sabato 26 aprile 2014

Le paure irrazionali e quelle che dovrebbero essere reali a proposito di terremoti, alluvioni e altri disastri naturali


Una discussione che non cito per questioni di privacy mi ha dato lo spunto per una riflessione sulle paure degli italiani a proposito di eventi naturali come terremoti o tsunami. Avevo già parlato anni fa della questione perchè ci sono siti che pubblicano notizie volutamente esagerate per aumentare il numero delle visite. Giusto qualche giorno fa un sito pubblicò di una scossa di terremoto sentita in tutto il centro - sud. Notizia falsissima quanto cliccata. Comportamenti quantomeno scorretti che meriterebbero una presa di posizione delle Autorità, sempre che ci sia un appiglio legale, cosa che ignoro.
Insomma, Internet oltre a portare informazione, porta anche alle volte della disinformazione che può provocare dei grossi guai. Le questioni scientifiche vanno affrontate con rigore e non con dilettantismo, come dimostra la vicenda in questi giorni del rapporto ICHESE, di cui quasi nessuno ha capito o voluto capire niente....

Ricevo spesso mail o leggo commenti su facebook a proposito della paura di terremoti e tsunami. Non sono uno psicologo e di inconscio non so nulla, ma è chiaro che fenomeni dalle possibili devastanti conseguenze abbiano un “posto” speciale nell'inconscio di molte persone.
Ora, la questione dei terremoti è particolarmente evidenziata da internet perché in rete ci sono vari siti che se ne occupano, spesso maldestramente, e che per l'Italia riprendono di solito quanto è riportato dall'INGV.
Fino a “prima di internet” difficile che venissero fuori notizie su scosse di Magnitudo inferiore a 3.5. E rimanevano praticamente senza copertura eventi come lo tsunami della Nuova Guinea del 1998 (all'epoca Internet era cosa di pochi). 
Oggi il catalogo INGV arriva (mi pare) a M=2 (escludendo tutte le scosse inferiori non per "nascondere" ma perchè il database diventerebbe illeggibile per troppi dati) e i soliti siti spazzatura fanno titoloni sensazionalistici anche in caso di due o tre scossette con M 2,5, a cui segue il regolare succedersi di commenti preoccupati...

LA SISMICITÀ IN GRECIA

Venendo a questi giorni, abbiamo fra le cose di cui si parla in rete con scarsa cognizione di causa la questione della sismicità in Grecia.
È vero che nel 2014 ci sono stati 3 episodi forti, di cui 2 a Cefalonia di non trascurabili effetti locali, ma insomma, che in Grecia ci sia una “sismicità di fondo” intensa è normale e dovrebbe essere risaputo da chi scrive in proposito..
Per dimostrarlo ho preso due mesi completamente a caso dall'Iris Earthquake Browser, visibili in questa immagine:


Gennaio 2008: 19 eventi con M 4 o superiore
Gennaio 2012: 16 eventi con M 4 o superiore
Pertanto tutti quei siti che evidenziano la presenza di 2 scosse con M 4.5 in due giorni in Grecia e mari limitrofi, “isole comprese”, non mostrano niente di clamoroso ma semplicemente quella che è l'attività sismica ordinaria di quell'area.
Il problema è che, poi, senza dire ciò (volutamente o per pura non conoscenza) scatenano paure assolutamente fuori luogo. Qualcuno lo fa anche apposta per ottenere click.

LE MIE DOMANDE "STANDARD" A CHI DOMANDA

Per le diverse persone che mi hanno scritto ho un format base di risposta, ovviamente da adattare alle singole situazioni. Lo riporto.

1. la zona dove abita é classificata sismicamente in accordo con la letteratura scientifica?
2. gli edifici dove abita / studia / lavora o frequenta per altri motivi sono in regola con la normativa antisismica e con le accelerazioni che la letteratura scientifica ipotizza per l'area?
3. ci sono situazioni che possono indurre fenoneni di amplificazione locale delle onde sismiche?
4. ci sono attività coinvolgenti il sottosuolo che a causa della iniezione di fluidi in profondità possano indurre o attivare sismicità senza che ci sia una controllo da parte delle Autorità?
5. e, ultimo, vive in una zona con rischio idrogeologico assente o scarso?
Quindi:
a. Se le risposte sono "si" dorma sonni tranquilli e se ne freghi dei terremoti a bassa magnitudo che si sono verificati nelle vicinanze o un po' più in là
b. Se la risposta ad almeno una delle domande di cui sopra é "no" ci sono ben altre questioni per non vivere tranquillamente al di là di quanto è successo in questi giorni
c. se la risposta è “non lo so”, indaghi in merito o faccia indagare qualcuno che mastica la materia
In caso qualcuna di queste risposte sia negativa, sarebbe importante sensibilizzare le Autorità per provvedere in merito.

RIFLESSIONE SU QUESTE DOMANDE

1. CARTOGRAFIA. Purtroppo tra la letteratura scientifica e la cartografia sismica ci possono essere delle differenze e se ci sono non succede mai che la legge preveda una classificazione peggiore di quella proposta dalla comunità scientifica.
Il caso dell'Aquila è eclatante. C'ero cascato anche io: non si è trattato di un abbassamento della classificazione, quanto un mancato recepimento della nuova classificazione della OPCM 3519/2004. 
Il database delle strutture sismiche ha dato negli ultimi casi dei riferimenti molto confortanti: le faglie dell'Emilia erano conosciute e Magnitudo e accelerazioni cosismiche toriche sono state confermate dalla realtà. Quindi da quel punto di vista siamo sulla buona strada.
La domanda che mi pongo e a cui non so rispondere non essendo pratico di leggi è se davvero oggi in Italia la normativa sismica sia dappertutto in armonia con la cartografia scientifica. 
Prego chiunque legga questo post di segnalarmi casi in cui non è così, con gli opportuni riferimenti scientifici e normativi.

2. LA QUESTIONE DEGLI EDIFICI è particolarmente sentita in uno dei territori al mondo con l'edilizia più antica (mi riferisco in particolare ad edifici monumentali, civili e religiosi, ma non solo). In particolare in caso di eventi sismici ci sono 3 categorie di edifici che DEVONO restare in piedi: prefetture e centri satelliti di Protezione Civile, ospedali e scuole.

Esaminiamoli:
- prefetture e centri satelliti di protezione civile sono essenziali per il coordinamento e per l'invio dei primi soccorsi. Se la prefettura va giù chi comanda e controlla? Se automezzi e attrezzature varie sono bloccati chi va a fare cosa?
- gli ospedali sono fondamentali per i soccorsi: dover aspettare l'allestimento di ospedali da campo è perdere tempo, come lo è il trasportare altrove i feriti, una operazione irrimediabilmente lenta in quanto è necessario procedere tramite elicotteri: bisogna pensare che le strade siano impraticabili (frane e pericolo di frane, ponti lesionati etc etc) o intasate
- le scuole hanno una duplice funzione: una scuola antisismica protegge la popolazione più giovane se l'evento avviene durante l'orario scolastico ed inoltre le scuole sono edifici straordinariamente adatti come rifugi per i senza tetto

Sappiamo benissimo invece che all'Aquila la prefettura è stata fra gli edifici miseramente crollati, mentre resterà per sempre nella memoria la triste vicenda della scuola di San Giuliano di Puglia. Quanto agli ospedali, non solo all'Aquila, ma anche in Emilia hanno sofferto parecchio e durante la sequenza del Pollino proprio un ospedale è stato fra i pochi edifici a riportare danni. 
Così proprio non si deve fare ed il quadro che emerge della situazione degli edifici “sensibili” di queste tre categorie negli ultimi 10 anni è semplicemente sconfortante

3. il problema dell'amplificazione locale delle onde sismiche è ancora più complesso e la microzonazione è una questione scottante. Su questo so poco, tranne che è purtroppo non semplice dare delle risposte immediate. Da ciò consegue che in uno stesso comune uno standard antisismico potrebbe essere superfluo in alcune zone, e risultare insufficiente in altre. Un bel casino....

