domenica 23 dicembre 2018

Lo tsunami nello Stretto della sonda del 22 dicembre 2018


Indonesia ancora alla ribalta per uno tsunami, il secondo in pochi mesi. La sera del 22 dicembre uno tsunami ha colpito le coste dello stretto della sonda, quello che divide Sumatra da Giava. Si tratta di un'area tragicamente nota per l'esplosione del Krakatoa nel 1883. Alcuni dei resti della cresta del cratere creato da quella eruzione emergono ancora sopra il livello del mare intorno al nuovo vulcano che ha sostituito il vecchio, Anak Krakatau (il figlio di Krakatoa), attualmente parecchio attivo e che dovrebbe essere la causa scatenante dello tsunami di stanotte, douto molto probabilmente ad una frana ma che ancora non è del tutto chiaro.

L'"Urlo" di Munch:
le strie nell'atmosfera sono reali
IMPORTANTE: AGGIORNAMENTO IN SULLE CAUSE IN FONOD AL POST. Mentre sto scrivendo le informazioni sono ancora piuttosto scarne. L’unica cosa sicura è che si è verificato nello Stretto della Sonda, quello che divide Giava da Sumatra, uno tsunami con onde alte fino a 3 metri. Non essendo stata registrata nella zona attività sismica l’indiziato maggiore è Anak Krakatau (il figlio di Krakatoa), il vulcano nato sulle ceneri di quello esploso nel 1883: si sarebbe verificata una frana sottomarina. Insomma, una cosa simile a quella che successe a Stromboli il 30 dicembre 2002 (che però fu subaereo).

Dopo la drammatica eruzione del 1883 che causò decine di migliaia di morti per lo tsunami e mesi di tramonti molto particolari in tutto il mondo, colti da molti pittori (il più famoso quadro che li raffigura è l’Urlo di Munch). Del vulcano esploso restano sopra il livello del mare solo alcuni piccoli lembi dell’allineamento della caldera (un po' come il Monte Somma che circonda il Vesuvio). Nel Vesuvio l’attività vulcanica non era cessata dopo la grande esplosione: anzi, in quel caso l’evento aveva dato il via a un nuovo ciclo dopo secoli di inattività e si è formato il cono attuale che tutti conosciamo e se non altro dal punto di vista paesaggistico ammiriamo (per i geologi c’è pure altro oltre al paesaggio...); anche il Krakatoa ha continuato l’attività e al centro di quei piccoli lembi l’11 giugno 1930 ha fatto capolino dalla superficie del mare il nuovo vulcano, che è stato chiamato “Anak Krakatau”, il figlio del Krakatoa.
É un vulcano abbastanza attivo come il genitore, la cui vetta oggi, 90 anni dopo, passa i 300 metri.
Anak Krakatau è in allerta “giallo” dal 2012 e attualmente è vietato il transito a chiunque entro 2 km dall’isola perché persiste l’attività stromboliana che consiste in lanci di scorie e bombe vulcaniche. Dopo una forte eruzione nella primavera del 2017, nella quale si produsse una imponente colata di lava sul lato sud dell’isola, l’attività non si è mai calmata del tutto; in particolare il 18-19 giugno 2018 è iniziata una nuova fase di tremore sismico, protrattasi fino al 29 giugno 2018, quando c’è stato un evento principale con lanci di scorie. La situazione è peggiorata alla fine di luglio, convincendo le autorità ad elevare da 1 a 2 km la distanza minima di sicurezza istituita tempo prima. Tremore sismico e minori eruzioni sono proseguite durante tutto l’autunno. Il 21 dicembre 2018 alle 13:51 locali l’ultima delle tante fasi parossistiche ha provocato una colonna di cenere che è arrivata a più di 400 m al di sopra della vetta (oltre 700 m sul livello del mare), il tutto accompagnato da tremore sismico, nel cui quadro l’esplosione ha generato un sismogramma ben distinto durato oltre 2 minuti (fonte: Agenzia Geologia Nazionale Indonesiana, Badan geologi). Diciamo che senza quello che è successo dopo, questo evento sarebbe passato abbastanza sotto silenzio a livello nazionale e internazionale, vista la frequenza di questi fenomeni negli ultimi mesi.
Il nuovo vulcano, Anak Krakatau, in eruzione,
circondato dalle parti affioranti del cratere formatosi dopo l'eruzione del 1883
Inoltre la sera del 22 dicembre alle 21.03 locali è stata registrata una nuova scossa di terremoto legata all’attività vulcanica, durata circa 24 secondi. Una stazione di monitoraggio del vulcano, posta a Pasauran, sulla costa di Giava a circa 40 km dal vulcano, ha rilevato una colata di lava sul fianco sud di Anak Krakatoa (le colate laviche grazie al loro bagliore sono visibili da molto lontano). A quanto ho capito l’evento ha danneggiato i sismografi nell’isola ma per fortuna ne resta attivo uno a Sertung, che una delle poche parti rimaste emerse dopo il 1883.

