giovedì 26 febbraio 2009

Google Earth e la presunta scoperta di Atlantide


La notizia è degna di nota: grazie alla nuova versione del notissimo Google Earth, in cui nel livello "ocean" sono visibili i fondali marini - e con una certa dovizia di particolari - a qualche centinaio di kilometri dalle Canarie si vede sul fondo oceanico - in questa zona profondo almeno 4.000 metri - un reticolo di linee praticamente perpendicolari fra loro.
Un Ingegnere Aeronautico inglese, tal Bernie Bamford,ha dichiarato di aver scoperto nientepopodimeno che Atlantide. La notizia è rimbalzata su un giornale inglese, il Sun (chiaramente il Times non poteva “passare” una idiozia del genere). Il Sun si è anche premurato di interpellare un “esperto archeologo” dell’università di New York, il professor Charles Oster. Lo stesso ha avvalorato l’ipotesi, dicendo che: la scoperta merita immediatamente un’ispezione sul luogo. D’altronde la locazione dove la poneva Platone non può che lasciarci affascinati.
Sinceramente, oltre a questo ragionamento (ma forse chiamarlo così è un pò troppo ottimistico), c'è qualcosa che non torna su questa persona: io non lo conoscevo (e fin qui....), ma cercando sul sito della New York University non ce n'è traccia (e neanche su google)... mah...

Io mi domando come si possa fare tanto chiasso su una bischerata del genere (passatemi il toscanismo, che si adatta a pennello alla situazione)
E' palese che l'ingegner Bamford e il (sedicente?) professor Oster potranno essere dei “musi” nei loro campi, ma la loro preparazione geologica mi lascia perplesso....

Vediamo in breve perchè:
1. Tanto per iniziare, la struttura ha una dimensione molto grande, all'incirca 150 X 130 km, il che da solo rende difficile pensare ad una operazione umana
2. In secondo luogo, siamo a una profondità di almeno 4000 metri in crosta oceanica molto recente, quindi si può assolutamente escludere che l'area sia stata emersa dalla formazione di quella parte di crosta lungo la dorsale oceanica a oggi (ad occhio quella porzione si sarà formata circa una trentina di milioni di anni)
3. non ci sono le benchè minime tracce di quella che avrebbe dovuto essere una isola di dimensioni del genere, anche se notiamo la presenza di qualche montagna sottomarina
4. Per ultima un'osservazione: come sarebbe possibile che una terra emersa sarebbe sprofondata con un semplice movimento verticale (altrimenti addio reticolo.....)?

Uscendo dai dati geologici, va appuntata un'altra osservazione: ad Atlantide, secondo la leggenda, prevalevano forme circolari (per inciso le stesse di Stonehenge e delle civiltà megalitiche). Per non starmi a ripetere, rimando al post che ho scritto sull'argomento Atlantide, in cui sostengo che potrebbe essere davvero esistita, ma molto dopo e che era situata nel Golfo di Cadice (leggete anche i commenti!).

Allora, dopo aver detto quello che NON può essere, cerchiamo di capire che cosa rappresenti questa immagine.
Potrebbero essere davvero due trend di fratture perpendicolari o quasi? Esattamente nel vertice NW del "rettangolo" l'Iris Earthquake Browser, riporta un solo evento sismico: il 16 febbraio 1977 con M=5,6, un terremoto forte ma non eccezionale e soprattutto un'area abbastanza tranquilla.
Famiglie di fratture perpendicolari fra loro, molto somiglianti a quello che si vede nell'immagine sono note in bibiliografia e alla piccola scala. Ne ho viste tante anche io e ce ne sono sui libri di Geologia Strutturale. Sono un pò meno diffuse alla grande scala (per esempio in Toscana, dove si notano alcune strutture o lineamenti paralleli all'asse della catena e altri invece perpendicolati all'asse). Però una serie di strutture così isolate e in direzioni non coerenti con quelle delle altre strutture geologiche dell'area appare inspiegabile.
Per chi volesse vedere delle strutture perpendicolari a grande scala nell'Oceano, consiglio di osservare il Pacifico a 42.11 gradi sud e 113.38 ovest.

Esaminiamo in dettaglio l'area: la linea esterna occidentale della griglia incontra un seamount e succede una cosa strana: o ci passa in mezzo oppure quello che appare sulla sinista (ovest) è una copia sbiadita di una parte di quello realmente esistente sull'altro lato della riga. Dalla parte opposta del reticolo, nel quadrante NE, sembra di vedere un altro seamount sdoppiato.
Nell'Atlantico tra lì e la penisola iberica ci sono altre linee non coerenti con il quadro geologico: la prima, dopo aver disegnato un percorso un po' sinuoso vicino al “Plato Seamount”, si dirige in direzione ENE, passando un po' a nord della zona incriminata, per finire vicino alla costa tra l'Horseshoe plain e il Lagos Canyon. Sui monti a ovest di Horseshoe Plain si nota qualche problema grafico proprio dove passa questa linea. Dai dintorni del Lagos Canyon si vede un'altra linea – parte nei pressi del punto dove giace l'U-Boot 411, piega a 90° verso nord, attraversa il Gorrange Ridge giungendo fino all'Estremadura Spur. A ovest di questa struttura se ne notano altre due – parallele tra loro – che corrono tra il Filipe Folque Spur e il Porto Canyon (N.B.: E' severamente vietato pensarle come strade sommerse!).

