domenica 11 gennaio 2015

Rischio sismico, italiani e classe dirigente del Paese: un rapporto difficile


Per limitare il problema dell'assetto idrogeologico le cose si stanno finalmente muovendo grazie ad una operazione forse poco pubblicizzata che ha il solo difetto di venire dall'alto anziché essere voluta dalla classe dirigente (di cui quella politica è una parte), che invece sull'argomento oltre a qualche piagnisteo è buona solo a chiedere ulteriori condoni. Sul fronte dell'emergenza sismica sembra invece che la cosa non interessi a nessuno. Tutti buoni a lamentarsi sui social network ma nessuno che pretenda che venga eseguito un provvedimento minimale come l'ordinanza del 2003 sulla mera verifica delle condizioni statiche degli edifici pubblici in caso di evento sismico. E la colpa continua ad essere di quei dementi degli scienziati che non prevedono i terremoti, come dimostrano le intenzioni della on. Pezzopane, che oltre a far parte di quella classe dirigente abruzzese che ha fatto di tutto per ostacolare l'adeguamento della normativa sismica del territorio (cosa verificatasi in molte Regioni), vuole una commissione per tornare ancora sul comportamento della commissione grandi rischi. 

Qualche anno fa parlai di “schizofrenia da panico sismico”, intendendo con questo lo scoppio di commenti pieni di paura anche alla notizia di qualche scossa di entità talmente bassa che non sarebbe stata sentita neanche al centesimo piano di un grattacielo... Non ho una cultura medica e quindi forse chi ce l'ha troverà errato il termine “schizofrenia”, però è sicuramente vero che nelle persone di cui sopra ci siano almeno delle “alterazioni del pensiero e del comportamento”. 
Era il settembre del 2010, oltre 4 anni fa. Da quando è avvenuto il terremoto aquilano, ogni scossa che avviene in Italia, persino quelle di magnitudo inferiore a 2.5, viene annunciata dai mass-media e da siti più o meno specializzati; a questi annunci segue come inevitabile corollario la ormai abituale sfilza di commenti di persone terrorizzate.  
Oggi siamo sempre alle solite come ha dimostrato lo sciame sismico del Chianti di 20 giorni fa, con la ingiustificata chiusura a Firenze di scuole ed edifici pubblici, per esempio.

Recentemente sono stato bannato da un gruppo FB sui terremoti in cui succedevano  cose del genere, perché cercavo di far capire che non c'era nulla di eccezionale nelle scosse che si stavano verificando nell'estate 2014, mentre era tutto un piangere ed un gridare “aiuto, cosa ci succederà”. Ricordo particolarmente un  episodio legato ad una sequenza sismica nell'Adriatico a largo di Ancona: uno sciame che qualche anno fa non se lo sarebbe filato nessuno. Una persona dice di essere molto spaventato e che c'è qualcosa di strano. Rispondo che mi pare una cosa assolutamente normale. Interviene un altro e dice “Certo, Aldo... tutto regolare ahahahahahahah”, con la evidente convinzione che io non capisco un tubo. 

Ma veniamo ad oggi. Marco Mucciarelli in un interessante post fa notare che il 2014 è stato in Italia un anno “poco sismico”, esattamente quello che è successo a livello mondiale, come conferma il Servizio Geologico degli Stati Uniti.

Mucciarelli conclude in modo particolarmente stringente:  
per tutti quelli che si sono agitati per ogni piccola sequenza, mettetevi il cuore in pace, il 2014 è stato un anno sismicamente scarso. Oltre a scrivere "non mi piace" per ogni terremotino avete fatto qualcosa per ridurre il vostro rischio sismico? Avete seguito i consigli di www.iononrischio.it ? Siete passati in Municipio a informarvi sul piano di protezione civile ed arrabbiarvi se non lo hanno ancora predisposto? Se sì, bene; altrimenti ecco un buon proposito per il 2015: voglio essere più resiliente! (non dimenticate che avete perso un'altro anno prima del prossimo forte terremoto).

È un concetto che vado ripetendo anche io piuttosto spesso; in particolare mi riferisco a scuole, ospedali e centri di coordinamento della Protezione Civile, che sono le 3 classi di strutture pubbliche che per una serie di motivi dovrebbero restare in piedi. L'ho fatto anche circa un anno fa

FINALMENTE QUALCOSA SI È MOSSO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICO!

Da allora si deve registrare un grande e radicale cambiamento in uno dei punti che avevo evidenziato: l'assetto idrogeologico. A livello nazionale esiste (finalmente!) un ottimo piano sull'assetto idrogeologico, con finanziamenti certi e corsie preferenziali per lavori decisi in totale autonomia dalle Autorità di Bacino. Una completa inversione di tendenza rispetto ai governi del passato, di ogni colore. Speriamo che i risultati siano pari alle attese (si dovrebbero vedere fra pochi anni). 

