mercoledì 29 luglio 2015

Le emissioni gassose dell'eruzione del Bardarbunga


L'eruzione del Bardarbunga, iniziata alla fine di agosto del 2014 e conclusasi nel febbraio successivo, ha appassionato i vulcanologi all'inizio per gli eventi che l'hanno preparata, poi per le sue dimensioni, nonostante le quali per fortuna ha avuto poca incidenza sulle attività antropiche e sulla salute per tutta una serie di motivi. Ora è tempo di bilanci, soprattutto sulla qualità e sulla quantità delle emissioni gassose. C'è stato un attento monitoraggio dell'SO2, il cui tenore in atmosfera in alcuni momenti è stato piuttosto elevato. Inoltre si evidenziano differenze significative nelle percentuali di emissione dei volatili fra questa eruzione e quella del Laki del 1783: segnatamente il livello di CO2 è stato nettamente inferiore a quello che ci si poteva aspettare.

UNA GRANDE ERUZIONE

Le fontane di lava del Bardarbunga, alte fino a 50 metri 
L'eruzione in Islanda del Bardarbunga è durata circa 6 mesi tra il 31 agosto 2014 e il 27 febbraio 2015. Nell'agosto scorso ho scritto diversi post sulla situazione proprio perchè era possibile che avvenisse qualcosa di davvero importante. Qui ho presentato il vulcano: dopo mesi di forte sismicità sotto l'edificio principale del vulcano, che è sepolto sotto il Vatnajokull, il più grande ghiacciaio europeo, l'apparato centrale ha emesso solo una piccola frazione di magma il 23 agosto. Successivamente la sismicità ha evidenziato che la lava si stava incuneando lungo una frattura preesistente appartenente ad un sistema di fratture, il Trollagigar, che in qualche modo collega il Bardarbunga ad un altro vulcano, l'Askja. A 35 km di distanza dal Bardarbunga il magma non ha potuto più espandersi lungo quella frattura lineare, probabilmente perchè aveva incontrato il sistema radiale dell'Askja, ed è emerso in superficie il 31 agosto nella zona di Holuhraun, a nord del Vatnajokull dopo che una prima emissione di lava,sempre lì, 2 giorni prima.
Durante l'eruzione sono stati messi in posto più di un km e mezzo cubo di lave basaltiche, che ne fanno il maggior evento islandese dopo la forte eruzione del Laki degli anni 1783 / 84, che - comunque - ne aveva emessi ben 15 in un tempo più o meno simile. La colata è avanzata di 17 km in due settimane.
Ho anche scritto un post per smentire le dicerie catastrofistiche che si trovavano in giro, scritte da chi con voglia di sensazionalismo ma realismo zero immaginava scenari come quelli del Laki.
La fine dell'eruzione ha anche interrotto il processo di subsidenza della caldera del Bardarbunga, accompagnata da sismi piuttosto forti. Il rischio di un suo collasso definitivo si è per fortuna rivelato soltanto teorico.

TUTTO SOMMATO È ANDATA BENE: POCHI DANNI

Ora è tempo di bilanci.
Il problema maggiore di questi mesi non è stato la produzione di lava a Holuhraun, una zona deserta e quindi con uno scarsissimo impatto sulle attività umane e sull'ecosistema: diciamolo francamente, meglio di così non poteva andare... se l'eruzione fosse avvenuta sotto il Vatnajokull anzichè sfruttare la frattura propagandosi per chilometri oltre il limite del ghiacciaio, ci sarebbero stati due rischi

  • una drammatica alluvione  provocata dal suo improvviso scioglimento (fenomeni del genere sono talmente “comuni” in Islanda da avere un nome, Jokulhlaups)
  • e un blocco del traffico aereo per le ceneri che si sarebbero diffuse in aria a causa del contatto fra la lava e il ghiaccio, come per l'eruzione dell'Eyjafjallajokull nel 2010


È stata anche scongiurato il possibile collasso della caldera del vulcano, che durante l'attività a Holuhraun si è abbassata continuamente di circa 60 metri. Oltre ad un lento movimento continuo, se ne sono verificati di improvvisi in coincidenza di terremoti, di cui alcuni con M uguale o superiore a 5.
Inoltre il fatto che sia avvenuta d'inverno, in una fase di bassa crescita dei vegetali e in cui gli animali vivono ad altezze minori (i valori di inquinamento aumentano con l'elevazione del terreno) ha contribuito a diminuirne ulteriormente l'impatto.

LE EMISSIONI DI GAS DEL BARDARBUNGA

Un articolo appena uscito ha presentato un sommario dei primi dati sull'inquinamento provocato da questa eruzione su Geochemical Perspectives Letters, la rivista della European Association of Geochemistry (1).

