domenica 28 giugno 2009

L'inconcludente meeting dell'IWC a Madeira

Trovare un meeting più inconcludente di questo sarà molto difficile: tutto rinviato al 2010 quando l'organizzazione sarà ad un bivio drammatico: continuerà ad esistere oppure si dissolverà e/o le nazioni che vogliono cacciare le balene si sentiranno libere di farlo senza nessuna costrizione. Di fatto il senso del rinvio è questo e per studiare il futuro dell'IWC è stato attivato un sottocomitato che si riunirà ad ottobre in Cile. Praticamente questa è l'unica decisione uscita da 4 giorni di discussioni.
Ma si poteva fare di più? Difficile: purtroppo fra favorevoli e contrari alla caccia le posizioni sono inconciliabili. Intanto il fronte del “sì” accoglie un nuovo membro, la Danimarca che vorrebbe il permesso per permettere agli aborigeni di praticare la caccia tradizionale di 10 esemplari di megattera lungo le coste groenlandesi, in aggiunta ai 178 capi di Balena della Groenlandia in programma. Non so se dietro la richiesta ci sia il nuovo governo groenlandese. Gli altri membri della Unione Europea non l'hanno presa molto bene. Comunque la discussione di questa richiesta è stata rinviata, ma non al meeting dell'anno prossimo: per adesso se ne dovrebbe discutere in un meeting secondario in programma a ottobre.

Che tiri una brutta aria lo si nota anche dalla questione dei “santuari”, le zone di protezione integrale dalla caccia alle Balene: è stata pure rimandata per l'ennesima volta la discussione sulla istituzione di nuove aree, come quella dell'Atlantico Meridionale (un cavallo di battaglia del Brasile). Notiamo come in quell'area per adesso nessuno vi faccia attività del genere: sarebbe stato un bel gesto l'approvazione da parte delle nazioni favorevoli alla caccia, ma evidentemente volevano qualcosa in cambio. Quanto al whalewatching, che sta diventando un business importante e che chiaramente si scontra con la pratica della caccia, forse stiamo un po' esagerando: un gruppo di studio si occuperà del problema della influenza di questa attività sulla vita dei cetacei. Una delle poche decisioni prese e non certo una di alto livello....
Il meeting poi si è occupato dei problemi che i cetacei stanno incontrando ed incontreranno a causa dei cambiamenti climatici. Particolarmente interessati non sono solo quelli che vivono in zone polari, bensì sono a rischio anche le popolazioni che vivono in ambienti costieri: l'innalzamento del livello marino, le modificazioni delle correnti all'uscita dei fiumi in mare e del regime dei fiumi stesso (dettato da cambiamenti nella quantità e nella distribuzione delle precipitazioni) potranno apportare modifiche anche pesanti all'ambiente, a livello morfologico e nella distribuzione del carico dei sedimenti. Con quali conseguenze per la fauna non è dato sapere, anche perchè sono questioni estremamente localizzate e ciascuna area ha le sue peculiarità.

Sulla questione delle balene vittime di incidenti, spesso letali come nel caso del Capodoglio che si vede nella figura qui a fianco, si registra che è stato attivato dall'IWC un database degli incidenti. Non sempre lo scontro è mortale per gli animali: sono state spesso avvistate balene vive che portano i segni degli scontri. Il globo di cui sono dotate le navi moderne sotto la prua è un grave problema quando lo scontro avviene sul davanti dell'imbarcazione. Ovviamente elencare i morti serve ma non è l'unico aspetto per capire quanto queste perdite incidano sulla popolazione: è ovviamente necessario conoscere anche la consistenza degli stock. C'è poi il lato umano ed economico della cosa: danni alle imbarcazioni e vittime fra le persone. Oltre alle normali navi da carico, hanno avuto incidenti del genere navi da crociera, aliscafi e imbarcazioni di whale-watching.
Purtroppo non tutti gli incidenti vengono annotati e non sempre per omissione: è possibile che nessuno sulla nave, specialmente se commerciale, si accorga della cosa. Spesso che c'è stato un incidente lo si nota quando una carcassa arriva sulla costa e viene analizzata. Le aree più a rischio sono quelle dove sono contemporaneamente più alte la densità della popolazione e quella del traffico navale. Tali condizioni si verificano di più lungo la costa atlantica del nordamerica e nel Mediterraneo

Uscendo dalla cronaca, non capisco perchè i giapponesi abbiano rifiutato la diminuzione delle catture “a scopo scientifico” in Antartide in cambio del permesso di cacciare commercialmente nelle acque di casa loro un numero di capi pari al “taglio” delle catture nelle acque polari. I miei dubbi aumentano se si pena anche che hanno davvero l'obbiettivo di cacciare a scopi scientifici nel Pacifico Settentrionale.... Forse puntano semplicemente ad ottenere nuove quote. E tutto questo mentre il governo giapponese ammette esplicitamente il consumo di carne di balena nel proprio paese, chiedendo alle altre nazioni di essere d'accordo che in qualche nazione si possa mangiare.
A proposito: ho finalmente trovato un lavoro scientifico sui dati ricavati dalle balene cacciate: un riassunto di un workshop tenutosi a Yokohama alla fine del Gennaio 2009. Non mi risulta abbia avuto una vasta eco nel mondo scientifico. Ho gli atti di questo convegno e li leggerò appena posso. Da una lettura sommaria resto perplesso soprattutto su una cosa: le catture servirebbero per determinare diverse variabili, fra cui età, peso e dimensioni, aspetti genetici, malattie, effetti dell'inquinamento e di cosa si nutrono le balene. Soprattutto con l'ultimo si rasenta il ridicolo, visto che proprio da parte del Giappone e dei suoi sostenitori era stato avanzato il dubbio che le balene fossero la causa del declino delle popolazioni ittiche e che quindi causavano danni economici (nei confronti dei pescatori) e ambientali. Ma non si erano accorti che più che tonni, merluzzi e altri pesci di interesse commerciale i grandi cetacei si ingollano tonnellate di krill o di altri piccoli crostacei planctonici????
Sempre per il Giappone mi chiedo quanto effettivamente costi una cattura. Non solo in spese “vive”, ma per esempio in tutta quella attività internazionale a sostegno della cosa: penso soltanto a quante nazioni aderenti all'IWC del terzo mondo non hanno tradizioni di caccia alle balene ma sostengono questa attività e le tesi del Sol Levante nell'IWC solo perchè il suo governo in qualche modo li ripaga.

Intanto gli islandesi hanno cominciato la caccia alla balenottera comune. Quest'anno ne vorrebbero catturare 150, anche se la specie è definita “in pericolo” dalla “International Union for Conservation of Nature”. Il nuovo governo irlandese protesta timidamente (la ripresa della caccia è il frutto dell'ultima riunione - pre-elettorale! - del vecchio governo, che fra parentesi mi pare fosse di sinistra). Le proteste probabilmente sono utili sul fronte esterno, e cioè in funzione di un avvicinamento alla Unione Europea. Mistero sulla sorte della carne: i giapponesi (almeno ufficialmente) non ne sono interessati e sembra che i norvegesi abbiano sospeso le catture a meno della metà delle 885 previste semplicemente perchè non riescono a venderla.

E alla fine questa potrebbe essere la soluzione: nessuno compra carne di balena, nessuno caccia le balene.... Si teme che per adesso finisca nelle scatole di cibo per animali. E' una "leggenda metropolitana" diffusasiin rete o una ipotesi reale

sabato 27 giugno 2009

Ormai siamo alla frutta: un creazionista al vertice del CNR.


Il C.N.R., il "consiglio Nazionale delle Ricerche" ci informa che il Professor De Mattei è il subcommissario del C.N.R. con delega per il settore delle macroaree delle scienze giuridiche, socio-economiche, umanistiche e dei beni culturali, nonché vicepresidente dello stesso consiglio.
Nato a Roma il 21 febbraio 1948, si è laureato con 110 e lode in Storia Contemporanea presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Roma “La Sapienza” (1972). Dopo la Laurea si è formato alla scuola dello storico Armando Saitta, di cui è stato assistente ordinario di Storia Moderna presso la medesima Facoltà di Scienze Politiche dal 1973 al 1981.

