lunedì 30 novembre 2015

Ancora balle spaziali sul meteorite - killer e la curiosa distribuzione dei crateri da impatto sulla Terra


Business as usual... esce un nuovo lavoro (anzi un libro) di uno scienziato non geologo (un'astronomo in questo caso) che continua a pensare che i dinosauri si siano estinti per colpa dell'impatto nello Yucatan. Purtroppo la maggior parte degli scienziati, con la notevole eccezione di quelli che sarebbero gli addetti ai lavori, cioè geologi e paleontologi, continua a credere alla balla spaziale dell'asteroide – killer dei dinosauri (per non parlare dei media), mentre per la maggior parte dei geologi le prove del coinvolgimento delle eruzioni dei trappi del Deccan sono più che schiaccianti. C'è da chiedersi inoltre quanta attenzione ci sarebbe per gli impatti meteoritici senza il cratere dello Yucatan....

Naturalmente quasi tutti gli astronomi e gli astrofisici a proposito dell'estinzione di fine era mesozoica propendono per l'impatto (e senza dubbio la loro influenza sui mass – media è maggiore di quella dei geologi e dei paleontologi). Comunque, siccome gli impatti sono stati a lungo considerati le cause delle estinzioni di massa (e, appunto, purtroppo continuano ad esserlo a sproposito) tocca parlare della cosa (come ho fatto anche nel mio libro sull'estinzione dei dinosauri).
Innanzitutto questa idea può essere respinta perché l'unico impatto collocabile vicino ad una estinzione di massa è quello della fine del Cretaceo: non esistono altri impatti conosciuti coevi con una estinzione di massa.
Mentre invece tutti questi eventi biotici sono avvenuti in corrispondenza dell'attività di una Large Igneous Provinces, mentre si mettevano in posto in poche migliaia di anni migliaia di km cubi di magmi basaltici (con i Trappi del Deccan attivi esattamente alla fine del Cretaceo)[1].

Oggi persino Walter Alvarez (il geologo figlio del Nobel per la fisica Louis W. Alvarez) non considera più l'impatto come causa diretta dell'estinzione, attribuendola anche lui alle eruzioni indiane, anche se l'estrema virulenza della seconda fase dell'attività dei Trappi del Deccan è per lui (e per altri, devo dire importanti Autori) dovuta alle conseguenze sismiche del grande evento [2].

L'ultimo astronomo a parlare di questo è la cosmologa di Harvard Lisa Randall: in più di 400 pagine propone che un sottile disco di materia oscura presente nel piano della Via Lattea abbia perturbato lo spazio profondo causando successivamente la catastrofe che estinse anche i dinosauri [3].


COMETE E MITOLOGIA: SERPENTI E MULINI

Innanzitutto noto che Lisa Randall non è così originale come qualcuno possa pensare: sono tanti gli scienziati che hanno pensato a perturbazioni gravitazionali fuori dal sistema Solare capaci di scagliare oggetti dai confini verso l'interno del sistema solare. 

Noto innanzitutto che questa ipotesi ha suscitato delle idee abbastanza particolari.
In questo filone i più noti sono due astronomi, Victor Clube e Bill Napier, con il loro “Serpente Cosmico” del 1982 [4]. Il Serpente Cosmico apparve poche decine di migliaia di anni fa, terrorizzando l'Umanità come un feroce drago che lanciava fulmini, apportando disastri sulla Terra. Secondo gli Autori si è trattato di una cometa gigantesca che, orbitando intorno al Sole con un periodo di pochi anni, intersecò più volte l’orbita terrestre, di cui sarebbe rimasto oggi lo sciame delle Tauridi. Questi fatti sarebbero  stati dimenticati negli ultimi 3000 anni.  
La loro idea, che è stata successivamente chiamata Catastrofismo Coerente, è che la Terra ed il sistema Solare siano periodicamente soggetti a perturbazioni che muovono un certo numero di comete o planetesimi verso l’interno del sistema; tali movimenti si rifletterebbero in varie catastrofi dovute agli impatti di questi corpi sui pianeti.

Un anno fa ho parlato del catastrofismo coerente e, a questo proposito, di Giorgio De Santillana e del suo libro "il Mulino di Amleto", una eccellente rivisitazione comparativa di vari miti dell’Eurasia e delle Americhe [5], che raccontano qualcosa di paragonabile a quello che scissero Clube e Napier in questo post, approfittando di un articolo in cui si parlava del passaggio ravvicinato vicino al Sistema Solare di una stella, la stella di Scholz, avvenuto circa 70.000 anni fa [6]. 
Sono in molti a considerare il lavoro di De Santillana come pura fantasia ma io invece lo considero parecchio interessante (e per questo sono stato ampiamente criticato..). D'accordo, per qualcuno parlando di De Santillana il mio rigore scientifico viene momentaneamente sospeso. Ma lasciatemi questo difetto...


GLI IMPATTI SONO DOVUTI PIÙ A METEORITI O A COMETE? 

La natura cometaria del corpo celeste caduto al K/T era già stata avanzata negli anni '80 in molti articoli su varie riviste (anche se Alvarez padre combattè pure questa idea) e da quei tempi molti Autori hanno cercato di trovare dei fenomeni  che avvengono più o meno periodicamente, capaci di lanciare verso l'interno del Sistema Solare alcuni corpi che abitano la sua zona più esterna. 
Oggi Mike Rampino sta lavorando molto sulla possibilità di queste interazioni fra Sistema Solare e resto della Via Lattea [7].
Invece la scuola degli Alvarez ha ipotizzato una composizione condritica per l'oggetto caduto nello Yucatan a causa della anomalia dell'Iridio. 

