domenica 25 gennaio 2009

I propositi della presidenza Obama su ricerca scientifica e cambiamenti climatici: luci ed ombre

Non entro nel merito delle scelte del nuovo presidente americano negli altri campi, dalla questione Guantanamo in poi. Voglio solo soffermarmi sugli argomenti da “Scienzeedintorni”.
Cominciamo dal discorso di insediamento. Televideo riporta questi due passaggi: (1) “ridaremo alla scienza la sua giusta collocazione” e (2) “Combatteremo lo spettro del riscaldamento climatico”.
Sono due passaggi fondamentali dal mio punto di vista.
Sul ridare alla scienza la sua giusta collocazione un passo importante è già stato fatto: a capo del DOE, il “department of Energy”, è stato messo Steven Chu, premio Nobel per la fisica e insigne ricercatore. La notizia è ovviamente stata accolta con entusiasmo dalla comunità scientifica, non solo americana. Ma, come precisa il “Discovery Magazine”, la precedente amministrazione aveva lasciato la Scienza in grandi difficoltà e ripartire non sarà facile. Non ci sarà una bacchetta magica che produrrà un nuovo bonanza per il settore, ma la cosa importante è che a capo della ricerca sia stato messo un personaggio che sa cosa la ricerca sia.
Il quale capo, nella sua nuova carica di "ministro" del DOE, ha per prima cosa inviato un messaggio a tutti i dipendenti e collaboratori dei laboratori di ricerca nazionali e subito dopo ha avuto una riunione in videoconferenza con i direttori di tutti questi laboratori.
I presupposti per una nuova primavera scientifica ci sono e spero anche che gli anni della presidenza Obama vengano ricordati per l'impegno contro il creazionismo e l'Intelligent Design. A questo proposito temo molto che i Repubblicani, arroccati come sono nelle campagne e nella “Bible Belt” la mettano in politica, sostenendo ancora di più questi punti di vista antiscientifici per motivi puramente elettorali.

Veniamo alla seconda affermazione: anche qui i buoni propositi si sprecano e c'è persino una pagina dedicata ai cambiamenti climatici sul sito della Casa Bianca.

Però non è tutto oro quello che luccica e si vede come nel programma ci siano degli obbiettivi su cui il mondo ambientalista e quello scientifico impegnato nel dibattito sul clima non saranno molto d'accordo e/o che hanno una valenza strategica o economica funzionale ad altro che il problema del clima.
La nuova amministrazione vuole che gli stati Uniti diventino la nazione leader nella lotta contro i cambiamenti climatici. Per questo vogliono investire in energie alternative e arrivare al 10% di energia ricavato da fonti rinnovabili entro il 2012 e al 25% nel 2025 (questi valori dimostrano quanto l'Europa, o almeno una parte di essa, sia sostanzialmente messa molto meglio degli Usa nel settore). C'è poi l'obbiettivo assolutamente ambizioso e forse improponibile di una riduzione dei gas-serra dell'80% entro il 2050, anche mediante tecniche di segregazione della CO2.
Il programma prospetta delle ricadute economiche non da poco: fra i vantaggi delle energie alternative c'è chiaramente indicata la riduzione della dipendenza energetica degli Usa dall'estero, in particolare da Venezuela e Medio Oriente. E' significativa l'inversione di tendenza rispetto alla presidenza Bush, anche se – purtroppo – il petrolio artico, sia pure “responsabilmente sfruttato”, continuerà ad essere un obbiettivo importante, e quindi viene ancora una volta confermato il “sì” all'oleodotto dell'Alaska.
Ma c'è di più: si possono creare 5 milioni di “posti di lavoro verdi” ed esportare brevetti e tecnologia, come quella di automobili ibride che riescano a fare 50 km con un litro di carburante (usando quindi il motore a combustione interna il meno possibile) e sistemi per il miglioramento energetico degli edifici. Da questo punto di vista la possibilità di una leva fiscale per l'acquisto di autovetture più efficienti può essere vista come un regalo alle grandi dell'auto, come è noto in condizioni molto difficili. Noto che non si accenna minimamente ad un'altra soluzione per la diminuzione delle emissioni di gas-serra dovute alla mobilità delle persone e delle cose: il trasporto pubblico, su gomma e su rotaia, per le persone e quello su rotaia per le merci.
Questo propositi dimostrano un punto di vista importante: i rischi connessi ai cambiamenti climatici da un “problema” diventano una “occasione di sviluppo” che crea nuovi posti di lavoro, migliora la bilancia commerciale dello stato e lo rende meno vulnerabile alla situazione politica mondiale.
Un buon insegnamento per tutti. Vedremo poi se alle parole seguiranno i fatti.

2 commenti:

Il cane di Jack ha detto...

Fare delle crisi e delle difficoltà un'occasione di sviluppo... Nessuno ha la palla di vetro e nessuno può sapere se gli statunitensi ci riusciranno. Da questo dipenderà tanto del loro futuro come centro del mondo. Anche in Italia ci vorrebbe un brusco cambiamento di direzione. Con la logica del gridare più forte per coprire la voce dell'altro non andremo da nessuna parte. Al nostro paese occorrerebbe un trapianto di metodo scientifico e sperimentale e soprattutto della mentalità che vi è sottesa. Di colpo sarebbero eliminati molti problemi e vi sarebbe un approccio più razionale a molti altri. La cosa più paradossale di tutto questo è che per ottenere questa insufflazione di aria pulita, in questo momento storico, quasi non vedo altra alternativa che "pregare" :-)
Buonasera, Aldo e grazie per aver messo in linea questo tuo blog così interessante.
I.

Aldo Piombino ha detto...

che dire jack... hai perfettamente ragione. Ma non vedi chi possa farlo. nè la politica nè le nostre asfittiche università.
Annoto solo una frase di Carlo Caracciolo, a cui, oltre a Repubblica e L'espresso si deve la prima rivista gemella al mondo di Scientific American: lo sviluppo di un paese moderno è legato in maniera imprescindibile al grado di informazione scientifica dei suoi abitanti. Capito perchè in Italia siamo ridotti così male?