domenica 2 febbraio 2014

Del perchè oggi ci sono tante alluvioni


Vorrei parlare di cose più amene ma purtroppo anche in questi giorni siamo alle solite: acqua a catinelle e terreni e paesi sott'acqua. E come sempre ne sento di tutti i colori. Purtroppo - come sottolineo molto spesso - è staro fatto tanto di quello che non andava fatto e poco di quello che andrebbe fatto per l'assetto del territorio. La storia che ho appena raccontato sulle opere idrauliche in Toscana dagli Etruschi ad oggi è esemplificativa al riguardo perchè i problemi in parte derivano proprio dalle modifiche antropiche all'assetto idraulico, spesso realizzate credendo di fare cosa giusta. Dal dopoguerra ad oggi poi, in una ubriacatura di irresponabilità, difficilmente si è tenuto conto dell'assetto del territorio per decidere insediamenti residenziali o produttivi. Quindi mitigare gli effetti delle alluvioni è possibile affrontando il problema da due lati, uno di regimazione delle acque tenendo conto delle esigenze dei fiumi e, dall'altro lato, costruendo in zone meno a rischio possibile

Geografia e geologia associano al termine "pianura" l’aggettivo "alluvionale" (o al limite "costiera"). Un aggettivo spesso omesso ma insito nel concetto stesso di pianura. Definiamo una pianura alluvionale di qualsiasi dimensione, dalla Valpadana alla Valdelsa, come una zona più bassa e pressochè pianeggiante in mezzo a delle alture, ricoperta e riempita dai sedimenti trascinati e depositati dai fiumi. 
In altre parole: quando camminiamo in una pianura, siamo in una zona sulla quale un pò di tempo fa c'era un alveo fluviale o sulla quale un fiume, esondando dal suo alveo, ha depositato i sedimenti che trasportava.


IL DISEGNO ATTUALE DI FIUMI E COSTE: POCA NATURA E TANTA INFLUENZA UMANA

Noi siamo abituati a vedere i fiumi nascere, ricevere gli affluenti e sboccare in mare. 
Questa configurazione è quasi totalmente artificiale: in natura un fiume, dopo una ripida discesa dal monte, arrivando nella pianura si impaluda, si divide in più rami, ed è libero di divagare pigramente a suo piacimento in lungo ed in largo per tutta la valle, dove zone asciutte si alternano ad acquitrini e laghi (tra gli ultimi esempi di laghi di questo tipo c'è il Trasimeno). 
In questa immagine vediamo i meandri del Syr Daryia in Kazakhstan, un tipico esempio di cosa dovrebbe fare un fiume che scorre in una pianura.
Ma nonostante tutto, anche quando i fiumi godevano di queste libertà, sconosciute nell’Italia di oggi, le alluvioni catastrofiche erano all’ordine del giorno: in una sezione verticale di un terreno di pianura si vedono dei livelli di materiale anche molto grossolano (ciottoli se non massi) intercalati nelle argille e nelle sabbie. 
Ebbene, queste sono le tracce di importanti eventi alluvionali che hanno interessato la zona (in generale che più grandi sono gli elementi che compongono il sedimento, maggiore è stata in quel punto l’energia della piena). 


Lo stesso discorso vale per le coste lungo le pianure: consideriamo la laguna veneta una eccezione, ma in realtà è proprio quello che ci si dovrebbe aspettare dove il mare incontra una pianura costiera: in casi del genere al posto di un linea di costa precisa e definita troviamo in natura una fascia costituita da una successione di stagni, dune, cordoni litorali, insomma una laguna. 
E se la pianura è vasta, come quella padana o semplicemente la bassa valle dell’Arno, il limite fra le acque dolci e quelle salmastre sarebbe molto più sfumato di quello che vediamo oggi. 

Questa famosa carta di Leonardo da Vinci dimostra come in Toscana ancora ai suoi tempi i laghi e le lagune occupavano gran parte del territori.
Le bonifiche hanno fatto guadagnare spazio alle attività umane (soprattutto all'agricoltura) e hanno spesso consentito l'eliminazione di malattie come la malaria, ma nel contempo hanno tolto alle acque la possibilità di fermarsi da qualche parte e quindi, i fiumi si ritrovano a dover "gestire" anche quella percentuale di acqua che durante le fasi più acute di piena si sarebbe fermata nelle paludi e nelle lagune
La costruzione delle "casse di espansione" e cioè zone che possono essere allagate in caso di piena è finalizzata proprio a "catturare" una parte dell'acqua in eccesso, rilasciandola a piena finita. 

