domenica 2 novembre 2008

E se Otzi fosse un antenato di tutti noi?


In questi gioni ha fatto molto rumore un nuovo articolo sul sequenziamento del DNA mitocondriale di Otzi (o Oetzi... ancora non ho capito bene...), la mummia del Similaun scoperta casualmente nel 1991 sulle Alpi al confine fra Austria e Italia (questa scoperta è stata uno delle poche cose belle da ascrivere allo scioglimento dei ghiacciai provocato dagli odierni cambiamenti climatici).
Su Otzi c'è scritto di tutto, compreso che ci sia una maledizione contro i suoi scopritori (di cui almeno uno è morto in un incidente), fino all'ipotesi che sia morto per la caduta di un meteorite (l'autore di questa ipotesi ammette comunque che è un po' difficile provarla....). Prima o poi ne vorrei parlare, sempre per la serie “insana scienza”, un filone che mi diverte quasi quanto gli IgNobel...
Era già stato accertato da studi precedenti che il DNA mitocondriale di Otzi appartenga all'aplogruppo K (un aplogruppo è una assocazione di aplotipi diversi, cioè di particolari mutazioni in un gene correlate fra loro). Questo tutto sommato ce lo potevamo aspettare: se il K non è un aplogruppo frequentissimo in Europa (lo presenta meno del 10% della popolazione), è molto comune, guarda caso, fra i Ladini. La particolarità è che, in base all'ultimo studio di una equipe di ricercatori coordinata dal professor Franco Rollo dell'Università di Camerino, è stato visto che l'uomo dei ghiacci ha una mutazione genetica particolare, denominata aplotipo K3 che non esiste attualmente (sono documentate persone con gli aplotipi K1 e K2).
Pertanto qualcuno ha subito detto che oggi non vivono più suoi discendenti. Sbagliato. Anzi, se questo signore ne ha avuti, probabilmente è un avo di tutti noi europei. Gli studi sulla mummia hanno dimostrato che l'uomo del Similaun ha vissuto molto per gli standard dell'epoca (46 anni, – un'età sicuramente rispettabile 5000 anni fa) e che nelle ultime fasi di vita ha avuto diversi problemi. Insomma, ha svolto per gran parte della sua vita un'esistenza “tranquilla” e poi sembrerebbe come caduto in disgrazia. Quindi potrebbe aver avuto molti figli,
Lo studio è stato fatto sul DNA mitocondriale. Nelle cellule di quasi tutti gli Eucarioti (fra cui piante e animali) ci sono due DNA, quello nucleare e quello contenuto in particolari organuli interni, i mitocondri. E' più semplice di quello nucleare, registra molto bene le mutazioni e, soprattutto, si tramanda esclusivamente in linea femminile. Le due prime caratteristiche sono estremamente “comode” per i genetisti quanto la terza è discriminante e a seconda dei casi può essere un vantaggio come no. In pratica un uomo può avere anche uno sterminato numero di figli, sia maschi che fenmmine, ma il suo DNA mitocondriale non potrà mai essere ereditato dai suoi discendenti, e se una donna genera solo figli maschi il suo DNA mitocondriale finisce con loro.
Ottenere il DNA mitocondriale è più semplice ed in effetti ancora il DNA nucleare di Otzi non è stato ancora sequenziato.
L'ambiente montano in cui Oetzi ha vissuto, fatto di vallate difficilmente accessibilli, è un mondo in cui gli uomini vivevano separati in piccoli gruppi e quindi un mondo in cui è facile che in un piccolo gruppo appaia e si fissi una particolare mutazione genetica, come è altrettanto facile che si estingua, specialmente se per continuare ad esistere ha bisogno di una linea diretta. Le più deboli a questo proprosito sono proprio il DNA mitocondriale e il suo speculare maschile, il cromosoma Y del DNA nucleare, che si trasmette esclusivamente per via paterna. Otzi quindi viveva in un'ambiente, insomma, in cui si possono fissare e nel seguito perdere tante mutazioni.
Così, non è affatto detto che non abbia discendenti, ma solo che non esistono più discendenti femmine dirette in linea materna della donna nella quale si è manifestata la prima volta la mutazione che ha portato all'aplotipo K3 e che potrebbe essere vissuta ben prima di lui. Punto e basta: non si può assolutamente escludere che non ci siano discendenti in altre linee, tramite almeno un passaggio maschile. Anzi. Se ha avuto figli è molto probabile, se non sicuro, che in qualche modo discendiamo tutti da lui.
Vediamo perchè. Io sono nato nel 1960 e ho due genitori, quattro nonni, otto bisnonni etc etc.
Tenendoci larghi e supponendo di avere una generazione ogni 30 anni, questo vorrebbe dire raddoppiare il numero degli antenati ogni 30 anni. Avrei circa 8.000 antenati nel 1600. Nell'anno mille, 960 anni fa, sarebbero la bellezza di oltre 8 miliardi (per dare una indicazione di massima nel 1200 l'intera popolazione europea era di circa 50 milioni...). Il valore di 30 anni è forse troppo alto: Steve Olson in “mappe della stroria dell'uomo” lo considera di 20 anni e i numeri che ho dato sono quindi inferiori alla realtà. Quindi è altamente probabile che io, come tutti, sia un discendente di chiunque era vivo nel 1200 in Italia e ha ancora discendenti viventi. Ovviamente, discendo da una stessa persona su più linee.
Questo discorso è sempre più vero via via che andiamo indietro nel tempo. E siccome – non è un'ipotesi, ma una certezza documentabile – io, pur stando a Firenze, ho antenati veneti sia in linea paterna che materna, sono ragionevolmente convinto che Otzi, se ha avuro dei discendenti, sia sicuramente un mio antenato! Questo vale per la maggior parte degli abitanti dell'Europa, basta che negli ultimi 2000 anni abbiano un antenato, uno su miliardi teorici, che proviene dall'area delle dolomiti (in 3000 anni tutta la piccola popolazione delle Dolomiti aveva avuto il tempo di avere Otzi come antenato).
L'osservazione è suffragata dai lavori di Joseph Chang, che addirittura ha recentemente dimostrato su basi statistiche come la popolazione di 800 anni fa in un continente come l'Europa si divida grossolanamente in due categorie: quella di chi è diretto antenato di chiunque viva oggi in quell'area e quella di chi non ha attualmente discendenti. L'80% appartiene alla prima categoria.
A questo punto il dibattito verte sulla questione se Otzi abbia avuto figli o no: un articolo sempre pubblicato da Franco Rollo e altri nel 2006 parla di alcuni geni del suo DNA mitocondriale che sembra siano legati a infertilità o quantomeno a ridotta mobilità dello sperma.
Aspettiamo i prossimi studi, soprattutto quelli sul DNA nucleare, molto difficile ad ottenere, per dirimere la questione. Sarebbe bello trovare davvero un gene che ci leghi tutti a questo uomo dei ghiacciai alpini.

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