4. sulla sismicità indotta o attivata da attività antropiche si parla molto e molto a sproposito proprio in questi giorni. Non mi ripeto sulla commissione ICHESE (cfr. questo post, ad esempio). Purtroppo persino il sito del ministero dello sviluppo economico nega questi fenomeni, che sono invece ammessi e studiato dal Servizio Geologico degli Stati Uniti, per esempio. La commissione ICHESE raccomanda attenzione in Emilia e aree limitrofe per i rischi connessi a queste attività anche se, come si evince dal rapporto, non dovrebbero esserci connessioni fra i terremoti emiliani del 2012 e attività sismiche, al contrario di quello che dicono tutti, specialmente se parlano per sentito dire. 
Resta il fatto che è necessario sempre e dovunque un monitoraggio di queste attività al fine di evitare possibili problemi dal punto di vista sismico

5. stendiamo purtroppo un velo pietoso sul modo in cui è affrontato in Italia il rischio idrogeologico. Ne ho parlato spesso su Scienzeedintorni.

E VENIAMO ALLE RISPOSTE A QUESTE DOMANDE

Nel caso affermativo generale vivere, lavorare etc etc in edifici costruiti o ristrutturati in armonia con lo stato dell'arte della ricerca scientifica e della tecnica in materia di sismologia e costruzioni in zona sismica è una garanzia assoluta: è noto che con le accelerazioni cosismiche previste in Italia se gli edifici fossero costruiti correttamente non ci sarebbero problemi, a parte qualche quadro e qualche mobile che si rovescia. Quindi i rischi maggiori sarebbero per... i manufatti di porcellana. 
Facendo i complimenti ad amministratori, costruttori e quant'altro.
Purtroppo la realtà suggerisce un quadro molto, ma molto peggiore dato il patrimonio edilizio

Nel caso che qualche risposta sia negativa è ovvio che chi si accorge di questo ha il dovere di dichiararlo pubblicamente. L'importante è farlo con un buon rigore scientifico, senza cedere a sensazionalismi che fanno solo male. Quindi escluderei modalità fai-da-te non supportate da rapporti di esperti veri (evitiamo, ad esempio, di citare articoli di siti meteo). Ci vuole quindi un supporto da parte di professionisti, accademici o no.
Suggerisco di chiedere lumi agli ordini regionali dei geologi o alle università.

Nel caso dei non so, l'approfondimento è d'obbligo. Anche in questo caso ordini regionali dei geologi e università costituiscono una via preferenziale.

E VENIAMO AGLI TSUNAMI

Ancora a settembre del 2004 era necessario sul New York Times, parlandone, spiegare cosa fosse uno tsunami dato che era un fenomeno sconosciuto ai più. Dal 26 dicembre 2004 non è stato più necessario, purtroppo. 
Il rischio tsunami è una cosa molto diversa. Innanzitutto mentre per il rischio sismico ci sono zone a rischio e zone non a rischio, uno tsunami colpisce su una estensione che può essere molto più vasta, anzi a scala planetaria. Ne sanno qualcosa i somali colpiti dallo tsunami di Sumatra... 
Certo che nel Mediterraneo di tsunami ce ne sono stati. Sono eventi che possono arrivare a livelli di distruttività colossali ma per fortuna sono rarissimi.
Il rischio esiste ma statisticamente è più facile essere colpiti da una frana, un'alluvione o un terremoto che da uno tsunami (ho detto statisticamente, eh....)
Quindi come ho detto anni fa (credo di essere stato uno dei primi a parlare, in tempi non sospetti del Marsili, due anni prima che la storia venisse fuori) il pericolo esiste ma è molto più probabile essere investiti da un'automobile o morire per un'alluvione. 
Insomma, come scrissi ad una lettrice, non dormire più per la paura dello tsunami del Marsili quando si vive su una costa della Calabria senza sapere come siamo messi per qualità e posizione dell'edificio in cui si dorme è, come scrissi ad una lettrice che mi domandò lumi in materia, un pò troppo... (e nessuno parla di altri potenziali vulcani che nel Tirreno potrebbero dare problemi del genere, a partire da Stromboli).

Comunque in questo siamo in ottima compagnia.... basta vedere le coste di una qualunque nazione....

RIFLESSIONI FINALI

La riflessione finale è che con l'ignoranza in campo del rischio geologico si va poco avanti perchè fare delle operazioni di miglioramento delle prestazioni degli edifici in caso di terremoto o sistemare versanti non porta voti (al limite ne fa perdere ad evento concluso, ma il gioco evidentemente vale la candela). Ne consegue che alla classe politica non conviene andare avanti su questa direzione ma conviene continuare a fare strade, sponsorizzare i fuochi artificiali per il Santo Patrono etc etc

E neanche conviene alla classe politica da un altro punto di vista: accettare una classificazione sismica più alta o approvare il rischio idrogeologico significa per esempio imporre alle nuove costruzioni standard più elevati e costi maggiori, effettuare costosi lavori per la messa in sicurezza di nuove edificazioni (che per forza di cose saranno in zone più a rischio perchè sono quelle meno urbanizzate: quando c'era spazio mica andavi a costruire dove la collina franava...) oppure addirittura vietare insediamenti tout court.
Risultati inaccettabili fino a quando nella popolazione non ci sarà una buona coscienza di ciò.

giovedì 24 aprile 2014

Estinzioni di massa e grandi province magmatiche: nuove relazioni fra l'estinzione di fine Triassico e la provincia magmatica dell'Atlantico Centrale


Dal Permiano Superiore all'Eocene c'è sempre una stretta associazione temporale fra estinzioni di massa e la messa in posto di una Large Igneous Provinces (LIP). Il rapporto tra questi due eventi ha nella fine del Triassico uno dei massimi esempi, con l'associazione fra una delle maggiori estinzioni di massa e la messa in posto dei basalti della CAMP (Provincia Magmatica dell'Atlantico Centrale). Però, andando nel dettaglio, in questo caso ci sono state delle difficoltà importanti per correlare l'inizio dell'attività magmatica alla fase acuta di estinzione; ad esempio vicino a New York le eruzioni iniziavano solo dopo l'eventi biotico, il che – ovviamente – stonava non poco. Nel contempo le variazioni del rapporto fra gli isotopi 12 e 13 del Carbonio, notoriamente associabili alla messa in posto delle LIP, sono iniziate prima della deposizione delle lave più antiche conosciute. Un nuovo lavoro, in cui è massiccia la presenza di ricercatori italiani, ha finalmente messo un punto fermo, individuando i sedimenti che in Marocco sono stati ricoperti dalle lave della CAMP come originatisi da lave ultramafiche, le quali non possono essere che un prodotto precoce ancora sconosciuto della CAMP.

