giovedì 29 agosto 2019

A 3 anni dal terremoto di Amatrice: 2 - Il sistema di faglie normali dell'Appennino Centrale

   
Dopo il post sulla storia della sequenza sismica del 2016 - 2017, in questo secondo post descrivo il sistema di faglie che genera la sismicità principale dell'Appennino centrale. La sismicità dell'Appennino centrale è molto superficiale e per questo incide spesso sul paesaggio lasciando dei segnali piuttosto importanti. Quindi, nonostante che da quando la Geologia è diventata oggetto di studi approfonditi (XIX secolo) e fino al 1997 i terremoti in quest'area siano stati (per fortuna!) pochi e piuttosto deboli e non abbiano potuto provocare effetti in superficie (a parte il terremoto di Avezzano del 1915), è stato abbastanza facile ricostruire la situazione geologico-strutturale. Non solo, ma scavando delle trincee lungo le faglie è stato possibile riconoscere in maniera più o meno approssimata persino la tempistica degli eventi più importanti (quelli cioè capaci, come nel 2016, di provocare fagliazione superficiale). Presento quindi in questo post una descrizione del sistema di faglie dell'Appennino Centrale.


L'AREA DEL MONTE VETTORE. Il disegno qui accanto mostra una classica faglia normale, che è stata contestualizzata nell’area: il movimento lungo la faglia del Monte Vettore che ha provocato l’abbassamento del bacino di Castelluccio.
Notate una apparente contraddizione logica: il “tetto” è sotto al “muro”: questo perché una faglia si può definire come un piano di frattura del terreno intorno al quale c’è stato un movimento relativo dei due blocchi. Il “tetto” è il blocco che sta sopra al piano di frattura, il “muro” è quello che sta sotto. Siccome la faglia è “normale” (o "diretta") e quindi di estensione, i due blocchi si allontanano, allora il tetto scende e si abbassa nei confronti del muro. 

Quest’altra immagine, elaborata da Google Earth, mostra nel 2013 la zona del Monte Vettore: si nota quella che sembra una strada ma in realtà è proprio l’espressione superficiale del piano di faglia, lungo il quale il terreno si è mosso più volte, le ultime nel 2016 quando ha provocato un abbassamento di circa 20 centimetri della parte ad ovest della frattura il 24 agosto 2016; il movimento si è ripetuto il 30 ottobre 2016 con una intensità maggiore, che ha raggiunto e superato in molti punti il metro (la famosa immagine dello “scoglio dell’Aquila).
Ho detto che "sembra una strada", ma in realtà quello è proprio un sentiero formatosi naturalmente lungo l’intersezione fra il piano di faglia e il pendio del monte Vettore. In pratica l’espressione superficiale della faglia del Monte Vettore è una piccola fossa ed ha anche un nome: si chiama "via delle Fate" perché secondo una leggenda locale delle fate di ritorno da una notte di balli a Castelluccio furono sorprese all'alba su quella strada e vennero trasformate in sassi, franando a valle.
La leggenda probabilmente si riferisce proprio ad un terremoto avvenuto all’alba in quella zona, ovviamente lungo la faglia del Vettore.
Movimenti verticali del terremoto
M 6.5 del 30 ottobre 2016 (Bignami et al 2016)
LE FAGLIE DELL'APPENNINO CENTRALE. Fatte queste premesse, vediamo in dettagli cosa succede e come funziona la sismicità dell’Appennino centrale nel contesto della situazione strutturale.
Il movimento lungo queste faglie ribassa la zona a occidente di esse e meno intensamente in alcuno casi può rialzare quella a oriente. In questa carta di Bignami et al (2018) si vedono le dislocazioni verticali provocate dal terremoto M 6.5 del 30 ottobre 2016. 
Queste faglie accomodano la deformazione provocata dalla estensione di oltre 1,5 mm/anno che sta subendo la crosta e sono quindi la risposta superficiale a quello che succede sotto i nostri piedi.
I movimenti lungo queste faglie hanno formato il tipico paesaggio che caratterizza la parte assiale della catena e arriva fino alla costa tirrenica: una alternanza di dorsali e bacini, tutti bordati da faglie.
Nei bacini (spesso occupati da laghi come il Fucino prima della bonifica) si formano delle serie sedimentarie, che possono essere anche molto spesse, come per esempio quella del bacino di Sulmona estratta da Gori et al (2011).
La stratigrafia del bacino di Sulmona da Gori et al (2011)