Oggi la natura cometaria dell'oggetto caduto al K/T è di nuovo la più popolare fra gli Scienziati  (con tanti saluti all'origine cosmica dell'anomalia dell'Iridio, ma tanto ormai è appurato che pure quella viene dall'India...). 
La sola novità di questo libro di Lisa Randall è che il responsabile di questa interazione sia la materia oscura ... 

Non voglio esplorare le motivazioni per le quali questi corpi distali ogni tanto prendano la via dell'interno del sistema Solare (non è certo fra le mie competenze) ma comunque, anche se i crateri da impatto non c'entrano nulla con le estinzioni di massa, la loro distribuzione temporale è parecchio interessante.
Elenco dei crateri da impatto che dimostra il loro
addensamento temporale da [7]
Lo ha fatto notare Bill Napier alla conferenza di Londra sulle estinzioni di massa [8]: circa i 3/4 (36 su 47) delle strutture da impatto oggi note di età inferiore a 500 milioni di anni si raggruppano in precisi cluster temporali.
Vista la scarsa durata nel tempo della crosta oceanica la possibilità di conservazione di strutture del genere di età superiore ai 200 milioni di anni è davvero bassa e quindi questo addensamento potrebbe indurre a pensare che alcuni momenti della vita del Sistema Solare siano stati caratterizzati da una anomala presenza nella zona interna di diversi corpi provenienti dalla sua zona più distale.

Ma nel 1994 la cometa Shoemaker – Levy 9 ha fatto capire che poteva esserci una alternativa. Infatti prima di cadere su Giove si è spezzata in diversi tronconi.


IMPATTI PLURIMI CONTEMPORANEI?

Gli impatti raggruppati potrebbero dunque essere coevi e essersi originati dalla frantumazione di un singolo corpo celeste? 
Considerando le ovvie incertezze nella datazione dei singoli crateri, sì. 

La cosa interessante è che anche alla fine del Cretaceo ci sono più crateri. Infatti oltre al famosa struttura dello Yucatan, in Ucraina c'è un grande cratere da impatto, il Boltysh. Largo 24 km (quindi un nano rispetto al primo) è stato datato nel 2002 intorno a 65,1 ±0,64 milioni di anni fa [9]. Una incertezza di oltre mezzo milione di anni, però la forbice comprende anche il K/T. Per altre fonti è 65.59±0,64, con un valore centrale molto vicino al limite...).
Questa incertezza temporale ovviamente aumenta con l'aumentare dell'età degli impatti,  il che ci fa capire come in questo momento si può parlare di crateri “abbastanza vicini nel tempo” ma non “sicuramente coevi” e che le datazioni radiometriche sono meno precise di quello che ci vorrebbe.
Soltanto dei confronti stratigrafici (ma quasi impossibili da ottenere a meno di non trovare in successioni molto lontane tra loro dei livelli paragonabili) potrebbe chiarire la cosa. 

La datazione del cratere di Boltysh indica che il cratere messicano e quello ucraino potrebbero essere addirittura tracce dell'impatto sulla Terra dello stesso corpo, che si sarebbe diviso in più parti prima di cadere come la cometa Shoemaker – Levy 9 nel 1994. 

Rimane comunque aperta la porta alla presenza di più oggetti caduti in tempi ravvicinati; fino a quando non si riuscirà (se ci si riuscirà) a definire con una maggiore precisione l'età (probabilmente si potrebbe fare se e sole se si trovasse qualcosa di particolare dal punto di vista stratigrafico), continueranno a sussistere entrambe le possibilità.

L'origine cometaria per questi raggruppamenti temporali di crateri, sia nel caso di corpi singoli che si sono divisi che nel caso di più oggetti celesti arrivati contemporaneamente nel sistema solare interno, elimina comunque l'ipotesi del meteorite condritico (e, come detto, dell'origine extraterrestre dell'anomalia dell'Iridio), dato che le condriti sono tipiche della fascia principale degli asteroidi, quella fra Marte e Giove. 


LA POSSIBILE ORIGINE DI QUESTI OGGETTI SPAZIALI 

Sempre nella conferenza di Londra Duncan Steel propone che gli impatti multipli siano dovuti alla fratturazione di comete appartenenti ai cosiddetti oggetti Centauro [10], comete che possono raggiungere dimensioni importanti (diametri superiorie ai 300 km -  il più grande oggi conosciuto ne ha uno di 250 km). Provenienti dalla zona esterna del sistema Solare, dalla fascia di Kuiper o dalla nube di Oort, vagano nella fascia compresa fra Giove e Nettuno intrappolati dalla gravità dei pianeti maggiori, con orbite caotiche e il loro tempo di permanenza da quelle parti è piuttosto breve – geologicamente parlando – perché queste interazioni continuano ad agire e di norma i Centauro finiscono presto la loro esistenza cadendo su un pianeta.
Certo che se l'origine degli impatti multipli fosse davvero causata dalla frammentazione di un singolo corpo di natura cometaria la frequenza dell'apparizione in cielo delle comete toglierebbe – a mio avviso – la necessità di ipotizzare questi disturbi esterni.