INTERPRETAZIONE DEL FENOMENO A CALDO. Questo tsunami pone ancora dei problemi di interpretazione. A caldo è stato ipotizzato che si sia trattato di un meteotsunami, cioè onde provocate da cambiamenti di pressione (fenomeno abbastanza raro, simile al Watersnoodramp che si abbattè sull’Olanda il 31 gennaio 1953: fu una combinazione fra una alta marea e un forte ciclone extra-tropicale). In questo caso però c’era sì una marea eccezionale e i venti erano forti; ma manca una condizione necessaria per un meteotsunami, l'improvviso cambio di pressione. 
Resta quindi come possibile causa il vulcano. Il rapporto causa – effetto fra attività vulcanica e tsunami viene suggerito anche dal fatto che la zona più colpita sono le coste di Giava, quelle che guardano direttamente la zona dell’eruzione.
Però il problema è che uno tsunami di queste dimensioni necessita una frana di grandi dimensioni, e come sottolinea Dwikorita Karnawati, direttrice del BMKG, il servizio meteorologico nazionale indonesiano, sarebbe stata necessaria una fonte di energia di cui non c’è traccia. C’è però, sempre secondo la Karnawati la  possibilità che i forti venti abbiano in qualche modo aumentato le dimensioni dell’onda.

Facciamo adesso alcune considerazioni.
  • innanzitutto non è chiaro ancora se ci sia stata, come nel caso di Stromboli il 30 dicembre 2002 una frana subaerea oppure se tutto si sia svolto sul fondo marino. Le ultime notizie sembravano confermare l’ipotesi di un evento interamente sottomarino, ma in realtà, come è stato visto in seguito, riguarda sicuramente una parte subaerea anche se, comunque,  probabilmente pure una parte sotto il livello del mare è collassata
  • fermo restando che nel tempo direttamente precedente la frana non c’è traccia di forte attività sismica, è comunque possibile che una parte del fondo marino o della costa dell’isola fosse già pronta a slittare e che qualcosa ha fatto da goccia che ha fatto traboccare il vaso, per esempio proprio il piccolo evento della sera del 22 dicembre.
  • un’altra possibilità è che abbia giocato un ruolo importante, sommandosi al’onda dello tsunami, l’onda di marea


AGGIORNAMENTO. Fortunatamente è giusto passato di lì uno dei satelliti della costellazione Sentinel dell'ESA. Il confronto fra le immagini satellitari è risolutivo per capire cosa sia successo. Si vedono le differenze topografiche fra i due passaggi del satellite: la parte orientale del cono, quella che nella prima immagine è più chiara (a sinistra essendo l'immagine orientata N/S) è collassata.
Quindi la causa dello tsunami è la frana che si è originata a causa del collasso del fianco di Anak Krakatau su un fronte apparentemente di circa 1 km, formando una fossa tra quanto è rimasto attaccato al cono e quanto è andato in giù.



mercoledì 12 dicembre 2018

Mai fidarsi dei dati "a caldo" su localizzazione e Magnitudo di un terremoto!