Come si vede dalla carta visibile più sotto, modificata da Galadini e Galli (2008), le strutture sismogenetiche principali sono suddivise in due sistemi grossomodo paralleli, uno orientale che va dalla valle dell'Esino alla Maiella e uno occidentale che va da Colfiorito all’alta valle del Sangro.

C’è poi un terzo allineamento, ancora più occidentale, non compreso nella carta e obliquo rispetto ai due precedenti, che dalla Valtiberina e dalla valle Umbra arriva a Leonessa e alla valle del Salto, unendosi a quello occidentale nell’area del Fucino.

Sulla questione della attività sismica passata ci viene in aiuto un aspetto importante: la maggior parte delle faglie principali dell’Appennino centrale sono “faglie capaci di provocare fagliazione superficiale” (da qui in poi chiamate solo “faglie capaci”). Le Faglie capaci, proprio perché producono fagliazione superficiale, oltre ad essere chiaramente individuabili, possono anche essere studiate scavando delle trincee nei punti chiave osservando le deformazioni del terreno, deformazioni che avvengono durante gli eventi principali, quelli appunto capaci di indurre fagliazione superficiale. Questi eventi principali possono essere datati (anche se, purtroppo, non sempre con una grande precisione a scala umana).
Ci sono numerosi studi su queste faglie capaci e una buona parte di loro è stata caratterizzata nella tempistica degli eventi sismici principali (quelli appunto capaci di provocare fagliazione superficiale) e nella magnitudo massima associata. 
Ricordo che da un punto di vista storico c’è una buona copertura degli eventi maggiori in età romana, almeno fino a quando non fu vietato dalle autorità imperiali di parlarne perchè i terremoti rendevano vulnerabile il territorio e quindi gli eventi sismici potevano indurre a muoversi nemici sia interni che esterni.
Lo scadere delle costruzioni e della civiltà in genere seguito alla fine dell'Impero ha avuto come conseguenza l’assenza di registrazioni di terremoti nei “secoli bui” e fino al XII secolo. Cosa che per esempio non ha permesso di fissare il ricordo di un terremoto molto importante fra i secoli IX e XIII, avvenuto a pochi km a sud dell’Aquila. Il limite di questo tipo di ricerche è che registra solo i terremoti capaci di provocare fagliazione superficiale e quando questa è stata sufficiente a provocare qualche modifica importante del terreno, quindi esclude dalle capacità di osservazione tutti i terremoti con M inferiore a un valore che può essere considerato circa 5.8 mentre, data la vulnerabilità degli edifici, sono bastate magnitudo anche molto inferiori per provocare ingenti danni.