Prendiamo atto che uno storico è vicepresidente di una istituzione scientifica. Nel paese di Croce e Gentile è normale. La scienza è subordinata alla Cultura Umanistica (le iniziali minuscole e maiuscole NON SONO un refuso tipografico....).
E' un cattolico praticante e questo di principio non mi scandalizza assolutamente: al solito non vedo perchè in uno Stato laico si debba fare distinzioni e discriminazioni fra cattolici, altri cristiani, musulmani, atei, agnostici e quant'altro. Quindi trovo logico che possa essere stato scelto. Più paura, da un punto di vista scientifico, mi fa il titolo di un suo scritto: Il C.N.R. e le Scienze Umane. Una strategia di rilancio. Per carità, che il C.N.R. si occupi anche di storia, diritto e quant'altro lo trovo giusto e doveroso, ma rilanciarlo su questi temi in un Paese che ha un drammatico bisogno di ricerca scientifica e tecnologica mi lascia perplesso. Come mi terrorizza a priori (ma spero di sbagliarmi), un altro titolo: Finis Vitae. La morte cerebrale è ancora vita?.

Ma qual'è il problema che secondo me rende incompatibile la presenza del Prof. De Mattei al vertice del C.N.R.? Il suo impegno antievoluzionista.
Sì, perchè fra le affermazioni di questo signore abbiamo anche questa: “L'evoluzione è solo un'ipotesi filosofica, che non ha trovato un serio supporto da parte della ricerca empirica”.
Olretutto Leucophaea ci informa che il prof. Roberto De Mattei è lo stesso (e non un omonimo) che dirige una rivista, “Radici Cristiane”, di spiccato tratto antidarwinista e che nella home page ha una foto di uno scimpanzè accanto a un bambino con il titolo: evoluzionismo, il tramonto di una ipotesi.
Ed in effetti Pikaia ha dato notizia che l'ultimo numero della rivista dell'ineffabile De Mattei ha pubblicato uno speciale dal titolo "L'evoluzionismo contraddice la scienza" con i seguenti articoli:

· Evoluzionismo: un'ipotesi eticamente aberrante
· Dalla scienza un secco rifiuto all'evoluzionismo
· La termodinamica contraddice l'evoluzione
· Il tempo richiesto dalla sedimentazione contraddice l'ipotesi evoluzionista
· Ma dove sono quei milioni di anni
· Dinosauri: molto più "moderni" di quanto si creda...
· Le datazioni radiometriche non sono affidabili

La cosa è ancora più pazzesca se si pensa che sono il sunto di un convegno tenutosi il 23 febbraio scorso in una sala del C.N.R. stesso!
Ritengo semplicemente vergognoso che una persona simile occupi un posto così alto nella gerarchia di una istiutuzione di questo genere: abbiamo bisogno di ben altro se vogliamo rilanciare questo Paese!!!

Ah, fra parentesi: persino Papa Ratzinger ha scritto un documento in cui accetta l'età della Terra come proposto dalle Scienze....

mercoledì 24 giugno 2009

A Madeira il meeting 2009 dell'International Whaling commission

A Madeira si sta svolgendo il sessantunesimo meeting annuale della IWC, la International Whaling Commission.
Per riepilogare la situazione precedente rimando a questo post.

Innanzitutto una buona notizia: la popolazione della megattera in Africa orientale è attualmente arrivata al 65% della consistenza prima che iniziasse il suo sfruttamento. In questo ultimo anno sono arrivate delle informazioni più complete sulla situazione di altre specie. Sembra che Balenottera australe, Balena Franca Meridionale e Balenottera Azzurra mostrino un deciso trend di incremento, anche se tutti i numeri sono ancora molto bassi rispetto alle stime sulle popolazioni di qualche secolo fa.
Se nell'emisfero meridionale le cose vanno un po' meglio, la crisi nell'emisfero settentrionale perdura: per esempio ci sono solo 130 esemplari rimasti di balena grigia settentrionale lungo le coste asiatiche delle Sakhalin (fra le quali meno di 30 femmine in età riproduttiva), a rischio per le esplorazioni petrolifere nel loro territorio. Invece la popolazione occidentale di questa specie, lungo le coste pacifiche americane, è tornata su livelli discreti, circa 20.000 unità. Nell'Atlantico settentrionale, se purtroppo vivono non più di 300 balene franche nordatlantiche, tutto sommato non se la passano male le superstiti balene della Groenlandia (circa 12.000 esemplari, contro una popolazione originaria di circa 50.000).
Per questo la sottocommissione sui permessi di caccia tradizionale per le popolazioni aborigene ha stabilito che le 178 catture programmate per quest'anno non minacceranno l'esistenza di questa popolazione.La più grande difficoltà per ricostituire gli stock ante-caccia delle balene è la lentezza del ciclo riproduttivo: occorrono fra i7 e i 12 anni ad una femmina per poter essere in grado di avere una gravidanza, che dura circa un anno e genera un solo cucciolo (non ho mai avuto notizie di parti gemellari). Sommando questo fattore a pesca, inquinamento, animali che si impigliano nelle reti e urti con navi, dire che non sono più animali a rischio è molto difficile. In particolare ci sono numerosi sforzi per evitare al massimo le perdite dovute a collisioni con navi. Sui cetacei morti per incidenti o impigliati nelle reti c'è l'unanimità dei membri dell'IWC sulla necessità di ridurre a zero questo numero.

Sono oltre 40.000 le balene uccise dal 1985, quasi tutte per misteriosissimi scopi scientifici (sinceramente aspetto sempre un articolo ricavato da queste ricerche). Comunque un risultato scientifico c'è stato: grazie al DNA è stata appurata la provenienza di alcune partite di carne di balena sequestrate.
Ora il problema si fa serio. Specialmente il Giappone, ma anche Islanda (recentemente accusata da Greenpeace) e Norvegia, insistono per il ritorno alla caccia commerciale. Ricordo che in questo momento la caccia avviene per scopi scientifici: i giapponesi sostengono che le cartture servono per capire età, sesso e stato di salute delle popolazioni dei cetacei anche se il governo dichiara, meno pudicamente, che “la caccia alla balena è parte della cultura del nostro Paese”. L'Australia invece sostiene l'inutilità di questa attività dal punto di vista scientifico perchè con un sistema diverso si possono ottenere gli stessi dati senza ammazzare nessun animale.


Secondo William Hogarth, il presidente della IWC c'è il rischio che questi stati non aspettino ancora molto e quindi o verrà loro data via libera o agiranno in altro modo. Come faranno Hogarth non l'ha detto ed evito qualsiasi ipotesi non conoscendo bene la materia.
Mi chiedo inoltre se la raggiunta indipendenza della Groenlandia potrebbe avere come conseguenza una quarta flotta di caccia da aggiungere ai quantitativi permessi alle popolazioni indigene visti sopra.
Oltre che presidente della IWC, William Hogarth è anche il delegato degli USA e la sua posizione è in pericolo dopo il cambio di presidenza negli USA. Comunque ottenne un buon successo due anni fa quando riuscì ad evitare la ripresa della caccia alle megattere da parte dei giapponesi.
Il problema, secondo lui, è che ora come ora non si può pretendere che Giappone, Norvegia e Islanda si fermino con la caccia, ma che d'altro canto queste nazioni non possano pensare di aumentare le quote.
Hogarth avrebbe cercato un compromesso con i giapponesi: diminuire le catture in Antartide e aumentarle nei mari costieri della nazione asiatica. Questa proposta ha per una volta visto d'accordo Giappone, Australia e Nuova Zelanda, che l'hanno tutte e tre respinta, anche se per motivi diversi.
Il meeting di Madeira è attualmente in svolgimento e quindi aspettiamo di sapere come andrà a finire.

martedì 23 giugno 2009

Lettera al nuovo sindaco di Firenze sui temi trattati da Scienzeedintorni


Matteo Renzi è il nuovo sindaco di Firenze. Essendo io fiorentino utilizzo questo spazio per dire che cosa mi aspetto da lui nei temi che ho trattato su "Scienzeedintorni". Premetto che, al di là delle idee politiche dell'autore, questo blog si occupa di politica solo e solamente a proposito delle scelte che riguardano gli argomenti trattati e solo con rigore scientifico (almeno mi auguro), senza attaccare o difendere per principo una parte politica o l'altra (ovviamente ritenendo responsabili i politici di quello che dicono o fanno e indicandoli per questo, non per le mie simpatie o antipatie personali)


Caro Matteo, ormai archiviata l'elezione sei il nuovo Sindaco di Firenze. Un risultato ampiamente previsto il cui commento esula dagli scopi di Scienzeedintorni. Ovviamente ti invio il mio più sincero “in bocca al lupo” anche da qui, dopo avertelo fatto personalmente
Né intendo mettere bocca su tutto il tuo programma elettorale: Firenze di problemi ne ha tanti, da quelli sociali a quelli economici e della vita quotidina. Però mi permetto di chiederti con questo post quello che mi auguro succeda a proposito delle problematiche di cui mi occupo su questo blog.