Inoltre queste aree in generale sono topograficamente depresse e, soprattutto per quelle costiere, esposte ad un abbassamento naturale del suolo, la subsidenza, dovuto al progressivo compattamento dei sedimenti sotto il peso di quelli sovrastanti. 
A questa componente naturale se ne aggiunge una seconda antropica, dovuta agli eccessivi prelievi idrici e, ove presenti, alle estrazioni di petrolio e gas. 
È evidente quindi che queste aree sono ad alto rischio alluvionale. Pensate che zone come la Versilia o la piana tra Pisa e Livorno sono state bonificate solo grazie alla meccanizzazione delle bonifiche tramite idrovore, senza le quali ci sarebbero ancora giganteschi acquitrini. 

L’uomo è inoltre drasticamente intervenuto nella forma dei fiumi: 
- li ha ridotti in alvei sempre più stretti, impedendogli di muoversi a piacimento e diminuendone la portata utile in caso di piena 
- ma, fatto questo ancora più grave, li ha rettificati, riducendone la lunghezza anche a un terzo di quella originaria.

In questa immagine ho evidenziato con una striscia rossa una possibile rettifica Si vedono bene degli effetti negativi molto pericolosi:
- l’aumento della velocità della corrente per l’aumento della pendenza e la mancanza di curve (che notoriamente la rallentano) 
- la diminuzione totale del volume di acqua contenibile dall'alveo 

Altra spiacevole conseguenza è la diminuzione della distanza fra gli sbocchi dei vari affluenti e quindi aumenta la probabilità che le varie piene degli affluenti si riversino quasi contemporaneamente nel corso principale, con esiti disastrosi. 

DEFORESTAZIONE, CEMENTIFICAZIONE, DIGHE E REGIME DEI FIUMI

Le DEFORESTAZIONI hanno comportato gravi effetti sull'idrologia, in particolare hanno aumentato il rischio di alluvioni.
- in un versante deforestato non solo aumentano le frane ma siccome non ci sono più le radici delle piante a trattenerne una certa quantità, l'acqua piovana si scarica a valle in un tempo molto più breve rispetto a quello che le sarebbe occorso in un versante coperto da alberi
- la conseguenza è che l'acqua rilasciata dalle piogge transita nel fiume in un lasso di tempo più stretto, aumentando ovviamente la portata del corso d'acqua
- inoltre il ruscellamento rapido non consente di rifornire le falde e quindi la portata delle sorgenti sarà molto più legata agli eventi pluviali ed il polmone costituito dall'acqua penetrata nel sottosuolo che rifornisce i fiumi durante i periodi di magra sarà più esiguo.
- un'ultima conseguenza negativa è gli alvei si riempiono di sedimenti, con una drastica diminuzione della portata potenziale del fiume.  

È chiaro, dunque, che la deforestazione sia sinonimo di aumento del rischio alluvioni ed è addirittura possibile che con piante a rallentare il ruscellamento sui pendii e con alvei meno colmati da sedimenti alcuni eventi alluvionali potrebbero semplicemente non verificarsi
Per evidenziare la pesante incidenza potenziale della deforestazione è interessante vedere come in molte aree del Mediterraneo si colmano lagune ed avanzano delta durante il periodo siccitoso tra il XII e il IX secolo AC concausa del crollo della civiltà del bronzo, in cui le precipitazioni erano scarse. 
Oggi in Italia l'espansione delle zone boscate sta diminuendo questa componente. 

La CEMENTIFICAZIONE DEL TERRITORIO non è da meno: l'area dove si cementa non ha più la possibilità di assorbire la pioggia, facoltà che è prerogativa esclusiva di zone con suolo o con roccia fratturata. In una città, ad esempio, soltanto i giardini hanno questa possibilità. Pertanto o il sistema fognario è efficiente oppure l'acqua resta ferma, a meno che non scorra per gravità lungo strade in pendenza. E in ogni caso, è tutta acqua che ti ritrovi nei fiumi mentre senza cementificazione almeno una parte sarebbe entrata nel suolo.

