venerdì 15 luglio 2011

Politica giapponese e caccia alle balene

Si è appena svolto nell'isola di Jersey il 63 esimo meeting internazionale dell'IWC, la International Whaling commission, l'organo internazionale che regola la caccia alle balene. Per una rapida sintesi della storia dell'IWC e della caccia alle balene vi rimando a questo post del 2009. La situazione si sta evolvendo in favore dei giganti del mare. Ma ci sono ancora diversi problemi aperti con il Giappone, dove la caccia alle balene sta diventando economicamente insostenibile. Ma l'orgoglio nazionalista dei giapponesi potrebbe essere un ostacolo alla chiusura dell'attività se percepito come dovuto a spinte provenienti dall'estero.

La caccia commerciale alle balene formalmente è effettuata solo da islandesi e norvegesi, mentre i giapponesi ufficialmente catturano animali “a scopi scientifici”. Molto misteriosi come scopi dato che la letteratura scientifica prodotta in materia dall'istituto giapponese di ricerca sui cetacei non è poi così copiosa come ci si aspetterebbe vista la quantità di mezzi economici e logistici impiegati (c'è anche la possibilità di un “embargo” da parte delle principali riviste scientifiche internazionali, ma ci tengo a dichiarare che al momento è SOLO una mia idea al riguardo: non ho nessuna prova né ho raccolto alcuna voce in materia).

Fattostà che accade sempre più spesso che le flottiglie tornino indietro ai loro porti in anticipo e con un numero di catture molto inferiore al programmato. Anche se ufficialmente la colpa di questo viene ascritta alla attività di disturbo della flottiglia della Sea Shepherd, le cause reali sembrerebbero economiche: il mercato della carne di balena è saturo. Quindi – forse – quello che non ha potuto fare la politica, lo farà l'economia. C'erano già voci di questo in anni precedenti (persino che la carne fosse finita in Thailandia per fare cibi per animali, non sono in grado di dire se si tratta di leggenda metropolitana o sia vero); oggi queste voci diventano sempre più precise.

Un fatto certo è che l'ultima campagna giapponese nei mari antartici si è conclusa molto in anticipo nel febbraio scorso con una quantità di catture bassissima, circa 200 contro le 1000 previste. Ufficialmente il governo del Sol Levante accusa per questo richiamo anticipato la Sea-Shepherd, l'organizzazione contro la caccia delle balene che contro la flotta giapponese impiega una flottiglia di imbarcazioni. Fra il governo giapponese e la Sea Shepherd la battaglia è ormai annosa, con risvolti molto antipatici come le vicende giudiziarie del neozelandese Peter Bethune: comandante della Ady Gill, il battello affondato dalla Shonan Maru n.2, nel febbraio 2010 salì a bordo della dove venne arrestato per poi essere condotto in una prigione giapponese, in quanto alcuni marinai giapponesi furono feriti dall'acido butirrico che Bethune portava con se. Condannato a 2 anni di carcere è stato successivamente espulso e estradato nella sua patria. Il sito dell'istituto di ricerca sui cetacei ha una “bella” sezione su quello che definisce il terrorismo contro la caccia alle balene. In questa foto vediamo una nave giapponese che disturba la Ady Gill con il lancio di acqua tramite idranti.

Ufficialmente il capo della delegazione nipponica al meeting dell'IWC Kenji Kagawa ha accusato la Sea Shepherd di sabotaggio e atti illegali violenti e i governi di Australia e Olanda di sostenere tale terorismo perchè le navi della Sea Shepherd battono queste bandiere (ricordo che l'Australia è uno dei principali e storici avversari del Giappone nell'IWC, anche per motivi economici: le attività di whale watching lungo le coste australiane sono un bel business e attirano turisti da ogni parte del mondo).

Però le cose forse non stanno come dicono i giapponesi. Atsushi Ishii, un professore dell'università di Tokyo, ha pubblicato un libro dal titolo "Anatomy of the Whaling Debate", Non avendolo letto mi limito a riferire quanto trovato su varie fonti. Il nocciolo della questione è che i giapponesi stessi stanno diminuendo fortemente il consumo di carne di balena anche e soprattutto in quanto cresce il consenso nei confronti dei movimenti che si oppongono a tale caccia, riconoscendone valide idee e principi. A questo punto i contrari, secondo Ishii sarebbero ormai la maggioranza della popolazione. Le conseguenze sull'indotto della pesca sono gravi: nei frigoriferi ci sono ingenti quantitativi di merce invenduti, circa 6.000 tonnellate, sufficienti a garantire, ai ritmi attuali, 18 mesi di consumi. Il richiamo della flottiglia quindi potrebbe essere stato semplicemente deciso per motivazioni molto pratiche.

A questo punto le cose sarebbero teoricamente facili: il governo giapponese smette di investire risorse nella flottiglia che “difende i costumi e le tradizioni del Nostro Paese” (come spesso viene rimarcato) e cessa la caccia alle balene. Va ricordato che la caccia alle balene comprende per il Governo diversi capitoli di spesa: oltre 4 milioni di Euro, ufficialmente devoluti alla “ricerca scientifica” che dovrebbero andare direttamente all'Istituto di ricerca sui cetacei, bisogna considerare un altro aspetto: ad eccezione di Islanda e Norvegia, tutti gli altri Paesi all'interno dell'IWC che appoggiano la posizione giapponese sono nazioni “in via di sviluppo” che non praticano la caccia alle balene e che ricevono vantaggi economici in cambio del sostegno all'interno dell'orbanizzazione. Vista la situazione del dopo – terremoto queste risorse farebbero molto comodo in altre direzioni.

Ma il Giappone è un Paese molto nazionalista e quindi una decisione del genere potrebbe essere fortemente contestata dalla popolazione, che è sì disposta sempre di più a rinunciare alla carne di balena e in cui i sentimenti ambientalistici stanno crescendo, anche a causa di Fukushima, ma che contemporaneamente appoggerebbe una decisione del genere presa autonomamente dalle autorità giapponesi, non può tollerarla se presa sulla spinta di pressioni internazionali.

Il tutto senza considerare le possibili reazioni dei gruppi oltranzistici, spesso stati al centro di iniziative dai risvolti molto polemici a livello internazionale.
Quindi il governo giapponese deve in qualche modo cercare una uscita onorevole da questa situazione, cioè far vedere che cessa i finanziamenti perchè non c'è più mercato e non per le pressioni internazionali.

3 commenti:

cooksappe ha detto...

povere balene :((

Anonimo ha detto...

Grazie per la chiarissima esposizione del problema e delle posizioni delle parti in causa!
Marco

Anonimo ha detto...

è una vergogna che se ne parli così poco...se non riusciamo a rispettare gli animali che sono così indifesi non ci rispetteremo mai abbastanza tra di noi!!

F