  

Un anno fa il terremoto di Ischia ha portato alla ribalta una questione particolare, poco conosciuta ma importante, cioè la iniziale approssimazione dei parametri di un terremoto: succede normalmente, infatti, che localizzazione, magnitudo profondità e anche orientazione del piano di faglia vengono modificati nelle 48 ore successive rispetto ai dati forniti “a caldo”. Naturalmente in Italia quella volta successe un can can mediatico notevole, mentre ad esempio nessun giornalista o nessun utente dei social network se la prese in Nuova Zelanda con il Servizio Geologico locale quando sbagliò (anzi, direi che letteralmente “cannò”  - e ripetutamente!) la magnitudo del terremoto M 7.8 del 13 -11 2016, sottostimandola in maniera drammatica nelle prime due ore, nonostante le notizie provenienti dalla regione e i dati ricavati dalle altre agenzie scientifiche, o la localizzazione (e di parecchie centinaia di km...) del terremoto M 6.6 del 07-11-2017. Le cronache sismiche di venerdì 30 novembre sono un chiarissimo esempio di come si possa prendere facilmente fischi per fiaschi nell’immediato dell’annuncio di un terremoto, come l'annuncio di un forte terremoto sulla costa della baia di Hudson ieri. Quindi raccomando sempre, specialmente nelle prime ore dopo un evento sismico, di prendere tutti i dati con le molle!


TERREMOTI VERI E PRESUNTI NEI DATABASE. Tra i vari siti che guardo rapidamente la mattina prima di uscire per sapere cosa è successo nel mondo c'è anche quello del Geofon, dove proprio ieri 11 dicembre notai un terremoto di M 6.4 molto superficiale nei dintorni della Baia di Hudson, 14 minuti dopo un evento a discreta profondità M 7.1 alle isole Sandwich Australi (zona estremamente interessante dal punto di vista geologico e sismologico). Ora, se l'annuncio di un M7 alle Sandwich Australi rientra in un quadro assolutamente realistico (ce ne sono stati altri 3 negli ultimi 5 anni...), il M 6.4 del Manitoba mi ha lasciato abbastanza stupito. Controllando i giornali locali (prima cosa da fare!) non trovai nulla, e qualche minuto dopo anche dal sito del Geofon questo terremoto era scomparso, per cui ho dedotto che si è trattato del solito, anche se non frequente, falso positivo che ogni tanto arriva (forse una errata interpretazione automatica delle onde messe in giro dall’evento delle Sandwich Australi). Poi, accendendo il telefono, ho controllato su una app, che non modifica i dati dopo che li ha fissati, app dove in effetti, come di vede dalla schermata all'inizio del post, questo evento – fantasma era riportato. 

Il sito del Geofon avverte chiaramente di prendere
con le molle gli eventi generati in automatico 
Talvolta succede: non è la prima volta che i sistemi automatici segnalano eventi anche forti in zone asismiche o, addirittura, dentro il mantello, eventi poi tolti perchè - appunto - derivanti da errate interpretazioni effettuate dal sistema. 
Lì per lì avevo pensato ad un errore del genere anche per il terremoto M 6.5 del 3 aprile 2017 in Botswana e per me la conferma che invece si trattava di qualcosa di reale furono le cronache che ne parlavano e le numerose repliche associate alla scossa principale (sarebbe stato interessante un post sull’argomento, perché la geodinamica di quel terremoto è veramente particolare a causa della mia mania per le "cicatrici litosferiche" ma il tempo è sempre tiranno..). 

LOCALIZZAZIONE AUTOMATICA E CORREZIONE MANUALE DEI PARAMETRI DI UN TERREMOTO. Il concetto importante che voglio far notare in questo post è che in diverse pagine contenenti database sismici, come appunto il Geofon, esiste il concetto che la localizzazione di un evento sismico nella sua immediatezza sia piuttosto imprecisa. Infatti gli eventi si dividono in “riportati in automatico” o “revisionati da un sismologo”. E per esempio il Geofon stesso dichiara specificamente, come si vede qui accanto che "senza la revisione di un geofisico la posizone del terremoto potrebbe essere diversa da quella reale" (anzi.. alle volte si può trattare di un falso allarme).