Mi chiedo comunque, concludendo il post, quanti media avrebbero portato attenzione ad un lavoro che parla di meteoriti che cadono nel sistema Solare interno a causa di interazioni con della materia oscura senza che siano stati ipotizzati dei rapporti fra l'impatto di un meteorite (o di una cometa) e l'estinzione dei dinosauri...

[1] Chenet et al., 2009, Determination of rapid Deccan eruptions across the Cretaceous – Tertiary boundary using paleomagnetic secular variation: 2.Constraints from analysis of eight new sections and synthesis for a 3500-m- thick composite section. Journal of Geophysical Research 114/B6, 1–38
[2] Richards et al. (2015) Triggering of the largest Deccan eruptions by the Chicxulub impact GSA Bulletin -doi: 10.1130/B31167.1
[3] Randall (2015) Dark matter and the dinosaurs : the astounding interconnectedness of the universe New York, NY: Ecco, 2015 - 412 p.
[4] Clube & Napier (1982) The Cosmic Serpent - Universe Publication 
[5] De Santillana & von Dechend (2003) Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo. Milano: Adelphi 
[6] Mamajek et al. (2015): the closest known flyby of a star to the solar system. Astrophysical Journal Letters 800, L17 DOI10.1088/2041-8205/800/1/L17
[7] Rampino & Caldeira (2015) Periodic impact cratering and extinction events over the last 260 million years Monthly notices Royal astronomical society 454(4), 3480-3484
[8] Napier (2014) The role of giant comets in mass extinctions GSA sp.pub. 505, 383 - 395
[9] Kelley & Gurov (2002) Boltysh, another end – Cretaceous impact. Meteoritics & Planetary Science 37, 1031–1043
[10] Steel (2014) Implications of the centaurs, Neptune-crossers, and Edgeworth-Kuiper belt for terrestrial catastrophism GSA Sp.Pub. 505, 397 - 410

martedì 10 novembre 2015

È USCITO IL MIO LIBRO: Il meteorite ed il vulcano: come si estinsero i dinosauri (Edizioni Altravista, € 23)


Chi mi segue lo sa: io ho sempre detto che il meteorite caduto nello Yucatan non c'entra nulla con l'estinzione dei dinosauri, che invece si spiega bene con le eruzioni dei basalti del Deccan. Ho studiato parecchio la questione e alla fine ho deciso di scrivere un libro sull'argomento, cercando di presentare un testo originale che dica qualcosa di sconosciuto al grande pubblico – nel quale la corrispondenza fra l'impatto del meteorite e l'estinzione dei dinosauri è cosa certa – e cercare di diffondere un po' quello che è il sentore attuale della Scienza sull'argomento. Il meteorite ed il vulcano: come si estinsero i dinosauri (Edizioni Altravista, € 23) è dunque nelle mie intenzioni un saggio divulgativo alla portata – spero – di tutti, che parla di come sono scomparsi questi animali.

Non c'è dubbio che i dinosauri siano fra gli animali più noti al pubblico, più noti persino di tanti animali attuali. Come non c'è dubbio che la loro estinzione alla fine dell'Era Mesozoica sia uno dei più conosciuti e popolari accadimenti del passato geologico. Ma perché non possiamo più addebitare l'estinzione dei grandi rettili al meteorite caduto nell'odierno Yucatan? Quale dunque è la causa di questo drammatico evento?
Ne parlo in un saggio, facendo il punto della situazione sulle ricerche a proposito della loro scomparsa, che oggi certificano la stretta relazione fra l'estinzione dei dinosauri e le devastanti eruzioni dei Trappi del Deccan, nell'odierna India (1 milione di km cubi, un quantitativo tale da seppellire con 3 km di lave tutta l'Italia, isole comprese. Ovviamente respingo l'impatto del meteorite come fattore scatenante.

Per il libro, oltre a tutto quello che ho citato in bibliografia e all'esperienza di 35 anni di Geologia(e di cui parecchio ho scritto su Sceinzeedintorni), molto mi sono serviti gli atti di Volcanism, Impacts, and Mass Extinctions: Causes and Effects, la conferenza internazionale che riunì nel 2013 i principali esperti del settore al Natural History Museum di Londra, proprio quel museo fermamente voluto e ottenuto da Richard Owen, lo scienziato che coniò nel 1842 il termine Dinosauri, pubblicati in un volume apposito, il 505, delle Special Publications della Geological Society of America.

Ho voluto scrivere il libro con un totale rigore scientifico ma nel contempo ho voluto renderlo chiaro e piacevole. Posso con una certa presunzione – condita da irriverenza! – dire che l'ispirazione del tono spesso un po' divertito l'ho presa da certe pagine di Richard Dawkins....

Nella prima parte introduco a beneficio dei non geologi alcuni concetti fondamentali in modo da rendere accessibile a tutti la trattazione: il tempo geologico, le estinzioni di massa e le grandi province magmatiche (meglio note come Large Igneous Provinces e che d'ora in poi posso indicare con l'acronimo LIP), mostruose e saltuarie eruzioni vulcaniche che producono centinaia se non milioni di km cubi di magmi in poche decine di migliaia di anni; poi con una breve excursus sulla storia dei vertebrati, colloco nel tempo e al loro interno i dinosauri, evidenziandone avi, parenti più o meno prossimi e discendenti viventi (gli uccelli) e faccio una sintesi sulle vittime e i superstiti della strage (per alcuni gruppi il K/T non ha praticamente significato nulla).

