lunedì 23 giugno 2008

A 100 anni dall'esplosione del bolide in Tunguska nuovi dati potrebbero finalmente mettere a tacere la ridda di fantasiose idiozie sull'argomento


Il 30 giugno di 100 anni fu una giornata particolare sulla Terra. Di primo mattino una palla di fuoco fu vista in cielo e a diverse centinaia di kilometri fu distintamente udita una (o più) esplosioni localizzate sopra la Siberia, nella Tunguska. Successivamente per alcune notti rimase una certa luminescenza.
La cosa più clamorosa fu che qualche anno dopo, quando finalmente qualcuno si recò sul posto, una spedizione geologica diretta dal mineralogista russo Leonid Kulik notò che nella taiga c'era una enorme quantità di alberi abbattuti, e i tronchi erano disposti a raggera inorno ad un centro, suggerendo che l'onda d'urto avesse avuto origine in un determinato punto della superficie (sembra che, curiosamente, proprio al punto centrale degli alberi fossero rimasti in piedi). In altre esplorazioni successive Kulik notò pure dei possibili altri centri di formazione di onde d'urto minori i cui effetti erano più localizzati e questo confermerebbe la possibilità che ci siano state altre esplosioni oltre a quella principale.
Rimasto misterioso per diversi anni (anche se la scienza ha sempre appoggiato l'ipotesi del bolide), questo accadimento è stato fantasticamente associato persino alla esplosione di una navicella spaziale aliena (!!!!) e tutt'ora “ologi” vari (ufologi, misteriologi e simili) continuano ad ipotizzare alieni o altre forze misteriose. Basta fare un giro in Rete per leggere le idiozie più demenziali, magari unite a osservazioni e situazioni reali completamente distorte
In realtà si tratta di un meteorite o una cometa che, precipitando sulla terra, è esploso a qualche kilometro di altezza. I bolidi tendono ad esplodere perchè l'attrito con l'atmosfera li riscalda ma per la pressione non riescono a dissolversi lentamente. Quello che comunque mancava è un “accessorio” particolarmente significativo e cioè un cratere da impatto. In effetti la sua assenza è quantomeno strana (e probabilmente ha permesso la ridda di voci e credenze assurde sull'avvenimento). Ora sono stati proprio degli italiani delle università di Bologna e Trieste, a scoprire finalmente un possibile cratere di impatto in un lago vicino all'epicentro della esplosione principale.
Il lago Cheko ha una forma in pianta quasi circolare, allungata leggermente in una direzione non molto dissimile da quella ipotizzata per la traiettoria del bolide. Laghi quasi circolari sono frequenti nella Taiga siberiana e si formano per la fusione del permafrost, il suolo gelato che persiste estesamente sotto la superfice (e che ogni tanto restituisce qualche fossile, mammut compresi). Ma la forma interna di questi laghi è nettamente diversa da quella del Cheko che invece ha al suo interno delle caratteristiche che ben si adattano a un cratere da impatto. La sua presenza è stata testimoniata per la prima volta nel 1928 ma questo potrebbe non essere significativo, perchè non è che all'epoca la topografia dell'area fosse conosciuta chiaramente (google earth, da cui ho tratto l'immagine, non c'era ancora....).
Altra circostanza che lo può correare all'evento del 1908 è che, oltre alla orientazione dell'asse più allungato, il Lago Cheko si trova a qualche kilometro di distanza dall'ipocentro dell'esplosione (avvenuta tra i 5 e i 10 kilometri al di sopra della superfice terrestre) e proprio nella direzione giusta. La presenza sul posto di un meandro del fiume Kimchu ha consentito alle acque del fiume di riempirlo immediatamente. Questo fatto, estemamente inusuale, unito alla localizzazione remota in una regione all'epoca inesplorata o quasi, ha quindi nascosto l'origine del lago ai nostri occhi, al contrario di altri crateri da impatto recenti come ad esempio il Meteor Crater dell'Arizona (quando la struttura invecchia la formazione di un lago è possibile: molti laghi del Canada settentrionale come il Nicholson Lake, sono residui di crateri da impatto con età superiori ai 400 milioni di anni).
La batimetria e la stratigrafia del lago Cheko sono state studiate dalla equipe italiana diretta dal dottor Luigi Gasperini dell'Università di Bologna che ne ha certificato l'origine recente e la morfologia al di sotto dei sedimenti. Il tutto è descritto in un articolo open-source della Blackwell Sinergy.
E' molto importante dare risalto a scoperte come questa per evitare le speculazioni degli “ologi” di ogni ordine e grado che cercano le soluzioni più fantasiose e assurde per un “normale”, anche se per nostra fortuna poco comune – fenomeno astronomico.
Restano ancora delle incertezze sulla massa ed il volume del corpo e secondo nuovi studi della Sandia National Laboratories (che ha usato un supercomputer per simularla sulla base di osservazioni fatte durante l'impatto della cometa Shoemaker – Levi su Giove) l'esplosione è stata molto più debole, tra i 3 e i 5 megatoni, contro la “classica” ipotesi che la colloca fra i 10 e i 20 megatoni e ci sarebbero stati degli effetti locali di amplificazione oltre ad una sovrastima della resistenza degli alberi all'onda d'urto.
Per il tipo di bolide si spera di poter scavare nel fondo del lago per trovarne delle tracce e quindi classificarlo

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