Il passaggio dal Triassico al Giurassico, noto in sigla come T/J, è ben conosciuto fino dalla metà dell'Ottocento perché è caratterizzato da una delle principali estinzioni di massa nella storia della vita sulla Terra. In questa crisi biotica sono scomparsi il 50% dei generi di animali marini, mentre nelle faune dei vertebrati terrestri subiscono pesanti perdite, fino praticamente a scomparire, i rettili mammaliani come Terapsidi e Cinodonti e una buona parte degli arcosauri. Dall'estinzione di fine Triassico usciranno vincitori soprattutto i dinosauri, all'epoca un gruppo in piena ascesa, che governeranno la Terra per i successivi 155 milioni di anni (un tempo lungo oltre il doppio di quello che separa noi dalla loro estinzione) e i mammiferi mesozoici, un gruppo molto eterogeneo dai quali, una sessantina di milioni di anni dopo, emergeranno i precursori dei primi marsupiali e placentati.
Durante la transizione Triassico - Giurassico è successo anche molto altro: cambiamenti nel ciclo idrogeologico, importanti variazioni nel rapporto fra gli isotopi 12 e 13 del Carbonio e una acidificazione degli oceani, mentre le analisi statistiche sui dati palinologici mostrano un forte riscaldamento globale. Sono tutti segni di una forte perturbazione del ciclo del carbonio in atmosfera, il che suggerisce una relazione stretta fra tutti questi eventi.
Ovviamente ci deve essere una relazione anche con il principale evento geologico più o meno contemporaneo che ha contraddistinto il passaggio Triassico – Giurassico, l'inizio della messa in posto delle lave basaltiche di una delle più importanti Large Igneous Provinces, la Provincia Magmatica dell'Atlantico Centrale, che per brevità chiamerò con la sigla inglese CAMP (Central Atlantic Magmatic Province). Si tratta di un volume compreso tra 2 e 3 milioni di km cubi di lave in una estensione di 7 milioni di km quadrati, messi in posto in circa 600.000 anni. La CAMP ha preceduto l'apertura dell'Atlantico Centrale e pertanto i suoi resti sono dispersi e diffusi lungo le coste dell'oceano fra Sudmerica settentrionale, Africa Occidentale, costa atlantica degli USA, e in Europa, Penisola Iberica e Francia.

Un fenomeno accessorio importante dei periodi di attività di LIP ed estinzioni di massa è, appunto, una forte variazione negativa di un indice che viene calcolato in base al rapporto fra gli isotopi 12 e 13 del Carbonio, indicato con il nome di δ13C. Nei dintorni del limite T/J di queste variazioni (conosciute con la sigla CIE, Carbon Isotope Escursion) in senso negativo di questo rapporto ce ne sono diverse, che hanno posto alcuni problemi. L'origine di questo disturbo è stata associata direttamente alle emissioni da parte dei magmi (si calcola che dalla messa in posto di 1 km cubo di lava basaltica derivino circa 14 milioni di tonnellate di CO2 e 6 milioni e mezzo di tonnellate di SO2), ma anche ad altri fenomeni come lo scioglimento di permafrost e di idrati di metano connessi al riscaldamento innescato dalle emissioni, gas emessi dal metamorfismo di calcari provocato dalle eruzioni ed altri fattori.

Il limite T/J è un po' controverso. Ci sono delle cose un po' strane, soprattuto in relazione alla storia delle escursioni delle CIE. la cui successione è ben visibile in diversi siti: in particolare ce ne sono due importanti, quello di Newark, vicino a New York e quello di Kuhjoch in Austria. Li vediamo correlati insieme a un terzo in Inghilterra Meridionale in una immagine tratta da Jacopo Dal Corso et al The dawn of CAMP volcanism and its bearing on the end-Triassic carbon cycle disruption, pubblicato nel 2014 nel Journal of the Geological Society. Un appunto importante: solo Newark è nell'area interessata dai basalti della CAMP; il sito inglese era proprio nei dintorni del limite di diffusione dei magmi, mentre quello austriaco si trovava ben più lontano.

Vediamo queste escursioni:
a. La prima escursione negativa del  δ13C, detta “CIE precursore” la troviamo circa 250.000 anni prima della fine del Trias, dopodichè il δ13C risale per breve tempo a valori normali.
b. poi abbiamo una breve CIE, detta “iniziale”. Corrisponde più o meno alla fase acuta dell'estinzione di massa. È seguita da una fase di incertezza in cui il rapporto varia di continuo in maniera rapida ed irregolare
c. alla fase di incertezza segue la "CIE principale", un lungo periodo (circa 800.000 anni, durante il Giurassico iniziale) in cui il δ13C  è più basso del normale. Dopo la CIE principale il δ13C ritorna ai livelli pre-giurassici normali.

Un problema fondamentale è che a Newark l'estinzione di massa e l'escursione del Carbonio “iniziale” avvengono prima dell'inizio dell'attività magmatica. Volendo continuare ad associare Large Igneous Provinces, escursioni negative del δ13C ed estinzioni di massa è possibile ipotizzare che che da qualche parte la CAMP era iniziata prima che a Newark?
Blackburn ed altri autori, in un lavoro pubblicato nel 2013 su Science hanno effettuato delle datazioni con il metodo U-Pb su zirconi in varie parti della CAMP e raccolgono dati che confermano l'inizio differito delle eruzioni a Newark e una loro messa in posto più precoce per esempio in Marocco.

Sedimenti di fine Triassico sotto le colate si trovano in molte aree, a Newmark, come in Marocco ma anche altrove. Ed è proprio dal Marocco che viene una scoperta molto importante, annunciata nel lavoro di Dal Corso et al precedentemente citato. Nell'Alto Atlante marocchino i basalti della CAMP si sono depositati sopra delle argille databili alla fine del Triassico, quindi depositatesi immediatamente prima delle colate, talmente poco tempo prima che quando sono state ricoperte dalle lave non erano ancora perfettamente litificate. 
Le argille di Tiourjdal hanno una particolarità importante: dall'analisi chimica è facilmente dimostrabile che sono derivate dall'alterazione di rocce simili a basalti e da quelle parti in epoca pre-triassica di rocce mafiche del genere non ce ne sono o quasi. Pertanto è probabile che siano derivate dall'alterazione di rocce ignee simili ed appena più antiche delle lave che le ricoprono,  appartenenti con ogni probabilità ad un episodio precoce della CAMP; queste rocce magmatiche dopo la loro deposizione sono state alterate ed erose, e i sedimenti trasportati fino a Tiourjdal, dove si sono depositati immediatamente prima di essere ricoperti dalle lave.
È possibile che nelle primissime fasi l'attività della CAMP abbia avuto una forte componente esplosiva, con conseguente deposito di forti spessori di tufi. Ci sono indizi, ancora da confermare, pur se molto pesanti, di questo ed i tufi possono aver costituito un'ottima fonte di alimentazione per le argille di Tiourjdal (l'erosione dei tufi è molto più veloce di quella delle lave ed è la spiegazione migliore per la loro assenza attuale).

