Su Scienzeedintorni mi piacerebbe di più stare a parlare della storia della Terra, dell'evoluzione della vita e di qualche nuova scoperta. Ma purtroppo siamo in Italia e il mondo delle Scienze della Terra si deve misurare con un territorio difficile che avrebbe bisogno di una attenzione molto maggiore della media europea e invece viene spesso trattato con una assoluta mancanza di rispetto. E alle volte la realtà supera la fantasia.....
Parliamo della vicenda del ponte sul Rio Siligheddu a Olbia: contrariamente a quello che si pensa la piena del 2013 non lo ha distrutto, ma danneggiato. E quindi non è stato ricostruito, ma ripristinato. La vicenda merita poi una postilla su quello che in generale succede nella ricostruzione dopo una di quelle che sono chiamate "catastrofi naturali" ma che in realtà hanno una base antropica, specialmente nel caso in cui - nonostante i precedenti - si lascia su un fiume un ponte che rischia di fare la diga della situazione.
Era il 18 novembre 2013 quando la Sardegna fu investita da un'ondata di maltempo che anche grazie a agli insani interventi urbanistici del passato sul territorio si è rivelata un disastro, compreso un tributo di 16 vittime. Fra le varie zone colpite c'era anche quella di Olbia, dove il Rio Saligheddu si riprese senza chiedere il permesso agli umani un po' di quello spazio che gli era stato tolto. Mi dicono che da quelle parti ci sia stata in passato una fase piuttosto intensa di speculazione edilizia, in aree non proprio felici dal punto di vista idrogeologico e che gli abusi siano stati regolarmente sanati con gli appositi condoni. Non entro nell'argomento perché non conosco la vicenda in maniera specifica e non posso dire se le zone colpite di Olbia siano quelle condonate.
GLI SPECIFICI FATTI DI OLBIA E LA CONFUSIONE SUI TERMINI NORMATIVI
Veniamo al punto: nella giornata di giovedì 1 ottobre, durante una fase di emergenza a causa delle intense piogge che hanno colpito la Sardegna, ampiamente prevista dal sistema di allerta della Protezione Civile, si sono succedute una serie di voci sul ponte del Rio Saligheddu. L'unica cosa sicura è che, come nel 2013, questo manufatto si è comportato come una barriera che ha molto rallentato il fiume; filmati e fotografie confermano la cosa: le acque a monte del ponte sono decisamente più alte che a valle. Vedendone una foto è abbastanza chiaro il perché: la portata sotto ai piloni, a causa del loro elevato ingombro, è molto inferiore a quella del corso d'acqua libero da ostacoli.
Alla fine il ponte è stato demolito ma purtroppo non si può riavvolgere il film a mercoledì scorso ed evitare i nuovo danni.
Ci sono però delle precisazioni da fare si questa vicenda
A caldo si era diffusa la sensazione che il ponte nel 2013 fosse crollato e che successivamente sia stato ricostruito tal quale.
Ciò in base a dichiarazioni attribuite al Sindaco di Olbia secondo le quali 2 anni fa il ponte sarebbe crollato ma sarebbe stato ricostruito tale e quale, e quindi a 3 campate anziché, come invece aveva richiesto il Comune, essere ricostruito ex novo con una campata unica. Ma, sempre secondo questa dichiarazione, i fondi della Protezione civile per le emergenze riguardavano esclusivamente il ripristino. E quindi l'hanno dovuto rifare tale e quale.
A quel punto delle due l'una:
- o la dichiarazione era veritiera e le disposizioni applicate dalla Protezione Civile erano demenziali
- o, se invece le cose non stavano così, qualcuno aveva demenzialmente avvallato la ricostruzione del ponte tal quale
Mi sembrava una cosa troppo allucinante persino per l'Italia e allora ho visto bene di capirci qualcosa di più. Indagando ho potuto accertare che le cose non sono andate propriamente così e che le parole del sindaco si sono prestate ad un gigantesco equivoco.