La seconda parte, quella più – diciamo così – romanzata è dedicata alla storia delle ricerche sull'estinzione dei dinosauri, e si presta bene ad esserlo già dall'inizio... Le prime scoperte, la certezza già nella prima metà del XIX secolo che la Terra fosse stata dominata in tempi lontani dai rettili, le prime idee sulla loro scomparsa nel dibattito fra catastrofismo e gradualismo (e tra evoluzionismo e antievoluzionismo), le estinzioni di massa rifiutate dalla Scienza perché non “in linea” con il gradualismo evolutivo darwiniano... le idee degli anni '30, quando veniva addebitata ad un forte ed improvviso riscaldamento, come dimostra il celebre lungometraggio della Disney Fantasia, in cui gli ultimi dinosauri combattono una dura battaglia per l'esistenza in un mondo caldo e arido, fino alle prime ipotesi su cause extraterrestri come meteoriti o supernove.
Anche il seguito però non è male: i primi indizi su forti oscillazioni climatiche raccolti con le perforazioni dei fondi oceanici e i due convegni canadesi in cui veniva proprio dato l'accento a queste variazioni climatiche di cui però ancora non si capiva l'origine, fino a quando a Gubbio non nacque nel 1980 l'idea dell'impatto, con un cratere di età e dimensioni eccezionalmente in linea con le aspettative scoperto 10 anni dopo (anzi, riscoperto... perché c'era chi lo conosceva di già ma non sapeva che altri lo stessero cercando...).
La questione sembrava ormai risolta (e questa è l'opinione comune ancora oggi, specialmente al di fuori delle Scienze della Terra), ma molti ricercatori continuavano a non essere d'accordo, individuando come colpevoli gli effetti dei fenomeni vulcanici estremi in corso all'epoca in India. Paradossalmente, proprio la scoperta del cratere è servita per dire che l'impatto non c'entrava niente...

Nella terza parte descrivo la Terra nel Maastrichtiano superiore: una fase veramente difficile fra estinzioni continue, oscillazioni della temperatura, variazioni del livello marino che trasformavano mari poco profondi in pianure costiere e viceversa, acidità delle acque, anossie globali degli oceani, incendi boschivi. Ci mancava giusto la caduta di un meteorite....

Poi passo ad un confronto fra le ipotesi.
L'Iridio a Gubbio nel lavoro degli Alvarez del 1980
Come si vede l'anomalia inizia gradualmente  e non all'improvviso
L'esame dei sedimenti porta delle conclusioni che contrastano con la visione degli impattisti: ad esempio al K/T faceva più caldo e non più freddo di prima, l'ipotesi delle emissioni di CO2 dalla fratturazione dei calcari nella zone dell'impatto appare molto debole rispetto all'idea di una provenienza  dai Trappi del Deccan e ho dedicato diverse pagine a spiegare il perché anche l'Iridio derivi dai magmi indiani e non dal meteorite (e nel lavoro del 1980 gli Alvarez e soci hanno fatto finta di non vedere che il suo aumento è iniziato ben prima di quando il meteorite sarebbe caduto...).
Come anche, parlando della sedimentologia, è contestabile un evento di estinzione improvviso nei microfossili quando invece si tratta di una serie di estinzioni protratte nel tempo che però in molte zone non si evidenziano per un motivo molto semplice: la fase a basso livello marino che ha preceduto il riscaldamento (e la trasgressione marina) delle ultimissime decine di migliaia di anni del Maastrichtiano ha provocato delle lacune nella sedimentazione, che se non riconosciute portano appunto a pensare ad una estinzione improvvisa. Un altro elemento che ci fa capire come le condizioni ambientali stavano peggiorando è il succedersi sempre più fitto delle biozone prima e dopo il K/T.
Ma la cosa più clamorosa uscita dalla conferenza di Londra è che i dinosauri più recenti datati con sicurezza sono oltre 400.000 anni più vecchi del K/T e che dai reperti fossili non è possibile stabilire se i dinosauri si siano estinti improvvisamente o gradualmente. Quante pagine sprecate inutilmente in questa polemica....

Nella quarta parte traccio la storia delle estinzioni di massa e dei fenomeni ad esse legati, dimostrando successivamente la stretta associazione temporale fra esse e la messa in posto di alcune Large Igneous Provinces (la più antica sicuramente accertata è quella del Cambriano inferiore in Australia, con l'estinzione di fine Toyoniano e la provincia magmatica di Kalkarindji). Mentre l'unico impatto avvenuto più o meno in corrispondenza di una estinzione è quello dello Yucatan.

Quindi correlo l'estinzione di fine Cretaceo con le altre estinzione di massa, facendo notare che anche in questo caso c'è di mezzo una LIP.
Però non può finire qui... nella Scienza non basta che due eventi siano correlati temporalmente per attribuirne al primo la causa dell'altro. Ma il legame è talmente stretto che verrebbe quasi da chiedersi l'opposto e cioè: perché alcune LIP NON hanno provocato delle estinzioni significative?
A quel punto passo in rassegna alcune possibilità per capire come mai alcune LIP sono state dei killer spietati e altre no. Alla fine è facile concludere che una LIP diventa un enorme problema con le sue emissioni di CO2, composti dello zolfo e metalli pesanti alterano pesantemente e a livello globale il chimismo di oceani e atmosfera e il clima. E per spiegare come mai ho tirato fuori l'esempio del “gottino”, il quartino di vino: se prendi un gottino di vino a pranzo e a cena alla fine del mese avrai bevuto 15 litri di vino senza problemi (a parte intolleranze specifiche!), mentre se ne bevi 2 litri in una sera il giorno dopo tanto bene non starai. Allo stesso modo una LIP è un killer quando, come è stato dimostrato, le eruzioni si concentrano in un periodo di poche decine di migliaia di anni in cui vengono messi in posto decine di migliaia di km3 di magmi e liberato un immenso quantitativo di volatili che, al contrario delle emissioni vulcaniche ordinarie, il “sistema – Terra” non riesce ad assorbire