Mi è piaciuto molto il discorso di ieri sera su Firenze e l'innovazione tecnologica. E' un tasto su cui ho già battuto su Scienzeedintorni e che mi sta a cuore da tanti anni.
La collocazione di un prodotto sul mercato la vediamo in base a 3 parametri: la sua bellezza, la sua tecnologia e il suo prezzo.
Siamo l'Italia, un paese povero di materie prime e dal costo del lavoro molto alto (anche per la presenza di giustissimi ammortizzatori sociali). Noi non possiamo continuare a lavorare sui prodotti “di prezzo”, ma siamo molto bravi sul “bello” (imitatori a parte...). E dobbiamo sviluppare il “tecnologico”: già, perchè ci sono delle imprese italiane che grazie alla loro produzione tecnologica vendono persino alla Cina, lo spauracchio dell'imprenditore medio italiano, che anziché investire in tecnologia preferisce comprarsi il SUV.
Quindi mi aspetto, come hai già fatto da Presidente della Provincia, un bel lavoro sulla ricerca, ricordando i tanti centri di eccellenza che ci sono dalle nostre parti, sia nelle Università che nelle Aziende Private e promuovendo collaborazioni non solo locali ma di respiro internazionale. Ti ricordo anche che, oltre a quella tecnologica, è importante la ricerca “di base”, che magari non avrà ritorni in breve tempo ma in un futuro più lontano. Pensa per esempio al DNA: ci sono voluti almeno 30 anni per sapere cosa farsene di questa scoperta.....

E veniamo al secondo punto: la mobilità.
Quando sento ministri dire che chi vuole la tramvia a Firenze è un pazzo, beh, forse questa persona non ha la necessità di spostarsi per lavoro tutti i giorni da una parte all'altra della città!
Occorre scoraggiare più possibile il mezzo privato. Scoraggiarlo non vuole dire impedirne l'uso: ci sono casi in cui è necessario. Per esempio chi deve fare la spesa, trasportare oggetti personali pesanti o ingombranti, una persona con difficoltà a muoversi, temporanee o no. Chi ha un orario di lavoro che coincide con la mancanza di mezzi pubblici o chi dopo il lavoro ha qualche cosa da fare per cui tornerà a casa molto tardi.
Ma non è logico prendere l'auto per andare a lavorare in orario di punta, da solo. O, meglio, non lo sarebbe.
Il mezzo pubblico è competitivo come prezzo, ma non certo come tempi o comodità (semprechè sia comodo metterci un quarto d'ora in coda tra Porta a Prato e la Fortezza da Basso....). Ecco, bisogna rendere più comodo e più veloce il mezzo pubblico. Oltre ad incoraggiare l'uso delle due ruote, a propulsione meccanica o umana.

Pertanto
- vai con la costruzione delle tramvie anche nella parte orientale della città (ma facciamole più velocemente che come con la linea 1, eh). Anzi, ti propongo persino una nuovo tratto, una appendice della linea per l'aeroporto, che da via di Novoli attraversi il parco e vada a servire il Palagiustizia, i nuovi uffici della Cassa di Risparmio, la Telecom, la zona di Firenze Nova (e quindi la stazione di Rifredi) ed il Nuovo Pignone.
- vai con delle nuove corsie riservate ai mezzi pubblici nelle zone in cui si bloccano per il traffico.
- vai con nuove piste ciclabili, purchè siano protette anche nei confronti dei pedoni (non come quella del Lungarno Ferrucci, per esempio: la mia testa porterà per sempre i segni che i pedoni e i ciclisti difficilmente convivono sullo stesso marciapiede, al di lò della presenza di una striscia divisoria in terra).
- pubblicizziamo meglio il “passante Ferroviario”, servendo meglio tutte le sue fermate. Quanti fiorentini sanno che con il biglietto dell'ATAF si può utilizzare anche il treno nei tratti ferroviari dentro il territorio comunale e quanto tempo ci si metterebbe?

Utilizzare di più i mezzi pubblici e le due ruote diminuirebbe anche l'inquinamento e migliorerebbe le condizioni dell'aria che respiriamo. Pertanto no all'abolizione delle strisce blu. A Roma qualcuno si è già pentito di questo.
E, a proposito di aria, perchè non provare a ritornare al filobus? I veicoli elettrici puri, purtroppo, non hanno una grande autonomia. Ma oggi ci sono dei mezzi che possono viaggiare senza i fili per un certo tratto di strada grazie a delle batterie (come è previsto per il tram in zona Duomo). Aggiungo che sarebbe bello addirittura alimentarli con energia ricavata da fonti rinnovabili come il vento (una cosa sulla quale ti sei già battuto!) per fare di Firenze una città guida per il trasporto sostenibile.

Un ultimo appunto sulla questione del sottoattraversamento ferroviario. Qualche tempo fa ero un po' scettico anche io e l'ho pure scritto su Scienzeedintorni, senza cancellare poi il post. Ma mi sono convinto che questa sia l'unica soluzione possibile.
Si sta parlando di fare la stazione a Castello. Ma chi l'ha proposta viaggia in treno o è stato convinto che i treni ad alta velocità siano una specie di aerei?
Vedi, non occorreva uno studio fatto dalle Ferrovie dello Stato dal quale emergesse che chi prende il treno per venire a Firenze ha come destinazione un'area vicina a Santa Maria Novella o prende il treno regionale per la destinazione finale. anche chi parte o arriva alla Stazione con un mezzo pubblico dalla città o con un treno dai dintorni).
E poi pensa: la comodità del treno è che entra nelle città. Se si facesse la fermata a Castello saremmo l'unica città in Europa con la stazione AV a cui ci si arriva on una navetta dalla stazione centrale.... Ci sarà uno stramaledetto motivo per cui TUTTE le stazioni dell'Alta Velocità in Europa sono DENTRO i centri urbani e non in campagna.... (a proposito: a Castello manco possono passare it reni da e per Empoli/Pisa/Siena...)

Per non parlare di quelli che sostengono la comodità della stazione AV accanto all'aeroporto: mi trovi una, dico una. persona che viene da Roma o Milano per prendere l'aereo a Firenze??????
Per quanto riguarda il terrorismo Dezordiano: perchè mai nessuno (tolto il sottoscritto) ha mai fatto notare come non siano mai stati riportati in letteratura danni agli edifici utilizzando la talpa TBM, quella che verrà usata per il sottoattraversamento?

venerdì 19 giugno 2009

Correlazioni climatiche: come la scomparsa dei ghiacci può portare ad un raffreddamento del clima

Può sembrare strano che un aumento delle temperature del pianeta (e il relativo scioglimento di parti della calotta glaciale artica) sia spesso correlato ad una lunga ondata di freddo in Europa. Invece è quello che è successo in vari episodi nelle ultime migliaia di anni.
Come si spiega questo stranissimo (a prima vista) concatenamento degli eventi? La causa va ricercata nell'oceano Atlantico, dove la deglaciazione innesca la sospensione della circolazione oceanica.

Buona parte dell'acqua degli oceani si muove come se fosse su un vero e proprio nastro trasportatore, la circolazione termoalina. Partiamo dai Caraibi: lungo la Corrente del Golfo l'acqua temperata arriva nell'Atlantico settentrionale. Qui diventa fredda e molto pesante sia per la temperatura che per l'aumento della concentrazione dei sali innescato della frazione liquida che congela. Pertanto si immerge e da qui descrive una traiettoria a grande profondità lungo il continente americano per poi bordeggiare l'Antartide, dove scorre nella corrente circumpolare antartica. Poi si dirige verso il nord del Pacifico, dove finalmente risale verso la superficie. Da qui ritorna verso il Capo di Buona Speranza, lo doppia e finalmente rieccola ai Caraibi. Un processo lento ma inesorabile, che coinvolge una enorme massa d'acqua. La circolazione termoalina si chiama così perchè è guidata sia dalla temperatura che dalla salinità delle acque coinvolte e di quelle vicine.