Non è ancora partito un piano per la messa in sicurezza generale degli edifici in caso di terremoto. Penso che ci sia stata una valutazione dei rischi: quello idrogeologico è sicuramente più urgente e può investire contemporaneamente ampie fasce del territorio nazionale. Il rischio sismico è più limitato nel senso che le conseguenze di un forte terremoto insisteranno in un'area ben più ristretta rispetto alle conseguenze di una forte perturbazione, anche se purtroppo le vittime potrebbero essere maggiori. 
Bisogna notare però che nel caso dell'assetto idrogeologico l'istituzione della task – force diretta da Erasmo D'Angelis è stata un'idea calata dall'alto, e cioè dalla Presidenza del Consiglio, per venire incontro al giusto diritto di sicurezza dei cittadini, più che un qualcosa invocato dal parlamento e dalla politica in generale (tranne i soliti proclami di rito pronunciati a strade e case infangate). 

SULLA SICUREZZA SISMICA INVECE QUASI TUTTO È IN ALTO MARE. ANZI, PEGGIO

Nel caso della sicurezza sismica esistono dei piani (principalmente sempre della Presidenza del Consiglio e anche questi calati dall'alto) solo sulla messa in sicurezza delle scuole. 
Se si esclude quello, a livello locale non ho idea di quanti comuni abbiano predisposto un piano di protezione civile e sulla risposta degli edifici pubblici (e non solo) in caso di evento sismico principale sono piuttosto pessimista. 

Non tace l'Ordine dei Geologi. Il Consigliere Nazionale Piero De Pari fa notare che per mettere in sicurezza le scuole italiane occorrerebbero 25 anni di lavori e 50 MLD di Euro. Ma ci sono dati importanti riguardanti l’edificato: citando i dati del rapporto CRESME - CNG De Pari ricorda che in Italia 2.200 edifici ospedalieri e 27.920 scuole sono in aree potenzialmente ad elevato rischio sismico e ben il 60% dell’edificato è stato costruito prima delle norme antisismiche del 1974. E’ necessaria l’applicazione del Fascicolo del Fabbricato unico strumento in grado di dirci quale è lo stato di salute degli edifici in cui lavoriamo e viviamo

Ma è vero che nella politica proprio tutto taccia? no... perché la senatrice (del PD come il Presidente del Consiglio) Pezzopane, presidente della Provincia di L’Aquila ai tempi del terremoto, ha annunciato di voler proporre una commissione parlamentare di inchiesta sull’operato della commissione Grandi Rischi.
Fantastico: il problema è l'attività pregressa della commissione Grandi Rischi, cosa che peraltro ha generato un processo per il quale ci hanno coperto di ridicolo i tutti i giornali scientifici (e non solo) mondiali.

Alla Pezzopane evidentemente non interessano i ritardi e i guai della ricostruzione dopo il terremoto del 2009 né interessano ai suoi compagni di partito né a quelli della parte avversa. Dispiace molto vedere che gli unici hanno chiesto, un anno fa, una commissione su questo argomento sono grillini e SEL; ovviamente la (o le) richiesta giace ancora non discussa.
Forse la Pezzopane ha la coscienza sporca, visto che nessuno dalle sue parti (e altrove, solo che dalle altre parti un forte terremoto non si è ancora, per fortuna, verificato) si è degnato, in un balletto burocratico dietro al quale ci sono inconfessabili interessi e così ben descritto da Luigi Fiammata, di prendere in considerazione quello che chiedeva (anzi... imponeva...) la celebre OPCM (ordinanza del Presidente del consiglio dei ministri) 3274/2003: una semplice valutazione di sicurezza sismica, sugli edifici pubblici e strategici entro il 2008, diventato poi il 2013, e poi rimandato ancora. 
Si tratta – ripeto – di una semplice valutazione e non della riduzione della vulnerabilità degli edifici stessi. 
Di sicuro questi rinvii di legge hanno parato il sedere di amministratori pubblici inetti e irresponsabili, impedendo di segnalarli per una possibile indagine per omissioni di atti d'ufficio.
Ennesimo caso in cui la classe dirigente (non solo politica) evita guai rimandando degli adempimenti e così si autoassolve (cosa che spesso non è concessa, in molti casi giustamente ma non sempre, ai semplici cittadini).

L'unico vantaggio del ritardo, almeno fino al 2006, è che esiste grazie alla OPCM 3519 del 24 aprile 2006 una nuova cartografia sismica dell'INGV che ha aumentato il numero dei comuni sismici e in molti casi innalzato la pericolosità di un territorio in un modo pienamente soddisfacente (la precedente cartografia infatti lasciava dei forti dubbi per la non inclusione di alcuni territori ed il basso rischio associato a molto altri).

Quindi si deduce che per la Pezzopane (e per tutto il resto del Parlamento) non c'è bisogno di una commissione parlamentare che approfondisca il problema della riduzione del rischio sismico (quanti parlamentari conoscono il rapporto CRESME - CNG?), dei ritardi in questa materia da parte di tutte le amministrazioni pubbliche e della mancata esecuzione della OPCM 3274.


L'ITALIA È IN EMERGENZA SISMICA O NO?