Di attività precedente a quella principale che comincia un pochino prima del limite T/J ci sono segnali molto forti un po' più a sud, nel Mali settentrionale, dove i filoni di basalto intrusi in una serie sedimentaria paleozoica e nella sua base anche più antica, sono datati a circa 198 milioni di anni fa (Verati et al 2005), e quindi circa due milioni di anni più vecchi dei basalti di Tiourjdal.
Pertanto il problema della correlazione precisa fra i basalti dell'Atlantico Centrale e l'estinzione di fine Triassico sembra almeno parzialmente risolto: l'estinzione è avvenuta durante una fase precoce (anche se molto massiccia) della attività di questa grande provincia magmatica, ancora in parte sconociuta.
La presenza di fasi magmatiche precedenti spiega anche la presenza della CIE precursore.

lunedì 21 aprile 2014

Le anticipazioni di Science sul rapporto ICHESE confermate: difficile una interferenza delle attività umane in relazione ai terremoti del 2012


PICCOLA PRECISAZIONE PER INIZIARE: questo post è stato scritto ben prima che uscisse il rapporto del "Laboratorio di monitoraggio Cavone" che ha definitivamente escluso rapporti fra la sequenza sismica del 2012 e qualsiasi attività umana connessa all'estrazione di idrocarburi.

Douglas Adams, in una delle sue solite geniali battute disse: la gente vuole sapere le cose, poi che siano giuste o sbagliate non è importante. E, aggiungo vuole sapere di avere ragione. Le polemiche di questi giorni sulla commissione ICHESE ne sono un eccellente esempio. Io, che invece voglio essere informato e obbiettivo, mi sono letto le oltre 200 pagine del rapporto. In questo post cerco di riassumere quanto è venuto fuori, per poter parlare con cognizione di causa con tutti quelli che continueranno a parlare a vanvera della questione senza aver letto l'articolo di Science (a partire dal titolo) né, tantomeno, il rapporto ICHESE stesso. Sono contento di una cosa: ho ricevuto parecchi messaggi privati e ho letto in rete diversi apprezzamenti pubblici al mio primo post sulla questione, anche se in diversi mi hanno fatto notare che la maggior parte di quanto è scritto in rete dice cose diverse da quanto è stato scritto da Science e nel rapporto stesso. Purtroppo l'Italia è piena di sedicenti esperti o di giornalisti che non sanno nulla di quello di cui parlano. E la disinformazione impazza. 

Come anticipato da Science il rapporto ICHESE è giunto ad una conclusione molto vaga: gli esperti concludono che "non si può escludere" una relazione fra estrazioni petrolifere e scossa del 20 maggio la quale poi, a sua volta, avrebbe determinato la seconda, quella del 29 maggio, che provocò il maggior numero di vittime. L'ho già fatto notare nel post (molto cliccato!) che ho scritto subito dopo il can-can mediatico sull'articolo di Science perché, avendo in mano l'articolo originale, ho potuto leggerlo (bastava fare così per capire cosa c'era scritto, cosa che non molti hanno fatto, traendo conclusioni sbagliate sempliemenne per setito dire). 

Addirittura, per evitare di dire idiozie sarebbe bastato leggere meglio il titolo dell'articolo: Human Activity May Have Triggered Fatal Italian Earthquakes, Panel Says. Quindi già il titolo stesso NON proponeva per il rapporto ICHESE la categorica conclusione della mano dell'uomo, senza un minimo punto interrogativo. Insomma, non c'era scritto "surely have induced" ma "may have triggered", il che, secondo una normale prassi di rigore nel riportare le notizie, avrebbe dovuto consigliare una certa prudenza nelle conclusioni.

Ad ogni modo la commissione conclude che i dati sono carenti e che occorrerebbe il lavoro di un'altra commissione. Come il Professor Ortolani mi chiedo su quali nuovi dati la nuova commissione dovrebbe lavorare... 
Insomma, non è che la montagna abbia partorito un topolino, sono stati i giornali a scambiare un topolino per una montagna, e inoltre questo topolino deve avere dei discendenti per capirci qualcosa. 
Non contesto comunque il fatto che non siano arrivati a delle conclusioni definitive: la Scienza non è ognisciente e pertanto non è detto che si possa sempre capire o chiarire le cose. Un aspetto non molto chiaro - se non sconosciuto - a molta gente.... 
Vi consiglio di andare a leggere il post del buon Mucciarelli, che in particolare di queste cose (sismicità indotta) se ne è occupato, prima e dopo il terremoto. Da quel post ho tratto anche alcuni passi in questo mio post.

DIFFERENZE FRA TERREMOTI INDOTTI DALL'ATTIVITÀ UMANA 
O ATTIVATI DALL'ATTIVITÀ UMANA 

Una delle questioni fondamentali (della quale parlano in pochi) è la differenza fra terremoti indotti e terremoti attivati dall'attività umana.
Vediamo cosa scrive Mucciarelli:
"La commissione si è quindi concentrata sull'unico sospetto rimasto sulla scena del delitto: il campo di estrazione di idrocarburi di Cavone, tra Novi di Modena e Mirandola. Viene esclusa la possibilità che questa attività abbia indotto (induced) il terremoto dell'Emilia, ma si dice che non si può escludere la possibilità che lo abbia attivato (triggered), fornendo un minimo aumento di sforzo ad una faglia che era pronta a scattare. Trigger in inglese è il grilletto del fucile: se lo tiriamo succede qualcosa solo se l'arma ha già il colpo in canna, e nelle conclusioni del rapporto viene detto che probabilmente la faglia del primo terremoto (20.05.12) era già carica e pronta."

Molto elegante e chiarissima, da parte di Marco, in particolare questa traduzione / spiegazione / confronto dei termini inglesi induced e triggered, che merita un approfondimento, giustamente inserito a pagina 9 del rapporto ICHESE, dove si trova anche il disegno qui accanto:

- terremoti “indotti” (induced): le attività antropiche producono cambi nel campo di sforzi del terreno tali da produrre un evento sismico. Un particolare importante è che in questo caso non è detto che la faglia sia necessariamente in uno stato di sforzo naturale tale che si sarebbe rotta in un futuro.
Appartengono a questa categoria, ad esempio, i terremoti dell'Oklahoma lungo faglie attive durante l'orogenesi ercinica, oltre 250 milioni di anni fa (per esempio la Wilzetta Fault), e nel contesto tettonico attuale assolutamente non più attive. 
Chiaramente una faglia rimane pur sempre una zona di debolezza e quindi se qualcosa si deve muovere si muoverà proprio lungo una vecchia faglia, non ne verrà prodotta una nuova.
In generale questo avviene a causa di iniezioni di fluidi nel terreno per vari scopi (geotermia, stoccaggio in profondità di liquidi inquinati, sollecitazione di pozzi petroliferi): tali fluidi possono raggiungere una zona di faglia e con la propria pressione diminuire l'attrito che la tiene ferma, quindi mettendola in movimento.

- Terremoti “attivati" (triggered): si tratta di terremoti attivati su faglie che già sono sotto sforzo (quindi in generale zone dove l'attività tettonica è un fatto “normale”): una piccola perturbazione generata dall'attività umana risulta sufficiente per muovere il sistema da uno stato “quasi-critico” (prossimo alla rottura) a uno “stadio instabile” (che coincide con la rottura). Un particolare importante è che con ogni probabilità anche senza intervento umano il terremoto ci sarebbe stato lo stesso in un futuro “prossimo” (geologicamente parlando) e quindi l'evento sismico è stato semplicemente anticipato.