Il processo viene però disturbato pesantemente se un intenso flusso freddo di acqua si immette improvvisamente nell'oceano proveniendo dal Nordamerica. L'acqua fredda, molto fredda, che deriva dello scioglimento dei ghiacci (o che, come vedremo, può provenire anche dallo svuotamento di laghi glaciali) è molto più pesante di quella proveniente dalla Corrente del Golfo, a cui impedisce lo sprofondamento e quindi viene bloccato il nastro trasportatore termoalino. In questa situazione, mancando l'afflusso temperato nell'Atlantico lungo le coste europee, si instaurano dei venti secchi dalla Siberia e tutta l'Europa Occidentale, il bacino del Mediterraneo e l'Asia sudoccidentale vengono presi nella morsa di un freddo violento e di una terribile siccità, fino a quando la circolazione non viene ripristinata. Al contrario le temperature aumentano nell'Atlantico tropicale.

E' successo diverse volte. Le tracce di queste fasi sono conservate sul fondo dell'Atlantico settentrionale sotto forma degli “eventi di Heinrich”, dal nome del climatologo tedesco che li ha scoperti: gli “eventi di Heinrich” rappresentano un brusco cambio di sedimentazione nell'Atlantico Settentrionale dove il flusso di acqua proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai apporta sedimenti provenienti dallo scudo canadese (materiale trasportato prima dai ghiacciai, poi dagli iceberg e poi dalle acque), che si sostituisce alla normale sedimentazione composta per lo più da gusci di foraminiferi planctonici (a loro volta diminuiti drasticamente per il cambio di temperatura e salinità dell'acqua). Anche il tasso di sedimentazione è anomalmente alto durante queste fasi.
Un Evento di Heinrich è normalmente scatenato dalla deglacizione della zona della Baia di Hudson e in generale della calotta glaciale laurentide (quella che occupava il Nordamerica). Si nota chiarmanente come tutti gli eventi di Heinrich siano correlati alle oscillazioni climatiche di Dansgaart-Oeshger, rapidi eventi di riscaldamento a cui segue un lento raffreddamento di cui ancora si dibattono le cause: terrestri, solari, astronomiche o una combinazione di tutte queste? Gli eventi di Heinrich si contano dal più recente. L'ultimo, quindi denominato “Heinrich 1” rappresenta un momento freddo dopo il miglioramento delle condizioni climatiche dal 19.000 AC in poi. Si è concluso all'incirca nel 13.0000 AC.

La circolazione termoalina è stata alterata anche da eventi non ripetitivi come gli Heinrich o i Dansgaard - Oescgher, ma sempre pesanti. Una calotta polare in ritirata, oltre a provocare l'innalzamento della crosta e del mantello terrrestre (come succede ancora oggi in Scandinavia) lascia anche una bella traccia sulla superficie, una zona depressa, come se un gigante avesse lasciato una enorme orma, che quando il ghiacciaio ai ritira viene riempita da grandi laghi. I laghi canadesi e scandinavi hanno questa origine


Nel 10800 AC la calotta laurentide, che nei suoi momenti “migliori” era arrivata a sud di New York, era in piena ritirata, ormai quasi dappertutto ben oltre l'attuale confine fra USA e Canada, lasciandosi dietro la zona dei laghi, ancora attualmente visibili. Solamente che ce n'erano alcuni molto grandi, come il Lago Agassiz, che si estendeva su parti di Saskatchewan, Ontario, Minnesota e North Dakota (i laghi Winnipeg e Cedar sono due dei suoiresti”). L'invaso prende il nome in onore di uno dei primi geologi della storia, lo svizzero Luis Agassiz, che fu uno dei primi a studiare la dinamica dei ghiacciai. Questa massa di acqua enorme e fredda aveva una gravissima conseguenza meteorologica: la presenza di venti prevalenti da nordovest che non consentivano a masse d'aria più umide e più temperate di arrivare alla calotta laurentide. Questa, già in difficoltà per il clima più caldo, non aveva più rifornimenti di acqua e quindi diminuiva sempre di più di dimensioni. Il guaio era che le le acque del lago Agassiz erano bloccate a Est proprio da un suo lobo.

Il lago continuava ad aumentare di livello, alimentato dalle acque della calotta in scioglimento mentre la diga di ghiaccio si indeboliva progressivamente. Un bel giorno, si aprì nel lobo una breccia e cominciò un fenomeno impressionante: lo svuotamento in pochi mesi del lago, le cui fredde acque si precipitarono nella zona del San Lorenzo, irrompendo nell'Atlantico ed interrompendo la circolazione termoalina. E fu il tempo dello Younger Dryas, che prende il nome dal Camedrio Alpino (Dryas Octopetala), un fiore indicatore di ambiente freddo dei cui pollini abbondano i sedimenti dell'epoca. Furono 10 secoli di freddo asciutto in Europa, nel Mediterraneo e nell'Asia sudoccidentale: ai venti umidi occidentali si sostituirono quelli dell'anticiclone siberiano. Praticamente divennero permanenti le condizioni climatiche che abbiamo adesso in periodo invernale quando la tramontana soffia dai Balcani. Dopo 2000 anni di caldo anche maggiore quello odierno, il cui arrivo coincise con la fine di “Heinrich 1”, in cui le foreste da sud avevano progressivamente colonizzato l'Europa centro – occidentale, si ritirarono verso sud e tornò la tundra. Scomparvero anche le foreste che avevano invaso Mesopotamia ed Anatolia.Per circa un millennio l'Europa fu stretta in una morsa fredda e secca. Poi il nastro trasportatore della circolazione termoalina riprese, l'Europa si riscaldò e tornarono le foreste di pini e di betulle.
Le conseguenze furono pesanti anche per l'umanità dell'epoca, che dopo 20 secoli di vita dedita alla caccia e alla raccolta nella foresta attraversò una grande crisi. Fu in quel periodo che alcune popolazioni si spoostarono dalla “mezzaluna fertile” verso il Mare Eusino, il Mar Nero dell'epoca, allora un lago isolato dal Mediterraneo, dove ancora c'era un pò di umidità.

Un secondo evento del genere avvenne qualche tempo dopo, nel 6200AC, quando collassò definitivamente la calotta glaciale canadese. L'acqua si riversò abbondantemente nell'Oceano Atlantico Settentrionale, ma anche verso il golfo del Messico. Forse fu proprio perchè una parte delle acque finirono più a sud che stavolta il freddo durò meno di 500 anni.

Non ci sono invece connessioni simili per la "piccola era glaciale" che iniziò con 4 mesi di piogge insistenti sull'Europa nella primavera - estate del 1315. Seguì un periodo piuttostro freddo e agitato o, meglio, di clima molto altalenante, fino al 1860, quando iniziò il trend di riscaldamento attuale (a cui noi umani stiamo dando un buon contributo...). E' vero che le condizioni climatiche peggiorarono notevolmente, ma non ci fu un blocco della circolazione termoalina. Per cui in Europa non ci fù una vera e propria siccità

Queste vicende ci fanno vedere come il clima sul nostro pianeta sia molto delicato e che il collasso di una calotta glaciale può essere improvviso e avere drammatiche conseguenze sul clima oltrechè, come logico, sul livello marino (che quando si sciolse definitivamente la calotta laurentide si è innalzato al ritmo di quasi 5 centimetri all'anno!).

