Il progetto GeoMol – Assessing
subsurface potentials of the Alpine Foreland Basins for sustainable
planning and use of natural resources, promosso dal ministero per
l'ambiente del land della Baviera in collaborazione con varie
istituzioni, fra le quali per l'Italia l'ISPRA e le regioni Lombardia
ed Emilia – Romagna, ha voluto esplorare le georisorse esistenti in
alcune aree – campione nei grandi bacini sedimentari che circondano
le Alpi: la Pianura padana a sud e il bacino delle Molasse Svizzere a
N, con una ulteriore applicazione in un'area nel
bacino Pannonico tra Ungheria, Slovenia e Austria che non fa parte
del progetto principale. I dati scientifici sono stati inseriti in
due software specifici consultabili on line sul sito, uno su mappa e
uno in 3D. Il tutto è pubblicato in un report (1)
scaricabile liberamente. Una operazione del genere dimostra come nei bacini intorno alle Alpi il sottosuolo possa essere sfruttato per la geotermia e per lo stoccaggio di gas. Con i vantaggi a cascata in termini di ambiente, bilancia commerciale e posti di lavoro.
Lo scopo del progetto Geomol era
l'individuazione delle georisorse dei grandi bacini sedimentari
intorno alla catena alpina prendendo in esame delle aree campione, visibili nell'immagine qui accanto.
A Sud della catena alpina c'è la pianura padana: sopra un basamento paleozoico si trova una serie
sedimentaria la cui deposizione è iniziata nel Triassico. La
successione è davvero spessa: in alcune zone solo nel Pliocene si
sono deposti 5 km di sedimenti. Questo bacino oggi è stretto fra le
Alpi e gli Appennini che lo hanno in parte deformato, quindi la sua
struttura tettonica è complessa.
Il bacino delle molasse, sviluppatosi a
partire da 35 milioni di anni fa (fine dell'Eocene) lungo il margine
settentrionale della catena è un'area arcuata e lunga un migliaio di
km e larga tra 30 e 100, grossolanamente dalla Savoia alla Boemia. Questi sedimenti, che raggiungono i 7 km di spessore, provengono dall'erosione della
catena in formazione: si sono deposti su di un basamento cristallino paleozoico
simile alle rocce che compongono le vecchie catene erciniche
affioranti come Massiccio Boemo, Vosgi, la foresta Nera e Massiccio
Centrale Francese, parzialmente coperto da una serie marina tra
Mesozoico e Terziario inferiore.
Anche le molasse sono state oggetto di
deformazioni da quando si sono formate ad oggi, ma in maniera più
ridotta rispetto a quanto è avvenuto a sud.
Nella fase iniziale del progetto sono
stati esaminati i dati geologici disponibili: carte e sezioni a varia
scala, una gran quantità di profili sismici e dati di sondaggi e
stratigrafie di pozzi. I pozzi sono serviti soprattutto ad
individuare esattamente il significato delle discontinuità emerse
dai profili sismici per calibrarli, come si vede dalla figura qui
accanto.
LE GEORISORSE NEI BACINI INTORNO ALLE ALPI
Una georisorsa è un qualsiasi
potenziale di utilizzo del sottosuolo: falde acquifere, miniere,
pozzi per gli idrocarburi sono gli esempi più classici, ma sono
georisorse anche acque termali, corpi geotermici e le zone adatte per
stoccare gas nel sottosuolo. Sono raffigurate in questa immagine del
servizio geologico olandese.
Per valutare le georisorse delle aree campione sono stati
indicati alcuni parametri:
- le caratteristiche dei sedimenti dei
bacini, la cui successione è nota
- l'assetto strutturale
- la distribuzione delle temperature
A livello minerario le cose non vanno
bene, nel senso che le uniche risorse possibili sarebbero gli
idrocarburi (ma la maggior parte degli oltre 250 serbatoi scoperti è
ormai già stata sfruttata quasi totalmente, e non è considerata
realistica l'ipotesi di nuove scoperte importanti) e il carbone (le
cui ultime coltivazioni sono state abbandonate entro il 2000 per i
costi di estrazione troppo alti; le riserve sarebbero consistenti
numericamente ma a causa delle elevate emissioni di CO2 connesse al
suo utilizzo, non vengono considerate utili.
Riveste invece una grande importanza la
produzione di acque a scopo termale, idropotabile, irriguo ed
industriale
La georisorsa più importante secondo
GEOMOL è la geotermia (ecco perché è stato lo studio delle
temperature è stato un obbiettivo fondamentale del progetto). Il
calore interno terrestre è dimostrato dalle elevate temperature che
le maestranze dovettero sopportare quando furono traforate le prime
grandi gallerie transalpine come il Sempione e dalla presenza di
acque termali calde. Il gradiente geotermico varia da zona a zona (un
valore “medio” è di circa un grado ogni 30 metri). Sono stati
usati vari metodi per misurarlo.