La spiegazione di Google che è arrivata in Italia è stata probabilmente tradotta male, visto che qualcuno ha parlato di “tracce lasciate dalle navi che scandagliano i fondali con il sonar”. Un discorso del genere fa pensare a sonar che si muovono sul fondo marino. La cosa ha fatto ovviamente sobbalzare dalla sedia qualunque persona con la testa sulle spalle e che conosca un po' l'argomento: un sonar, un geofono o cose del genere, non arrivano sul fondo marino, ma semplicemente sono attaccati ad una nave, da cui vengono trascinati, rimanendo immersi ad una certa (bassa) profondità. Solo in qualche caso un geofono viene mandato sul fondo, ma in ogni caso non viene trascinato. Quindi non possono lasciare tracce sul fondo semplicemente perchè non ci passano (e se ci passassero sarebbero troppo piccole per essere viste anche a soli 100 metri di distanza)

In realtà la società di Mountain View ha scritto un'altra cosa e cioè che “In this case, however, what users are seeing is an artifact of the data collection process. Bathymetric (or seafloor terrain) data is often collected from boats using sonar to take measurements of the seafloor. The lines reflect the path of the boat as it gathers the data".
Quindi secondo Google sono semplicemente le tracce delle rotte tenute dalle navi oceanografiche e in qualche modo i dati sono stati leggermente distorti per qualche problema durante la loro restituzione su Google Earth (o anche prima).

Non solo questa è l'unica spiegazione plausibile, è anche coerente con la vista dei due seamounts sdoppiati.
Niente Atlantide, ragazzi. Mi dispiace per chi ci ha creduto

martedì 24 febbraio 2009

Le missioni spaziali Herschel e Keplero: alla ricerca di nuovi mondi


Mentre la NASA sta per lanciare Keplero, una missione che ha come obbiettivo principale la ricerca di esopianeti, la ESA (l'Agenzia spaziale europea) lancia contemporaneamente, con un vettore Ariane 5 ECA, dal poligono di Korou, in Guiana francese, Herschel, un nuovo telescopio spaziale e Plank, un'osservatorio di microonde.

Herschel è una missione realmente innovativa. Programmata per una vita di 4 anni, fondamentalmente è un telescopio spaziale, sulla scia del fortunatissimo Hubble (una eccellente cooperazione fra ESA e NASA) e Spitzer e conseguirà due record importanti: la lente più grande inviata nello spazio (3 metri e mezzo di diametro) e la più vasta gamma di radiazioni rilevabili, compresi gli infrarossi. I raggi infrarossi, a bassa energia, sono difficilmente visibili da terra a causa dell'atmosfera che li scherma e quindi si possono osservare bene solo dallo spazio: per questo l'astronomia infrarossa è nata realmente soltanto negli anni '70, grazie ai satelliti artificiali. Gli studi in queste lunghezze d'onda sono importantissimi perchè consentiranno l'osservazione di oggetti freddi: senza l'astronomia infrarossa non sarebbero state scoperte centinaia di galassie e non si sarebbe visto quanta acqua sia realmente presente nella nostra galassia. Quindi fra gli obbiettivi di Herschel c'è lo studio di galassie molto lontane nel tempo e nello spazio, per indagare le origini dell'universo

C'è comunque un secondo obbiettivo, anche più importante: la ricerca di esopianeti nella zona della Via Lattea a noi vicina. Di esopianeti ne sono stati scoperti oltre 300 in una quindicina di anni, e non solo grazie ad osservazioni dallo spazio, ma anche da terra. Non è che siano stati tutti “visti”: anzi, per la maggior parte la loro presenza è stata semplicemente dedotta dal comportamento della stella intorno a cui ruotano, a partire da piccole diminuzioni della sua luce. Sono osservazioni al limite della risoluzione attualmente possibile e siamo in attesa di nuove tecnologie in via di realizzazione.
Il raffinamento della tecnologia è importante: non siamo ancora riusciti a trovare delle “terre”: attualmente è possibile osservare o dedurre la presenza soltanto di pianeti molto grossi e vicini alla loro stella. In questi anni abbiamo potuto comprendere come molte stelle abbiano sistemi planetari molto diversi dal sistema solare: pianeti giganti che ruotano molto vicino alla loro stella, a distanze minori di quella fra Mercurio e il Sole.
Queste osservazioni hanno indubbiamente confuso le idee sulla formazione dei pianeti da una nebulosa che circonda una giovane stella: sono evidenti le differenze tra questi e il nostro sistema, in cui i pianeti giganti sono molto lontani dal Sole e i modelli ricavati dalle osservazioni sul sistema solare evidentemente mancano di qualch cosa. Non è ancora chiaro se questi pianeti si sono formati dove sono adesso oppure più lontano, oltre il limite della temperatura alla quale l'acqua si solidifica per poi avvicinarsi alla stella (cosa più plausibile), Nel primo caso la domanda potrebbe essere “perchè nel sistema solare si sono formati così indietro?” e nel secondo“perchè nel sistema solare i giganti sono rimasti così lontani?”.
Per adesso il più piccolo esopianeta osservato ha una massa all'incirca doppia rispetto a quella della Terra, ma ruota intorno alla sua stella in meno di 20 ore: se la sua superficie è rocciosa è sicuramente ricoperto da un mare di lava. Herschel è in grado di scoprire pianeti più lontani dalle loro stelle e di massa minore, trovando quindi sistemi stellari più simili al nostro, che attualmente apparirebbe una eccezione (dovuta con ogni probabilità agli standard osservativi attuali: anche Galileo di lune di Giove ne vide solo 4, quelle più grandi...). E' comunque certo che intorno ad alcune stelle ruotino molti corpi piccoli come gli asteroidi nel sistema solare, a causa di una luminosità debole e diffusa che li contraddistingue.