Le DIGHE sono spesso chiamate a sproposito come concause di alluvioni da stampa e voci popolari. 
In realtà le manovre di apertura delle dighe in previsione di forti precipitazioni aumentano la disponibilità degli invasi a ricevere le piogge e quindi consentono di ridurre la portata delle piene.
Inoltre i bacini trattengono tutti quei materiali (soprattutto tronchi di albero), che spesso bloccano la corrente sotto i ponti causando tracimazioni improvvise e diffuse.


Quindi le dighe sono preziose risorse tecniche a disposizione per diminuire la portata durante le piene e distribuire acqua nei periodi di magra. Per una città come Firenze, il cui acquedotto preleva esclusivamente acqua dall'Arno, la presenza a monte di diverse dighe costituisce una fonte di tranquillità per gli approvvigionamenti idrici durante i periodi di magra. La diga di Bilancino è un ottimo esempio di invaso costruito per questi scopi.

C'è da dire, comunque, che le dighe qualche disturbo ai fiumi lo provocano: siccome intrappolano la maggior parte del sedimento che il fiume trascina, a valle il corso d'acqua potrà avere delle caratteristiche più erosive e questo lo scontano soprattutto i ponti, che si ritrovano così i piloni troppo in superficie rispetto a quando sono stati costruiti (in alcuni casi il fenomeno è molto veloce, bastano poche decine di anni perchè succeda).

L'ITALIA, UN PAESE “NATURALMENTE” A RISCHIO 

L'Italia dal punto di vista della difesa del suolo in caso di piogge offre delle specificità peggiorative caratteristiche rispetto alla situazione classica europea: 

  1. siamo uno dei Paesi più difficili che si possano immaginare, circondato da mari piuttosto caldi e con un rilievo giovane
  2. è per la natura stessa del nostro territorio che i processi dominanti nell’evoluzione naturale del paesaggio siano frane e alluvioni
  3. quest'ultimo aspetto è importante perchè determina due fattori di rischio molto gravi: le nostre colline sono belle (anzi, inimitabili!) ma spesso composte da materiali che più che rocce litificate sono sedimenti ancora non consolidati l'idrografia si sviluppa in tanti bacini piccoli piuttostochè in pochi bacini grandi; e bacini idrografici piccoli sono molto più soggetti a piene improvvise, zone nelle quali un “Flash Flood” diventa devastante, specialmente nelle zone costiere

A questo si aggiungono importanti concause antropiche: 

  1. l'abbandono delle montagne e delle fasce collinari, il degrado del reticolo idrografico minore e l'insufficiente manutenzione delle opere idrauliche di regimazione riducono i tempi di concentrazione delle piene, il che ovviamente favorisce il dissesto
  2. siamo una Nazione ad alta densità di popolazione 

Una situazione del genere imporrebbe particolari precauzioni dal punto di vista dell'uso del territorio. E invece fra tutte le Nazioni europee la nostra è probabilmente quella in cui il rispetto per l'ambiente è minore
Rispetto per l'ambiente qui è inteso non in senso “ambientalista” ma piuttosto in senso “tecnico”: spesso in caso di disastro non si può neanche parlare di “irresponsabilità” perchè un irresponsabile è perfettamente consapevole di stare facendo uno sbaglio; si deve parlare di pura ignoranza, da parte del cittadino come da parte dell'amministratore locale o nazionale in quanto spesso nessuno è in grado di percepire la gravità di certe azioni. 

Specialmente dal dopoguerra l'uso del territorio è stato caratterizzato l’edificazione incontrollata nelle aree a rischio sulle frane, negli impluvi, nelle aree golenali dei fiumi: si è costruito tantissimo nelle zone di pertinenza fluviale e sui versanti instabili e adesso ne paghiamo le logiche conseguenze. 
I vari condoni edilizi (e la perenne richiesta di nuovi) sono un altro segno della scarsa propensione a tutti i livelli ad un uso corretto del territorio.

Non ci si può allora stupire che, come sono messi, a fiumi e torrenti siano sufficienti pochi giorni (se non ore) di pioggia per esondare: quando piove una certa quantità di acqua (e non si può evitare che succeda ....) è perfettamente logico che in qualche modo una certa percentuale di essa dovrà pure defluire. 
Allora i fiumi escono dal loro alveo, o meglio da quel poco che gli abbiamo lasciato, sommergendo quanto incautamente gli abbiamo costruito intorno. 

Nel prossimo post parlerò un pò di quelli che possono essere i rimedi a questa grave situazione

1 commento:

Anonimo ha detto...

Molto interessante