Per "dovere di cronaca" annoto che questa visione non è condivisa dal 100% degli scienziati. Alcuni ricercatori contestano il ruolo della Corrente del Golfo, suggerendo più un gioco di venti per spiegale le temperature. Per altri non torna la tempistica fra Younger Dryas e svuotamento del Lago Agassiz. Comunque anc'hessi sono d'accordo sul fatrto che lo Younger Dryas sia stato provocato dalla sospensione della circolazione termoalina e dallo svuotamento di un bacino lacustre. Non sarebbe chiaro, per loro, dove.

mercoledì 10 giugno 2009

I 6 pilastri del creazionismo contro gli evoluzionisti in una discussione sul Tiktaalik


L'evoluzione è ormai una questione scientificamente provata “al di là di ogni ragionevole dubbio”, come Sean B.Carroll afferma con il titolo del suo libro pubblicato da “Le Scienze”. E non possiamo che dargli ragione. O, meglio, non può che dargli ragione chiunque abbia un cervello capace di pensare non obnubilato da panzane di ogni ordine e grado.
Purtroppo i creazionisti, fondamentalisti cristiani e anche musulmani, riescono a scrivere sull'argomento le balle più insensate. E soprattutto riescono a trovare i soldi per farlo.
La posizione della Chiesa Cattolica è incerta. A parte elementi come Padre Coyne, che da astrofisico e grande scienziato qual'è, è dichiaratamente evoluzionista, c'è una componente creazionista che sta venendo fuori, anche ben sponsorizzata in soldi, movimenti e persone. Comunque ci sono state delle aperture, a partire da Giovanni Paolo II. Purtroppo si conclude sempre con delle invocazioni di confronto fra teologi e scienziati. Mi chiedo su che basi: i teologi dovrebbero finalmente conoscere i fatti scientifici dalla voce dei protagonisti oppure vogliono piegare ad un compromesso gli scienziati

Recentemente ho riscoperto una vecchia discussione sul Tiktaalik, quello strano pesce del Devoniano che cominciava ad avere pinne che potevano sollevare il corpo e aveva un vero e proprio collo. La discussione si trova a questo indirizzo, É molto suggestiva perchè vede i creazionisti impegnati nel demolire (in maniera piuttosto ridicola) l'impianto teorico e pratico dei ricercatori. Ricercatori che, come 3 anni fa evidenziai nella discussione, per trovare il Tiktaalik nelle rocce della sperduta Groenlandia hanno dovuto far una serie di passaggi logici usando varie branche della Scienza:
1. l'ambiente ideale in cui si è svolta la transizione tra pesci a tetrapodi erano delle zone lagunari e deltizie tropicali con acque poco ossigenate (anatomia, fisiologia, ecologia, sedimentologia e geochimica sono state impiegate per queste deduzioni)
2. si doveva trattare di rocce di circa 400 / 350 milioni di anni fa (paleontologia e stratigrafia lo dimostrano)
3. tramite lo studio della tettonica a zolle e dei movimenti di continenti e poli si conosce quali masse continentali erano all'epoca nelle zone tropicali.

Per cui usando tutte queste conoscenze sono andati proprio in Groenlandia e hanno trovato diversi scheletri di Tiktaalik. Cioè, come ha sottolineato una risposta che ha citato direttamente la mia osservazione, hanno fatto Scienza proprio come deve essere fatta.

Nella discussione troviamo alcuni aspetti dei metodi che i creazionisti usano per rifiutare l'evoluzione, magistralmente riassunti da Sean B.Carrol nel suo libro e cioè:
1. mettere in dubbio la scienza
2. mettere in dubbio le motivazioni e l'integrità morale degli scienziati
3. amplificare i disaccordi fra scienziati e citare nullità come autorità
4. esagerare i danni potenziali della teoria
5. appellarsi alla libertà personale
6. appellarsi alla incompatibilità con una concezione filosofica.

Il tutto condito – aggiungo io – da una assoluta ignoranza in materia che secondo Carroll è puramente voluta.

Comincia subito AZIZ, dicendo che tanti supposti “anelli mancanti” si sono rivelati degli errori. Ma non ne cita. Probabilmente è una frase che ha sentito dire.
PAM SEARS è più articolata: comincia a chiedere “come avete fatto a dedurre da questi frammenti se erano pinne, arti o cosa?”, prosegue chiedendo come si poteva dire che il Tiktaalik aveva sia branchie che polmoni. La prima domanda come quella di Aziz rende l'idea del primo aspetto, la denigrazione dello scienziato. Annoto che sull'argomento Tiktaalik – polmoni la letteratura creazionista si è scatenata. Evidentemente non conoscono la vescica natatoria e la sua storia (e probabilmente non interessa loro un gran che). A questo proposito ho scritto qualcosa tempo fa e lì vi rimando per un rapido excursus sulla questione (leggete anche la domanda postami da un amico).
Poi la Sears è stupenda, chiamando in causa Dipnoi e Ornitorinco dicendo che sono indiscutibilmente inquadrati fra pesci e mammiferi, che non si stanno attualmente evolvendo e dove trova animali che adesso si stanno evolvendo. Le consiglierei di guardare le lucertole di Pod Mrcaru o studiare attentamente le caratteristiche dell'ornitorinco. (Damin, nella stessa discussione, osserva come le prove dell'evoluzione le abbiamo e vediamo realmente nelle mutazioni che consentono ai batteri di sviluppare forme immuni agli antibiotici. Ma gli ineffabili creazionisti potrebbero rispondere che loro considerano possibile la microevoluzione, con cui una specie può modificare alcuni suoi caratteri e rifiutano però la macroevoluzione (da una specie all'altra). Mi domando dove possa esistere una barriera siffatta...
Dopodichè conclude invocando il libro della Genesi, a proposito dei giorni della creazione. Tipica argomentazione da punto 6 e aggiunge che per lei “è più facile dire che Dio ha detto così in maniera fideistica piuttosto che credere che noi siamo il risultato di una lunga evoluzione”. Amen. A me, studiando la natura, torna più facile esattamente il contrario.....

ROGER FEENSTRA semplicemente definisce l'articolo di Nature una fiction.
Semplicemente terribile l'ignoranza scientifica di JSD, visto che domanda come hanno potuto evolversi le branchie in pomoni (al limite le branchie si sono evolute negli orecchi e nelle ghiandole paratiroidi).

Ma l'intervento più fantastico (si può dire?) è quello di THOMAS WEANT: “evoluzionista, la Terra non può avere 365 milioni di anni perchè la Sacra Bibbia dice diversamente... Il pesce che hai trovato è semplicemente un alligatore estinto (non è il primo nella discussione a proporre questo, ndr). Non potrai mai trovare che cosa si è evoluto nel Tiktaalik. E' impossibile che qualcosa succeda per caso. Chi potrà mai dire se il tuo pesce non sia altro che un altra cosa tipo l'uomo di Piltdown per riempire i pezzi mancanti? (si riferisce a un falso ritrovamento spacciato per un ominide primitivo, ndr). Cosa si è evoluto in insetti e piante? Da dove vengono le molecole e gli atomi? Potrai trovare tanti animali estinti che Dio aveva creato. È evidente come Weant si appella a una filosofia per contrastare la scienza, ma nel contempo tenta di delegittimare gli studiosi (punto 2) mettendo in dubbio la scoperta e paragonandola a un noto falso
C'è poi il punto 5, la “libertà di opinione”: L'evoluzione è una fede e così è credere nella Creazione. Quindi basta con l'insegnare l'evoluzione come un fatto, perchè non lo è. Successivamente lo stesso Weant si scaglia contro la scienza perchè non sa spiegare alcune cose, come l'aumento dell'ossigeno atmosferico o altro. Altra dimostrazione a suo dire della poca fiduica che meritino gli scienziati che ancora non hanno capito niente, mente lui grazie alla Bibbia ha tutte le risposte che cerca.

Persino uno che si firma “UN BIOCHIMICO” dice che" la Terra è troppo giovane perchè ci sia stata l'evoluzione". Mi chiedo cosa possano dirgli i fossili. Prseguo dicendo che "Ci sono delle dimostrazioni matematiche di questo..." Ecco la citazione di nullità (punto 3): personaggi che partono con dei parametri sbagliati: applicandololi al comportamento dell'acqua, renderebbero matematicamente impossibile persino la formazione di un fiocco di neve...

Da ultimo il buon GEOFF LOCKETT insiste sul fatto che ci dovrebbero essere tantissimi anelli di congiunzione che invece secondo lui non si trovano e rimane stupito che un singolo fossile possa far fare questi – a suo dire – voli pindarici. Si dimentica non solo che di esemplari di Tiktaalik ne sono stati trovati diversi e non capisce che le sue caratteristiche anatomiche lo inseriscono in quella posizione.