IL SISTEMA OCCIDENTALE. Il settore più a nord del sistema occidentale, quello di Colfiorito / Norcia, è estremamente attivo: gli eventi del 1279, 1703, 1997 sono tutti da addebitarsi a questa struttura, come probabilmente anche il terremoto del 99 d.C.. A Norcia l’espressione superficiale di questo sistema è la faglia che delimita il lato orientale del bacino ponendolo ad una quota molto più bassa di quella dell’altopiano di Santa Scolastica. 
Andando verso sud il settore dell’alto Aterno corrisponde ad una faglia lunga oltre 20 km e ha prodotto almeno 5 eventi maggiori negli ultimi 15.000 anni, purtroppo mal databili, tranne l’ultimo che corrisponde al terremoto Mw 6.7 del 2 Febbraio 1703,
Scendendo ulteriormente, troviamo il settore Cerasitto – Campo Felice – Ovindoli – Pezza:  secondo ricerche piuttosto dettagliate si è mosso in almeno 3 episodi diversi negli ultimi 10.000 anni: il più antico fra il 5000 e il 3500 a.C., il secondo intorno al 1900 a.C. ed il terzo nel medioevo, tra l’860 e il 1300 (ma probabilmente non troppo dopo il 1000). 
Questa faglia ha un potenziale particolarmente pesante (M 6.7) mentre se si rompesse soltanto uno dei segmenti l’intensità raggiungerebbe un valore molto minore (6.3). Per fortuna l’ultimo terremoto che l’ha interessata è piuttosto recente e quindi desta meno preoccupazione di altre, almeno dal punto di vista statistico.
Poi c’è più a sud il settore del Fucino, lo scenario del sisma del 1915, un’area nella quale prima di quella tragica data non si conoscevano eventi sismici e per questo era considerata asismica. La recente attività investigativa ha invece dimostrato che negli ultimi 2000 anni ci sono stati almeno 3 eventi piuttosto importanti. 


IL SISTEMA ORIENTALE. Le sue propaggini settentrionali arrivano a Fabriano, formando l’alta valle dell’Esino. In questa zona, sismicamente attiva (per esempio nel 1741) non c’è una faglia visibile, perché la struttura non arriva in superficie. Andando verso sud, il successivo sistema del Monte Vettore - Monte Bove è notoriamente stato considerato una faglia capace fino dagli anni ‘90 del XX secolo anche se sulla sua attività non ci sono fonti storiche. Gli studi nella piana di Castelluccio hanno dimostrato che gli eventi del 2016 sono stati preceduti da almeno tre episodi di fagliazione superficiale negli ultimi 13.000 anni, le cui datazioni sono purtroppo molto vaghe. L’ultimo è avvenuto tra il XXII sec a.C. e il VII d.C.. Questa datazione presenta una forbice piuttosto ampia ma è probabile che l’evento sia avvenuto nella parte più recente dell’intervallo, proprio a causa della leggenda delle fate. La Magnitudo raggiunta il 30 ottobre 2016 era comunque quella ipotizzata in base alla lunghezza della faglia (Galli et al 2008).

Poi c’è il tratto che si è mosso il 24 agosto 2016, che grossomodo va da Pescara del Tronto a Illica. Anche qui come tra Fabriano e Fiastra, la faglia non ha dato mai fagliazione superficiale, mentre è chiaramente una faglia capace, subito a sud di Illica, quella del sistema di Monte Gorzano – Laga: lunga 30 km questa struttura controlla la formazione dei bacini di Amatrice e Campotosto. L’attività paleosismica non è molto frequente ed ancora meno determinabile dal punto di vista temporale di quella del settore del Vettore, anche se è “fortemente indiziata” per i terremoti avvenuti tra il 1627 e il 1672.
Il successivo settore è quello di Campo Imperatore (quindi l’area del Gran Sasso): composto da tre faglie (Assergi, Campo Imperatore e Cappuccini – San Vito), si è mosso almeno tre volte negli ultimi 5200 anni. Precisando meglio le date di un lavoro precedente, Galadini e Galli hanno fornito una forbice abbastanza ristretta di date per i tre ultimi eventi (sempre in date a.C.): 5155–5120, 3545-3475 e 1480–1400 a.C.. Su questo settore si deve porre una grande attenzione per due motivi: è fra quelli con la Magnitudo potenziale più alta ed è molto vicino ad una grande città come l’Aquila.
Per il successivo settore del Monte Morrone i dati sono pochi, ma è probabile un forte evento nel II secolo d.C. (Gori et al, 2006). La Magnitudo massima attesa è di 6.7.
Per finire arriviamo al sistema di Aremogna – Cinquemiglia, anch’esso privo di ricordi storici della sua attività. I dati ricavati dalle trincee sono piuttosto dibattuti, ma sembra probabile che l’ultimo evento risalga al I millennio a.C.
Un appunto sul terremoto della Maiella del 1706: pur essendo molto vicino al sistema di monte Morrone, non sembra essere legato ad esso e, anzi, per molti Autori si tratta di un evento che appartiene a una situazione completamente diversa.