Per permettere questi studi Herschel seguirà un'orbita intorno al Sole collocata nella zona del secondo punto di Lagrange, dove l'attrazione terrestre e quella solare si annullano vicendevolmente, a un milione e mezzo di kilometri dalla Terra. Questa posizione consentirà una osservazione precisa e continua di un aporzione di cielo senza interruzioni dovute al passaggio davanti al telescopio del Sole, della Terra o della Luna.
Insieme a Herschel, con lo stesso vettore Ariane, sarà lanciata la sonda Planck, destinata invece a studiare, nel campo delle micoonde, la distribuzione e le anisotropie della radiazione di fondo, ritenuta attualmente un residuo del Big Bang. Quindi affiancherà in qualche modo Herschel in uno dei suoi scopi, la ricerca nello spazio profondo

Keplero,che verrà lanciato con un razzo Delta II da Cape Canaveral nei prossimi giorni, è invece una missione esplicitamente dedicata alla ricerca di esopianeti di piccole dimensioni nella zona in cui l'acqua si può presentare allo stato liquido, quindi pianeti simili al nostro che possono ospitare forme di vita (attualmente si ritiene che l'acqua allo stato liquido sia un fattore necessario per permettere la nascita di forme di vita).
Nei 3 anni e mezzo di missione programmata osserverà circa 100.000 stelle simili al sole, con una telecamera equipaggiata in modo da rilevare le minime differenze di luce che si verificano quando un pianeta passa davanti alla sua stella. Keplero a questo modo non vedrà esopianeti, sarà solo capace di dedurne la presenza con le sue osservazioni. E' quindi più che altro una missione preparatoria per censire gli esopianeti e capire dove in futuro sarà più interessante volgere lo sguardo per studiarli più dettagliatamente, una volta perfezionata la tecnologia.
Si prevede di censire un gran numero di esopianeti. Importante da questo punto di vista è che la posizione della sonda consentirà di guardare ininterrottamente le stelle in studio, cosa che verrà ottenuta con un'orbita particolare intorno al sole, come per Herschel.

E' probabile che già nel corso del 2009 si possano ottenere le prime importanti informazioni sulla distribuzione di una gran quantità di esopianeti di dimensioni simili a quelle terrestri. Una vera rivoluzione per l'astronomia.


domenica 22 febbraio 2009

Lo scenario attuale della caccia alla balena


E' di pochi giorni fa la notizia che una Megattera si aggirava vicino alle spiagge della Croazia. Un avvenimento inconsueto per questa specie, che non è fra quelle normalmente presenti nel Mediterraneo.
I grandi cetacei hanno sempre suscitato nel mondo ambientalista – e non solo – una grande emozione, forse perchè una volta dominatori incontrastati dei mari di tutto il pianeta, hanno rischiato seriamente l'estinzione totale. Attualmente molte specie sono quantomeno stabili, se non in crescita, altre però continuano ad essere definite come “minacciate”. In ogni caso non si può dare per definitivamente salvi questi animali: per tutti l'inquinamento e il traffico navale continuano ad essere una grave minaccia. Incombe poi la ripresa della attività venatoria commerciale.

Dopo la strage spietata degli ultimi tre secoli, fu creata nel 1946 la “International Whaling Commission” (IWC). Quaranta anni dopo, nel 1986, fu approvato il bando totale della caccia alla balena, con esclusione di limitatissimi numeri a disposizione di alcuni popoli indigeni, autorizzati a condurla solo ed esclusivamente con mezzi tradizionali in Alaska, Groenlandia, Siberia e Caraibi. Purtroppo la IWC è arrivata tardi per alcune specie, irrimediabilmente scomparse e attualmente ne protegge alcune particolarmente in pericolo (come se tutte le altre godessero di perfetta salute...).
Il problema di questa organizzazione è che basta essere un paese con sbocco sul mare per aderirvi, con o senza tradizioni di caccia alla balena e siccome ogni nazione ha un voto ci sono nazioni a cui il problema proprio non interessa, ma votano sì o no a seconda della loro convenienza economica o politica (leggi: finanziamenti). E in questo ambito contano soprattutto i paesi favorevoli e cioè Giappone, Islanda e Norvegia, che cercano di strappare il “sì” di molti paesi poveri.

