossili di Atapuerca dimostrano per il linguaggio. 

[1] Sanchez-Quinto et al. (2012) North African Populations Carry the Signature of Admixture with Neandertals. PLoS ONE 7(10): e47765. doi:10.1371/journal.pone.0047765
[2] Henshilwood et al 2002 Emergence of Modern Human Behavior: Middle Stone Age Engravings from South Africa Science 295, 1278-1280
[3] Bouzouggar et al (2007) 82,000-year-old shell beads from North Africa and implications for the origins of modern human behavior. PNAS 104, 9964–9969
[4] Martínez et al 2013 Communicative capacities in Middle Pleistocene humans from the Sierra de Atapuerca in Spain. Quat. Int. 295, 94–101
[5] Bar-Yosef Mayer et al (2009) Shells and ochre in Middle Paleolithic Qafzeh Cave, Israel: Indications for modern behavior. J. Hum. Evol. 56, 307–314
[6] Majkić et al (2017) A decorated raven bone from the Zaskalnaya VI (Kolosovskaya) Neanderthal site, Crimea. PLoS ONE 12(3): e0173435. doi:10.1371/journal.pone.0173435 
[7] Hoffmann et al. (2018) Symbolic use of marine shells and mineral pigments by Iberian Neandertals 115,000 years agoSci. Adv. 2018;4:eaar5255
[8] Hoffmann et al. (2018) U-Th dating of carbonate crusts reveals Neandertal origin of Iberian cave art, Science 359, 912–915

1 commento:

gios ha detto...

Articolo veramente brillante molto aderente al mio libro "IL NEANDERTHAL, CUESTO SCONOSCIUTO" . Consiglio la tettura, per maggiori ragguagli digitare www.facebook.com/giossone34 .