venerdì 22 luglio 2016

I Colli Albani e la "possibile" ripresa della attività vulcanica: un falso problema, almeno per ora (non date retta ai catastrofisti!!)


Che i Colli Albani siano un apparato vulcanico dormiente e non un vulcano spento è una questione scientificamente assodata ma forse fino ad oggi poco nota al grande pubblico. Torno ad occuparmene 6 anni dopo aver scritto un post in materia, perchè in questi giorni è uscito un lavoro che ne parla e ne descrive il possibile futuro. Un lavoro necessario in quanto il rischio vulcanico non va preso sotto gamba (come continua ad essere fatto purtroppo per esempio a Napoli e dintorni per Vesuvio e Campi Flegrei) ed è quindi necessaria una esatta valutazione del rischio potenziale (ricordandosi comunque che è difficile fare delle predizioni sul futuro di un vulcano). In buona sostanza viene confermato che i Colli Albani stanno dando dei sintomi di un possibile risveglio, ma i post catastrofisti apparsi in vari siti su una possibile eruzione che si leggono in rete sono assolutamente fuori luogo, almeno per il presente.

Qualche anno fa scrissi un post sui Colli Albani, facendo notare diverse cose: innanzitutto che la distanza che ci separa dall'ultima eruzione è minore del massimo intervallo fra due fasi di attività, e quindi questo apparato vulcanico è da considerarsi non come un vulcano "spento", ma “dormiente” e, pertanto, potenzialmente capace di tornare in attività.
Inoltre ci sono testimonianze piuttosto importanti di una possibile (anzi, direi di più, probabile) attività ai tempi della Roma repubblicana, con eventi legati però più alle fasi finali di degassazione dell'ultima fase parossisitica che ad attività magmatica (annoto che non tutti sono d'accordo su questo, c'è chi le considera pure leggende. Personalmente tendo ad accreditarle come reali).
Scrissi anche che se da un lato è il criterio temporale a costringere la Scienza a non considerare “spento” il vulcano, dall’altro ci sono evidenti segni che confermano lo status di “apparato dormiente
  • il continuo sollevamento dell'area
  • le periodiche crisi sismiche (con sequenze più tipiche di aree vulcaniche che di aree tettoniche)
  • gli elevati valori di emissione di gas (i cui picchi coincidono con episodi sismici o di sollevamento più intenso)
Un lavoro recentemente uscito ad opera di ricercatori dell’INGV ha fatto il punto della situazione e consente una migliore valutazione del rischio vulcanico a loro dovuto, ricordando che se il rischio Vesuvio / Campi Flegrei riguarda l’area napoletana, sulle pendici dei Colli Albani c’è Roma [1].

Le province magmatiche plio . quaternarie dell'Italia Centrale
VULCANOLOGIA DEI COLLI ALBANI. Iniziamo inquadrando nel tempo e nello spazio l’attività vulcanica nei Colli Albani. Questo apparato fa parte della Provincia Magmatica Romana, la cui attività è iniziata nei monti Sabatini circa 800.000 anni fa e 600.000 anni fa a Bolsena e nei Colli Albani; solo ai Cimini ci sono segni di attività più antica. Nella Provincia Romana sono compresi altri centri minori. Significativamente si deve notare che l’inizio dell’attività nella Provincia Romana ha di poco preceduto la fine di quella della Provincia Toscana, cominciata 14 milioni di anni fa per concludersi con le ultime fasi del Monte Amiata circa 200.000 anni fa.
Questi magmi si sono messi in posto lungo la fascia costiera del Mare Tirreno da quando si è instaurato nell’area un regime tettonico distensivo. Altrettanto significativamente i vulcani della Provincia Magmatica Romana sono separati dai vulcani della Campania dalla linea Ancona - Anzio, che è una delle principali strutture geologiche a livello della geologia mediterranea.