Parlando di geotermia in Italia vengono
automaticamente in mente Larderello e i suoi soffioni. Nelle zone
circumalpine non ci sono vulcani né magmi intrusi nella crosta
superiore ancora caldi come in Toscana, però la geotermia si può
fare con temperature molto più basse: già tra i 20 e i 40 °C le
acque vengono usate a scopo termale o per il riscaldamento con pompe
di calore. Oltre questa temperatura si possono utilizzare gli
scambiatori di calore e già a 100°C si può pensare al
riscaldamento industriale o alla generazione di energia.
Il potenziale geotermico indica la
capacità del sottosuolo a rendere utilizzabile questa risorsa,
rinnovabile e che presenta (a parte alcuni casi come Larderello
.....) livelli di produzione di gas – serra molto bassi. I vantaggi
sono evidenti: oltre al contrasto dei cambiamenti climatici, il
minore ricorso ai combustibili fossili riduce l'inquinamento
atmosferico che deriva dal loro uso, trasporto e trasformazione; e si
deve pure considerare i riflessi sulla bilancia commerciale, vista la
quasi totale dipendenza dall'estero in questo settore. Vediamo qui la carte delle variazioni della profondità della isoterma dei
100°C nell'area a E del lago di Costanza, che dimostra la possibilità di raggiungere con le perforazioni profondità interessanti per sfruttare il calore terrestre.
La presenza di faglie in cui risalgono
dal profondo fluidi a temperatura più alta è la situazione più
favorevole.
C'è anche l'ipotesi di aumentare la
permeabilità di rocce interessanti dal punto di vista geotermico che
ne difettano in modo da poterle sfruttare meglio.
Nella zona bavarese del bacino delle
Molasse già nel 1938 furono trovati liquidi idrotermali ad alta
profondità durante l'esplorazione a scopo di ricerca di idrocarburi.
Lo sfruttamento delle risorse geotermiche attualmente ha il suo
epicentro nella Baviera, con qualche impianto nelle zone confinanti
di Svizzera e Austria. Vi sono impianti per tutti gli usi, anche
geotermoelettrici, ma l'uso termale è di gran lunga il più
importante. La carta mostra la loro distribuzione.
In pianura padana, nei dintorni di
Mantova, sono utilizzati a scopo riscaldamento fluidi geotermici a
60°C rinvenuti durante esplorazioni petrolifere a 5000 metri di
profondità.
La difficoltà specialmente nella
pianura padana è la profondità delle riserve geotermiche, che
innalza i costi.
Un'altra tecnica poco conosciuta, applicata in Norvegia in qualche migliaio di casi, è quella di immagazzinare nel terreno acque calde estive per usarle d'inverno a scopo riscaldamento e acque fredde invernali a scopo condizionamento in estate.
Un'altra tecnica poco conosciuta, applicata in Norvegia in qualche migliaio di casi, è quella di immagazzinare nel terreno acque calde estive per usarle d'inverno a scopo riscaldamento e acque fredde invernali a scopo condizionamento in estate.
Un'altra georisorsa è la presenza nel
sottosuolo di formazioni in cui possono essere stoccate ingenti
quantità di gas da riutilizzare a scopo energetico (metano, gas
naturale, aria compressa): lo stoccaggio dei gas in profondità è un
buon sistema per costituire importanti riserve strategiche e consente
di poter acquistarlo quando i prezzi sono più convenienti.
Tecnicamente parlando sono possibili due soluzioni: caverne nel sale
o rocce porose. Intorno alle Alpi non ci sono caverne di sale e
quindi c'è solo la seconda possibilità.
Inoltre è teoricamente
possibile sequestrare in profondità il CO2 atmosferico, per
diminuirne il tenore nell'aria, che sta arrivando a livelli
drammaticamente alti.
Per stoccare gas più leggeri
dell'acqua come metano o CO2, che tenderebbero ad andare verso
l'alto, un aspetto fondamentale è la necessità di avere sopra la
roccia – serbatoio un tappo di rocce impermeabili: per cui depositi
del genere sono possibili solo in rocce porose sotto ad un importante
banco di argille o marne impermeabili. Quindi l'assetto tettonico è
importante perché molto spesso sono le faglie a determinare le zone
che possono essere sigillate, come si vede in questa figura.