Come pallido esempio di cosa potrebbe essere successo alla fine del Cretaceo ho presentato i problemi arrecati in tutta Europa dall'eruzione del Laki in Islanda nel 1783.
Alla fine spiego perché per la sua semplicità narrativa e per il ruolo ingombrante svolto nella vicenda dal premio Nobel per la fisica Luis Alvarez l'ormai smentita dai dati ipotesi del meteorite abbia avuto e continui ad avere un grande successo. Con un appunto finale: il ruolo delle emissioni di CO2 nell'estinzione dei dinosauri e nelle altre estinzioni di massa dovrebbe essere un monito anche per l'umanità attuale.

Una annotazione finale a questo post: dopo la stampa del libro sono apparsi diversi articoli in cui coloro che avevano sempre sostenuto il meteorite come causa dell'estinzione e che i trappi del Deccan non c'entravano nulla, ora sostengono che la violenza di queste eruzioni è stata un effetto della caduta. Cioè che il proiettile è costituito dalle eruzioni ma che il grilletto lo ha tirato, cadendo, il meteorite.
Resta il problema che l'unico impatto in corrispondenza con una estinzione di massa è quello dello Yucatan... e le altre estinzioni?





lunedì 2 novembre 2015

Educare i più giovani ai "geo - rischi": lo spettacolo "Sebastiano all'Opera" al teatro dell'Opera di Firenze


Il 3 novembre alle ore 10.00 tutto esaurito al Teatro dell'Opera di Firenze, dove verrà rappresentato lo spettacolo Sebastiano all'Opera.
Si tratta di uno spettacolo di educazione al rischio geologico, rivolto ai bambini e ai ragazzi delle scuole della Toscana; unisce musica, danza, fumetti e informazioni su come comportarsi in caso di alluvioni, frane, terremoti, maremoti ed eruzioni vulcaniche. 
È stato ideato dai ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze (che lo hanno organizzato insieme alla Misericordia di Firenze) anche grazie al fattivo aiuto del Maggio Musicale Fiorentino e del Conservatorio Luigi Cherubini, con il supporto del Dipartimento della Protezione Civile e il contributo di associazioni di volontariato e culturali della Toscana. In particolare i firmatari del lavoro sono Francesco Mugnai, del Dipartimento di Scienze della Terra e Don Mario Costanzi, un sacerdote con il pallino della musica. I disegni che verranno proiettati sono di un altro esponente del dipartimento universitario, Emanuele Intrieri

Ricordo che assetto idrogeologico è un termine tanto comune quanto discutibile dal punto di vista scientifico e che forse è meglio chiamare tutti insieme i rischi che derivano dalla geologia (frane, alluvioni, vulcanismo, terremoti, tsunami) come geo-rischi. Oppure, in quanto basta un filo di cervello per capirne la logica, rischi geo-logici...

In questi giorni abbiamo sotto gli occhi di tutti i guai che ci ha portato lo sconsiderato uso del territorio degli ultimi decenni, aggravato dai cambiamenti climatici che stanno modificando lo stile delle precipitazioni: diminuiscono nel numero ma aumentano nell'intensità. Così sono entrati alla ribalta i piccoli bacini idrografici, preferenzialmente vicini al mare il cui esempio massimo è il rio Fereggiano a Genova. I danni nella Calabria Ionica registrati giusto ieri e stanotte sono giusto gli ultimi di uno degli autunni peggiori che ci possiamo ricordare negli ultimi anni, purtroppo ampiamente previsti a causa del caldo eccessivo dell'estate scorsa.

In questi ultimi anni flash flood e bomba d'acqua sono concetti entrati nelle case di tutti e finalmente nell'Opinione Pubblica il concetto di sicurezza idrogeologica sta piano piano facendosi largo, nonostante che l'abbondanza dei termini con cui vengono indicati frane e alluvioni nella lingua italiana, di cui ho fatto un elenco, dimostrino quanto questi fenomeni siano presenti nel Bel Paese (termine appunto coniato da un geologo nel XIX secolo, la cui foto è recentemente scomparsa pure dalla confezione di un noto formaggio..). 

Quella del noto formaggio è il paradigma di quanto contano in Italia, purtroppo, i professionisti competenti in materia, i geologi: godono di una bassa considerazione e normalmente anziché essere chiamati prima di iniziare le progettazioni, sono consultati solo alla fine dell'iter progettuale di qualsiasi cosa, dalle costruzioni ai piani regolatori per una valutazione finale, valutazione finale che viene purtroppo percepita come uno dei “lacci e lacciuoli che frenano lo sviluppo”.