LE LACUNE DEL CATALOGO SISMICO E IL RISCHIO SISMICO. Il catalogo parametrico dei terremoti italiani non comprendeva fino al 2016 eventi originati dal sistema Bove – Vettore, ma non è l’unico che è stato sicuramente interessato da eventi sismici importanti in età storica di cui non c’è traccia negli archivi, come abbiamo visto, anche in altri settori dove pure sono avvenuti dei sismi piuttosto importanti. Quindi nonostante il fatto che il catalogo sismico a nostra disposizione è sicuramente fra quelli migliori al mondo per antichità, completezza dei dati e ricerca scientifica e archivistica, ci sono delle evidenti gravi lacune, perché soltanto indagini sul campo, attente e per questo lunghe e difficili, possono migliorare il nostro stato di conoscenza in materia, in caso di terremoti anche forti che però non sono stati registrati negli annali storici. 

La distribuzione nel tempo dei grandi terremoti 
appenninicidal 1250 circa da Tondi e Cello (2003): 
il sistema orientale (in rosso) è stato negli ultimi secoli 
molto meno attivo di quello occidentale
Riassumiamo e confrontiamo ora il comportamento sismico storico dei due sistemi, come si vede da questo diagramma tratto da Tondi e Cello (2003) (che quindi NON comprende i terremoti del 2009 e del 2016) e in cui vediamo evidenziati in rosso i soli eventi che hanno interessato il sistema orientale
- il sistema occidentale ha innescato una lunga serie di terremoti registrati nel catalogo parametrico dei terremoti italiani: gli ultimi sono Valnerina 1979, Colfiorito 1997 e L’Aquila 2009, ma ci sono ampie testimonianze di forti eventi dal XIII secolo in poi (Norcia, L’Aquila, Avezzano)
- il sistema orientale ha molti meno episodi registrati nel catalogo: dovrebbero essere ad esso attribuiti i terremoti della zona di Amatrice tra il 1627 e il 1672 (il primo dei quali avvenne 8 anni dopo il forte evento del 1619 sull’allineamento occidentale a metà strada fra Norcia e L’Aquila, poco a sud di Amatrice) e sicuramente alcuni eventi minori durante la II guerra mondiale. Ci sono forti dubbi invece sulle relazioni fra il sistema orientale e il grande terremoto M 6.2 della Maiella del 1706. Per il resto non esistono testimonianze storiche di eventi prodottisi in questo sistema.

Quindi negli ultimi secoli il sistema occidentale è stato molto più attivo di quello orientale, che quindi può essere considerato STATISTICAMENTE in questo momento più a rischio.



BIBLIOGRAFIA (Non certo esaustiva... ci sarebbero decine di lavori da leggere, studiare e citare...)

Bignami et al 2018. Volume unbalance on the 2016 Amatrice - Norcia (Central Italy) seismic sequence and insights on normal fault earthquake mechanism Scientific Reports 9:4250 https://doi.org/10.1038/s41598-019-40958-z

Galadini e Galli 2000. Active Tectonics in the Central Apennines (Italy) – Input Data for Seismic Hazard Assessment. Natural Hazards 22: 225–270, 2000.

Galli et al 2008. Twenty years of paleoseismology in Italy. Earth-Science Reviews 88, 89 – 117

Gori et al 2006. Large-scale gravitational deformations and quaternary faulting: the case of the south-western side of the Mt. Morrone (central Apennines, Italy) Geophysical Research Abstracts, 8, p. 05955

Gori et al 2011. Active normal faulting along the Mt. Morrone south-western slopes (central Apennines, Italy) Int J Earth Sci (Geol Rundsch) (2011) 100:157–171