Nel 1994 la IWC approvò la creazione del santuario delle balene, una grande zona dell'oceano antartico in cui la caccia alle balene è vietata in qualsiasi modo. L'unica nazione ad opporsi fu, naturalmente, il Giappone, le cui flottiglie hanno ricominciato l'attività per scopi “scientifici” qualche anno più tardi. Sostengono che le catture servano a conoscere meglio dinamica della popolazione (in quantità assoluta, classi di età e variazione numerica), sviluppo del corpo, cibo ingerito etc etc. Il fatto è che non una delle mie numerose fonti scientifiche che consulto quotidianamente in internet, né libri o riviste cartacei, hanno mai riportato delle notizie ricavate da questa attività. C'è in corso un boicottaggio dell'ambiente scientifico su questi studi o siamo costretti a metterne in serio dubbio la effettiva utilità?

Fra le “perle” del partito dei favorevoli alla caccia c'è stata addirittura quest'anno la richiesta di cacciare le balene dichiarandole colpevoli della crisi che stanno attraversando molte popolazioni ittiche. Ora, in un mondo scientificamente normale, attribuire alle balene e non alla pesca indiscriminata, il drastico calo di tonni, merluzzi e squali sarebbe più da Zelig (senza offesa per la nota trasmissione TV) che da una commissione scientifica seria, ma tant'è.... Comunque nell'agosto del 2008 al meeting annuale dell'IWC, tenutosi a Lima, in Perù, il rapporto preliminare della commissione allo scopo istituita ha indicato (ma pensa un po'...) che le balene non danneggiano significativamente la fauna marina interessata dalla pesca. La paralisi in cui versa l'IWC è dimostrata dal fatto che sono state rinviate, eventualmente alla prossima riunione nel 2009 a Madeira, due richieste di segno opposto, una del Giappone per togliere il divieto alla cattura commerciale e una degli stati dell'America Latina per creare nell'Atlantico meridionale un altro santuario dei cetacei.

Vediamo la situazione attuale. La Norvegia ha ripreso la caccia commerciale ufficialmente dal 1993. I quantitativi programmati sono sempre in aumento ma c'è da dire che negli anni scorsi il l'obbiettivo non è mai stato raggiunto. Anzi, siamo a valori di meno di 600 esemplari contro i 1052 programmati.

E' solo dal 2006 invece che l'Islanda ha interrotto la moratoria, per prelevare dichiaratamente a scopo commerciale 50 esemplari all'anno. Attualmente c'è in corso una bella polemica, perchè il governo uscente, in una delle ultime deliberazioni, ha sestuplicato questa cifra.
Sulla spinta di USA, Gran Bretagna e altre nazioni (che hanno chiaramente mostrato agli islandesi la loro contrarietà) il nuovo esecutivo in prima istanza si è dichiarato favorevole a diminuire la quota, ma ha fatto immediatamente marcia indietro dopo la diffusione dei dati di un sondaggio in cui ben due terzi degli islandesi intervistati si sono dichiarati favorevoli alla caccia alle balene. La cosa ha un profondo significato politico: in Islanda c'era al potere una coalizione di sinistra che si è disciolta e il potere è passato alla destra in un governo provvisorio che gestirà il Paese fino alle elezioni di maggio (la vicenda nei suoi particolari, che esulano da questo post e da questo blog, mi ricorda casualmente quella di un'altra nazione europea .....)

Veniamo al Giappone. Rimandata dalla IWC la votazione sulla possibilità di cacciare per scopi commerciali, la flotta giapponese è partita il 18 novembre per la annuale crociera nei mari antartici. Il target di quest'anno, ovviamente a “scopi scientifici”, è di 1000 esemplari, il doppio dell'anno precedente. I navigli sono stati seguiti da una nave di ecologisti che ne ha ostacolato l'attività per un paio di mesi, come negli anni scorsi. E' la “Steve Irwin “, della ONG Sea Shepherd, che organizza questa difficile operazione. Il governo giapponese ha definito la Sea Shepherd una organizzazione terroristica. La nave, dopo aver abbondantemente disturbato i pescherecci, è tornata in porto in Australia ai primi di febbraio.
La vicenda ha un risvolto molto interessante: fra i paesi capofila della lotta contro la caccia alle balene, assieme agli USA c'è l'Australia, per la quale, oltretutto, il whale – watching è una importante attrazione turistica. E proprio il governo del continente - isola ha sparigliato il mazzo, annunciando un programma scientifico da diversi milioni di dollari per arrivare agli obbiettivi dichiarati dal Giappone senza catturare animali. Il ministro dell'ambiente australiano ha detto di offrire agli istituti di ricerca nipponici la collaborazione del suo paese per consentire loro di portare avanti gli studi sulle balene in maniera molto meno cruenta.
Il governo giapponese però dimostra le sue reali intenzioni quando dichiara in risposta che “la caccia alla balena è parte delle nostre tradizioni” .