Come ho già detto, la sismicità indotta è un vaso al chiuso che trabocca e senza l'intervento umano non si sarebbe neanche bagnato, mentre la sismicità attivata è un vaso all'aperto già quasi pieno in cui l'attività umana fornisce la goccia che lo fa traboccare prima della prossima pioggia, quando sarebbe traboccato da solo. 
Io spero che questa distinzione fra sismicità indotta e attivata sia chiara a tutti, compresi quelli che hanno sposato da sempre l'idea che le trivellazioni sono alla base del terremoto, che dovrebbero saper realmente dimostrare il perché in questo caso il terremoto è stato indotto o attivato (c'è anche una terza soluzione del problema: che sia stato solo un evento naturale). Lo so, non hanno chiaro nulla e magari blatereranno anche contro il sottoscritto e altri che chiedono di trattare questi argomenti con rigore scientifico e non con la geofisica da bar – sport studiata alla iutiùb iunivèrsiti e su siti come quello di Lannes.

Da notare che fra i casi in studio c'è il famoso terremoto di Cavriago del 1951, avvenuto proprio mentre era in corso l'estrazione di idrocarburi da un giacimento oggi esaurito.

ESTRAZIONE E STOCCAGGIO DI IDROCARBURI E INIEZIONE DI FLUIDI IN EMILIA NEGLI ANNI PRECEDENTI IL MAGGIO 2012 E LE CONNESIONI CON LA SISMICITÀ 

Nel rapporto ICHESE sono state prese in considerazione diverse possibili fonti di disturbo antropico sulla sismicità.
Il sito di stoccaggio di gas più vicino è a Minerbio, una cinquantina di km a SE della zona epicentrale della prima scossa del 2012. Questo impianto è stato escluso dallo studio perché non sono possibili scambi di liquidi o gas tra questo e la struttura sismogenetica sottostante per la presenza in mezzo di un forte spessore di sedimenti impermeabili.
Per lo stesso motivo lo studio ha escluso connessioni con altri pozzi per attività petrolifera, come quello di Spilamberto e quello di Recovato.
È stata invece considerata l'attività di un pozzo geotermico a Ferrara, che dopo una attenta analisi è stato escluso come ancorchè minima concausa.

Il focus principale si è quindi rivolto al pozzo di iniezione dei liquidi “Cavone 14”, operativo tra il 1993 e il 2012 e situato nella concessione di Mirandola. L'acqua veniva iniettata ad una profondità di poco superiore ai 3 km, duecento metri circa sotto il contatto fra l'acqua e il petrolio, con un massimo di attività fra il 2004 e il 2009 come si vede da questo grafico. In totale si tratta di due milioni e mezzo di metri cubi di acqua. Il valore può sembrare elevato, ma non è così, è pari, spannometricamente, a un cubo di poco più di 135 metri di lato.
Si tratta di un quantitativo minimo (tanto per un raffronto, è un centesimo di quanto iniettato a Groeningen, in Olanda in un importante giacimento di gas).
Tra settembre e novembre 2008 e nel novembre 2011 c'è stata una rapida diminuzione sia di produzione che di iniezione, senza variazioni nel tasso di sismicità. Tra aprile e maggio 2011 invece la rapida crescita di estrazione di greggio e iniezione di acqua corrisponde ad un aumento del tasso di sismicità.


IL RAPPORTO ESCLUDE LA SISMICITÀ INDOTTA
MA NON ESCLUDE A PRIORI LA SISMICITÀ ATTIVATA

Molti studi fanno notare come la iniezione di fluidi sia un meccanismo molto più efficace per provocare terremoti rispetto all'estrazione, specialmente salendo di Magnitudo degli eventi. Lo si vede dalla figura a pag.36 del rapporto, qua riprodotta. In effetti, mentre è stato possibile correlare attività sismica sostanziosa alla iniezione di liquidi in zone naturalmente asismiche come gli USA centrali, la stessa cosa non si può dire in caso di estrazione. E questo perché in generale è proprio l'aumento di pressione dei liquidi e nei gas lungo una faglia che ne permette il movimento. La sismicità osservata in caso di pura estrazione esiste, ma è molto debole.
In ogni caso la sismicità dovuta esclusivamente ad attività antropica (quindi, attenzione, quella di tipo “1”, la “sismicità indotta”, non quella “attivata”!) segue dei trend diversi da quelli della simicità normale.
La questione è se queste variazioni abbiano una connessione con il cambio del tasso di sismicità del 2012. 
La commissione nota, dunque, che il processo sismico iniziato prima del 20 Maggio 2012 e continuato nella sequenza sismica del Maggio – Giungo 2012 è statisticamente correlato all'aumento della produzione e della iniezione nel campo del Cavone. E siccome recenti ricerche sulla diffusione degli sforzi suggeriscono che le faglie attivate possono trovarsi anche a decine di Km di distanza dalle zone di attività di estrazione e iniezione, decide di investigare. È su queste basi che “con l'attuale stato dell'arte delle conoscenze in materia, la commissione ha investigato la possibilità di una connessione tra azioni di estrazione, iniezione e stoccaggio di fluidi e l'attività sismica in Emilia tra il maggio e il giugno 2012”.

La maggior parte dei casi documentati di sismicità indotta, non solo in aree di attività petrolifera, sono associati ad acquiferi dove, per una vasta serie di motivi, attività di iniezione di fluidi hanno indotto variazioni nella pressione delle falde. Con la modellazione usata non si evidenziano a Mirandola particolari variazioni nella pressione dei liquidi fino a parecchi kilometri di profondità, perché gli acquiferi vicini sono in grado di compensarle agilmente; invece è possibile distinguere dalla successione degli eventi una sismicità indotta da una sismicità naturale e la distribuzione delle repliche della scossa del 20 maggio è perfettamente in linea con quella teorica di un normale terremoto tettonico. 
Per queste due motivazioni pertanto viene esclusa la circostanza che si sia davanti ad un caso di sismicità indotta

Inoltre viene confermata una circostanza importante, e cioè che "in base ai dati di sismicità storica si può ritenere molto probabile che il campo di sforzi su alcuni segmenti nel sistema di faglie attivato nel 2012 fosse ormai prossimo alle condizioni necessarie per generare un terremoto di Magnitudo intorno a 6", mentre il movimento delle faglie è stato quello ipotizzato precedentemente per eventi del genere in quella zona.
E non viene esclusa a priori la possibilità che ci siano state delle vie preferenziali di uscita dei liquidi iniettati lungo faglie in stato di sforzo.
Quindi è forse possibile essere davanti ad un esempio di “sismicità attivata”, nella quale la distribuzione delle repliche segue un andamento indistinguibile da quello di una sismicità naturale

Anche se, aggiungo io, l'unico indizio è la quasi contemporaneità fra incremento dell'iniezione di liquidi a Cavone e sequenza sismica. Inoltre la struttura che lo ha provocato era riconosciuta perfettamente come struttura attiva e capace di produrre eventi del tipo di quelli che ci sono stati.
Ma la conclusione principale è che la scossa del 20 Maggio 2012 è completamente fuori dall'area di influenza di qualsiasi attività svolta a Mirandola


COMMENTO SULLE CONCLUSIONI DEL RAPPORTO

Quindi qui posto la seconda osservazione di Mucciarelli che completa un po' quello che avevo scritto io sulla localizzazione della prima scossa  "Nelle conclusioni del rapporto si dice che la seconda scossa è stata "triggerata" dalla prima per trasferimento di stress. Ora la cosa che sembra un po' strana è che il campo Cavone è molto più vicino alla seconda scossa che non alla prima. Se la faglia della seconda scossa era anch'essa pronta a scattare ed è stata attivata dal terremoto del 20 maggio, perchè non si è mossa lei per prima visto che è più vicina alla supposta sorgente della perturbazione degli sforzi? La stessa commissione ICHESE chiede che vengano fatti calcoli più approfonditi per poter valutare la effettiva intensità dello sforzo generato dalle estrazioni/reiniezioni e le modalità della sua diffusione, e confrontare questi valori con il trasferimento di stress per terremoto."