Mi è entrata una pulce in un orecchio analizzando questo concetto: “anzichè ricostruirlo ex novo”. Grazie ad una geologa sono venuto a sapere che nel 2013 il ponte non era crollato, ma aveva subìto dei danni, sia pure piuttosto ingenti.
Pertanto non c'è stata una sua “ricostruzione”, bensì un più semplice “ripristino” della struttura per farlo tornare alle sue funzioni prima del danneggiamento.
Questo torna anche con la seconda parte della dichiarazione del Sindaco, secondo la quale i fondi della Protezione Civile erano solo per il ripristino tal quale e in tali risorse non era contemplabile la possibilità di ricostruire in maniera diversa dal pregresso.
Però, aggiungo, questa operazione mi lascia parecchio perplesso: che questo ponte non era esattamente qualcosa di ben fatto non era qualcosa di stabilito a priori in via teorica, ma ciò era stato purtroppo dimostrato dalla pratica (cioè dall'alluvione del 2013) e non ci sono dubbi sul fatto che il ripristino sia avvenuto in spregio a qualsiasi logica dal punto di vista della dinamica fluviale.
Sempre indagando sono venuto a sapere che l'alluvione della Sardegna del 2013 è stata anche chiaramente indicata nella legge 147 del 27 dicembre 2013, ossia la Legge di stabilità' 2014, dove il comma n.118 dell'articolo 1 (e unico: la legge è composta da un solo articolo, peraltro suddiviso in 749 commi) recita:
Al fine di favorire i processi di ricostruzione e ripresa economica delle zone della regione Sardegna interessate dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2013, il Presidente della regione, in qualità di Commissario delegato per l'emergenza, predispone, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con il Commissario straordinario per il dissesto idrogeologico nominato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n.195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, un piano di interventi urgenti per la messa in sicurezza e il ripristino del territorio interessato dagli eventi alluvionali. Al fine di favorire un'oculata pianificazione territoriale e urbanistica, compatibile con una riduzione complessiva del rischio idrogeologico, il piano di cui al primo periodo deve prevedere misure che favoriscano la delocalizzazione in aree sicure degli edifici costruiti nelle zone colpite dall'alluvione classificate nelle classi di rischio R4 e R3 secondo i piani di assetto idrogeologico, o comunque evidentemente soggette a rischio idrogeologico. I progetti per la ricostruzione di edifici adibiti a civile abitazione o ad attività produttiva possono usufruire di fondi per la ricostruzione soltanto qualora risultino ubicati in aree classificate nei piani di assetto idrogeologico nelle classi R1 o R2, previa realizzazione di adeguati interventi di messa in sicurezza. Gli interventi sul reticolo idrografico non devono alterare l'equilibrio sedimentario dei corsi d'acqua e gli interventi di naturalizzazione e di sfruttamento di aree di laminazione naturale delle acque devono essere prioritari rispetto agli interventi di artificializzazione. A tal fine possono essere utilizzate le risorse non programmate alla data di entrata in vigore della presente legge giacenti sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario per il dissesto idrogeologico, di cui al precedente periodo, e quelle di cui al comma 122, ad esclusione dei fondi provenienti dal bilancio della regione Sardegna.
Qualcuno sobbalzerà sulla sedia... una “Legge finanziaria” che parla di riduzione del rischio idrogeologico attraverso la delocalizzazione e di equilibrio sedimentario dei corsi d'acqua!!!
Il trucco è che la versione definitiva del comma 118 nella parte più specificamente geologica è il risultato di un emendamento scritto da un geologo, l'on. Samuele Segoni, attualmente membro della Camera dei Deputati...