E' possibile che nel paese del Sol Levante le cose siano destinate a cambiare: comincia a formarsi, specialmente fra i giovani, una movimento contro questa caccia e i consumatori abituali di carne di balena sono sempre meno. Forse per questo girano notizie incontrollate secondo le quali, a causa della bassa richiesta, una buona parte del bottino della campagna 2007 – 2008 sarebbe finito in Thailandia per produrre cibo per animali. Riporto queste voci che però cozzano contro il raddoppio o quasi delle catture programmate per questa campagna rispetto a quella precedente, a meno che non sia una mossa politica in vista del prossimo meeeting dell'IWC, programmato a Madeira nel prossimo giugno. Lo aspettiamo con interesse.

giovedì 19 febbraio 2009

I Colli Albani: il rischio vulcanico in un apparato dormiente


Devictis Sabinis cum in magna gloria magnisque opibus regnum Tulli ac tota res Romana esset, nuntiatum regi patribusque est in monte Albano lapidibus pluvisse. Quod cum credi vix posset, missis ad id visendum prodigium, in conspectu, haud aliter quam cum grandinem venti glomeratam in terras agunt crebri cecidere caelo lapides. Visi etiam audire vocem ingentem ex summi cacuminis luco ut patrio ritu sacra Albani facerent, quae velut dis quoque simul cum patria relictis oblivioni dederant, et aut Romana sacra susceperant aut fortunae, ut fit, obirati cultum reliquerant deum. Romanis quoque ab eodem prodigio novendiale sacrum publice susceptum est, seu voce caelesti ex Albano monte missa - nam id quoque traditur - seu haruspicum monitu; mansit certe sollemne ut quandoque idem prodigium nuntiaretur feriae per novem dies agerentur.

Così scriveva Tito Livio, negli "Ab Urbe condida libris": Sconfitti i Sabini, mentre il regno di Tullio e tutto lo Stato romano si trovavano in grande gloria e in grande potenza, fu annunciato al re e al senato che sul monte Albano erano piovute pietre. E poichè a stento si poteva credere a ciò, furono mandate delle persone ad osservare quel prodigio e alla loro presenza caddero dal cielo molte pietre come quando i venti portano una fitta grandine sulla terra....... Anche dai Romani in seguito a quel medesimo prodigio fu iniziato pubblicamente un sacro rito novendiale o per una voce celeste giunta dal monte Albano e rimase di certo la consuetudine che ogni volta che si annunciasse lo stesso prodigio, si celebrassero per nove giorni tali festività.

Fatti del genere, che sembrano - correttamente - essere durati parecchi giorni, sono noti in quell'epoca in tutto l'areale dei Colli Albani, che, non casualmente, sono un vulcano. Altri indizi sono contenuti in alcune leggende della mitologia romana. Non è detto che siano episodi magmatici: alle volte le manifestazioni esplosive sono riferibili alla presenza di ingenti quantità di gas, più che di lave
I novendiales erano prescritti “quandoque idem prodigium nuntiaretur”: ciò fa supporre che le piogge di pietre fossero un evento relativamente frequente. Dovevano svolgersi solo in caso di pioggia di pietre e non in caso di pioggia di terra. La netta distinzione tra “piogge di terra” e “piogge di sassi” dimostra come entrambi i fenomeni fossero ben molto conosciuti in quel tempo.

Ma i Colli Albani non sono un vulcano spento? Assolutamente no. La definizione di “vulcano attivo” è molto cambiata negli ultimi decenni. Fino agli anni 60 si intendeva per “attivo” (almeno in Italia) un vulcano che ha avuto eruzioni in epoca storica. Questa definizione non è certo applicabile facilmente nel mondo, se non forse in Mediterraneo e Giappone. In tutte le altre aree vulcaniche, le testimonianze storiche cominciano troppo di recente. Oggi si definisce “attivo” un vulcano che ha eruttato l'ultima volta non più di 10.000 anni fa. E' ovviamente un valore convenzionale (il Chaiten, con 9300 anni dall'ultima eruzione, è abbastanza vicino a questo limite). Inoltre ce ne sono alcuni, come i Monti Albani, che hanno lunghi intervalli di quiete e se per un vulcano la distanza che ci separa dall'ultima eruzione è minore del massimo intervallo fra due fasi di attività, questo non può essere considerato “spento” - anche se ha eruttato più di 10.000 anni fa - bensì “dormiente”.
I Colli Albani rientrano in questa categoria: l'ultima grande fase eruttiva è stata datata a 30.000 anni fa (con una "coda" un pò più recente), però, in una storia magmatica cominciata 600.000 anni fa ci sono stati degli intervalli più lunghi, di 45.000 anni tra una fase e quella successiva. Per cui esiste ancora la probabilità che l'apparato torni in attività in un futuro, sia pure lontano.

Una equipe diretta dal Prof. Funiciello ha sostanzialmente confermato le testimonianze storiche, datando un livello di pomici a circa 5100 anni fa (sempre 3000 anni prima dell'istituzione dei novendiales, comunque): in passato si riteneva che, al massimo, gli ultimi episodi magmatici fossero vecchi di almeno 17.000 anni.
20 anni fa su “Le Scienze” uscì un lavoro, ad opera di Dario Andretta e Mario Voltaggio, in cui vennero mostrati alcuni indicatori che, confermando le parole di Tito Livio, testimoniano una attività vulcanica nei Colli Albani tra il V e il IV secolo AC. Questi Autori avevano addirittura fotografato dei manufatti coperti da materiali vulcanici apparentemente depostisi sopra e non frutto di rimaneggiamento umano, ma la cosa è stata messa in dubbio da altri ricercatori.