Le emissioni di SO2 risultano essere state oltre una decina di milioni di tonnellate, un quantitativo superiore alle emissioni antropiche europee di tutto il 2011. In particolare è stata passata in molte occasioni la soglia di 350 μg al metro cubo di SO2 nell'aria in varie zone dell'isola; concentrazioni anomale di questo composto sono state misurate persino in Europa continentale in settembre, durante la fase iniziale in cui le emissioni erano superiori a 1400 kg al secondo (alla fine erano appena 100). 
La figura, proveniente dall'articolo citato, evidenzia in particolare la drammaticità della situazione a Hofn, cittadina posta a un centinaio di km a SE di Holuhraun. Naturalmente il gioco dei venti ha spostato continuamente l'area di massima concentrazione dei volatili: si nota per esempio come le concentrazioni massime nell'aria di Rejkjavik, a SW, siano contemporanee a basse concentrazioni a Hofn.
A causa delle emissioni combinate di CO2, SO2 (idratato in H2SO4), HCl e HF, la neve nella zona ha un pH medio di circa 3.3 (e scusate se è poco) e un contenuto di metalli pesanti ampiamente al di sopra dei limiti ammessi per le acque minerali
Per fortuna un parte dell'acidità è stata soppressa dalle reazioni con le polveri generate dall'eruzione stessa.

Quanto alle piogge, anche queste hanno mostrato dei valori significativamente molto acidi. Vediamo in questo diagramma la situazione a Borgir, sempre vicino a Hofn. L'area in blu rappresenta il pH medio delle piogge in quell'area in assenza di fenomeni eruttivi. Le forti oscillazioni dipendono soprattutto dalle variazioni dei venti prevalenti, mentre si nota, in perfetto accordo con quello che ci si aspetterebbe, che i valori più bassi di pH si hanno nella fase iniziale dell'eruzione quando le emissioni di SO2 erano alle stelle. 
Le interazioni fra polveri, gas e acqua hanno portato i tenori di ione solfato e fluoruro a oltre 60 volte il normale. I valori maggiori li abbiamo a ovest del sito eruttivo.

Bassi valori di pH aumentano la solubilità dei sali di diversi metalli, pesanti e non, e quindi l'acidità elevata aumenta la concentrazione di ioni metallici nelle acque, un fattore importante per la biologia dei corsi d'acqua perchè la loro presenza a livelli anche molto meno elevati di questi riduce ad esempio l'aspettativa di vita di molti pesci.

LE BASSE EMISSIONI DI CO2 DELL'ERUZIONE DEL BARDARBUNGA

In questa eruzione le emissioni di CO2 sono state piuttosto basse: sarebbe stato lecito aspettarsi un valore intorno ai 20 milioni di tonnellate e invece ne sono state prodotte solo 6, meno di quelle di SO2. La cosa mi ha spinto a contattare uno degli Autori, il quale mi ha detto che non è una situazione inedita in Islanda, anche se non è chiaro ancora perché – nello specifico – il magma del Bardarbunga si è comportato così.  
A questo hanno fatto da contraltare i primi giorni dell'attività, in cui il CO2 era decisamente molto maggiore di SO2
Le possibilità aperte sono due: 

  • eterogeneità della sorgente (in questo caso con pochi volatili) 
  • degassamento durante l'evoluzione del magma 

Non è ancora possibile sapere quale delle due soluzioni sia quella giusta


(1) Gíslason et al. (2015) Environmental pressure from the 2014–15 eruption of Bárðarbunga volcano, Iceland. Geochemical Perspective Letters (2015) 1, 84-93 | doi: 10.7185/geochemlet.1509

3 commenti:

zoomx ha detto...

C'è una terza possibilità. Le misure di CO2, se non ho capito male, sono state raccolte solo dalle stazioni Multigas che stanno a terra e non nel pennacchio. Infatti scrivono" The measurements were only possible when the plume was grounded near source." Ma non c'è scritto come hanno stabilito che il pennacchio è schiacciato al suolo.
Inoltre, da manuale, le schede Edimburgh NG hanno bisogno di 30 minuti di riscaldamento e da specifica operano a temperature maggiori di 0°C
http://www.edinburghsensors.com/files/file/technical-specifications/EI%20Gascard%20NG%20Flyer.pdf
Non so se è esattamente il modello utilizzato poiché nell'articolo non viene specificato.
Viene invece specificato il tempo di riscaldamento prima della misura: 10 minuti, un terzo delle specifiche.
Da esperienza personale, proprio con queste schede, le misure iniziali sono sensibilmente inferiori a quelle a riscaldamento avvenuto.
In altre parole mi sembra che ci sia una sottostima. Ma può essere che mi sbagli, nell'articolo mancano le informazioni per stabilire se le misure sono valide o meno.

Aldo Piombino ha detto...

grazie per la precisazione.
Non avevo pensato a questo perchè altri magmi in Islanda hanno queste caratteristiche.

In particolare sembrerebbe che questi basalti siano sovrassaturi in CO2 a 25 km di profondità e poi si possano sgassare. Anche se la disomogeneità della sorgene non viene esclusa

consiglio la lettura di Hartley et al Reconstructing the deep CO2 degassing behaviour of large basaltic fissure eruptions HPSL Volume 393, 1 May 2014, Pages 120–131

zoomx ha detto...

Articolo letto. Se non ho capito male forniscono una stima minima ma non speculano su quanto potrebbe essere la massima. Grazie per la segnalazione.

Del resto la rete permanente islandese è centrata sulla SO2 al suolo che è poi quella che nel passato dovrebbe aver dato problemi alla popolazione.

Se non erro l'unico posto dove c'è una rete e delle misure più o meno attendibili è l'Etna. Ci sono installate le Multigas di cui parla l'articolo sulle emissioni del Bardarbunga, ma è oggetto di misure periodiche ma non continue (per la CO2, la SO2 è misurata in continuo da almeno un decennio) in telerilevamento direttamente sul pennacchio.