Tondi e Cello 2003. Spatiotemporal evolution of the Central Apennines fault system (Italy)Journal of Geodynamics 36 (2003) 113–128


venerdì 23 agosto 2019

A 3 anni dal terremoto di Amatrice: 1. la sequenza sismica tra 2016 e 2018


Sono passati 3 anni da quel drammatico 24 agosto 2016, quando l'Italia, svegliandosi, ha appreso di una delle peggiori tragedie che ci si poteva aspettare. Quel giorno è iniziato il calvario di una popolazione attaccatissima alla propria terra e alle proprie tradizioni, con una sequenza sismica durata oltre 2 anni in cui scosse più o meno forti si sono ripetute incessantemente. In questa serie di post, che fanno anche riferimento al progetto RESTART dell'Autorità Distrettuale di Bacino dell'Appennino Centrale in cui sono coinvolto, parlerò di alcuni aspetti importanti della Geologia dell'Appennino Centrale, partendo da questo in cui espongo la mera cronaca degli eventi.

Il terremoto del 24 agosto ha aperto un terzo capitolo (e purtroppo forse non quello conclusivo…) della crisi sismica nell’Appennino centrale iniziata con gli eventi di Colfiorito del 1997: se i terremoti tra Colfiorito e Sellano del 1997 – 1998 potevano all’epoca essere un fenomeno isolato, il terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009 ha suscitato maggiori timori sulla possibile ripetizione di nuovi eventi importanti negli anni successivi, come era già successo nel XIV e nel XVIII secolo, perché le faglie normali di un sistema come quello dell’Appennino Centrale possono interagire fra di loro semplicemente attraverso il trasferimento di stress anche senza essere connesse, promuovendo quindi più sequenze sismiche in tempi ristretti su varie faglie del sistema (Gupta and Scholz, 2000). 


Fig.2 - Schema sommario della faglia del Vettore
SEQUENZA TEMPORALE DEGLI EVENTI. La tabella di fig.1 mostra i 9 terremoti con Magnitudo uguale o superiore a 5 che si possono definire gli eventi più importanti della sequenza. Da notare che, come successe anche nel 1639 o nel 1703, gli eventi principali sono strettamente correlati fra loro nel tempo: il 24 agosto 2016 il Mw 5.4 nell’area di Norcia è avvenuto poco più di un’ora dopo il terremoto che ha iniziato la sequenza alle 3.36 del mattino ora italiana; alla fine di ottobre si raggruppano i due terremoti del 26 e quello del 30, mentre gli ultimi 4 eventi a Mw 5 o superiore sono avvenuti il 18 gennaio 2017. Il terremoto del 24 agosto ha prodotto nella zona di Castelluccio diversi movimenti superficiali, che si ripeteranno con entità molto maggiore il 30 ottobre successivo. 
Il terremoto del 24 agosto 2106 ha provocato in tre località danni pari al grado X-XI della Mercalli: simili termini di distruzione non si ricordavano in Italia dal terremoto in Irpinia del 1980; neanche nel 2009 all’Aquila abbiamo avuto danni simili, nonostante la magnitudo decisamente superiore. 

Fig. 3 - i tre segmenti coinvolti nella sequenza, che si sono mossi
in tempi diversi: agosto 2016 la parte centrale, ottobre 2016
quella settentrionale e gennaio 2017 quella meridionale
INQUADRAMENTO GEOGRAFICO. Quella del 2016 - 2017 è sostanzialmente simile alle altre grandi sequenze appenniniche storiche. I meccanismi focali ne dimostrano l’origine estensionale, quindi un movimento lungo una faglia normale (fig. 2). Sommando i rigetti provocati da tutti i terremoti, lungo questa faglia il dislocamento complessivo è superiore ai 1000 metri. 
Nella figura 3 vediamo i 3 segmenti del sistema di faglie interessato dai terremoti: il primo a muoversi è stato il settore centrale, poi a ottobre gli epicentri interessano a nord il settore del Monte Bove e a gennaio il settore della Laga a sud. Il segmento centrale è tratteggiato perché la faglia non arriva in superficie, mentre invece a nord nella zona di Castelluccio (sistema di M. Bove – M.Vettore) e a sud in quella di Campotosto (sistema della Laga) la faglia del Vettore e quella di Campotosto, ben visibili in superficie e ampiamente conosciute e studiate, sono inserite nel database ITHACA per la descrizione delle faglie attive e capaci (dove per “capaci” si intende “capaci di provocare fagliazione superficiale”). 