Al solito non siamo in emergenza fino a quando non succede il guaio. 
E invece, anche se non sembra, lo siamo. Non lo capisce la classe dirigente, né, mi sembra che la tanto celebrata Società Civile, troppo legata a filosofi, sociologi e vignettisti impreparati scientificamente se ne renda conto.

In questi ultimi anni, dopo il terremoto abruzzese, abbiamo assistito ad una crisi sismica nell'Appennino Settentrionale, che ha provocato morti e danni pur non essendo stata grave come quella che negli anni '10 del XX secolo travolse il riminese (1916), l'alta Valtiberina (1917), il Mugello (1919) e nel 1929 la parte settentrionale delle Apuane colpita anche nel 2013.
Ma prima o poi al sud ricomincerà il balletto. 

Nel 2012 ho evidenziato che tra Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia nei 130 anni tra il 1767 e il 1894 oltre 35 terremoti hanno avuto uno scuotimento che ha raggiunto almeno l'VIII grado della Scala Mercalli. Fra questi ben 7 hanno raggiunto il X grado e che nei 107 anni dal 1908 ci sono stati solo 3 terremoti con intensità del X grado e uno del IX, dei quali ben 3 hanno avuto epicentro in Irpinia (il quarto è il Belice) e 3 su 4 sono avvenuti in appena 18 anni (due terremoti in Irpinia nel 1962 e nel 1980, nel Belice nel 1967).
Come vedete la distribuzione dei sismi maggiori non è casuale e il piatto piange. O è cambiato improvvisamente il regime geodinamico o fra un po' di tempo si ricomincia, con il rischio di avere addirittura più terremoti distruttivi nell'arco di un singolo anno, come è successo tra il 1835 e il 1836 in Calabria
E, oltre al terribile carico di sofferenze umane, saranno grossi problemi anche per il bilancio dello Stato.

Quando succederà il prossimo terremoto devastante? Domani? Fra 10 anni? Fra un secolo? Speriamo il più tardi possibile. Ma se si ripetesse – e può succedere – una crisi sismica come quella del XIX secolo, saranno dolori.
E, soprattutto, dolori autoimposti, perché la stragrande maggioranza dei crolli – come ha dimostrato il 2009 – sarebbero evitabili con costruzioni fatte come e dove si dovrebbe.
Ma questo evidentemente alla Pezzopane e ai suoi colleghi non interessa....

venerdì 9 gennaio 2015

L'impossibile raffronto fra l'eruzione attuale del Bardarbunga e la gigantesca eruzione del Laki del 1783


L'eruzione in Islanda del Bardarbunga, che proprio in questi giorni forse si stia concludendo (ma non è detto), ha scatenato la fantasia (se non peggio) di gente che l'ha paragonata a quella del Laki del 1783. Ora, siamo d'accordo che i quantitativi di materiali sono ingenti, ma un confronti fra le conseguenze possibili di questa eruzione e quella del XVIII secolo sono semplicemente improponibili, tale è la differenza nelle dimensioni di questi due eventi. Scrivo questo post nella speranza che nessuno spari più scemenze come quelle che ho letto anche su siti seri.... L'eruzione del Laki provocò enormi danni in Islanda e decimò raccolti, animali e uomini; ma è stata importante anche a livello mondiale: le difficoltà patite dall'agricoltura a causa delle influenze sul clima degli anni successivi sono fra gli eventi che hanno portato alla rivoluzione francese. L'eruzione del Bardarbunga per adesso ha avuto come massima conseguenza, il divieto ad uscire di casa a persone con difficoltà respiratorie non in tutta Europa come nel 1783, ma solo in villaggi distanti poche decine di km dalla zona delle colate.



In molti articoli si leggono dei paragoni piuttosto fuorvianti tra l'eruzione del Bardarbunga in corso in questi mesi e quella del Laki del 1783.
Riassumiamo quello che è successo e sta succedendo in Islanda.

L'ERUZIONE ATTUALE DEL BARDARBUNGA

Sabato 16 agosto è iniziata una forte attività sismica a qualche km di profondità sotto questo vulcano, nascosto dal Vatnajokull, il più grande ghiacciaio europeo, sismicità che testimoniava la risalita di magmi dal profondo del mantello. Dopo qualche giorno la sismicità ha iniziato a spostarsi verso NE perché il magma si è aperto la strada nella crosta, incuneandosi lungo una frattura sotterranea per quasi 40 km nel sistema di fratture detto Trollagigar, che collega il Bardarbunga all'Askja, un altro vulcano della zona. Lo spessore di questo canale che il magma ha formato è inferiore al mezzo metro. 
Quando il magma è arrivato lungo il sistema dell'Askia evidentemente ha trovato la strada bloccata ed è arrivato in superficie il 9 settembre, formando una eruzione lineare che dura ancora oggi (e non si sa quanto durerà ancora: giorni? mesi? Anni?). In questi giorni l'attività sta rallentando ma non è detto che si tratti della conclusione dell'eruzione, potrebbe essere solo una momentanea attenuazione. Per adesso è stato emesso oltre 1 km³ di magma e le lave coprono un'area di 83,11 km²