Insomma, rileggendo una semplice discussione su un articolo che parla di una creatura straordinariamente importante come il Tiktaalik, ritrovo esattamente quasi tutti i metodi citati da Carrol.
Ho preso questa discussione ma ne potrei citare decine di altre o commentare articoli assurdi che appaiono in rete
Quando si farà finita con queste storie?

domenica 7 giugno 2009

Ripresentato il progetto di legge contro l'eccessiva presenza dell'astrologia sui mezzi di informazione


Il progetto di legge contro l'eccessiva presenza dell'astrologia sui mezzi di informazione, patrocinato dalla UAI (unione astrofili italiani) è stato ripresentato alla Camera dei Deputati ed è stato assegnato alla VII commisisone Cultura.

Il testo, numerato come 2217, a firma degli onorevoli Velo, Brandolini, Farinone e Graziano, con il numero 2217, si intitola: "Disposizioni per assicurare la corretta informazione dell'opinione pubblica sulla mancanza di scientificità delle previsioni probabilistiche effettuate attraverso l'uso di oroscopi, carte, numeri o pratiche analoghe".

Nella presentazione i proponenti scrivono che "la presente proposta di legge trova giustificazione nel fatto che, sempre di piu e senza alcun controllo, proliferano, su numerosi organi di stampa, riviste e trasmissioni radiotelevisive di vario genere (tra cui purtroppo anche alcuni giornali radio della stessa RAI), letture o esposizioni di oroscopi nonche di carte, numeri o pratiche analoghe di cui, come e ben noto, non vi e alcuna prova scientifica della validita predittiva" (e aggiungo che non ci darà mai...).

Proseguono affermando - e non posso essere che d'accordo su questo!- che "non si tratta, infatti, di un’attivita innocua, da considerare con simpatia e con indulgenza", visto che "in alcuni casi essa ha provocato vere e proprie tragedie economiche per molte famiglie, sfociate in processi penali di risonanza nazionale", per cui occorre "limitare i danni socio-culturali e, in alcuni casi, anche economici che derivano da questa pratica", anche perchè, spesso, da parte degli peratori del settore c'è una "deliberata intenzione di ingannare".

Comunque nessuno con questa legge intende impedire queste pratiche, ma chiede solo "un intervento informativo obbligatorio, da parte di tutti gli organi che ospitano dette attivita (stampa, radio e televisioni), affinche sia ben messo in evidenza che le previsioni astrologiche o altre consimili arti non hanno alcun fondamento scientifico". Insomma si chiede solo un "bollino" informativo, che avvisi che non si tratta di cose serie.
Ovviamente sono non si possono "vietare comportamenti legati a libere scelte", ma occorra obbligare "a una seria e puntuale informazione sui limiti oggettivi che queste pratiche presentano, proprio perche tali scelte, per essere libere, devono essere basate su un minimo di informazione".
(soprattutto la Chiesa Cattolica!)

Notate la componente educativa di questa ultima affermazione.

Ricordo anche che l’Autorita per le garanzie nelle comunicazioni vieta lo svolgimento di televendite di questo genere nelle fasce orarie che vanno dalle ore 7 alle ore 23.

Inoltre, il testo unico della radiotelevisione prevedeva l’istituzione, presso l’allora Ministero delle comunicazioni, del Comitato di controllo in materia di servizi di astrologia, di cartomanzia e assimilabili. Onestamente non so se questo comitato esista davvero. Ma nel caso esistesse (e tutto sommarto sarebbe giusto che esistesse) noto amaramente come preziose risorse pubbliche debbano essere investite per questo scopo, per colpa della credulità popolare.

La legge, composta di soli 3 articoli, prevede in sostanza che ogni comunicazione del genere venga accompagnato da questo avviso: «Le previsioni probabilistiche sono basate su elementi e su deduzioni che mancano di riscontro scientificamente provato». L'avviso dece essere comunicato in voce nelle trasmissioni radiofoniche; con sottotitoli e in voce nelle trasmissioni televisive; in forma scritta nei casi di pubblicazioni a mezzo stampa e di diffusione mediante le reti telematiche o di telecomunicazione.

A proposito: quale astrologo ha predetto il terremoto abruzzese?

Per chi volesse saperne di più, ecco la pagina della UAI sull'argomento.
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Vorrei solo che il mondo culturale, i docenti universitari e alcune Istituzioni importanti facessero una sana pressione in materia per arrivare prima possibile a questo. Vorrei soprattutto vedere un impegno concreto in materia della Chiesa Cattolica e delle altre istituzioni religiose: secondo me questa è una battaglia più qualificante che non certe altre questioni poste in contrasto con la laicità dello stato.
Purtroppo, come ho già fatto notare, la maggior parte degli scettici (o, meglio, dei non credenti agli oroscopi), ritiene inutile uno sforzo per combatterli, perchè "a me non mi interessano" e qundi non mi interessa la questione.
Certo che finchè ci sono giornali che quando parlano di una persona ne indicano sempre il segno zodiacale... mah.. siamo messi bene.... (per tacer dei giornali specializzati....)

venerdì 5 giugno 2009

tra storia e sismologia Il terremoto dell'Abruzzo era prevedibile?



Torno ad occuparmi del terremoto abruzzese perchè ci sono dei fatti nuovi che meritano attenzione. Quello che sto per dire potrebbe sembrare molto grave. Probabilmente lo è, ma è inevitabilmente detto con il senno di poi.

CONSIDERAZIONI GENERALI SU FORTI TERREMOTI NELL'AREA ITALIANA

Sul blog di Marco Cattaneo, di “Le Scienze” (Indiscutibilmente una persona seria e un giornale serio - merce rara in Italia....).ci sono delle annotazioni importanti. Vi si legge che solo 4 dei 13 terremoti di magnitudo superiore a 5,5 verificatisi in Italia dal 1961 a oggi sono stati preceduti da una sequenza sismica con almeno una scossa di magnitudo 3,8 o superiore entro un mese prima dell’evento ed entro un raggio di 50 chilometri dall’epicentro. Per la precisione: Belice 1968; Friuli 15 settembre 1976; Umbria-Marche 1997; L’Aquila 2009.
Aggiungo che anche a San Giuliano di Puglia ci sono sicuramente stati dei foreshocks, sia pure inferiori a 3.9 Non capisco perchè Paolo Gasperini dell'INGV abbia scelto proprio questa intensità come discriminante (ma sia ben chiaro che non oso minimamente criticare questa scelta che sicuramente sarà ben motivata!).
Negli altri 9 casi non ci sono state scosse di M > 3,8 che hanno preceduto il sisma maggiore. E qui c'è una giusta considerazione: quante decine di scosse sono avvenute in Italia con intensità paragonabile o superiore senza aver dato luogo ad un forte terremoto?
In uno dei post successivi al terremoto scrissi che lanciare un allarme dpo ogni scossa con M maggiore di 3 significherebbe riempire le autostrade di convogli della protezione civile.
Quindi su questa base la decisione partorita nella famosa riunione aquilana del 30 maggio è ineccepibile, anche perchè gli “allarmi radon” sono stati lanciati da una persona il cui unico lavoro reperito in rete fa semplicemente ridere, come ho già scritto in un post apposito.

