domenica 12 gennaio 2014

La storia delle principali opere idrauliche in Toscana - 5: epiloogo: una felice conclusione dopo tanti misfatti?


Con il post precedente ho concluso la storia delle opere idrauliche in Toscana, ma questa serie necessita di una conclusione per capire cosa ci aspetta il futuro, nel quale è necessaria qualche soluzione per non trovarsi a gestire un nuovo 1966 e neanche sentire lo stillicidio di danni dovuti a piogge spesso neanche eccessive. È chiaramente irrealistico pensare di poter tornare alla situazione palustre pre – romana (che fra l'altro non assicura al 100% dai rischi degli eventi alluvionali), nonostante sia venuto meno almeno uno degli aspetti principali per cui sono state realizzate le bonifiche, il rischio sanitario dovuto alla malaria: i territori bonificati negli ultimi 500 anni sono abbondantemente utilizzati per scopi agricoli o urbanizzati.
È accertato che non corrono rischi di sistemazione idraulica i pochi luoghi rimasti allo stato palustre o lagunare a causa della nuova sensibilità ambientale. Ma dall'altro lato mantenere le bonifiche, specialmente ma non solo nelle zone costiere, vuole dire operazioni continue di manutenzione dei fossi, dei canali e – ove esistenti – degli impianti idrovori, un argomento praticamente ignorato o quasi dall'Opinione Pubblica.
In ogni caso, la mitigazione dei danni delle piene in qualche modo va perseguita.
Ed ecco che mentre scrivevo questa serie di post è giunta una ottima notizia da parte della Regione Toscana. Preciso che fra i miei post e questa decisione non c'è nessun nesso, nel senso che avevo già iniziato il lavoro senza sapere cosa sarebbe successo.
Ma il rischio idrogeologico non è l'unico argomento: altre opere idrauliche sono state promesse o sono in arrivo che con il rischio idrogeologico hanno poco a che fare, ma avranno risvolti importanti nella vita e nell'ambiente.

OPERE IDRAULICHE PER IL TRATTAMENTO DELLE ACQUE 
E PER LA NAVIGABILITÀ DELLE ACQUE INTERNE

Iniziamo da opere che non riguardano la mitigazione delle piene, a partire da un aspetto ancora meno conosciuto: il trattamento delle acque.
Distretti industriali come il cuoio di Santa Croce o il tessile di Prato, grandi consumatori di acqua, si sono dotati di propri “acquedotti” con i quali le acque reflue vengono avviate a dei depuratori. Spesso queste opere possono condurre ad un riciclo delle acque depurate con ovvi vantaggi per falde e fiumi. 
Inoltre grandi collettori fognari portano ai depuratori, industriali o civili. In un tempo brevissimo anche l'area fiorentina in riva sinistra dell'Arno sarà collegata al grande depuratore di San Colombano.
È auspicabile che queste strutture "si parlino", per poter utilizzare quanto più possibile a scopi industriali o irrigui le acque trattate senza dover ricorrere a emungimenti dalle falde o dai fiumi.

Un'altro sforzo importante in corso è il collegamento fra i vari acquedotti esistenti: fino ad oggi è facile che ogni comune abbia il suo acquedotto (o addirittura pià di uno). Collegarli insieme vorrebbe dire non solo evitare disservizi in caso di problemi (inquinamento di una falda o guasti) ma anche disporre più razionalmente della “risorsa acqua”. In alcune aree, come quella fiorentina, i lavori sono piuttosto avanti. Da altre parti no.

Un progetto piuttosto importante riguarda lo Scolmatore dell'Arno, che dovrebbe assolvere al compito per cui nel '500 era stato costruito il “Canale dei Navicelli”, seppure in altra zona rispetto al primo: verrà reso navigabile fino a Guasticce e Vicarello, per un tratto di una decina di km, consentendo alle navi di arrivare all'Interporto Vespucci, alla piattaforma logistica del Faldo e ad altre grosse strutture che sono nate o nasceranno nell'entroterra livornese, il quale, essendo un'area bonificata nel '900 non ha una grande densità abitativa; sempre nel porto labronico dovrebbero essere eseguiti i lavori per l'adeguamento dei fondali delle varie darsene. Con questi lavori Livorno godrebbe di un porto efficiente servito da un retroporto grande come pochi in Italia.

IL FUTURO DELLA REGIMAZIONE DELL'ARNO: LE CASSE DI ESPANSIONE

Per quanto riguarda la regimazione dell'Arno è venuta alla ribalta negli anni '90 una nuova filosofia nell'affrontare questo problema: tramontata l'idea seguita alla Commissione De Marchi di costruire decine di invasi, idea costosa e spesso non troppo ben vista dalle popolazioni (basta vedere le polemiche in Mugello negli anni '70 e '80 sulla questione di Bilancino), si è affermato il concetto delle “casse di espansione”. Sono invasi costruiti in pianura a fianco dei fiumi, normalmente vuoti ma che vengono riempiti esclusivamente durante le piene. 