Cosa vuol dire tutto questo? Per capire la localizzazione di un segnale radio si prendono 3 ricevitori e se ne confronta il relativo tempo di arrivo di quel segnale, perché più vicino è il ricevitore, prima arriverà (più o meno è lo stesso sistema, alla rovescia, che si usa per i localizzatori GPS).
Fondamentalmente funziona così anche in sismologia, ma qui c’è un inghippo di non trascurabile importanza: se le onde radio in atmosfera bene o male hanno una velocità che può ritenere costante per l’approssimazione che serve alla misura della localizzazione del ricevitore GPS, almeno per gli usi più comuni, a seconda del mezzo in cui si propagano, le onde sismiche presentano variazioni di velocità frequenti, rapide e soprattutto di entità tutt’altro che trascurabile, come vediamo nella tabella qui accanto, fornita dalla agenzia governativa statunitense EPA: ad esempio in un granito compatto le onde P si muovono a circa 5.5. km/s, mentre nelle sabbie come quella della riva del mare la velocità scende a meno di 2 km/s; e si tratta, litologia per litologia, di un valore “medio”, perché in realtà la velocità cambia caso per caso in base alle condizioni locali, che sono sempre diverse, dello stato in cui una roccia si trova (fratturazione, contenuto di acqua e quant’altro). 
Pertanto localizzare un evento sismico è estremamente più difficile che localizzare una sorgente radio in quanto per farlo occorre avere un preciso modello della velocità delle onde sismiche nella zona compresa tra l’ipocentro e il sismografo ricevente. Per questo di fatto all’inizio viene attribuita una posizione in maniera un po' spannometrica, e il dato viene successivamente migliorato. 
Lo stesso dicasi per la profondità, che per i terremoti superficiali all’inizio viene indicata con il valore standard di 10 km. Per cui gli eventi “rilocalizzati” nelle coordinate geografiche epicentrali e nella profondità ipocentrale sono ben più di quelli a cui vengono lasciati i valori attribuiti all’inizio e quando vedete “profondità 10 km” sappiate che probabilmente si tratta di una stima provvisoria.

I CASI DEL 30 NOVEMBRE 2018: in quel giorno  poche ore di distanza, ci sono stati due eventi che esemplificano bene quello che ho detto.

1. IL SUPPOSTO EVENTO IN ADRIATICO M 5.5. Nel tardo pomeriggio di quel giorno EMSC ha annunciato un evento sismico M 5.5 localizzandone l’epicentro nel Mare Adriatico. Un evento però stranamente non percepito sulla costa e che aveva messo un po' in allarme diversi utenti nei social network; fra l’altro INGV non lo aveva minimamente inserito nella sua lista, per cui in alcuni gruppi Facebook sono persino partiti i soliti insulti nei confronti di questa istituzione, del tipo “questi fannulloni che paghiamo noi manco si accorgono di questo terremoto” …. Invece era proprio la mancanza di questo evento nella lista terremoti di INGV che avrebbe dovuto far sospettare che qualcosa non quadrava...
EMSC ha successivamente riportato a M 3.3 l’evento qualche ora dopo, evento che 12 ore dopo risultava comunque completamente cancellato. Può succedere… 


IL SECONDO CASO: IL TERREMOTO DELL’ALASKA E L’INGHIPPO DELLA PROFONDITÀ. Ero a lavorare e non avevo certo tempo di smanettare. Fattostà che quando esco, alle 20.00 nella app che utilizzo (Terremoto, probabilmente collegata a INGV e che non aveva segnalato il terremoto dell’Adriatico) vedo un evento vicino a Anchorage e penso che possa aver generato gravi porblemi: l’informazione parla di M 6.9 a 19 km di profondità.
Arrivo a casa e apro il sito dell’USGS. Le cose da osservare subito sono la mappa dello scuotimento, il meccanismo focale e, nel caso di evento con possibili conseguenze sulle attività antropiche come questo, il PAGER, una previsione statistica su danni e perdite umane.
In particolare il meccanismo focale mi fece sobbalzare: lo stretto di Shelikov, la Baia di Cook e il loro retroterra (il bacino di Susitna) formano una zona ribassata grossolanamente allungata SW – NE rispetto a quanto li circonda, separata dall’oceano Pacifico da una dorsale in gran parte emersa formata dall’isola Kodjak e dalla penisola di Kenai; però secondo i miei ricordi nel quadro della collisione fra placca pacifica e placca nordamericana fanno parte dell’area di forearc, cioè della parte in compressione della placca superiore tra la fossa oceanica e l’arco vulcanico.
Insomma baia di Cook, bacino di Susitna, penisola di Kenai e isola Kodjak e il mare antistante equivalgono alla zona integralmente ricoperta dal mare nel mare a est del Giappone che ospita i maggiori eventi sismici come quello del 2011, tipicamente compressivi. 
Ebbene, il meccanismo proposto segnala invece una faglia normale, di tipo quindi distensivo. Mi vengono allora dei dubbi: forse ricordavo male e la baia di Cook è un abbozzo di bacino di retroarco sul tipo del Mar del Giappone. Ma no! No perché i vulcani sono più “in là”, cioè la baia di Cook è tra la fossa e l’arco vulcanico, pertanto è nel forearc e quindi è nella zona in compressione… per essere un’area in distensione i vulcani dovrebbero collocati su lato verso l’oceano della baia, e quindi su penisola di Kenai e isola di Kodjak. Invece sono dall'altra parte (la carta qui sotto spiega il tutto).