Sicuramente la camera magmatica al di sotto del vulcano è ancora abbastanza calda, anche se non più allo stato liquido e al di sopra c'è una bella quantità di gas. Alcuni fenomeni denotano come l'attività non sia ancora del tutto cessata: il continuo sollevamento dell'area (la cui velocità varia ad intervalli abbastanza regolari tra fasi in cui è più alta e fasi in cui è più bassa), le frequenti crisi sismiche (con sequenze più tipiche di aree vulcaniche che di aree tettoniche) e gli elevati valori di emissione di gas (spesso i picchi coincidono con episodi sismici o di sollevamento più intenso).

La quantità di anidride carbonica emessa è sempre ingente, sia perchè è contenuta nei gas vulcanici sia per la geologia locale: tutto l'Appennino Centrale tra Lazio, Abruzzo e Campania è dominato da rocce carbonatiche (calcari e dolomiti), presenti anche sotto i Colli Albani. Queste rocce vengono decomposte dal calore del magma, liberando enormi quantità di questo gas. Narra Luigi Piccardi dell'Università di Firenze in un lavoro molto interessante uscito su “Geoitalia” qualche anno fa che i carabinieri scoprirono un posto dove i giovani andavano a “farsi” di questo gas (la CO2, soffocando, provoca uno stato di trance: anche la sibilla cumana e l'oracolo di Delfi devono la loropresenza all'emissione di CO2)
Al contrario dell'idrogeno solforato, altro gas prodotto dal vulcano, l'anidride carbonica è un gas pesante ed inodore, e può essere molto pericoloso perchè tende ad accumularsi nelle sacche del terreno senza poter essere percepito. Per questo la Protezione Civile ha prodotto un apposito documento per avvisare la popolazione che sta convivendo con un problema che può diventare molto serio in caso di scarsa attenzione. In particolare si richiede di areare molto bene i locali bassi che sono rimasti chiusi per molto tempo (anche il Radon, gas radioattivo, è un altro prodotto importante della attività dei Colli Albani).

Intense eruzioni di anidride carbonica sono alla base di forti oscillazioni del livello dei laghi fino alla tracimazione, un fenomeno molto frequente nel passato: sempre secondo l'equipe del Prof. Funiciello, questa è la genesi dei depositi di fango nella zona di Ciampino. Il susseguirsi di eruzioni di gas e delle conseguenti tracimazioni del lago hanno provocato la formazione di una numerosa serie di colate di fango (simili per composizione e dinamica a quelle scatenate dalla pioggia a Sarno qualche anno fa). La quantità di sedimento è stata talmente ingente da influenzare pesantemente la dinamica olocenica della piana.
I ricercatori indicano la continua tracimazione delle acque del lago di Albano come la causa scatenante dell'abbandono dei villaggi nella zona di Ciampino attorno al 1500 AC (che sono stati ricostruiti più a monte e – non a caso – ad un livello superiore a quello della superficie del lago). Per farle cessare i romani nel IV secolo costruirono un tunnel per abbassare di una settantina di metri il livello del lago.

Questi depositi di fango sono molto pericolosi per i gas: spesso nella zona attorno a Ciampino le concentrazioni di H2S sono molto elevate, oltre i limiti di legge, ma è soprattutto con la CO2 che c'è poco da scherzare. I sedimenti depositati dalle tracimazioni, impermeabili ai gas, ne rendono possibile l'accumulo nel sottosuolo. Il gas però può risalire improvvisamente se si crea una frattura, con effetti devastanti. Difficilmente arriva a concentrazioni pericolose, però è stato la causa della morte di numerosi piccoli animali come conigli, cani o gatti, o di animali più grossi, come vitelli. Qualche anno fa è purtroppo deceduto persino un uomo. Si ricorda per inciso una strage in Camerun, in cui la CO2 uscita dal lago Nyas, uno specchio d'acqua che occupa il cratere di un vulcano proprio come il lago di Albano, provocò nel 1986 la morte di 1.800 persone e di una gran quantità di animali.
Negli ultimi millenni l'attività vulcanica è considerevolmente rallentata e quindi si può supporre che gli eventi di età romana rappresentino un po' la coda in via di esaurimento dell'ultima fase attiva e che i pericoli siano nettamente diminuiti da allora. Nonostante tutto è bene fare attenzione: non si sa bene cosa potrà succedere in futuro: il sollevamento dell'area (30 centimetri fra il 1955 e il 1995) potrebbe anche essere stato innescato da nuove iniezioni magmatiche nella camera.

giovedì 12 febbraio 2009

Asteroide o vulcanismo per la fine dei dinosauri?