Già.. lo “sviluppo”...  Purtroppo ancora oggi nella classe dirigente italiana (della quale quella politica è un settore) la cultura scientifica è molto bassa. Ne conseguono la fuga dei cervelli e la incapacità di capire, a parte pochi casi, la potenzialità del settore ricerca & sviluppo; ho parlato spesso di questo aspetto e, come si vede anche nel numero di ottobre di Le Scienze, numerose sono le occasioni perse di “invenzioni” nate in Italia ma sfruttate all'estero, a partire dal Personal Computer, e a divieti assurdi come quello sulla ricerca sugli OGM.

Questa scarsità di vedute si rivela drammatica per l'assetto del territorio perché nella mente della classe dirigente è drammaticamente insediato il concetto sviluppo = edilizia. Giusto oggi in molte regioni, variamente governate, si registra una nuova corsa all'edificazione selvaggia, con la scusa che c'è la crisi e così si creano posti di lavoro.
Il tutto quando gli edifici dismessi o mai utilizzati sono una caratteristica purtroppo comune in tutta la nazione e dopo le sciagure istituzionali degli ultimi decenni in materia di assetto del territorio, come l'epidemia di condoni della fine del XX secolo in cui, oltre alle terrazze chiuse da verande, sono stati sanati abusivismi spesso demenziali, e il depotenziamento dei Piani di Bacinoche dovevano essere lo strumento per un governo geologicamente corretto del territorio ma che cozzavano contro gli interessi locali di "sviluppo". 

Quindi i problemi, come ho spesso sottolineato, non derivano tanto dalla irresponsabilità di chi sovrintende alla pianificazione territoriale (un irresponsabile è uno che sa che sta facendo una idiozia): in molti casi si può parlare di ignoranza nel senso originale di “non sapere”.

È quindi importante iniziare a formare le giovani generazioni. In molte scuole finalmente si registra un tentativo di educare nel campo dei rifiuti, evidenziando l'importanza di risparmio, riutilizzo e raccolta differenziata. L'educazione al rispetto del territorio è invece ancora poco presente.
Sebastiano all'opera è quindi uno spettacolo che cerca di colmare questo vuoto, per informare i cittadini del futuro ed aiutare nella formazione di comunità più resilienti nei confronti dei geo-rischi.

L'evento è inserito nell'ambito delle manifestazioni del Progetto Firenze 2016 per la commemorazione dell'alluvione del 4 novembre 1966.

domenica 1 novembre 2015

I tanti interrogativi sull'origine di Homo floresensis, gli "hobbit" scoperti in Indonesia nel 2003


Flores fa parte dell'arcipelago delle piccole isole della Sonda e si estende per 14.000 km3 (più o meno come la Calabria) ed è diventata notissima per gli antropologi per la scoperta nella caverna di Liang Bua, vicino alla città di Ruteng di una popolazione umana nana che vive lì fino a 12.000 anni fa, nel tardo Pleistocene. Questi esseri sono stati soprannominati Hobbit (in omaggio al Signore degli anelli e noti alla Scienza come Homo floresiensis. Una scoperta scioccante, perché non si riteneva proprio possibile la presenza di un'altro gruppo umano diverso da H. sapiens in tempi così recenti. I resti sono associati ad una industria litica piuttosto semplice degli ultimi 100,000 anni. Un velo di mistero avvolge gli Hobbit: chi erano? Individui sani o portatori di qualche malformazione genetica?  Chi erano i loro antenati? Quando e come sono arrivati lì? Da dove? Perché sono scomparsi? 

EDIT MAGGIO 2016: RECENTI RICERCHE HANNO SMENTITO L'ETÀ COSÌ RECENTE E IPOTIZZANO UNA SCOMPARSA DI HOMO FLORESENSIS CIRCA 50.000 ANNI FA (vedi qui )

Torno dopo 5 anni a parlare di Homo floresiensis. Ci sono tante domande e ancora una sola certezza: viveva a Flores circa 12.000 anni fa. Punto e basta. Per il resto le domande hanno più risposte possibili, delle quali nessuna ha il conforto del consenso generale della comunità scientifica. Trovo quindi interessante esporre un breve sommario della situazione. Ricordo che la genetica non può venirci in aiuto perché in un ambiente del genere il DNA si preserva per tempi molto limitati rispetto, ad esempio, alle fresche steppe siberiane dove è stato possibile analizzare anche reperti di oltre 40.000 anni fa.

Le piccole isole della Sonda si trovano fra Giava e il continente australiano e – particolare di non trascurabile importanza – non sono state raggiungibile via terra neanche nelle fasi con livello marino molto basso, per cui la loro fauna è impoverita rispetto a quella di Giava che ha spesso goduto di collegamenti con l'Asia e contiene solo specie capaci di attraversare un piccolo braccio di mare in numero sufficiente per formare una popolazione stabile, volando, nuotando volontariamente o flottando a bordo di zattere vegetali.