Questa sezione è riferita alla Provincia Campana
ma vale anche per la Provincia Romana 
Si tratta di magmi a carattere ultrapotassico. È un magmatismo piuttosto raro a trovarsi, e deriva da una fusione molto parziale del mantello terrestre, probabilmente innescata dalla subduzione della crosta della zolla adriatica sotto il margine europeo (che come è noto, è stato un pò sbriciolato dall’apertura dei bacini del Mediterraneo occidentale negli ultimi 30 milioni di anni). In questo quadro sarebbero dunque inquadrati in un sistema di arco magmatico. Altri Autori considerano invece questi magmi come un effetto di un rift che si sta aprendo. Delle due ipotesi personalmente preferisco la prima, illustrata nella figura qui a fianco, che è riferita alla provincia campana, am è anche valida per la Provincia romana.
Una cosa interessante è che la maggior parte dei cicli eruttivi nella provincia magmatica laziale sono avvenuti in modo regolare e, soprattutto, mostrano una estrema sincronia fra i vari apparati, i quali però non sono legati dalla stessa evoluzione magmatica nel tempo. Quindi qualsiasi la causa che ha provocato tale sincronia non la possiamo individuare a livello delle camere magmatiche, ma è un qualcosa che agisce in profondità, permettendo in una vasta area la formazione e/o la risalita dei magmi [2].

Le varie fasi di attività e riposo dei Colli Albani, da [3]
LA STORIA DEI COLLI ALBANI. Per le datazioni dei Colli Albani la letteratura scientifica è pressoché unanime: l’attività è iniziata 608.000 anni fa, ed è composta da 11 periodi principali che si verificano con una certa regolarità, all’incirca ogni 45.000 anni, come si vede da questa immagine. I cicli durano qualche migliaio di anni, per cui tra la fine di uno di essi e l’inizio di quello successivo decorrono circa 15.000 anni di "silenzio". L’ultimo ciclo è iniziato circa 36.000 anni fa e quindi, come ho detto all'inizio, l’intervallo fra un ciclo e l’altro è più lungo del tempo trascorso dall’ultima attività; per questo il criterio temporale non consente di definirlo come un vulcano “spento”.
La storia eruttiva del complesso è stata suddivisa in 3 fasi di attività [3]:
  1. Tuscolano-Artemisio: tra 600 e 350 mila anni fa, durante la quale si sono formate diverse caldere
  2. Monte delle Faete: tra 310 e 240 mila anni fa, caratterizzata da attività esplosiva ed effusiva
  3. l’attività recente (degli utlimi 200.000 anni), caratterizzata da attività magmatica diffusa e la formazione di numerosi piccoli crateri dovuti all’interazione fra le acque presenti nel sottosuolo e il magma.
Fondamentalmente l’intensità dell’attività era diminuita nel tempo, ma nelle ultimissime fasi questa tendenza si è invertita.
Le prime due fasi sono responsabili della maggior parte dell’attività, mentre l’ultima ha toccato essenzialmente l’area a SW delle vecchie caldere e si è ulteriormente espansa all’esterno di queste, sempre nell’area a SW.
anche a Bolsena l’attività si è spostata con il tempo verso W

LA GEOLOGIA DELL'AREA. Gli studi precedenti hanno evidenziato diverse cose:
  • la tomografia sismica evidenzia sotto al vulcano tra i 5 e i 10 km di profondità una zona a bassa velocità delle onde sismiche, interpretabile come una camera magmatica ancora calda
  • un sollevamento regionale di circa 45 metri negli ultimi 250.000 anni, probabilmente dovuto ad iniezioni di magma nella crosta
  • in particolare nei Colli Albani c’è stato un sollevamento di circa 50 cm a partire dal 1960, particolarmente evidente durante la crisi sismica del 1990–1991. Il tasso di sollevamento tra il 1993 e il 2000 è stato di ben 2.5 mm/anno [4]
Questo sollevamento è stato interpretato come l’effetto di iniezione di magmi nella camera magmatica sottostante
tutto il settore occidentale delle vecchie caldere è stato interessato da una robusta sismicità, in cui alcune scosse hanno espresso una M superiore a 4 (ed essendo superficiali hanno provocato risentimenti fino al VII grado della scala Mercalli)

LE CONFERME RECENTI. I dati illustrati nel lavoro uscito in questi giorni confermano il quadro precedente, dimostrando inoltre che c’è una stretta correlazione temporale fra i centri eruttivi degli ultimi 200.000 anni e il settore caratterizzato dal massimo sollevamento (un altro indizio importante delle relazioni fra quanto avviene in superficie e quanto avviene in profondità). lo si vede da questa carta, sempre da [1], in cui giallo, arancione e rosso sono le aree a sollevamento crescente.
Vediamo che solo una zona mostra degli abbassamenti, ed è lungo il bordo orientale delle vecchie caldere.
Inoltre tra il 2001 e il 2010 il tasso di sollevamento è rimasto sui valori ottenuti per il decennio precedente.
Viene confermato un intervallo di circa 40.000 anni fra le varie fasi di attività e la datazione a 36.000 anni fa dell’inizio dell’ultimo ciclo.