Un altro effetto di questa eruzione è la continua subsidenza della caldera dell'apparato centrale del vulcano, arrivata ad una trentina di metri, accompagnata da una sismicità continua: si registrano giornalmente terremoti che raggiungono magnitudo piuttosto elevate (a stasera 48 eventi con M uguale o superiore a 5 dall'inizio dell'attività, che è stato contrassegnato dai due sismi più forti, 5.7 il 26 agosto e 5.6 il 27). 
Quindi c'è il timore che alla fine la caldera collassi. Francamente era una ipotesi che se in estate trovavo poco veritiera, oggi mi pare più realistica di 4 mesi fa, anche se difficilmente avremo un collasso totale: il rischio maggiore è che lo svuotamento di una camera magmatica possa far crollare la zona  soprastante, con un collasso parziale.

L'ERUZIONE DEL LAKI DEL 1783 E IL CONFRONTO CON IL PRESENTE

Di eruzioni lineari l'Islanda ne ha viste parecchie, lungo fratture che si dipartono dagli apparati centrali dei vulcani. Una l'ha prodotta proprio il Bandarbunga, 8000 anni fa, ed è stata quella che ha prodotto la maggiore quantità di magma in una eruzione singola dell'Olocene: 21 km cubi.
Le lave di quell'evento coprono quasi 1000 km quadrati in direzione SSW, lungo un altro sistema di fratture che si diparte dal Bandarbunga, il Thjorsarhraun.

E ora veniamo a quell'evento lineare molto importante in Islanda del 1783/84 evocato in questi giorni, l'eruzione del Laki, che ho studiato a fondo per un lavoro che dovrebbe uscire fra un po' di tempo. Vorrei quindi farvi alcuni confronti fra queste due eruzioni, per dimostrare che chi sparge notizie catastrofiche su quanto sta avvenendo oggi o di vulcani capisce ben poco o, peggio, è in malafede (mi riferisco in particolare ai vari siti complottisti e bufalai), in quanto i volumi non sono minimamente paragonabili

1. dopo 2 mesi nel 1783 si erano già messi in posto 12 km3 di basalti contro il circa 1 km3 di basalti di oggi (all'epoca l'attività fu molto intensa per i primi 4 mesi, gli altri 4 hanno contribuito ben poco alla somma dei prodotti emessi dall'eruzione)

2. alla media attuale per immettere in atmosfera i quantitativi emessi dal Laki IN 4 MESI ci vorrebbero quasi 10 anni di attività del Bardarbunga: il Laki emise infatti oltre 122 milioni di tonnellate di SO2, raffreddando il clima per gli anni successivi; il Bardarbunga ha emesso un milione scarso di tonnellate di SO2 rispetto a oggi... Un quantitativo impercettibile rispetto al caso precedente...

3. anche se non fu una eruzione esplosiva, il rilascio di gas provocò nel 1783 fontane di lava alte parecchie centinaia di metri e una colonna di materiali alta 13 km e quindi l'SO2 è andato direttamente nella stratosfera; i gas emessi dal Bardarbunga non hanno avuto questa capacità e poca, pochissima SO2 è andata nella stratosfera

4. Il biossido di Zolfo nella stratosfera provoca un raffreddamento globale, ma nella bassa atmosfera è un gas – serra. Quindi se effetto ci sarà, sarà esattamente l'opposto di un raffreddamento

5. a dimostrazione della differenza nelle dimensioni, nel 1783 la nube sulfurea portò problemi respiratori in tutta l'Europa centrale e settentrionale dopo appena 10 giorni dall'inizio dell'attività. Oggi abbiamo solo qualche villaggio ai cui abitanti è stato sconsigliato uscire di casa...

Per cui qualsiasi ipotesi che disegna per i prossimi anni scenari simili a quelli provocati dal Laki risulta assolutamente fuori luogo.

LA NUBE TOSSICA DEL 1783 E LA VELOCITÀ DELLE INFORMAZIONI IN PROPOSITO

E ora parliamo della nube tossica, descritta stupendamente da Benjamin Franklin, all'epoca a Parigi in missione diplomatica per conto del governo degli USA: durante alcuni dei mesi estivi dell'anno 1783 quando il riscaldamento provocato dagli effetti dei raggi solari avrebbe dovuto maggiormente riscaldare queste regioni, c'era invece su tutta l'Europa e gran parte del Nordamerica una nebbia costante. Questa nebbia era permanente, secca e sembrava che i raggi del Sole fossero impotenti a dissiparla. Ma non solo, i raggi solari passati nella apposita lente, non erano neanche in grado di bruciare un foglio di carta. 
Aggiunse inoltre di provare un continuo bruciore agli occhi. 
Il 1783 è stato anche l'anno a massima mortalità in Inghilterra, Francia e Olanda tra il 1700 e il 1800, fra il 10 e il 30% al di sopra delle medie mensili dell'epoca; colpisce soprattutto l'elevato numero di decessi in estate, stagione normalmente caratterizzata da un tasso di mortalità minore.

