Qualche anno fa avevo parlato del ruolo del geologo in Italia, sottolineando che quando i geologi chiedono più attenzione per la Geologia non spacciano per interesse generale del Paese il loro porco comodo, ma che una corretta utilizzazione del territorio è un primario interesse generale del Paese. Lo vediamo tutte le volte che la terra trema o piove un pò di più del “minimo sindacale”.
Ora, è chiaro che i Geologi stessi devono attivarsi per primi (e non pensare che qualcuno lo faccia in loro vece), ma è pure chiaro che spesso invece sono scentemente silenziati; i motivi sono diversi, a partire dalla ignoranza (nel senso di non conoscenza) dei rischi e dal poco interesse che suscitano, ma si arriva alla irresponsabilità di chi teme per i propri affari o, in generale, per l'economia nazionale: costruire "più antisismico" costa e rinunciare ad una lottizzazione in un Paese in cui molti identificano ancora lo sviluppo con l'edilizia non è semplice. Questi atteggiamenti hanno anche contribuito a dare al geologo spesso il ruolo della "Cassandra" della situazione.
Negli ultimi anni, diciamo dalle alluvioni del 2003, finalmente la pubblica opinione ha cominciato a capire che esiste il problema delle alluvioni e ha iniziato a chiedere provvedimenti per la salvaguardia di beni e persone. Forse con i tragici eventi del 2016 la stessa consapevolezza arriverà anche a proposito della sismicità.
Altre volte il silenziamento viene da cause diverse e questo è il caso di cui parlo adesso: un problema fondamentale è che da qualche anno le Geoscienze sono a rischio di estinzione nelle università italiane. O, meglio, fino ad oggi "sono state" a rischio.
Questo è successo a causa della famigerata Legge 240/2010 (nota anche come “legge Gelmini” dal nome del ministro della pubblica [d]istruzione che l’aveva voluta), che conteneva fra le varie intenzioni quella (giustissima!) di diminuire gli sprechi nelle università. A questo scopo, fra i discutibili provvedimenti che contempla c’è, come si legge all’articolo 2, comma 2 lettera b, la “riorganizzazione dei dipartimenti assicurando che a ciascuno di essi afferisca un numero di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato non inferiore a trentacinque, ovvero quaranta nelle università con un numero di professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato superiore a mille unita', afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei”;
Da un lato questo provvedimento impediva la costituzione e la proliferazione e la sopravvivenza di dipartimenti a gogò (e, forse, di feudi personali di qualche barone), ma ha avuto come "effetto collaterale" lo strozzamento delle discipline meno numerose, fra le quali le Scienze della Terra.
Prevedendo il problema, quando ancora il provvedimento era soltanto il disegno di legge 3687, professori universitari e ordini professionali delle Scienze della Terra scrissero una lettera aperta a cui diedi spazio in questo post, paventando la chiusura della maggior parte dei dipartimenti di Scienze della Terra nelle università italiane. Cosa che puntualmente avvenne, tranne che in pochi casi (anche Firenze si salvò per un pelo), con la conseguente messa a rischio di estinzione a causa di queste rigide regole burocratiche delle Geoscienze in Italia.
Dopo l’approvazione della Legge Gelmini i geologi delle varie università si mossero in varie direzioni, confluendo a seconda dei casi con Fisica, Scienze Naturali e/o Biologiche, Ingegneria, Architettura. Un vero nonsenso per una disciplina poco considerata in italia ma di cui, appunto, le cronache si occupano forzatamente molto spesso fra alluvioni, frane e terremoti.
Il 9 agosto 2013, per rimediare al problema, fu presentata la Proposta di legge S. 1892. - ad opera delle onorevoli Raffaella Mariani e Manuela Ghizzoni e della Senatrice Rosa Maria Di Giorgi (per dovere di cronaca tutte del PD). "Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche" (approvata dalla VII Commissione permanente della Camera e modificata dal Senato) (1533-B).
Questa proposta è stata discussa direttamente dalle commissioni di Camera e Senato che hanno operato in sede legislativa e quindi non aveva bisogno di arrivare nelle aule.
La VII commissione della Camera iniziò l’8 ottobre 2014 la discussione, approvando il tutto il 27 aprile 2015, e trasmettendo il tutto alla equivalente commissione del Senato che l’ha approvata con modifiche. Per cui il 27 ottobre 2016 il provvedimento è tornato alla Camera che lo ha finalmente approvato stamattina a oltre 3 anni dalla presentazione e 2 dall'inizio dell'iter parlamentare.
Il provvedimento, oltre a stabilire alcuni provvedimenti economici a favore delle Scienze della Terra, modifica la famigerata lettera b del famigerato comma 2 dell’articolo 2 della famigerata Legge 240. In particolare ne lascia integro il testo ma aggiunge le seguenti parole: «ovvero venti, purché gli stessi costituiscano almeno l’80 per cento di tutti i professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato dell’università appartenenti ad una medesima area disciplinare». Quindi diminuisce drasticamente il numero di “strutturati” necessari per istituire un dipartimento, a patto ovviamente che sia soddisfatto il criterio di ampia rappresentatività al suo interno dell'insieme degli studiosi di una certa disciplina all'interno di un ateneo.
Di conseguenza ritorneranno in molte università i dipartimenti di Scienze della Terra, nella speranza che i geologi possano ottenere quella visibilità ed autorevolezza (che, ripeto, va conquistata anche grazie alle capacità comunicative della comunità italiana di Scienze della Terra).
Con un particolare ringraziamento alle tre presentatrici della Legge e ai membri delle commissioni parlamentari che l'hanno approvata.
4 commenti:
Se non si riforma profondamente il corso di laurea sara' la solita corsa alla cattedra nepotistica meditate gente
Caro Francesco Martinelli, forse quello che sfugge è che non ci sarà nessuna cattedra in più. E a molti sfugge anche che la famigerata riforma Gelmini non ha fatto risparmiare nemmeno un centesimo, ma ha fatto perdere immani quantità di tempo per mettere in piedi dipartimenti privi di qualsiasi omogeneità (e senso). Il "guadagno" di questa legge è tutto nella visibilità delle Scienze della Terra e nella possibilità di non essere fagocitati del tutto dai più numerosi gruppi con i quali siamo stati costretti a fonderci. Stia pure tranquillo: lo Stato non spenderà di più per noi.
Confermo... non ci sarà a causa del provvedimento nessuna cattedra nuova... assolutamente no..
direi che, ritornando ad un numero decente di dipartimenti (se non erro erano 24 prima della riforma e or le Scienze della Terra da sole ne assommano 8) ci saranno dei disgraziati in più (uno per ogni dipartimento ricostituito) che dovranno interrompere ricerca e didattica per fare il direttore del rinato dipartimento.
Questa è l'unica "creazioen" di poltrone. Occupate a spese della propria attività da volontari.
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