Fossili umani e non a Flores. A Flores i sedimenti recenti contengono livelli di tufi e quindi sono ben databili radiometricamente, I più antichi utensili sono stati trovati a Wolo Sege, associati con resti di un elefante, Stegodon spndarii nano e hanno un'età di 1.02±0.02 millioni di anni.
Il poco più giovane (0,90 ± 0,07 Ma) sito di Tangi Talo non ha restituito utensili ma una fauna endemica impoverita, con lo stegodonte nano, il drago di Komodo e una testuggine gigante.
In una coppia di siti ancora leggermente più recenti, Mata Menge and Boa Lesa, (0,88±0:07 – 0,80 ± 0:07 Myr), utensili in pietra sono stati ritrovati con un nuovo Stegodonte di grandi dimensioni, Stegodon florensis florensis. Questo dimostra che intorno a 900.000 anni fa a Flores c'è stato un ricambio faunistico la cui spiegazione più semplice è una forte esplosione vulcanica. Solo il drago di Komodo sembrerebbe aver passato indenne l'evento (oltre agli umani), ma si potrebbe benissimo trattare in entrambi i casi di un nuovo episodio di popolamento. Questi due siti sono stati studiati prima della scoperta degli Hobbit e i ricercatori attribuirono gli utensili, abbastanza ovviamente per l'epoca, a Homo erectus [1].
Tutti questi strumenti litici  sono piuttosto simili fra loro e con quelli di Liang Bua, e quindi sembra esserci una continuità che da quei tempi arriva fino ad oggi [2], anche se nel Paleolitico le modificazioni negli utensili sono state molto lente,

Perché il nanismo di Homo floresiensis? Gli Hobbit sono dei nani. Ci sono tante indicazioni in tutto il mondo e in diversi gruppi animali che in un contesto insulare le popolazioni sviluppino forme di nanismo in tempi brevissimi, associate di solito alla limitatezza delle risorse e in assenza di predatori. A Flores i predatori c'erano (draghi di Komodo e coccodrilli) ma sia Stegodon che H. floresiensis lo hanno sviluppato lo stesso (Stegodon addirittura lo ha fatto due volte, sia nel più antico sondarii che nel successivo floresiensis). Quindi il problema delle risorse era più grave dei rischi di predazione.
Qualcuno ha spiegato il nanismo e il piccolo cervello degli Hobbit con delle sindromi di origine genetica su individui appartenenti a H. sapiens, ma questa ipotesi è stata respinta sia su basi cliniche (non esiste una sindrome conosciuta capace di fornire un quadro simile), su basi morfologiche (non paiono proprio scheletri di sapiens), la presenza di nanismo negli Stegodon e di roditori giganti (nelle isole spesso il nanismo delle forme di grandi dimensioni si accompagna ad un gigantismo di forme di piccole dimensioni). 
Per molti Autori il cervello degli Hobbit era troppo piccolo (400 cc) per conferire loro l'abilità di usare gli utensili, ma siccome non ci sono tracce di Homo sapiens anteriori all'Olocene, ci si chiede quali nostri parenti possano averli costruiti: Homo floresiensis, i suoi antenati o un'altra popolazione umana che viveva da quelle parti?
È possibile che l'abilità di costruire semplici utensili sia rimasta perché era il modo migliore di procurarsi il cibo, anche se le ridotte dimensioni cerebrali non hanno consentito ulteriori sviluppi nella tecnologia.

Quali sono gli antenati di Homo floresiensis? Appurato che gli Hobbit non erano né individui affetti da patologie particolari né H. sapiens nani, la domanda successiva è chi siano i loro antenati. Ci sono diverse ipotesi al riguardo:
  • una fortissima riduzione del cervello a partire da Homo erectus (circa 1000 cc) in un ambiente insulare 
  • gli Hobbit derivano da antenati di piccola taglia e cervello ridotto come Homo habilis (cervello di circa 600 cc) o qualcosa del genere a cavallo tra Australopitecus (400 cc) e Homo [4]

Ovviamente non c'è un consenso unanime sulla questione. Annoto che, siccome le austrlopitecine e Homo habilis erano decisamente più bassi di noi, una origine molto antica degli Hobbit spiegherebbe meglio le loro ridotte dimensioni, diminuendo molto il contributo del nanismo e la riduzione delle dimensioni cerebrali. Sarebbero senz'altro utili nuovi ritrovamenti di fossili più antichi. Chiudendo il post del 2010 espressi questa speranza, che pirtroppo per adesso si è rivelata vana.

Come gli antenati di Homo Floresiensis sono arrivati a Flores? Flores non è stata mai congiunta ad un continente nemmeno quando il mare era particolarmente basso: anche fosse 100 metri al di sotto del livello odierno, ci sarebbero almeno 19 km di distanza dalle coste più vicine; eppure degli Ominini ci sono arrivati. Un articolo recente illustra lo stato dell'arte della ricerca in proposito [5].
Le questioni sono: come ci sono arrivati e da dove.
Sul come ci sono due possibilità: navigando volontariamente o trascinati a bordo di qualche zattera vegetale
  • L'opzione “navigazione” richiede che i costruttori degli utensili di Flores siano stati capaci di costruire un oggetto per navigare e condurlo verso l'ignoto 1 milione di anni fa. L'archeologia sperimentale ha dimostrato che la tecnologia a disposizione di Erectus consentiva la costruzione di una zattera. Ma Flores sembra essere l'unico posto dove questi potenziali navigatori avrebbero costituito una colonia permanente.
  • Altrimenti gli ominini sarebbero arrivati accidentalmente a bordo di zattere vegetali strappate alla terraferma da un ciclone o da uno tsunami. In soccorso a questa ipotesi vengono alcuni fatti descritti a seguito dello tsunami del 2004: per esempio una donna incinta che non era in grado di nuotare è rimasta 5 giorni su un albero gslleggiante strappato dalle onde e un uomo è stato salvato a ben 160 km dalla costa 8 giorni dopo l'evento. Ci sono indicazioni che ciò sia successo anche a seguito dell'eruzione del Krakatoa del 1883, quando alcuni alberi hanno percorso ben 6000 km. 