Sulle alture vicine a Gubbio. nella famosa sezione del Bottaccione e documentato nell'immagine, c'è un livello nerastro, ben riconoscibile in mezzo all'affioramento perchè è stato abbondantemente scavato. Il suo colore è dovuto alla forte presenza di materiale organico, denotante una moria di forme di vita in acque poco ossigenate. Il livello è caratterizzato da una anomala concentrazione di Iridio, un elemento particolarmente diffuso nelle meteoriti. Dopo quello di Gubbio. anche in altre parti della Terra sono stati trovati sedimenti coevi contenenti iridio e sferule vetrose.
Questo strato è particolarmente importante, perchè è contemporaneo alla ultima grande estinzione di massa, quella in cui scomparvero molte forme di vita, compresi i dinosauri, e meglio nota come “Evento K/T”. E' convinzione comune che tutto questo sia stato provocato dalla caduta sulla terra di un meteorite, che avrebbe provocato un forte raffreddamento dell'atmosfera: furono Luis Alvarez e suo figlio Walter, negli anni '70, a notare la contemporaneità fra l'evento K/T e l'enorme cratere da impatto di Chicxulub, che è ancora ben visibile 65 milioni di anni dopo, in Messico (la penisola dello Yucatan segue nella radice occidentale uno dei suoi bordi).

Nelle rocce di Gubbio, su cui ho svolto una piccola esercitazione quando ero studente universitario, c'è una cosa che mi ha sempre lasciato molto perplesso: un livello simile, però anteriore di circa una ventina di milioni di anni, detto “livello Bonarelli”, che finora non è ancora stato collegato ad un cratere da impatto. Di per se la cosa non può stupire: è statisticamente più probabile che un meteorite sia caduto in pieno oceano che sulla terraferma, semplicemente perchè gli oceani si estendono molto di più dei continenti. Di crosta oceanica dell'epoca non è rimasta tanta (la maggior parte è già stata subdotta lungo le fosse oceaniche) e quindi le tracce di tale evento potrebbero solo essere rintracciate in qualche sedimento dell'epoca.
Mi ero sempre lambiccato il cervello per capire se il fenomeno che aveva portato alla formazione del livello Bonarelli fosse una cosa locale oppure più estesa e se ci fosse un collegamento nel meccanismo di formazione di questi due strati.

Sulla rivista “Le Scienze”, una ventina di ani fa uscì un confronto fra i sostenitori dell'idea che l'evento K/T fosse causato dalla caduta dell'asteroide di Chicxulub e altri che invece ne ritenevano responsabili una serie di imponenti eruzioni vulcaniche avvenute in India, i cosiddetti “Trappi del Deccan”. All'epoca non esisteva Internet, pertanto le notizie arrivavano con il contagocce: rimasi stupito che ci fosse un'idea alternativa a quella degli Alvarez.
I “trappi” si formano grazie a una massiccia serie di eruzioni vulcaniche che, in poco tempo, producono migliaia di kilometri cubi di lave basaltiche. Le eruzioni di questo tipo sono molto rare e devono la loro esistenza a un pennacchio di roccia fusa che si forma nel mantello terrestre e che sale bruscamente. Nel Deccan hanno uno spessore superiore ai 2.000 metri e una estensione di oltre 500.000 kilometri quadrati (tanto per confronto; l'Italia ha una superficie di appena 300.000 kilometri quadrati!). Immaginatevi le enormi quantità di gas immesse nell'atmosfera da queste eruzioni: secondo i ricercatori, è possibile che abbiano rilasciato ogni anno un quantitativo di zolfo dieci volte superiore a quello oggi emesso da tutte le attività umane, per non parlare della CO2. Gli effetti sul clima e sulla quantità di ossigeno contenuta nell'aria avrebbero portato alla morte una buona parte delle forme viventi.
Quello che mi convinse di questa ricerca fu la contemporaneità fra altri fenomeni del genere e le precedenti estinzioni di massa che ci sono state sulla Terra: l'evento K/T non è l'unico momento in cui si sono estinte contemporaneamente una grande quantità di specie animali e vegetali. Dall'inizio del Cambriano ad oggi si contano almeno 5 episodi del genere e non stupisce, in una cronologia geologica determinata soprattutto dai fossili, che ad ogni estinzione corrisponda un cambio di periodo (per esempio fine dell'Ordoviciano o del Triassico) se non addirittura di era (con l'estinzione della fine del Permiano si conclude l'era paleozoica e con il K/T si conclude quella mesozoica).

L'unica incertezze era la datazione di queste eruzioni, che aveva una forbice di parecchi milioni di anni. A causa delle coincidenze temporali fra eruzioni di trappi ed altre estinzioni di massa, si diffuse l'idea che le altre estinzioni potevano essere state causate da intensi fenomeni vulcanici, ma che per il K/T le cose fossero andate diversamente e l'ipotesi del meteorite ha continuato ad essere sempre largamente maggioritaria nella comunità scientifica. In Italia trasmissioni ben fatte da persone che si documentano bene di cosa parlano come Superquark ne hanno sempre parlato come di una certezza.
Adesso i trappi del Deccan sono stati datati con precisione e, incrociando i dati radiometrici con quelli stratigrafici e paleomagnetici, si è visto che la durata del fenomeno è stata molto breve, meno di un milione di anni in cui si è depositata questa sterminata massa di lava e sono stati emessi tutti quei gas. Inoltre, una equipe della Princeton University, diretta dalla paleontologa Gertha Keller, lavorando in Texas sui depositi dello tsunami associato alla caduta, ha dedotto che il meteorite di Chicxulub sarebbe caduto almeno 300.000 anni prima del K/T. Queste prove scagionerebbero il meteorite e assegnerebbero ai trappi la patente di killer.
Restavano da spiegare l'anomalia dell'iridio e la presenza di sferule e la soluzione è arrivata: le lave del Deccan presentano alti valori di questo elemento, come anche quelle del Piton de la Furnace, un vulcano nell'Oceano Indiano posto dove ora la zolla indiana sta passando sopra al punto del mantello terrestre in cui è situato il pennacchio caldo che 65 milioni di anni fa dette origine ai trappi (all'epoca la crosta dell'India passava proprio sopra quel punto). Alti valori di iridio sono stati misurati pure nelle lave del Kilauea, nelle Hawaii, il cui vulcanismo ha un meccanismo di formazione simile a quello dei Trappi.