Le numerose testimonianze scritte di vari osservatori su questo fenomeno consentono di ricavare con buona precisione la circolazione atmosferica di quei mesi e i tempi di arrivo della “nebbia secca” in varie località europee  (1): la foschia sulfurea arrivò prima in Francia ed in Italia che in Inghilterra: l'inizio dell'attività è dell'8 giugno; tra il 14 e il 18 raggiunse Francia, Italia, Germania e aree limitrofe e solo dopo il 20 l'Inghilterra. Da notare che se a Oslo arrivò il 21, un giorno prima di Londra, la costa norvegese del Mare del Nord, a 200 km di distanza, era stata già colpita il 10 del mese. È evidente dalle date la forma e l'andamento dell'anticiclone che in quel mese ha insistito sull'Europa. 

Il primo ad attribuirla ad un vulcano islandese (anche se, ovviamente, non poteva essere noto di quale vulcano si trattasse) sembra essere stato un naturalista francese, Mourgue de Montredon, che espose le sue conclusioni all'Accademia Reale di Montpellier, parlando di  “un fenomeno raro, che ha colpito l'ammirazione dell'osservatore istruito e la sorpresa e il terrore nel volgo, sempre pronto a spaventarsi per dei fenomeni atmosferici che non sono familiari: una nebbia oscurò il cielo dal 17 giugno al 22 luglio suscitando i timori che immaginiamo per il raccolto. Questi vapori erano molto bassi”. Montredon annotò anche che c'era puzza di zolfo e informò che a Copenaghen seccò l'erba dei prati ed erano cadute la maggior parte delle foglie degli alberi.  

È estremamente interessante notare come le notizie su questo fenomeno, che ne dimostrano l'eccezionalità e l'importanza, si siano diffuse con estrema rapidità per quei tempi in cui non c'era neanche il telegrafo: il rapporto di Montredon è del 7 agosto 1783: erano passati appena due mesi dall'inizio dell'attività e le notizie erano anche pouttosto precise. 

(1)Thordarson et al (2003). The Laki and Grimsvotn eruptions in 1783 - 1785: a review and a re-assessment J. Geophys. Res. - Atmos. 108 (33 - 54).






mercoledì 7 gennaio 2015

Poland Township: un caso di sismicità indotta direttamente dal fracking e non dalla successiva reiniezione dei liquidi di flow - back


A pochi giorni di distanza da quando ho parlato del probabile blocco del fracking nello stato di New York torno a parlare di questa tecnica per una notizia importante. Fino ad oggi i terremoti non erano collegati direttamente al fracking, ma alla reiniezione nel sottosuolo di quella parte dei fluidi iniettati che fuoriesce dai pozzi. Oggi invece è stato accertato che anche la prima iniezione delle acque in pressione, quella che serve per fare il fracking, è capace di generare terremoti. Ciò è successo a Poland Township, nell'Ohio, nel marzo 2014. La conferma è arrivata in questi giorni.  

Un anno e mezzo fa parlando del connubio fra fracking e terremoti scrissi quello che era all'epoca lo stato dell'arte della ricerca: non è il fracking che provoca i terremoti, ma la reiniezione in profondità dei liquidi di flow – back: poco meno del 20% circa dei liquidi iniettati nel sottosuolo per rompere la roccia ritorna in superficie e va smaltito perchè non può essere reimmesso nell'ambiente dato il suo carico di sostanze inquinanti. 
In buona sostanza queste acque, iniettate nel sottosuolo per uno stoccaggio permanente, aumentano la pressione dei liquidi nelle zone di faglia, diminuendo drasticamente l'attrito lungo il piano di scorrimento: un terremoto per iniezione di liquidi si innesca se la pressione nei pori aumenta fino a sorpassare una soglia critica oltre la quale questa pressione riesce a vincere l'attrito che tiene bloccata la faglia; quindi in molti casi lo sforzo che esisteva naturalmente consente, a causa dell'abbattimento del valore di questa soglia, scorrimenti e terremoti su piani di faglia vecchi di centinaia di milioni di anni che senza l'intervento antropico non si sarebbero mai più messi in movimento.  



Lo studio della sismicità più o meno collegabile alle operazioni di fracking (o direttamente o come effetto collaterale) è in continuo aumento, dati i numerosi casi accertati negli USA, dove talvolta, oltre ad essere chiaramente percepibili, alcuni eventi hanno comportato effetti macrosismici ben visibili. Colpisce soprattutto il fatto che la sismicità interessa zone virtualmente asismiche dal punto di vista naturale, nelle pianure centrali degli USA, come si vede nella carta qui sopra e che ha comunque consentito di riconoscere la presenza di faglie molto vecchie, come la Wilzetta Fault nell'Oklahoma, raffigurata qui accanto.