E qui viene il bello: il sismologo “medio” godrebbe da matti a poter descrivere su basi fisiche lo stato di una zona di faglia quando sta per rompersi e generare così un terremoto. Ho usato i termine godrebbe, perché per adesso tutto ciò è un sogno e nessuno è in grado di stabilire cosa si intende per faglia che sta per muoversi. 
Perché? Perché ancora i meccanismi fisici tramite i quali un accumulo di sforzo provoca un terremoto sono ancora oscuri (se lo fossero più probabilmente si riuscirebbe a prevedere i terremoti...). Quindi, la possibilità che le iniezioni a Cavone abbiano indotto il terremoto è una ipotesi speculativa bella e buona, un esercizio mentale.

Quanto alla nuova commissione, mi chiedo come sia possibile ottenere dei dati sullo stato di stress prima degli eventi del 2012...: il campo di sforzi dopo la serie di scosse è sicuramente cambiato e non capisco come sia possibile ricavarne il precedente.
Insomma, alla fine tanto rumore per un nulla scientifico, che però sta innescando le più vaste dichiarazioni di gente che di estrazione di idrocarburi, sismicità ed altre cose ha una visione quantomeno approssimativa ma si erge a italico maestro del pensiero.

AMARE CONSIDERAZIONI SU POLITICA E SOCIETÀ 
IN RAPPORTO AL TERREMOTO EMILIANO

E come al solito giova ricordare che abbiamo avuto morte e distruzione con accelerazioni cosismiche ridicole rispetto a quelle che si registrano in altre parti del mondo più civilizzate senza che succeda nulla, lungo una "sorgente sismogenetica" (leggasi: faglia) ben nota e in zone che la cartografia sismica dava per zone a rischio dal 2004, quando sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale le Mappa di Pericolosità Sismica. 
Qualcuno si è chiesto cosa sia stato fatto in zona a livello regolamentare e cosa sia stato fatto per adeguare le strutture, almeno quelle di edifici pubblici come ospedali e scuole, che dovrebbero essere quelle più sicure, in grado di accogliere i primi i feriti, le seconde i senzatetto? C'è chi aveva la percezione di vivere in una zona caratterizzata da un certo rischio, visto che oltre le carte del 2004 anche la sismicità storica consigliava una “certa prudenza”?
Facile dare la colpa al petrolio, in questo caso.... (detto da uno che i combustibili fossili li vede come il fumo negli occhi...).
La Regione ha recepito tempestivamente le indicazioni pubblicate a partire dal 2004, mettendo in sicurezza almeno gli edifici pubblici, chiudendo gli edifici fatiscenti e obbligando a realizzare le nuove costruzioni secondo le regole antisismiche? I moderni capannoni, costruiti meglio, per esempio non sarebbero crollati. La situazione sarebbe tornata rapidamente alla normalità e non ci sarebbero stati tutti questi strascichi. 
È del tutto evidente che si è cercato e si cerca in ogni modo di sviare l'attenzione dai veri aspetti critici dell'accaduto, forse perché si teme di doverne rispondere a vari livelli.

Un'ultima considerazione: la Regione Emilia – Romagna ha deciso di non autorizzare più ricerca e stoccaggio di idrocarburi o cose del genere. Come Mario Tozzi ritengo che ci sarebbero motivazioni ben più fondate e serie di questa per smettere di estrarre ed usare idrocarburi. Simpatizzare per i "no-triv" non significa dire che questa sia una motivazione intelligente.... 
Spero che non passi l'equazione “fine dell'attività di estrazione e stoccaggio di idrocarburi e fine dell'attività sismica”......
Perchè potrebbe esserci un brutto risveglio.... (dopo il quale qualcuno darà la colpa alle attività del passato?)

lunedì 14 aprile 2014

Perchè in Emilia Romagna non vengono estratti i combustibili fossili con il fracking


A seguito del mio (molto letto) post sull'articolo di Science sulle cause del terremoto emiliano del 20 maggio 2012 è riuspuntata fuori ovviamente anche la questione del fracking. In diverse occasioni e su diversi siti, compresi quelli semi istituzionali di parrocchie o associazioni, ma anche su giornali on-line e cartacei viene detto che in Emilia si fa il fracking. Mi sono arrivate anche e-mail ed un commento su quel post che accennano al fracking. È un'idea completamente folle. Voglio ribadire che nei giacimenti dell'Emilia – Romagna, come anche nel resto d'Italia, non si può fare fracking per un motivo semplicissimo: non esistono (per fortuna!) le rocce con le caratteristiche necessarie da rendere obbligatorio lo sfruttamento tramite l'uso di tale tecnica, tecnica che è inutile e costosa in giacimenti tradizionali come sono quelli italiani. In buona sostanza ci possono essere altre motivazioni per opporsi allo stoccaggio di gas nel sottosuolo o all'attività di estrazione di idrocarburi in italia, non certo quella del fracking....

PERCHÉ NASCE IL FRACKING

Il petrolio e il gas vengono pompati esattamente come si pompa l'acqua dai pozzi perché i liquidi scorrono nelle porosità del terreno: normalmente le rocce contengono idrocarburi come contengono l'acqua nei loro pori, cioè negli spazi fra un grano e l'altro, oppure nelle fratture. Se ci sono diversi liquidi questi si dispongono nel terreno come in una bottiglia, stratificandosi in base al loro peso specifico, come si vede da questo schema: in basso c'è l'acqua, sopra il petrolio e ancora sopra il gas.
Alle volte (anzi, direi spesso) viene inettata acqua proprio per far salire il petrolio più in alto.

Qualche decennio fa fu ideata la tecnica di scavare non solo in verticale, ma anche in orizzontale. Questo perchè alle volte i giacimenti sono a migliaia di metri di profondità e il costo di una perforazione è altissimo. In pratica raggiunge il giacimento un solo pozzo verticale, da cui si dipartono brevi pozzi orizzontali, risparmiando migliaia di metri di perforazioni.
Nel frattempo erano stati individuati i cosiddetti “prodotti proppanti”, capaci di aiutare l'acqua a fratturare le rocce per agevolare i movimenti del petrolio. I proppanti sono usati anche per la geotermia. La maggior parte di questi sono sabbie o prodotti ceramici, l'uso dei quali apporta problemi ambientali nulli o insignificanti dal punto di vista dell'inquinamento. 

La porosità varia a seconda della dimensione dei grani che compongono la roccia: più grandi sono i grani, pià la roccia è porosa.

Le argille sono praticamente impermeabili perchè i loro grani sono estremamente minuti.

In alcuni bacini dove si sono formati sedimenti argillosi la deposizione di alghe ed altri materiali organici avvenne in condizioni di mancanza di ossigeno, per cui questi resti organici non si sono distrutti ma si sono trasformati in metano o altri idrocarburi. Alcuni di questi sedimenti si sono trasformati in rocce molto dure, prive di porosità e senza fratture, dove i fluidi rimangono intrappolati all'interno senza poter scorrere; se si vuole estrarli occorre letteralmente fracassare la roccia.
Per chi vuole approfondire ho scritto due anni fa un post sull'argomento.