I campi petroliferi esauriti vengono “a
fagiolo”: hanno una porosità ottimale, se confinati in mezzo a
rocce impermeabili offrono buone doti di sigillatura e i costi di
attivazione sono bassi perchè ci sono già i pozzi e i sistemi di
trasporto del materiale, sui quali basterebbe semplicemente operare
per invertire il verso del flusso. È una soluzione già ampiamente
praticata in varie nazioni: gli USA sono leader del settore, e anche
in Italia ci sono già almeno una decina di impianti del genere.
Spero che a nessuno venga in mente di
utilizzare invece queste zone per lo stoccaggio di liquidi inquinati
in profondità, attività in cui gli USA sono maestri ma della quale
nel rapporto per fortuna si parla poco: quello che è da temersi,
soprattutto, sono i rischi connessi all'inquinamento permanente del
sottosuolo.
Nelle zone in cui si pratica attività
di stoccaggio nel sottosuolo alle volte si manifesta un rischio
sismico elevato: è successo in diversi luoghi negli USA e anche in
Spagna. Questo rischio pone dei grossi interrogativi (e dei possibili
limiti) all'uso di questa georisorsa ed è da considerare con molta
attenzione. Comunque il rapporto è stato scritto prima dell'uscita
dei lavori in cui sono evidenziate le ragioni della sismicità
indotta e perché da qualche parte avviene e altrove no, come ho scritto in questo post.
Ci sono anche dei geopontenziali
negativi: vulcanismo, sismicità potenzialmente elevata, aree
sottoposte a rischio frane o alluvioni, paludi, aree salmastre.
Nel bacino delle Molasse il rischio
sismico è per fortuna piuttosto basso, anche se non sono esclusi
eventi che possono comportare crolli importanti in alcuni edifici:
nella storia sono rari ma danni e persino morti ne hanno fatti. Sono effetti del risentimento di sismi che si scatenano fuori da esso
o ai suoi limiti, dovuti a questioni tettoniche nella catena o nel
graben del Reno.
La pianura padana invece era
storicamente a rischio, basta leggere il catalogo dei terremoti
italiani: questa lettera dei geologi ferraresi lo evidenziava 40 annifa e gli eventi del 2012 lo hanno confermato in pieno. Per cui il
rischio sismico è stata considerato solo nell'area pilota italiana,
con lo scopo di localizzare le strutture attive (soprattutto le
faglie), visibili in questa carta.
RISULTATI FINALI
Nella seconda parte del progetto GeoMol
sono stati generati una serie di modelli tridimensionali di varie
superfici, strutture e caratteristiche delle aree campione (questo ad
esempio è il profilo del limite superiore del complesso dei
sedimenti triassico – giurassici nella zona studiata della pianura
padana). I modelli hanno consentito uno screening che ha individuato
le zone in cui è più facile sfruttare le georisorse (ricordo che –
comunque – per definire le cose con precisione occorrano studi
locali molto più approfonditi).
Alla fine del lavoro il risultato è
sintetizzato in una tabella dove vengono valutati i vari
geopotenziali che offrono le varie unità geologiche che compongono
il sottosuolo come questo, realizzato per l'area Brescia –
Mantova - Mirandola.
RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Indubbiamente nei bacini che circondano
le Alpi la geotermia è la georisorsa più interessante, ma non è
l'unica. Una metodologia simile inoltre è molto utile per
l'individuazione delle strutture sismiche più importanti.
La mia riflessione finale è che
puntare su azioni come questa significa creare posti di lavoro
tecnologicamente avanzati per geologi, ingegneri e aziende del
settore, oltre a diminuire inquinamento e dipendenza dalle
importazioni di idrocarburi.
Direi che un investimento del genere
debba essere fatto e non solo in pianura padana: oggi in Italia
quando si discute di georisorse sembra che fra queste ci siano solo
gli idrocarburi, ma quante aree del territorio italiano potrebbero
contenere delle georisorse di cui oggi non si parla? In particolare
il potenziale geotermico nella penisola sarebbe enorme, molto
maggiore di quello della pianura padana, Penso solo a quanto nel
si risparmierebbe nel settore del riscaldamento domestico in bilancia
commerciale ed emissioni di gas – serra e si guadagnerebbe in posti
di lavoro usando geotermia e efficentamento energetico degli edifici.
Eppure si preferisce continuare ad
importare idrocarburi...
(1) GeoMol Team (2015): GeoMol –
Assessing subsurface potentials of the Alpine Foreland Basins for
sustainable planning and use of natural resources – Project Report,
188 pp. (Augsburg, LfU)
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