Diciamo che di primo acchito si potrebbe pensare che lo sconquasso generato dal fracking provochi i terremoti, ma appunto questo non risponde a verità, dato il forte divario nel numero e nella intensità fra gli eventi attribuibili alla iniezione di liquidi per fratturare la roccia (che tolto il caso dell'Ohio sono stati piuttosto deboli e sporadici) e quelli attribuibili alla reiniezione degli stessi come smaltimento in una fase successiva. Probabilmente la differenza sta tutta nel tempo: nel caso del fracking le alte pressioni dei liquidi durano poche ore o pochi giorni (sia per la frammentazione della roccia che per la diminuzione del liquido per il 20% di esso che appunto torna indietro), mentre dove si reiniettano le acque di flow – back la pressione dei liquidi ovviamente rimane alta per un tempo non determinabile (specialmente se gli acquiferi sono confinati in uno spazio ristretto).

Poland Township è un'area dell'Ohio al confine con la Pennsylvania, a ovest degli Appalachi. Come nella maggior parte del New England anche qui, a qualche migliaio di metri di profondità ci sono l'Utica Shale e il Marcellus Shale, due dei più importanti gas – shales degli USA.
L'Ohio non è restrittivo come il New York sul frackinhg, ma sicuramente lo è di più rispetto alla Pennsylvania. E fra i casi che hanno suggerito prudenza al governo di questo stato c'è proprio quello di Poland Township.
Veniamo ai fatti: tra il 4 e il 12 marzo 2014 l'area di Poland Township è stata investita da una sequenza sismica: ben 77 eventi, di M compresa fra 1 e 3 di cui solo uno avvertito dalla popolazione, quello a M=3. 

Contemporaneamente erano attive da parte della Hilcorp Energy, società petrolifera texana, operazioni di iniezione nel sottosuolo di acque in pressione per fratturare le rocce sottostanti e ricavare gas metano dall'Utica Shale, in base a dei permessi che la stessa aveva ottenuto nel 2013. Siccome la zona non aveva mai registrato eventi sismici, il Dipartimento delle Risorse Naturali dell'Ohio ha deciso il 10 marzo di bloccare tali operazioni. Due giorni dopo la fine delle operazioni sono cessati gli eventi sismici.
Ne è seguita una serie di studi compiuti da Robert Skoumal, Michael Brudzinski e Brian Currie della Miami University dell'Ohio.

Ovviamente non è che le operazioni di iniezione abbiano provocato la formazione di una faglia: le indagini hanno consentito di capire che i terremoti si sono verificati lungo faglie del basamento precambriano che era stato ricoperto nel Paleozoico inferiore (tra Cambriano e Devoniano), da una spessa serie sedimentaria alla quale appartengono fra gli altri – appunto – anche il Marcellus e l'Utica shales. Vediamo in questa sezione, dove viene evidenziato il confine con la Pennsylvania, come in Ohio il basamento precambriano sia molto più superficiale (le profondità sono in migliaia di piedi, non in metri...). 

Gli scienziati hanno comparato la tempistica dei terremoti con quella della iniezione di liquidi nei pozzi e hanno visto che questi sono avvenuti esclusivamente in corrispondenza di alcune fasi delle operazioni di iniezione dei liquidi, durante le quali si è mossa una faglia subverticale orientata E-W. 
Gli scienziati chiedono una particolare collaborazione fra ricerca scientifica, organismi pubblici di controllo e compagnie petrolifere.
È interessante notare come l'attività sismica abbia insistito solo nella parte nord orientale della concessione e che, comunque, per ulteriori eventuali nuove attività di estrazione in zona dovrà essere esercitato un controllo piuttosto attento.

Quello di Poland Township è per adesso un caso isolato, perché – ripeto – i terremoti durante le operazioni di fracking sono piuttosto limitati soprattutto per la breve durata delle sovrapressioni nel suolo, ma ovviamente deve spingere le Autorità locali ad esercitare una sempre maggiore attenzione al problema. 
Ma è comunque l'ennesima questione che mette in discussione una pratica che mi limito a considerare con un eufemismo "discutibile", in quanto devastante per il sottosuolo, sia per la fratturazione delle rocce che per lo stoccaggio di ingenti quantità di liquidi inquinati nel sottosuolo e dalle possibili tragiche conseguenze in superficie, a partire dalla sismicità indotta e dall'inquinamento di aria e falde acquifere. Anche se, probabilmente, il caso di Poland Township non è frequente e il fracking difficilmente potrà indurre una sismicità intensa.