PERÒ.... C'È UN PERÒ: LA SISMICITÀ STORICA IN ABRUZZO

La quantità di terremoti registrati in Abruzzo è notevole e ci sono anche delle fonti discordanti. Ad esempio c'è chi cita il terremoto del 27 novembre 1456 come il più terribile in tempi storici per l'Italia Centrale: ebbene, di questo evento non c'è traccia nel catalogo parametrico dei terremoti italiani dell'INGV, in quello di Mercalli e in quello di Baratta.
Persino Giuseppe Mercalli è in contrasto con il catalogo dell'INGV: parla di una scossa forte il 20 settembre 1731, quando il catalogo ne pone una il 15 ottobre.
Comincianod un breve excursus storico, è possibile che il sisma registrato a Roma nell'849 abbia avuto l'epicentro in Abruzzo.
Nel 1315 sembra che sia stata colpita solo L'Aquila. Invece pochi anni dopo, nel 1349, la scossa si inquadra nell'ambito di una forte crisi sismica in tutta l'Italia. Apportò danni fino a Roma.
Anche il 27 novembre 1461 sembrerebbe un evento isolato e di interesse locale. Da notare che ci furono molte repliche e una scossa molto forte forte 20 giorni dopo. Il catalogo dell'INGV riporta un terremoto nel 1498.
Nel 1703 (quasi 250 anni di “buco”, un periodo in cui non avvennero terremoti distruttivi) ci fu uno dei più forti terremoti dell'Appennino Centrale: nonostante l'epicentro sia probabilmente vicino a Norcia, l'Aquila subì parecchi danni. Le scosse ebbero ancora una volta degli effetti anche a Roma e furono seguite giorni dopo da una replica piuttosto forte
C'è poi il “mistero” del 1730/32: durante un'altra crisi sismica che sconvolse l'Italia centromeridionale, Giuseppe Mercalli scrive che nel Settembre 1731 “parecchi sismi avvennero negli Abruzzi specie uno rovinoso il giorno 20” . Dico “mistero” perchè nonostante il mio appello che è stato pubblicato anche dagli amici di “Abruzzo Svegliati”, non sono riuscito a sapere niente di questa sequenza sismica. Il catalogo dell'INGV – come ho fatto notare poco sopra – riporta un evento il 15 di ottobre, a SE del capoluogo abruzzese, due giorni prima del teremoto che sconvolse Foggia.
Gli appunti di Mercalli sono piuttosto precisi e coincidono con numerosi dati della bibliografia attuale. Li ho perchè li ho trovati in un libro di Giovanni Flores dal titolo “Il Terremoto”: comprato quasi controvoglia e solo perchè il mio edicolante insistette per vendermelo circa 25 anni fa, devo dire che prima di internet è stato una manna di informazioni. Ricordo solo che dopo il terremoto di Assisi dissi che la terra avrebbe tremato fino a Pasqua, ed ebbi ragione: lo capii proprio leggendo gli appunti del grande sismologo contenuti in quel libro.

L'EVENTO DEL 6 APRILE NON ERA FORSE COSÌ INASPETTATO?

Il 30 aprile c'era la gente per le strade per una ennesima scossa che aveva anche fatto qualche danno
L'evento del 1703 si è originato un po' a distanza da quest'area, verso il reatino. Ci sono evidenze di alcuni eventi significativi qualche mese e qualche giorno prima di quella scossa. Anche se qualche sospetto c'è, nulla fa pensare a uno sciame come quello del 2009 . Non c'è quindi una somiglianza precisa con quanto successo quest'anno, ma è chiaro come prima del sisma ci sia stata una certa attività. Mi chiedo inoltre se nel 1707 si sia trattato di un unico terremoto o di una serie di scosse innescate da quella principale, avvenute lo stesso giorno o nei giorni successivi riportate poi male dalle fonti,. Comunque ricordo che all'epoca la sismicità strumentale non era osservabile e/o che si possa aver perso il ricordo di eventuali piccole scosse.

Per quanto riguarda la “misteriosa” sequenza del 1731, è probabile che la scossa principale del 20 settembre (o del 15 ottobre?) sia stata preceduta da uno sciame, altrimenti secondo me Mercalli avrebbe parlato di un forte terremoto seguito da molte repliche. E' quasi sicuro invece che il terremoto di Avezzano del 1915 sia giunto improvviso.

Insomma, in altri casi avvenuti in zona un evento forte è stato preceduto da qualcosa. Anzi, Mario Baratta, un altro importante sismologo, afferma nel suo “I terremoti d’Italia” (del 1901!) che degno di essere ricordato sì è che i grandi parossismi aquilani successi nel 1315, 1461, 1498, 1646, 1786, 1791, 1809, 1848, 1849, 1887 si sono presentati tutti sotto forma di periodi sismici più o meno lunghi con un rilevantissimo numero di scosse". Capito? Questo da solo non può dire molto, perchè a prima vista potrebbe benissimo essere che la sequenza sia stata innescata da una scossa principale iniziale e non esserci una fenomenologia come nel 2009. Però la storia del 1703 potrebbe indicare qualcosa di più simile.
(Fra parentesi pure Baratta non parla dello sciame mercalliano del 1731, nè dell'evento del 1456).

Già l'analisi storica della sismicità avrebbe potuto destare una certa attenzione. Ma aggiungiamo altre due cose:
1. già negli anni 80 la Marsica e le aree adiacenti erano in Italia nel ristretto cerchio delle zone a più alto rischio, assieme a Forlivese, Monti Iblei, Capo d'Orlando e due aree in Calabria: sono le aree in cui siamo vicini al limite massimo della ripetizione di un evento particolarmente forte
2. (e questa è bella!) a metà di aprile, in un convegno a Napoli sulla previsione dei terremoti è stata mostrata una mappa con la distribuzione della probabilità di un evento di magnitudo superiore a 5,5 tra il 2008 e il 2012. Indovinate quel era la zona con la probabilità maggiore? Risposta: l'Abruzzo, dove le possibilità stimate erano del 30%! Mi domando se quella carta era nelle mani di Boschi 15 giorni prima e la risposta più logica mi pare quella affermativa.

LA RIUNIONE DELLA PROTEZIONE CIVILE ALL'AQUILA DELLA FINE DI MARZO

Boschi ignora completamente tutto questo e nella sua relazione punta su altri fatti e cioè:
1. L’area è stata interessata da sequenze sismiche anche recentemente che non hanno portato a nessuna scossa di una certa intensità (nella immagine in verde la sequenza dei primi mesi dell'anno, in giallo quella a Sulmona e in nero gli altri eventi meno recenti della zona)
2. Non ci sono state fino a quel giorno variazioni significative nella profondità degli ipocentri
3. il rilascio di energia è più o meno costante (nonostante che le scosse presentino una distribuzione irregolare nel tempo, ndr).
4. Le Magnitudo massime si concentrano nella parte meridionale della sequenza
5. l'ultimo evento di una certa importanza è stato uno di M=4 nel 1985

In ogni caso Boschi ha affermato una cosa che forse non è stata capita: non ha detto che era impossibile che si verificasse una scossa, ma che con la sequenza in atto non c'era un aumento della probabilità che avvenisse nella zona una scossa. Cioè che, sciame sismico nza in atto o no, le probabilità che avvenisse una scossa continuavano ad esserci, ma indipendentemente dalla presenza dello sciame (e probabilmente sapeva che erano elevate...).

In effetti, non considerando la bibliografia (e la mappa di cui sopra), i segnali erano tutto sommato tranquillizzanti. Personalmente, prima di approfondire la questione, pensavo anche io la stessa cosa. Mi chiedo – sempre e ovviamente con il senno di poi – se questa sottovalutazione è dovuta alla Scienza, alla Politica o a un mix delle due.


CONCLUSIONI

So benissimo – e lo preciso ancora una volta – di parlare con il senno di poi e con questo non dico che era possibile prevedere il terremoto nel significato letterale della parola, e cioè dichiarare giorno, ora, epicentro, profondità e intensità della scossa.
Non ho la minima idea di quale potrebbe essere stata la gestione degli eventi, in caso di un riconoscimento dei rischi. Però i dati avrebbero dovuto consigliare quantomeno una certa prudenza, uno studio, almeno preliminare, dello stato dei palazzi pubblici e – forse – sgomberare le situazioni più a rischio?
Ma avremmo avuto forse a che fare con il panico della popolazione? Forse era questa la peggiore delle preoccupazioni?
Io non lo so davvero come sarebbe andata.

mercoledì 3 giugno 2009

I rischi per la salute pubblica connessi all'eccessivo uso di antibiotici e le campagne per limitarne l'uso


Uno dei chiodi fissi di chi si occupa della salute pubblica è la possibile comparsa di un ceppo batterico che dia gravi effetti sui pazienti e che contemporaneamente sviluppi una resistenza agli antibiotici.