Vista la frequenza di cicloni, alluvioni e tsunami da quelle parti l'ipotesi della navigazione accidentale secondo me è molto probabile. L'unico problema è il numero di individui grazie ai quali poteva formarsi e prosperare una popolazione stabile.  

Da dove sono venuti? La presenza di mammiferi placentati a Sulawesi, che fa parte della zona australiana (Primato, suini, un piccolo bovino e dei cervidi) dimostra che in qualche modo questi animali sono riusciti a percorrere un ampio tratto di mare in numero sufficiente da creare popolazioni stabili.  La fauna di Flores è simile a quella delle isole vicine (Lombok, Timor e Sumba) a parte le tracce umane. 
Ci sono 3 potenziali percorsi per arrivare a Flores: (1) da ovest via Giava  (2) da nord via Kalimantan e Sulawesi (3) da nord dalla Cina attraverso numerosi salti fra Filippines e Sulawesi. Ovviamente non è considerata l'ipotesi da est (Australia).

Giava è l'unica isola nella Sonda con testimonianze sicure di H. erectus (anzi, la scoperta di Dubois nel 1891 è stata il primo ritrovamento di un Homo diverso da Sapiens al di fuori dell'Europa: solo nel 1921 verrà scoperto il primo reperto in Sudafrica). Però nulla vieta che erectus abbia abitato altre isole dell'arcipelago. L'arrivo a Giava avvenne poco meno di 1.80 milioni di anni fa, e rappresenta una ottima soluzione al quesito dal punto di vista paleontologico, perché le più antiche tracce conosciute di attività umana in altre isole della zona sono estremamente recenti: 67.000 anni per le Filippine e solo 40.000 per Sulawesi. 
Quanto a Timor, risalgono a 42.000 anni fa: lì sono accertate delle eccellenti capacità di navigazione e la domanda è “possibile che questi sapiens abbiano saltato Flores?”. È vero o semplicemente mancano i reperti? 
Per i dati paleontologici attuali la provenienza degli antenati degli Hobbit da W sarebbe più verosimile e Giava, ma ci sono due problemi:
  • perchè solo a Flores e non nelle altre isole tra qui e Giava?'
  • le correnti marine viaggiano in direzione nord – sud, dal mare meridionale della Cina verso l'Indonesia e l'Oceano Indiano. Inoltre, anche se può sembrare strano, gli tsunami si formano più tra Kalimantan e Sulawesi che lungo la costa dell'oceano indiano [5]

Di conseguenza l'arrivo su residui galleggianti sembra più facile da nord che da Giava o Bali. I dai geologici e meteorologici, quindi, suggerirebbero una provenienza settentrionale e non si può certo esludere la presenza di ominini a Sulawesi più antica di 40.000 anni fa, anche se mancano i reperti.

Perchè scomparvero? L'ultima questione da risolvere sono i motivi della scomparsa degli Hobbit, e anche qui le spiegazooni possibili sono diverse. Innanzitutto notiamo che contemporaneamente sono scomparsi altri esponenti della macrofauna, come Stegodon.
Un pericolo importante nelle aree isolate sono i disastri naturali e Flores è a forte rischio soprattutto per le eruzioni vulcaniche e non per gli tsunami, che possono distruggere le coste ma non le zone interne a quote tranquillizzanti da questo punto di vista: e difatti una eruzione è considerata fra le cause più probabili sia del turnover faunistico di 1 milione di anni fa.
Ci sono però altre possibilità, come dei cambiamenti climatici improvvisi. Ed in effetti alla fine del Pleistocene questi cambiamenti ci sono stati ma non è chiaro ancoira se siano venuti all'inizio dello stadio di Bolling – Allerod 15.000 anni fa o all'inizio dell'Olocene 10.500 anni fa. 
Inoltre c'è l'arrivo di Homo sapiens e anche quella potrebbe essere una causa.

Personamente ne avanzo un'altra: l'arrivo fortuito su una zattera di qualche animale portatore di nuovi patogeni (virus o batteri, ma non solo) che hanno provocato una epidemia e popolazioni ristrette come quelle insulari sono molto a rischio da questo punto di vista.

EDIT MAGGIO 2016: come è indicato all'inizio del post, l'età così recente per gli ultimi Hobbit è stata smentita. La loro scomparsa dovrebbe essere più o meno contemporanea all'arrivo dei primi sapiens. La competizione con questi e/o l'arrivo di nuovi patogeni in una popolazione molto ristretta mi paiono le cause più probabili, anche se non è possiible stabilire ancora la data reale della loro fine.

[1] Morwood et al 1998. Fission-track ages of stone tools and fossils on the east Indonesian island of Flores. Nature 392, 173-176
[2] Brumm et al. (2006) 2006. Early stone technology on Flores and its implications for Homo floresiensis. Nature 441, 624-628
[3] Jungers 2013. Homo floresiensis. In: Begun, D.R. (Ed.), A Companion to Paleoanthropology. Wiley-Blackwell, Chichester, pp. 582-598
[4] Dennell et al (2014) The origins and persistence of Homo floresiensis on Flores: biogeographical and ecological perspectives Quaternary Science Reviews 96 (2014) 98-107
[5] Prasetya et al.(2001). The Makassar Strait tsunamigenic region. Natural Hazards 24, 295-307