Questi giacimenti erano già sfruttati in alcune zone, per esempio in Estonia e Oklahoma, con pozzi verticali, ma con risultati non proprio eccellenti. Poi a qualcuno è venuta l'idea che la tecnica di scavare pozzi orizzontali una volta giunti allo strato utile poteva essere utile per sfruttare meglio i gas-shales, fratturando la roccia con acqua ad altissima pressione e con l'ausilio di prodotti chimici particolari. Una procedura ambientalmente molto discutibile (eufemisticamente parlando) che però dal punto di vista economico immediato ha dato buoni frutti.
Oggi in USA si assiste ad un boom di queste attività

IL FRACKING, UNA PRATICA COSTOSA

Un particolare di non trascurabile importanza è che coltivare un giacimento con il fracking è nettamente più costoso che coltivarlo in maniera tradizionale.
Quando un processo industriale più costoso è giustificabile? Se e solo se permette risultati migliori rispetto ad un altro già in uso: quindi se permette di ricavare materiale in quantità maggiore e/o qualità migliore. In caso di rocce porose il fracking non serve a niente, perché aumenta solo i costi senza aumentare la produzione e/o la qualità degli idrocarburi estratti.
Pensate che se il petrolio dovesse scendere sotto i 75 dollari al barile i giacimenti come quelli del North Dakota potrebbero tranquillamente chiudere (e si tratta di un milione di barili al giorno, oggi), perché estrarlo costerebbe di più di quanto verrebbe ricavato vendendolo. 
In questo post ho riassunto la situazione geologica dei giacimenti emiliani in particolare. Si nota che in Emilia, dove vengono sfruttate rocce porose e fratturate della “Falda Toscana” (che continua nel sottosuolo padano ben oltre l'Appennino) e delle sequenze terziarie che l'hanno coperta, il fracking sarebbe una inutile complicazione che aggiungerebbe senza motivo una serie di costi. Ricordo che, alla fine, il petrolio greggio costa relativamente poco: 100 dollari al barile significano meno di 70 centesimi al litro. 

DELL'IMPOSSIBILITÀ DI FARE FRACKING SENZA ESSERE NOTATI

Quanto ho detto è un aspetto puramente tecnico / economico che da solo giustifica la non presenza di attività di questo tipo quando non necessaria. Ma ci sono anche altri aspetti di tipo logistico che non passerebbero inosservati:

1. un impianto del genere non è mimetizzabile in una cantina, sia per le dimensioni, sia per il continuo afflusso di automezzi per portare sabbia ed altri materiali per il fracking e per portare via gli idrocarburi ottenuti. Impossibile che una attività di questo tipo non venga notata

2. l'acqua necessaria all'attività è tanta. Un pozzo che fa fracking ha intorno una serie di strutture per raccogliere le acque necessarie alla sua attività (e sono tante): un solo pozzo richiede durante la sua vita, pochi anni, una quantità di acqua pari al fabbisogno quotidiano di una città di un milone e mezzo di abitanti con i quantitativi consumati a Firenze, che non sono pochi dato che in un giorno lavoratvo il numero delle persone che per lavoro o altro (turismo, studio etc etc) sono presenti nella città è una percentuale significativa che si aggiunge al numero dei residenti. Chi farebbe fracking non autorizzato, verrebbe individuato anche solo per l'abbassamento mostruoso della falda acquifera nelle zone circostanti!

3. spazio necessario allo stoccaggio delle acque di flow-back, quelle che dopo essere iniettate tornano indietro da sole per la pressione nel pozzo, che rappresentano tipicamente circa il 20% del totale impiegato; queste acque devono ovviamente essere smaltite. Pertanto accanto all'impianto ci dovrebbe essere un invaso per contenere in attesa della depurazione o dello smaltimento le acque di flow-back, che non possono essere reimmesse nell'ambiente per il loro carico inquinante. Qualcuno ha fatto vedere delle immagini di vasche di stoccaggio dei liquami degli allevamenti dei maiali spacciadole per vasche di raccolta delle acque provenienti dal fracking. Follia pura.
Non è è neanche possibile scaricare clandestinamente queste acque perché una operazione del genere porterebbe conseguenze floro – faunistiche talmente gravi che verrebbero effettuate le ovvie analisi delle acque, grazie alla quali si capirebbe imediatamente la causa dell'inquinamento.

Quindi si può tassativamente affermare che in Emilia – Romagna non solo non avrebbe nessun senso utilizzare per l'estrazione degli idrocarburi la pratica del fracking, ma che tale attività non potrebbe essere praticata clandestinamente.
Affermare che viene fatto è semplicemente demenziale e frutto di una totale incultura in campo geologico e di estrazione degli idrocarburi, se non di disonestà intellettuale. 

Ripeto, non sono mai stato tenero con l'industria petrolifera e ritengo doveroso diminuire il consumo di idrocarburi per i gravi problemi ambientali che comportano durante tutto il loro ciclo: estrazione, trasporto, raffinazione ed utilizzo dei combustibili fossili.

Ma bisogna essere seri e soprattutto evitare di raccontare falsità che non giovano sicuramente alle istanze di chi cerca di diminuire il ricorso ai combustibili fossili.

Aggiungo che ho chiesto più volte a chi sostiene che in Emilia viene fatto il fracking perchè e soprattutto in quali rocce sono i depositi di idrocarburi che verrebbero coltivati in quel modo. Inutile dire che non mi è stata data risposta.


venerdì 11 aprile 2014

Estrazione di idrocarburi e terremoti emiliani del 2012: forse (molto forse) c'è una connessione?


Visto che sui giornali oggi si legge che su Science è stata lanciata la notizia che secondo la commissione di esperti ci sarebbe un legame fra attività di estrazione di idrocarburi e i terremoti emiliani del 2012, preferisco subito fare delle puntualizzazioni su quanto scritto in quanto mi immagino già gli starnazzamenti e le male interpretazioni (me ne sono già arrivate). Alla fine direi che se quello che dice Science sono le conclusioni della commissione il legame è parecchio debole, sempre che esista. 

Premetto, come ho fatto spesso, che il – anzi i – terremoti emiliani non c'entrano nulla con il fracking, nonostante quello che i disinformati convinti di essere informatissimi continuano a sostenere. Quello che è uscito oggi su Science e ripreso da una serie di media italiani in maniera un po' discutibile è invece una cosa molto seria. Siccome ho in mano proprio l'articolo originale mi sento di fare dei commenti.

Ricordo, per chi non mi conosce, di essere estremamente contrario al fracking per tutta una serie di motivi, principalmente ambientali.
Ho parlato dei terremoti di origine antropica in altri post; in particolare in questo, ho spiegato che in USA la sismicità indotta è un effetto collaterale delle attività petrolifere, perché, almeno quella più forte, non è dovuta alla estrazione di liquidi o gas in sè, ma alla iniezione di liquidi nel sottosuolo che viene effettuata: 
- o per sollecitare la produzione in fase decadente di un pozzo in via di esaurimento
- oppure per stoccare in profondità i liquidi che ritornano in superficie in caso di impiego di tecniche come il fracking (il cosiddetto flow-back, che coinvolge circa il 20% di quanto iniettato). 
Questi liquidi riempiendo i pori del terreno, con la loro pressione vanno a diminuire l'attrito lungo dei piani di faglia: la diminuzione dell'attrito può consentire alla faglia di mettersi in moto provocando terremoti. Questi fenomeni sono cosa nota e sono certificati mica da Cincirinella, ma dal Servizio Geologico degli Stati Uniti, l'USGS. Quindi, per cortesia, gli esponenti della lobby petrolifera ed i loro accoliti non dicano che non è vero.