LA SEQUENZA DELLE REPLICHE. A terremoti così forti è sempre associata una lunga sequenza di “repliche”, in inglese "Aftershocks" (“repliche” è un termine più corretto rispetto a “scosse di assestamento”, che ne implica una chiara origine). 
Fig. 4 - La sequenza di Omori del terremoto del 2009
Queste repliche sono diminuite in intensità e frequenza con l’andare del tempo, seguendo la classica legge di Omori: Fusakichi Omori (1868 – 1923) è stato un geologo e geofisico giapponese che ha proposto una relazione empirica tra il tempo che trascorre da un terremoto importante e la diminuzione in frequenza e intensità delle repliche. Vediamo ad esempio in fig. 4 la sequenza di Omori associata al terremoto aquilano del 2009. Per questo è normale che la sismicità di fondo rimanga alta a distanza di settimane (e mesi) nell’area interessata da un forte evento sismico. Naturalmente ogni terremoto fa storia a se e quindi i coefficienti della legge di Omori variano da sequenza a sequenza; inoltre durante l’attenuazione della sequenza si possono verificare repliche di un valore superiore a quella che è, in quel momento, una Magnitudo caratteristica. Alcuni di questi eventi possono innescare a loro volta serie di Omori secondarie.
La durata che è sembrata infinita delle repliche probabilmente non è stata molto diversa da quella degli eventi storici, ma siccome la stragrande maggioranza degli eventi è strumentale, solo oggi con la rete di sismometri è stato possibile rendersi conto effettivamente di come scosse strumentali possano durare molto a lungo. Quindi non possiamo sapere quanto sono durate, ad esempio, le code degli eventi del 1700, anche se alcune fonti storiche parlano di scosse che si sono protratte per mesi.

Fig. 5 - La cartografia sismica nazionale
prevista nella OPCM 3519 del 2006
I TIMORI DI NUOVI EVENTI IMPORTANTI ARRIVARONO PRESTO. Subito dopo il 24 agosto, nel pieno della parte iniziale della sequenza di Omori generate dal terremoto di Amatrice e annidata nel settore centrale, gli scienziati non hanno nascosto la possibilità di nuovi terremoti distruttivi, in conformità con quanto avvenuto nel passato, ad esempio nel XIV e nel XVIII secolo quando ci sono stati forti terremoti con una frequenza molto serrata. 
Ad esempio l’11 settembre 2016 sul Corriere della Sera è apparso un articolo di Mario Sensini. Nell’articolo, il cui titolo un po' improvvido per colpa del titolista e non certo del giornalista era “Ora la frattura si sposta a Nord”, Paola Montone dell’INGV aveva detto, banalmente, che “l’evoluzione spazio – temporale della sismicità suggeriva la possibilità della migrazione dell’attività in settori adiacenti della faglia”.
 Paola Montone ha usato il verbo “suggerire”, Quindi anche se non si poteva escludere la possibilità di nuovi terremoti importanti, chiaramente quella non era una “previsione”, ma l’accettazione del fatto che in quel momento il rischio di qualche evento un po' più forte rispetto alla sismicità di fondo dell’area era notevole. 
Anche un rapporto prodotto da un gruppo di ricercatori afferenti a enti governativi e università straniere e italiane scrisse esplicitamente che era aumentata la probabilità di terremoti importanti nell’area (Piccardi et al, 2016).