Pensai allora alla complessità regionale perché in quella zona presenta:
  • una curvatura nel limite di placca che poco a oriente di Anchoragre cambia di direzione da SW-NE a NNW-SSE
  • la amalgamazione nel Nordamerica di due blocchi esotici (Wrangellia e Yakutat)
  • diverse faglie che accompagnano la deformazione, inverse o trascorrenti (molte delle quali un mix fra questi due casi estremi: tranpressive, cioè trascorrenti con componente compressiva) 
  • e anche una interruzione dell’arco magmatico tra la punta NE dell’allineamento che viene delle Aleutine e i vulcani al confine tra il Canada e l’Alaska più meridionale

Allora ho ripreso appunti e bibliografia e ne ho cercata altra (oltretutto ne ho trovata di recentissima, che senza questo terremoto non avrei neanche cercato...) e ho continuato a non capire il perché del meccanismo estensionale di questo terremoto.
Poi la rivelazione: ritornando sulla pagina di USGS vidi che la profondità segnalata era diventata superiore a 40 km. A quel punto rimasi perplesso: “avevo letto male o c’era scritto 12 km?”. Riguardo la app, che, come ho sottolineato prima, per sua natura continua a riportare il dato iniziale e questa riportava 19.5, tanto per ribadire che all’inizio c’è una certa confusione sulla localizzazione; chiesi allora lumi ad un amico che aveva seguito la cosa, il quale mi confermò che la profondità era parecchio cambiata tra le prime stime e quelle definitive. 
A quel punto tutto il mio castello di dubbi finì, perché questo terremoto non è localizzato nella crosta dell'Alaska, bensì nello slab che vi si trova sotto, cioè nella parte della crosta dell’oceano Pacifico che sta scendendo nel mantello sotto l’Alaska. Quindi è in una placca diversa rispetto a quella in superficie. E chiaramente non ci sono relazioni fra le strutture della crosta intorno alla baia di Coo e quelle nel cuneo in discesa sottostante, dove appunto si è generato il sisma.

VALUTAZIONE IMMEDIATA E SUCCESSIVA DI UN TERREMOTO. Insomma, cari amici, è necessario ancora una volta puntualizzare alcuni aspetti importante dell’attività scientifica di analisi dei sismogrammi dopo che è avvenuto un terremoto: 
  • è possibile che i primi dati forniti “a caldo” siano scorretti, soprattutto posizione e Magnitudo dell’evento
  • i dati “migliori” sono in generale (a parte i casi neozelandesi….) quelli dell’agenzia più vicina al sito dell’evento e quindi in Italia il miglior riferimento è INGV.
  • è facile che più lontano si vada più venga sovrastimata la Magnitudo. 


Per cui non c’è nessun dolo da parte ad esempio di INGV nell’”abbassare la Magnitudo”: semplicemente una analisi più approfondita dei simogrammi e nuovi dati portano a migliorare la precisione dei parametri ipocentrali ed è abbastanza frequente che la Magnitudo risulti alla fine un po' più bassa di quella inizialmente ipotizzata, come pure è la regola che varino la localizzazione e la profondità dell’evento.