Negli anni seguenti al 1928, quando Fleming scoprì la penicillina, era comune il pensiero che le malattie batteriche fossero ormai sulla via della scomparsa. Nessuno poteva prevedere allora che i nostri nemici fossero in grado di porre in atto a loro volta delle difese. Ma la cosa fu evidente quando ci fu la necessità di sperimentare nuove classi di antibiotici rispetto alle quali successivamente alcuni batteri hanno sviluppato delle resistenze, rendendoli a loro volta inutili. Pertanto, periodicamente, vengono fuori nuove classi di antibiotici, in una rincorsa evolutiva fra medicina e batteri. Da un lato è un processo interessante che imita certi fenomeni esistenti in natura, come la competizione fra animali velenosi e le loro prede in cui queste ultime cercano di immunizzarsi dai veleni, mentre i predatori inventano sempre nuove varianti alle quali le prede non riescono a resistere. Ma al di là di questo “appassionante” duello, la diffusione di un ceppo batterico resistente agli antibiotici potrebbe avere conseguenze devastanti sulla salute umana.

Ed in effetti i batteri, per il solo fatto che si riproducono a velocità elevatissime, hanno forti possibilità di sviluppare una mutazione genetica che renda inutili alcuni rimedi contro di loro. Per questo meno farmaci utilizziamo, meno occasioni si danno ai batteri per sviluppare la resistenza ad un determinata sostanza. Questo discorso, ovviamente, è valido non solo per gli antibiotici, ma per tutti i tipi di medicine che combattono batteri o simili: per esempio sembra che alcuni ceppi di plasmodio della malaria siano diventati chinino-resistenti.
Questa classe di sostanze è stata la chiave per la cura di diverse malattie provocate da batteri (e altri tipi di parassiti come i plasmodi).

Purtroppo gli antibiotici combattono i batteri, ma non hanno alcuna possibilità di aggredire i virus: colpiscono dei sistemi vitali per i batteri, che bene o male sono forme viventi concettualmente simili a noi. I virus sono tutt'altra cosa. O, meglio, non è facile definire cosa siano.
C'è chi addirittura dice che non sono forme di vita vere e proprie, non avendo tutte le funzioni necessarie alla propria riproduzione: se vogliono riprodursi devono necessariamente penetrare all'interno delle cellule di organismi viventi, infettandole. Ed è questa loro caratteristica che fa dire ad alcuni studiosi che i virus non siano classificabili come esseri viventi, pur avendo anch'essi (quasi tutti) dei filamenti di DNA (altri solo di RNA).

Pertanto curarsi con gli antibiotici in caso di infezione virale è totalmente sbagliato, sia perchè è assolutamente inutile in quanto questi farmaci non possono colpire il bersaglio, sia perchè bene o male gli antibiotici indeboliscono il fisico (e difatti agli antibiotici spesso sono associati dei ricostituenti visto che possono produrre danni alla flora batterica normale dell'organismo), sia perchè meno ne mettiamo in circuito, meno possibilità ci sono che i batteri inventino delle armi per controbatterli.
Se si pensa che, per esempio, influenza e altre malattie del sistema respiratorio, in particolare delle vie nasali, sono provocate da virus e non da batteri, appare chiaro che combatterle con antibiotici sia quantomeno inutile se non, appunto, dannoso in prospettiva generale umana. Eppure è normale prassi per i pazienti chiedere e/o per i medici prescrivere (irresponsabilmente?) antibiotici anche in caso di tipiche sindromi virali come queste.

Così, periodicamente, i vari governi cercano con delle campagne di sensibilizzare al problema onde ridurre il consumo di antibiotici. Un buon risultato fu ottenuto in Islanda, ma il caso recente più clamoroso è stato in Belgio, dove grazie a uno sforzo notevole nel 2007 sono stati prescritti ben il 36% in meno di antibiotici rispetto al 2000. Un progetto analogo in Francia era partito a causa di forti preoccupazioni per la presenza di ceppi di streptococchi resistenti a molti farmaci e considerando che la nazione transalpina è uno dei più grandi consumatori di antibiotici a livello mondiale. Ha sortito effetti leggermente peggiori, con il 26% di riduzione, che è sempre comunque una diminuzione di oltre un quarto del quantitativo di antibiotici richiesto dal mercato (da notare che all'interno della diminuzione, è aumentato il consumo di alcune classi di antibiotici. Pertanto il consumo di altri tipi si è ristretto moltissimo).
Anche le autorità italiane stanno seguendo il problema con attenzione. Oltre ad una serie di iniziative locali, c'è l'Istituto Superiore di Sanità ha addirittura sul problema ha un suo sito specifico (www.antibioticoresponsabile.it) in cui si possono leggere tante informazioni. La campagna è promossa unitamente ai ministeri della salute e delle politiche sociali, oltre all'agenzia italiana del farmaco. Ma sicuramente l'iniziativa dovrebbe avere una maggior risonanza nell'opinione pubblica anche attraverso spot pubblicitari come è successo in Francia. Il problema - al solito - è la scarsissima cultura scientifica dell'itsliano medio

C'è poi un altro settore in cui il consumo di antibiotici è notevole e dagli effetti ancora sconosciuti sull'ambiente: la zootecnia: una pratica comune nella zootecnia è l'uso di mangimi contenenti antibiotici a scopo puramente preventivo, quindi a diffusione molto più larga, e con uno spettro di funzionamento molto generico. Questo, se per il singolo allevatore nel momento potrà indubbiamente essere un vantaggio momentaneo notevole, potrà dare delle conseguenze a livello della salute umana o dell'ambiente o della stessa zootecnia in futuro.
Per la salute umana, perchè se queste sostanze rimanessero nelle carni potrebbero dare anche delle reazioni allergiche: sembra che il 40% delle intolleranze ai farmaci riguardi proprio questo settore.
Per l'ambiente, perchè ci sono alcune ricerche secondo le quali antibiotici non assorbiti dagli animali, andando direttamente nel circuito dei liquami e del loro riutilizzo come fertilizzanti, inquinino fortemente il suolo, influenzandone la flora batterica.
Per la stessa zootecnia, perchè l'usi massiccio non può che incoraggiare lo sviluppo di forme resistenti ed occorrano rimedi sempre più potenti e costosi per evitare epidemie.

Insomma, gli antibiotici, se troppo utilizzati, potrebbero rivelarsi alla lunga più un danno che un beneficio per l'uomo e per l'ambiente. Assumiamoli quindi con attenzione e auspichiamoci che tutta la zootecnia (e non soltanto quella “biologica”) prenda coscienza del problema.
E soprattutto speriamo che la campagna “antibioticoresponsabile” susciti una eco più vasta di quanto successo fino ad oggi.

lunedì 1 giugno 2009

Situazione più calma in Arabia Saudita, anche se persiste l'allarme

Alla fine nulla è successo in Arabia Saudita.
Avevo espresso nella discussione su “eruptions” qualche dubbio in proposito. Più che altro mi pareva strano che fosse la risalita dei magmi a provocare i terremoti. E' più probabile che sia il contrario, e cioè che i meccanismi di apertura del Mar Rosso provochino la formazione di magmi che poi riescono a risalire quando la tettonica glielo permette. E che di vulcani da quelle parti ce ne siano tanti (sia pure contrassegnati da una attività saltuaria) è assolutamente evidente, anche se mancano grandi apparati: molti coni sono dovuti a una singola eruzione. Questa crisi sismica evidentemente non è stata sufficiente per permettere ai magmi la risalita fino alla superficie.
Del resto non è chiaro neanche se ci siano stati davvero i fenomeni sub-vulcanici di cui si parlato (fumi, aumento della temperatura nei pozzi e altre cose del genere).

Comunque i mercati mondiali del petrolio non hanno risentito del problema, sia perchè non ci sono oleodotti in zona, sia perchè una eventuale eruzione nell'area non avrebbe avuto caratteristiche esplosive, per cui non ci sarebbero state difficoltà nel traffico marittimo né in quello a terra del greggio
Gli unici disagi sarebbero stati per il traffico aereo che avrebbe dovuto evitare l'area, ma evidentemente sarebbero stati molto limitati.
Comunque lo sciame sismico di Al-Ais resterà nella storia della vulcanologia: scienziati ed appassionati hanno potuto seguire “in diretta” l'evolversi della situazione.

La situazione però non è ancora risolta: i tremori continuano e quindi alla popolazione non è ancora stato permesso il ritorno a casa: lo conferma giusto oggi il quotidiano online Arab News.