Questa non era comunque una previsione, perché allo stato attuale i terremoti non si possono prevedere, neanche mezzo minuto prima che avvengano. Sappiamo comunque quali sono nel nostro Paese le aree con il maggiore potenziale sismico e difatti gli epicentri di tutti questi terremoti sono compresi nell’area ad alto rischio sismico corrispondente ad una fascia che corre lungo il crinale appenninico, chiaramente visibile nella carta sismica vigente dal 2006 (fig. 5), dove la magnitudo massima (Mw) potenziale associata alle varie faglie del sistema è intorno a 7. Questo valore è stato determinato da vari tipi di studi sui terremoti del passato: documenti storici importanti che attestano i danni nelle varie località, studi sul campo hanno evidenziato la presenza di forti dislocamenti cosismici, modificazioni del reticolo fluviale ed altre caratteristiche geomorfologiche. Un ottimo articolo che mostra diverse evidenze di movimenti lungo diverse faglie attive in Italia è Galli et al (2008).
I movimenti associati a un evento sismico importante sono stati particolarmente evidenti durante il più forte terremoto recente dell’area prima del 1997, quello del Fucino del 13 gennaio 1915, per oltre 80 anni l’unico realmente distruttivo avvenuto in “età sismologica” nell’Appennino centrale (Galadini e Galli, 1999).

Fig. 6 - Eventi sismici con M 3 e superiore fra il 24 agosto e il 25 ottobre 2016 
FINE OTTOBRE: ATTIVAZIONE DEL SISTEMA BOVE - VETTORE. Queste ipotesi di continuazione della sequenza (cosa diversa dal definirle “previsioni”) hanno avuto una tragica conferma due mesi dopo: il 26 ottobre due scosse molto forti hanno investito la zona tra Visso e Castelsantangelo sul Nera, a nord di Castelluccio. Per fortuna la prima delle due è stata la più debole, ma è stata sufficiente a far uscire la popolazione per strada e per questo la seconda, due ore dopo, ha colto gli abitanti all’aperto e non nelle proprie case all’ora di cena. Gli eventi del 26 ottobre hanno interessato duramente anche Camerino. 
Quattro giorni dopo, la mattina del 30 ottobre, è arrivata la scossa più violenta di tutte, il terremoto M 6.5 di Norcia. Questo terremoto, il più forte avvenuto in Italia dopo la tragedia irpina del 23 novembre 1980, ha prodotto una serie di effetti superficiali diffusi, in particolare ci sono stati dei movimenti ben visibili sia lungo la faglia principale (fino a quasi 2 metri di rigetto allo Scoglio dell’Aquila, sul monte Vettore) che lungo tutta una serie di faglie accessorie; alcuni di questi hanno addirittura sbarrato il passo ad alcuni ruscelli, provocando la formazione di piccoli laghi temporanei (ho descritto alcune faglie del bacino di Castelluccio qui). Inoltre a seguito del sisma c’è stata una importante modificazione nel sistema di circolazione delle acque sotterranee (il massiccio dei Sibillini è essenzialmente formato da rocce carbonatiche delle quali il carsismo costituisce una delle caratteristiche peculiari): il fiume Nera nei giorni successivi ha più che triplicato la sua portata, passando da 3 a 10 metri cubi a secondo. Ma il terremoto per fortuna non ha fatto vittime anche a causa delle scosse del 26, dopo le quali gran parte della popolazione di una vasta area non era ancora tornata a casa. Naturalmente con le scosse del 26 e del 30 ottobre sono iniziate nuove sequenze di Omori. 
Fig. 7 - dal 26 ottobre la sismicità a M 3 e superiore interessa anche la zona più settentrionale
fino ad allora risparmiata. La linea rappresenta il limite di questa sismicità al 25 ottobre

 Fig. 8 - gli eventi con M 3 e più fino a maggio 2019: si vede come dopo
gli eventi di Campotosto anche la parte meridionale non ha zone senza epicentri
18 GENNAIO 2018: I TERREMOTI DI CAMPOTOSTO. Dopo qualche mese di scosse più o meno risentite quotidianamente dalla popolazione locale, a metà gennaio la sequenza sismica ha avuto una nuova recrudescenza, stavolta a sud di Amatrice, generando i 4 terremoti di M compresa fra 5.0 e 5.4 del 18 gennaio 2018. Da allora non sono state più registrati eventi sismici con tale Magnitudo. 