Secondo me il ponte sul Rio Saligheddu potrebbe appartenere a ben due categorie di cui parla il comma 118:
- insiste sopra un fiume e quindi è compreso fra gli edifici in arra evidentemente soggetta a rischio idrogeologico
- si può configurare come un tipico intervento sul reticolo idrografico che altera l'equilibrio sedimentario dei corsi d'acqua: basta vedere come è fatto e quanto le sue colonne ostacolano il deflusso a valle. Ed in effetti non mi pare sbagliaro dire che abbia influenzato pesantemente lo svolgersi degli eventi, provocando nel 2013 e in questi giorni la sedimentazione al di fuori del corso del Rio Siligheddu di quella montagna di fango che ha invaso le case
Inoltre è sicuramente un qualcosa che si può configurare come artificializzazione del corso d'acqua (un ponte non è certo un qualcosa di naturale nei confronti della corrente di un fiume).
Quindi il mio pensiero è che quel ponte doveva essere abbattuto e ricostruito in maniera diversa (campata unica). Lasciarlo così è stato un atto irresponsabile...
E difatti in molte aree colpite da alluvioni molti ponti sono stati ricostruiti, anche quelli non crollati.
O forse si pensava che una piena del genere non venisse più?
BUROCRAZIA E RICOSTRUZIONE DOPO LE CATASTROFI “NATURALI”
Due anni fa mi chiesi se queste catastrofi si possano davvero definire naturali. Per me di “naturale” hanno poco, se non l'innesco. Come sempre succede la Procura della Repubblica competente per territorio, in questo caso quella di Tempio Pausania, ha aperto un fascicolo.
Ma qui vengono delle riflessioni ulteriori:
Il buonsenso ci direbbe che ci sono due categorie di responsabili:
- a livello tecnico coloro che hanno deciso che il ponte andava ripristinato e non abbattuto e ricostruito in modo corretto
- a livello politico chi ha avvallato tutto ciò
Purtroppo quello di trovare le responsabilità è un rito che non serve più a nessuno: si apre il fascicolo ma non si sa quando la vicenda finirà, tra indagini, rinvii e vari gradi di giudizio. Il rito avrebbe un significato quando è regale, breve, e capito da tutti.
Vediamo perché.
Capire chi ha commesso l'atto irresponsabile (in questo caso la mancata sostituzione di questo ponte con uno nuovo più consono alle esigenze) sembra facile ma non lo è.
Il problema delle responsabilità rimane tutto nel campo della procedura amministrativa, che è spesso frammentata e senza controllo, per le varie competenze diverse che si sovrappongono e lo sterminato oceano delle 1000 norme, ciascuna delle quali si presta a diverse interpretazioni o equivoci (basta vedere in questo caso la confusione fra "ricostruzione" e "ripristino" del ponte)
Questo dipende anche da due circostanze preoccupanti:
- la valutazione scientifica dei contenuti dei progetti non sempre è al centro di questo iter farraginoso
- manca una sorta di Comitato di controllo per gli atti amministrativi prodotti nelle aree definite a rischio
E così si compiono ad essere buoni degli errori (magari frutto del compromesso fra competenze diverse), se non addirittura degli abusi belli e buoni e il rischio della corruzione per connivenze fra apparato burocratico e quello tecnico è reale.
Questo fardello offusca e sovraccarica la Magistratura e disarticola anche l'azione politica, mentre fa esattamente l'interesse dell'apparato burocratico coinvolto, che ovviamente se ne “catafotte”.
Insomma, in genere i risultati di queste indagini non si sapranno mai, o meglio, si saprà qualcosa fra qualche anno. Dopodichè fra lentezza dei processi, vari gradi di giudizio e tempi di prescrizione dei reati buonanotte allo Stato di diritto...
Con in più il rischio (elevato) che a pagare alla fine non siano i veri colpevoli (i quali sovente in situazioni del genere ci sguazzano) ma alcune persone in buona fede che, come si suol dire, saranno "becchi e bastonati"
NB: ogni riferimento in questo post a persone coinvolte in questa particolare situazione nel passato, nel presente e nel futuro è da ritenersi puramente casuale. In particolare quanto ho scritto nella seconda parte sono considerazioni generali che valgono a livello nazionale. Di sicuro nella vicenda olbiese ci sono stati degli errori ma NON affermo assolutamente che vi si annidino per forza malgoverno e corruzione.
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