Con queste opere la localizzazione delle opere di laminazione si sposta dalle zone più alte dei bacini alle zone a valle. Il vantaggio è che le aree occupate dalle casse di espansione possono consentire usi diversi in tempi ordinari (per esempio parchi pubblici), mentre gli invasi no. Le casse di espansione fanno un po' le veci delle paludi di una volta. In questa foto vediamo la cassa di espansione realizzata tra Firenze e Campi Bisenzio a San Donnino, ovviamente  accanto al fiume Bisenzio che passa tra la cassa di espansione e la prima fila di case sullo sfondo.

Purtroppo reperire fondi (gli stanziamenti per il settore sono sempre stati cronicamente insufficienti) e battere la burocrazia in Italia non è uno scherzo e quindi siamo abbondantemente indietro con i tempi previsti per i lavori mentre dal 1966 sono passati quasi 50 anni e quindi il rischio di un altro “evento secolare” non è per niente zero.
È ovvio invece che non dovrebbero esserci tentennamenti sulla realizzazione di tutte queste opere, a cui è affidata la diminuzione del rischio – alluvioni in futuro. Ed è altrettanto ovvio che spendere oggi per prevenire è più economico che spendere domani per ripristinare i danni a case, industrie e strutture idrauliche.

REGIONE TOSCANA E RISCHIO IDROGEOLOGICO

Le alluvioni che si sono ripetute negli anni recenti hanno se non altro avuto il merito di far diventare la difesa del suolo una priorità. Priorità la cui necessità è ampiamente dimostrabile visto che ben il 20% del territorio è da considerarsi potenzialmente interessato da fenomeni alluvionali (senza contare quella esposta al rischio – frane!) e in questi anni i cittadini e il territorio toscano hanno pagato un prezzo altissimo per le alluvioni che hanno colpito a più riprese molte aree.

Una cosa che sorprende è che nel 2013 la Regione Toscana ha sancito legalmente il divieto di costruzioni in zone ad alto rischio idrogeologico.

Mi spiego perchè trovo "sorprendente" questo fatto:
- da un certo punto di vista si può dire “molto bene!”
- ma, dall'altro, è evidente che se ora è vietato, significa che prima era possibile (ad esempio, in certe zone ci sono dei palazzi costruiti non tantissimi anni fa in terreno golenale....). 
E siccome è improbabile che la Toscana sia stata l'ultima regione italiana a sancire questo concetto, il tutto significa che almeno da qualche parte in Italia ciò è ancora permesso.

Una situazione imbarazzante, che insieme alla ricorrente proposta di nuovi condoni edilizi, conferma la scarsa attenzione della classe politica alle esigenze del territorio. D'altro canto la demolizione del reticolo dei fossi nelle zone urbanizzate (ad esempio in Toscana quella seguita alla forte espansione nell'ultimo dopoguerra degli agglomerati urbani di Firenze e Prato) è una bonifica al quadrato, almeno dal punto di vista degli effetti sgraditi, che partono dai frequenti allagamenti di cantine e sottopassi, spesso purtroppo costati vite umane: è facile che siano dovuti alla inadeguatezza delle misure di scolo delle acque piovane a causa della intubazione con sezione insufficiente dei vecchi canali, se non alla loro completa eliminazione.

UN IMPEGNO CONCRETO NEL 2014 E SPERIAMO ANCHE NEL FUTURO

E veniamo alla notizia di cui ho accennato: per capire esattamente cosa fare e dove, è stato compiuto ad opera degli enti locali e dei consorzi di bonifica un esame della situazione che ha permesso di individuare gli interventi più necessari e urgenti. 
A seguito di questo la Regione Toscana ha stanziato oltre 50 milioni di euro per interventi per opere che saranno realizzate nel 2014 per la mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico (per paragone, il governo nazionale ha stanziato per tutto il territorio nazionale appena 30 milioni...). 
Potrebbe essere un auspicio per un futuro meno disastrato? Speriamo prprio di sì!

Vediamo in dettaglio cosa dice la Regione Toscana: è stato redatto il “documento annuale per la difesa del suolo” in cui sulla base di requisiti di urgenza e cantierabilità sono stati scelti, selezionati e programmati 110 interventi di difesa del suolo da realizzare nel 2014.

Ci sono 3 aspetti importanti da considerare:
- la prima è che il “documento annuale per la difesa del suolo” verrà redatto ogni anno
- ma la seconda premessa è ancora più importante: si sa che in Italia un documento non lo si nega a nessuno, ed è facile promettere soldi; e invece al lato economico anche nei prossimi anni al settore sarà dedicata, come recita il comunicato della Regione Toscana, “una fetta di risorse molto ingenti”. Speriamo che sia vero....
- Il documento prevede anche fondi da destinare alla creazione di un parco progetti che potrà essere utilizzato per programmare gli interventi nel 2015.

Le opere previste comprendono sistemazioni di argini che necessitano di particolare manutenzione, casse di espansione, ripristino di briglie e altre strutture danneggiate dalle alluvioni degli ultimi anni etc etc..

Le intenzioni sono buone e c'è da augurarsi che il 2014 sia un anno di svolta dopo decenni di misfatti.
Ma occorre anche informare la popolazione sui rischi che corre e che correrà, in maniera seria e corretta. Altrimenti si lascia lo spazio a sensazionalismi da quattro soldi o, all'estremo opposto, a persone che hanno interesse a tranquilizzare dove invece c'è pericolo.

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