IL FUTURO. In base a questi calcoli se l’attività dei Colli Albani proseguisse come nel passato, oggi saremmo all’incirca all’inizio della fase di ricarica della camera magmatica che precederebbe la dodicesima fase di attività. La domanda quindi è se ci sono sintomi che possono far pensare ad un risveglio del vulcano.
Bene, visti i fenomeni che ho descritto prima, la risposta è affermativa: è molto difficile correlare il sollevamento a qualcosa di diverso.
Ma c’è di più:
Qualche anno fa fu suggerito che la nuova risalita di magma avrebbe potuto modificare il regime di sforzo tettonico dell’area.
E questo si è puntualmente verificato: diversi indicatori (movimento di faglie, stratigrafie di pozzi e persino dei manufatti, come un acquedotto del II secolo dC) evidenziano che fino ad un recentissimo passato (almeno fino all’età romana) la deformazione nell’area era guidata da un regime trascorrente. Gli eventi sismici attuali invece denotano una deformazione estensionale [5].
Sono tutti segni di un risveglio del vulcano. Soprattutto sono, significativamente, segni indipendenti l’uno dall’altro. Pertanto le possibilità che in futuro avvengano eruzioni nei Colli Albani sono piuttosto alte.

Ma quando succederà?
Catastrofisti, calmatevi!
Come si legge in un ottimo comunicato dell’INGV (a proposito, un sincero “in bocca al lupo” al nuovo presidente, Carlo Doglioni, che finalmente viene dal mondo accademico delle Scienze della Terra) non c’è niente che induca a pensare ad una eruzione in un futuro prossimo, perchè per ottenere la ricarica della camera magmatica fino a valori tali da far raggiungere poi al magma la superficie ci vorrà qualche migliaio di anni.
Ciononostante, una rete di strumenti e di rilevamenti per monitorare la situazione è sicuramente necessaria.
Insomma, per adesso niente rischi se non qualche terremoto di una certa intensità perchè piuttosto superficiale, contro il quale basta avere un discreto livello di costruzioni.
Sarà comunque importante, secondo me, una valutazione del rischio di emissioni di CO2, che possono essere pericolose in quanto il gas è più pesante dell’aria e rimane in superficie, rendendo pericoloso, in caso di sue fuoriuscite, il trovarsi in depressioni di piccole dimensioni.
È successo per esempio tra il 1999 e il 2000, causando la morte di diversi capi di bestiame, mentre nel 2010 fu sgomberata una casa per emissioni di gas sulfurei, in prossimità di Ciampino.
[1] Marra et al. (2016) Assessing the volcanic hazard for Rome: 40Ar/39Ar and In-SAR constraints on the most recent eruptive activity and present-day uplift at Colli Albani Volcanic District Geophys. Res. Lett., 43, doi:10.1002/2016GL069518.

[2] Marra et al. (2004) Recurrence of volcanic activity along the Roman comagmatic province (Tyrrhenian margin of Italy) and its tectonic significance, Tectonics, 23, TC4013, doi:10.1029/2003TC001600.

[3] Freda et al (2006) Eruptive history and petrologic evolution of the Albano multiple maar (Alban Hills, Central Italy) Bull Volcanol 68: 567–591

[4] Salvi et al (2004), Inflation rate of the Colli Albani volcanic complex retrived by the permanent scatters SAR interferometry technique, Geophys. Res. Lett., 31, L12606, doi:10.1029/2004GL020253

[5] Frepoli et al. (2010), Seismicity, seismogenic structures and crustal stress field in the greater area of Rome (Central Italy), J. Geophys. Res., 115, B12303, doi:10.1029/2009JB006322.


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