In queste carte si vede la distribuzione delle repliche in tre intervalli temporali significativi, osservando esclusivamente gli eventi con M uguale o superiore a 3: la sequenza iniziata il 24 agosto 2016 è caratterizzata da 3 fasi: 
  1. nella prima fase (fig. 6), dal 24 agosto al 25 ottobre, la sismicità è essenzialmente annidata fra Preci a nord e il lago di Campotosto a sud, ma con gli eventi più meridionali “staccati” dagli altri. Questo denota che il settore settentrionale del Monte Vettore non ha ancora iniziato a muoversi. 

  2. il 25 ottobre 2016 (fig. 7) si attiva anche la parte settentrionale tra Preci e Camerino, e fino al 15 gennaio 2017 le repliche coprono tutta l'area tra Muccia a nord e Pizzoli a sud, a parte una leggera discontinuità che separa gli eventi della zona di Amatrice da quelli di Campotosto 

  3. dopo il 15 gennaio 2017 (fig. 8) non esiste più il gap tra Amatrice e Campotosto e la distribuzione delle repliche è praticamente continua

Fig. 9: tra aprile e maggio 2018, oltre a due eventi a Campotosto,
solo la zona di Pieve Torina è stata unteressata da sismicità con M 3+
LA CODA DI PIEVE TORINA. Nella primavera del 2018 si è evidenziato un aumento della frequenza e della magnitudo degli eventi nella zona più settentrionale del cratere sismico: tra Muccia e Pieve Torina, dal 4 aprile al 23 maggio 2018, l’area estremamente localizzata evidenziata nella carta di fig. 9, è stata colpita da 172 eventi con M > 2.1, dei quali 19 con M uguale o superiore a 3 e, soprattutto, dalle le punte di M 4.0 il 4 e 4.6 il 10 aprile. Ma era dall'inizio del 2018 che in zona si registrava una attività superiore a quella dei mesi precedenti: vi sono stati localizzati dal 1 gennaio al 22 maggio 2018 ben 36 dei 38 eventi con M 3 ed oltre di tutto il cratere. L’evento del 4, ma soprattuto quello del 10 aprile, hanno innescato a loro volta una piccola sequenza di Omori: limitandoci a terremoti con M uguale o superiore a 3 la zona di Muccia è stata interessata tra il 10 e il 30 aprile 2018 da 10 eventi (compreso il 4.6 del 10 aprile) e da 5 eventi nel giugno successivo, mentre in tutto il resto del cratere tra il 10 aprile e la fine di maggio ne è stato registrato solo uno; nel resto del 2018 in tutta l’area ci sono stati 7 eventi con M uguale o superiore a 3, mentre nel 2019 fino a tutto il 10 giugno sono stati registrati 4 eventi. 
Dal punto di vista temporale in tutta l'area interessata gli eventi complessivi con M3+ sono 260 entro il 23 ottobre 2016, e 957 entro il 14 gennaio 2017; considerando solo la zona del M 6.5 del 30 ottobre 2016, i 3 eventi più forti che hanno seguito la scossa principale sono: 

• M 4.8 1 novembre 2016 
• M 4.7 3 novembre 2016 
• M 4.6 10 aprile 2018 

Insomma, la sequenza di Omori iniziata il 24 agosto 2016 sembra finalmente volgere al termine... 
 


Gupta e Scholz, 2000. A model of normal fault interaction based on observations and theory. Journal of Structural Geology 22, 865–879

Galadini e Galli, 1999. The Holocene paleoearthquakes on the 1915 Avezzano earthquake faults (central Italy): implications for active tectonics in central Apennines, Tectonophysics 308, 143–170. 

Galli et al 2008. Twenty years of paleoseismology in Italy. Eart. Sci. Rev., DOI: 10.1016/j.earseirev.2008.01.001

Piccardi et al 2016. The August 24, 2016, Amatrice earthquake (Mw 6.0): field evidence of on‐fault effects – preliminary report