Allora, siccome ci sono negli USA questi problemi, la costituzione di una commissione per fare luce sulla possibilità di un legame fra i terremoti emiliani e l'attività di estrazione di idrocarburi nell'area è stata un'idea interessante e doverosa.
Sembra, perché il documento stilato da questa commissione non è ancora uscito fuori, che ci siano dei legami anche in Emilia fra sismicità e attività di estrazione di idrocarburi. 

La commissione partirebbe dal fatto che lo stoccaggio di Rivara non c'entra nulla. E ciò non può che essere vero, in quanto le operazioni per realizzarlo nel maggio 2012 non erano ancora incominciate, piaccia o non piaccia a degli invasati disinformati del tipo di quelli di cui all'inizio di questo post. 
Lo stoccaggio di Rivara rappresenta a mio avviso un'opera “estremamente discutibile”, anzi “totalmente folle”. Annoto che proprio l'estate scorsa ci sono stati dei grossi problemi in Spagna (leggasi: sciame sismico di una certa portata) proprio durante l'immissione di gas in un sito di stoccaggio ricavato da un giacimento petrolifero esaurito, motivo per cui era stata sospesa l'operazione di carica del deposito. E quella del mare della Baleari non è una zona in cui insistono faglie attive, come invece lo è l'Emilia. Quindi figuratevi cosa possa pensare dell'idea di stoccare il gas a Rivara... Follia pura, caro onorevole Giovanardi....

In Oklahoma, come in Ohio, è semplice vedere la connessione, dato che quelle non sono zone sismiche, e si vede come all'aumento dei pozzi corriponda un brusco aumento della sismicità (dovuta – ripeto -  non al fracking in se e per se, ma alla reiniezione per stoccaggio nel sottosuolo profondo dei liquidi di flow-back).
L'Emilia – Romagna invece è in zona sismica eccome: sotto la pianura c'è attualmente l'asse di compressione fra la zolla europea e quella adriatica (oddio, europea, per me è una zolla da poco saldatasi a quella europea, vabbè...), con la formazione di pieghe e sovrascorrimenti.  
Per fortuna sembra che la crosta non riesca a sopportare senza rompersi sforzi molto grandi per cui si rompe prima di accumulare energia capace di scatenare terremoti particolarmente distruttivi. Comunque la storia della pianura emiliano - romagnola di eventi sismici ne segnala tanti e taluni con esiti piuttosto importanti. Antonio Mucchi ricorda che già nel 1993 i geologi ferraresi fecero presente che il tempo di ritorno di un evento in zona era prossimo e che non si poteva continuare a fare finta di niente.
Anche il reticolo fluviale ed i suoi spostamenti naturali precedenti alle bonifiche nella pianura delle province di Modena e Reggio Emilia dimostrano che lì sotto c'è una discreta attività tettonica.

Allora, vediamo cosa dice Science.
- in primo luogo che il rapporto non verrebbe reso pubblico per opportunità, in quanto potrebbe suscitare l'opposizione alle attività estrattive delle popolazioni delle zone coinvolte (potrebbe? le innescherà di sicuro)
- in secondo luogo che i terremoti del 2012 potrebbero essere ascritti al campo petrolifero del “Cavone”, posto tra Mirandola e Novi di Modena, una concessione che il Ministero dello Sviluppo Economico indica come sfruttata dalla “Padana Energia”, società appartenente al gruppo “Gas Plus SPA”. La vediamo in questa carta.

Ora, sempre secondo Sciences, il rapporto "non escluderebbelegami fra l'attività a Cavone e i terremoti emiliani.
Vediamo come, quanto e perché.
L'attività estrattiva e la immissione di fluidi nel terreno per permettere il flusso del greggio potrebbero aver provocato dei cambiamenti del campo di sforzi nel sottosuolo. Ma non sarebbero stati sufficienti da soli a provocare il terremoto. 
Quindi l'unica spiegazione possibile capace di giustificare un ruolo effettivo dell'attività estrattiva è che la faglia responsabile della prima delle due scosse principali, quella del 20, fosse già quasi pronta a muoversi e che sarebbe bastato un minimo contributo per innescare il primo dei due terremoti. L'ulteriore riassetto del campo di sforzi dopo la scossa del 20 ha poi innescato la scossa del 29 (che ho percepito benissimo anche io a Firenze).

Quindi, da sole, le variazioni del campo di sforzi non avrebbero potuto innescare il sisma del 20 maggio. C'è la possibilità – forse – che abbiano dato un contributo finale, diciamo la goccia che ha fatto traboccare un vaso che, comunque, sarebbe traboccato da solo qualche tempo dopo. 
In ogni caso la commissione affermerebbe che questo legame dovrebbe essere evidenziato tramite una modellazione che fino ad oggi non è ancora stata fatta. 

Ci sono poi una serie di dubbi.
Come ho sottolineato subito dopo il terremoto del 20 maggio, la faglia che lo ha generato era perfettamente conosciuta e l'INGV considerava già l'area a rischio.
Vediamo in questa carta, ovviamente ricavata con l'Iris Earthquake Browser, la distribuzione degli epicentri del terremoti principale e delle repliche tra i 20 e il 21 maggio 2012: si nota che sono tutte ad est della concessione. La scossa a M 4.2 che si è verificata 3 ore prima quella principale è praticamente nello stesso luogo di quella principale e la collocazione delle repliche indica chiaramente che il piano di faglia si è mosso tra Mirandola e Ferrara, e non coinvolge la zona in cui avviene l'estrazione del petrolio.


Su Science si riporta anche una dichiarazione di un geologo anonimo, il quale, oltre a far notare questa distanza fra gli epicentri e la zona di coltivazione, sottolinea che in precedenza non ci sono stati i benchè minimi accenni di sismicità nell'area della coltivazione e che poi, alla fine, si tratta di solo 500 barili al giorno, 75.000 litri (i quali, aggiungo, sono parzialmente compensati dall'acqua che viene iniettata).

Da ultimo, rimandando a questo post che ho scritto dopo il terremoto delle Apuane di un anno fa, ricordo che gli eventi del maggio 2012 sono facilmente inquadrabili in una fase parossistica della sismicità in tutto il settore nordorientale dell'Appennino Settentrionale.

Tirando le somme, diciamo che sono perplesso. A differenza di tanti che – senza conoscere la materia – sputeranno sentenze del tipo “è assodato che il terremoto emiliano sia dovuto all'estrazione di petrolio” (ce lo vedo Gianni Lannes, per esempio), cosa che NON è evidenziata dal rapporto, io che qualcosa di queste cose mastico tengo un atteggiamento prudente: ritengo in questo caso altamente improbabile una connessione, pur senza escluderla del tutto come contributo marginale.

Resto comunque totalmente contrario alla predisposizione di impianti di stoccaggio di gas in quella zona e continuo ad essere convinto, in generale, che sia necessario governare la iniezione di liquidi nel sottosuolo, in particolare se nel sottosuolo sono presenti delle faglie, anche non attive da decine di milioni di anni.