martedì 6 gennaio 2015

Gli scambi faunistici e la datazione della prima collisione fra India e Eurasia


In questi anni ho sempre pensato che la rapida evoluzione di molti ordini di mammiferi attuali come Primati, Perissodattili e Artiodattili (cetacei compresi in questi ultimi) sia stata causata dalla collisione dell'India con l'Eurasia: alcuni Laurasiateri e Euarcontogliri sono migrati in India, in un ambiente più caldo e più umido rispetto al fresco e secco margine continentale sudasiatico preesistente e hanno avuto l'occasione di compiere una radiazione evolutiva veloce e intensa. Anzi, proprio i fossili possono contribiire a capire l'età del primo contatto fra i due continenti. Qualcuno non ci sta e sostiene che sia i Perissodattili che i Primati hanno vissuto nell'India quando questa era una zattera in viaggio dal Gondwana all'Eurasia perché hanno trovato fossili di “quasi perissodattili” e Deccanolestes (un fossile da alcuni attribuito ad un parente stretto dei Primati) in momenti ben precedente alla collisione. Non solo, ma contestano anche la divisione ottenuta con la genetica nei tre cladi che è anche in accordo con la paleogeografia tardo giurassica (Boreoteri, Afroteri e Xenartri). A me pare che ci possa essere un'altra spiegazione e soprattutto sono poco convinto di quello che scrivono. Vediamo perché.

La posizione dei perissodattili (equidi, rinoceronti e tapiri) è stata in passato soggetto di ampie discussioni: c'è chi li faceva derivare dai condilartri ipotizzando una parentela stretta con i proboscidati. Un primo problema è che i condilartri sono un gruppo “dubbio” (nel senso che potrebbero essere raggruppati lì dentro specie di varia origine e quindi non sarebbe una denominazione valida in termini evolutivi). Un secondo problema è venuto fuori 10 anni fa, quando le indagini molecolari hanno privilegiato la pista secondo la quale ci sarebbe una origine comune fra artiodattili (anzi, essendo le balene lì dentro cetartiodattili), perissodattili e in qualche modo i carnivori. I placentati furono divisi in 3 raggruppamenti che, alla fine, riflettono la paleogeografia del Giurassico superiore prima della rottura della Pangea: Boreoeuteri nella Laurasia, composti da Laurasiateri (artiodattili, perissodattili, carnivori, mustelidi, pinnipedi etc etc) e Euarcontogliri (Primati, Roditori, Lagomorfi e altri gruppi minori), Afroteri nell'Africa (Proboscidati, Sirenidi, Iraci), Xenarthri nell'America Meridionale (1). 
I più antichi placentati e marsupiali conosciuti sono stati trovati in Cina, nel Cretaceo inferiore, insieme ad altri mammiferi molto particolari, ma data la straordinarietà delle condizioni di fossilizzazione di Jehol (di cui ho parlato qui) e di altri siti simili, è possibile che la biodiversità dei mammiferi cretacei fosse ben maggiore di quella che conosciamo oggi.  
L'espansione dei placentati e dei marsupiali è stata fermata dalla divisione del Gondwana; i marsupiali si sono espansi un po' prima, in tempo prima che Australia e Antartide si separassero dal resto del continente (c'è chi sostiene che un dente isolato – e possibilmente un altro paio di ossa – trovati in Australia e risalenti all'eocene o all'oligocene, denominati Tingamarra, siano di un placentato. Ma su questo la comunità scientifica non è concorde).

Nel Cretaceo l'India era una zattera in movimento come lo è oggi l'Australia; tra i suoi abitanti vi erano i mammiferi Gondwanatheri, un clade che, come dice il nome, è tipico del grande continente meridionale. I Gondwanatheri non hanno eredi attuali, nonostante, come i Multitubercolati della Laurasia, abbiano passato agilmente il limite K/T in India Sudamerica e Antartide (dove sono esistiti fino almeno all'Eocene medio). Ci sono poi delle forme tipo Deccanolestes che addirittura potrebbero essere dei placentati del ramo a cui apparteniamo anche noi Primati, gli Euarcontoglires. Ma questa attribuzione di Deccanolestes non è ancora sicura. 

Con lo scarso grado di conoscenza dei mammiferi mesozoici è possibile ipotizzare che forme imparentate strettamente con i placentati siano andate a giro per il mondo prima dei placentati (o, alla rovescia, che i placentati siano diventati tali arrivando in Laurasia dal Gondwana). Questo giustificherebbe meglio la presenza in India di Deccanolestes e di Tingamarra in Australia, se li considerassimo dei “quasi placentati” .
Se però Deccanolestes facesse parte del raggruppamento degli Euarcontogliri, le cose si complicano... in teoria fino alla collisione dell'India con l'Asia meridionale non sarebbe stato possibile l'arrivo di forme settentrionali. Come sarebbe arrivato da quelle parti?

Le faune ci possono aiutare anche nella ricostruzione del viaggio dell'India da quando si è separata dal Gondwana a quando si è scontrata con l'Eurasia generando l'Himalaya. 
Ho già descritto le varie ipotesi su come si è svolto questo evento dal punto di vista geologico ed in particolare la questione ancora in discussione dei rapporti fra India, Eurasia e un arco magmatico che c'era in mezzo, il Kohistan – Ladak. Queste carte sono prese da un lavoro di Van Hinsbergen riassumono la storia dell'India.

