mercoledì 24 febbraio 2010

Un dramma della povertà: in Bangladesh i lavoratori scioperano contro la sicurezza sul lavoro

Una notizia che lascia interdetti e che si presterebbe a molti commenti: ma non voglio commentarla, preferisco lasciarla così come l'ho letta.

Per il Bangladesh una grande fonte di entrate è data dalle demolizioni navali: vi viene demolito circa il 45 % delle navi da smantellare. Nel 2009 il valore delle commesse è stato di svariate centinaia di milioni di dollari. Oltre alle entrate, con questo materiale si alimenta la materia prima per l'industria metallurgica, considerata dal governo locale una delle scelte primarie per l'industrializzazione e il progresso del Paese. Quindi le demolizioni rappresentano un volano fondamentale per l'economia locale.

Ci sono migliaia di testimonianze della durezza di questo lavoro e della totale insicurezza con cui viene svolto. La scelta di mandare là le navi è dovuta anche agli inesistenti costi di bonifica del relitto prima della demolizione.

Nel 2009 sono accertati 26 morti sul lavoro, fra cui un bambino di 13 anni, ma  secondo le ONG questa cifra è abbondantemente sottostimata.  Inoltre le statistiche non tengono conto dei morti per gli avvelenamenti e le altre patologie (tumori compresi) dovuti al contatto con sostanze chimiche vietate in occidente, amianto compreso. Temo che purtroppo le ONG abbiano ragione.

Adesso il governo del paese asiatico ha deciso di mettere ordine nella cosa e ha ordinato che le navi che giungono sulle coste del Bangladesh per la demolizione devono essere certificate come prive di sostanze tossiche.
Questa decisione è stata festeggiata con vigore da parte delle ONG e dai gruppi che si battono per i diritti e la sicurezza dei lavoratori

Ma purtroppo questi ultimi non sono della stessa idea e sono scesi in sciopero. In 30.000 hanno protestato contro questa normativa, ovviamente spalleggiati dagli industriali del settore. Al proposito Jafar Alam, leader dell'unione dei demolitori (non degli operai, ma delle industrie), ha sentenziato che “decine di migliaia di lavoratori perderanno il lavoro per questa disposizione”.

La notizia è questa. Ripeto ancora una volta che preferisco non commentarla, lasciandola così, nella sua brutale tristezza.

1 commento:

Juhan ha detto...

Secondo te la situazione è diversa nella Padagna? E spesso anche gli "imprenditori", come sono chiamati adesso, ne sono vittime. Ma sono tutti contro norme di sicurezza e controlli.