Dal punto di vista faunistico, forme che apparentemente vengono dall'Asia si vedono in quello che geologicamente è il subcontinente indiano (che comprende anche buona parte del Pakistan) all'inizio dell'Eocene. Come fa argutamente notare Sunil Bajpai (2) queste compaiono piuttosto improvvisamente e possono aiutare nel capire la tempistica della collisione India – Asia, grazie ai conseguenti rimescolamenti faunistici: da un lato gli antenati degli struzzi e di vari rettili e anfibi sbarcarono in Asia, fra i mammiferi scesero in India forme appartenenti a ordini che si erano appena sviluppati fra i Boreoeuteri (il limite Paleocene – Eocene è molto importante su questo aspetto), quindi geneticamente di affinità laurasica. Pertanto è probabile che il primo collegamento terrestre dati a poco dopo l'inizio dell'Eocene, circa 54 milioni di anni fa. 

Teoricamente sarebbe pure possibile che questi gruppi siano sorti in India e siano successivamente migrati in Asia. I problemi di questa seconda ricostruzione sono essenzialmente due:
- tutta la parte centrale del subcontinente indiano è stata devastata dalle eruzioni del Deccan alla fine del Cretaceo, e la parte orientale era coperta da bacini marini poco profondi. Insomma, di spazio ce n'era poco
- non si capisce perché ci sia questa rapida evoluzione proprio immediatamente prima della collisione

Quindi sia grazie ai dati genetici che a queste circostanze trovo molto più verosimile l'idea del passaggio dall'Asia all'India dei mammiferi placentati e non il contrario. 

Le faune di Cambay sono decisamente una delle cose più interessanti che può offrire l'India ai paleontologi perché lì si collocano dei fossili di mammiferi placentati piuttosto particolari.
Insomma, si tratta dell'embrione di molti dei gruppi attuali in cui si divide questo gruppo a cui appartiene anche Homo sapiens.
Ora viene fuori una cosa che sembra collocarsi nello stesso filone.
Un gruppo di ricercatori indiani e statunitensi hanno trovato a Cambay dei fossili appartenenti a Cambaytherium tewissi, che sarebbe molto imparentato con i primi perissodattili (3). 
E qui scoppia la bomba: secondo loro i dati genetici sono sbagliati perché nelle loro analisi paleontologiche i perissodattili sarebbero parenti dei proboscidati e non degli artiodattili. Questo spiegherebbe anche la loro presenza in India in tempi, dicono, precedenti alla collisione fra India ed Eurasia. Infatti all'epoca in cui sarebbe vissuto Cambaitherium l'India secondo Cristopher R. Scotese, un vero guru della paleogeografia, non era ancora arrivata alla collisione (4).
Gli afroteri antenati di Cambaytherium sarebbero arrivati in India quando questa aveva poco tempo prima quasi strisciato contro l'Arabia prima di scontrarsi con l'Asia, un'idea largamente diffusa (il Mar Rosso all'epoca non c'era e Africa e Arabia erano una singola massa continentale).
Questi primi perissodattili vengono correlati con gli Antracobunidi, un altro gruppo tipico dell'Eocene della parte occidentale del subcontinente indiano. Anche questi ultimi erano tradizionalmente correlato con i proboscidati, ma recenti ritrovamenti di reperti fossili più completi hanno consentito di vedere una parentela più stretta fra antracobunidi e perissodattili (5).

Io invece rovescerei il discorso rispetto al lavoro su Cambaytherium: siccome la tempistica della collisione fra India ed Eurasia non è ancora sicura, proprio la comparsa nei sedimenti di Cambay di queste forme potrebbe attestare l'avvenuto contatto dei due continenti. 
E siccome la collisione non è avvenuta dappertutto nello stesso tempo, è bastato un primo contatto per consentire i primi passaggi. 
Dove potrebbe essere stato? Nella parte più occidentale, lungo il limite ora contrassegnato dalla faglia di Chaman? Nella parte più orientale, verso l'attuale Indocina? Oppure, visto che manca tutta la parte settentrionale della vecchia India per una fascia larga più di un migliaio di km, da qualsiasi altra parte?
Le carte di Van Hinsbergen, possono dare un'idea, considerando una approssimazione di parecchie centinaia di km, mentre in quest'ultima si vede come l'India si è letteralmente incuneata nell'Eurasia, 


1. Springer et al 2004 Molecules consolidate the placental mammal tree TRENDS in Ecology and Evolution Vol.19 No.8 August 2004
2. Bajpai S. 2010 Timing of Earliest India-Asia Contact: Evidence of Terrestrial Vertebrates from Cambay Shale, Gujarat, Western Peninsular India 25th Himalaya-Karakoram-Tibet Workshop
3 Rose et al 2014 Early Eocene fossils suggest that the mammalian order Perissodactyla originated in India Nature Communication nov. 2014
4. Chatterjee et al 2013 Tectonic, magmatic, and paleoclimatic evolution of the Indian plate during its northward flight from Gondwana to Asia Gondwana Research 23 (2013) 238–267
5. Cooper LN et al 2014 Anthracobunids from the Middle Eocene of India and Pakistan Are Stem Perissodactyls. PLoS ONE 9(10): e109232. doi:10.1371/journal.pone.0109232