In questi giorni è uscita una ricerca che ascrive anche il “livello Bonarelli” ad attività vulcanica. Due geologi canadesi dell'Università dell'Alberta, Steven Turgeon e Robert Creaser hanno trovato nel Bonarelli ed in altri livelli coevi nel mondo forti anomalie positive dell'Iridio e dell'Osmio, e hanno ipotizzato che alla base del fenomeno ci siano state delle massicce eruzioni vulcaniche sottomarine a cui seguì l'estinzione di molte specie (una “piccola estinzione di massa”). Queste eruzioni avrebbero provocato un aumento di nutrienti in mare per cui ci sarebbe stata una esplosione del fitoplancton che a sua volta ha consentito una esplosione della fauna tale da consumare tutto l'ossigeno delle acque. Morendo in massa, queste creature sono finita in fondo al mare senza decomporsi. La anossia consentì il deposito di questi sedimenti scuri perchè piene di materia organica come il K/T.
Da notare che Turgeon e Creaser sono schierati con l'ipotesi del meteorite, precisando che “questi sedimenti e questa piccola estinzione di massa sono state provocate da eruzioni vulcaniche a differenza dell'evento K/T e di altre grandi estinzioni di massa, alle quali ha sicuramente concorso un impatto meteoritico”.

A me sembra difficile che il livello “Bonarelli” e quello corrispondente al K/T possano aver avuto una origine diversa e quindi l'idea dei due ricercatori canadesi suona mi suona come conferma dell'idea dei Trappi come killer dei dinosauri. Ed in effetti è aumentato il numero degli studiosi che propende per questa ipotesi.
Aggiungo – è notizia di pochi giorni fa – che i trappi della Siberia, simili a quelli del Deccan, sono esattamente coevi con l'estinzione di massa della fine del Permiano.
Resta da capire quanto all'estinzione di massa della fine del Cretaceo abbiano concorso i gas per avvelenare l'atmosfera e quanto sia stata determinante l'alterazione del chimismo delle acque che ha favorito la crescita del fitoplancton.

martedì 10 febbraio 2009

Evoluzionismo come sempre sotto tiro, anche in Italia. Ignoranza o voluta disinformazione?


Se l'umanità, credente o non credente, fosse davvero una comunità di persone razionali non si capirebbe che bisogno ci sia di continuare il dibattito sull'evoluzionismo, alla luce dei risultati della scienza. Invece il problema continua, a 150 anni dalla pubblicazione di "l'origine delle specie".
Negli Stati Uniti proseguono le richieste da parte di fondamentalisti cristiani per dare a creazionismo e disegno intelligente la stessa dignità scientifica dell'evoluzionismo, per fortuna con rare vittorie e molte sconfitte, anche legali. Sono passati gli anni in cui era vietato insegnare l'evoluzione (nel 1925 nel Tennessee un insegnante, John Scopes, fu condannato per questo). Noto con curiosità che gli attivisti della Bibbia, scrivono Glenn Branch e Eugenie C. Scott sull'ultimo numero di Le Scienze, non contestano solo l'evoluzionismo, ma anche il riscaldamento globale. Avevo già letto qualche cosa in proposito e la ormai mitica Sarah Paulin, creazionista, è dello stesso avviso. Sinceramente non capisco questo passaggio e cioè perchè negare su base biblica i cambiamenti climatici (siano essi opera dell'uomo o un evento naturale, questo non è il posto giusto per dibattere).

I creazionisti sostengono che l'evoluzionismo sia una minaccia per la religione, la morale e la società. Allora, che sia una minaccia alla religione, posso anche essere d'accordo., anche se di credenti evoluzionisti ce ne sono eccome. Ma che questo sia l'unico attacco da cui debbano guardarsi gli ambienti religiosi ne dubito.... Non comprendo invece come Darwin e successori siano una minaccia per la morale e per la società. E neanche capisco come possano dire che i risultati della scienza smentiscano il quadro dell'evoluzione. Mah...
Leggo su un forum, in cui mi sono imbattuto per caso: "anche la stessa scoperta del DNA getta un po' di ombre sulla teoria". Semplicemente strabiliante....
Ripeto ancora una volta che creazionisti e sostenitori dell'Intelligent Design non cercano di confermare il loro pensiero, ma di trovare delle contraddizioni nell'evoluzionismo e negano che dal 1859 ad oggi si siano moltiplicate le prove a favore dell'evoluzionismo.

Leggo testualmente nella presentazione di un libro "Circa 150 anni fa, il naturalista inglese Charles Darwin propose una teoria basata su diverse osservazioni compiute durante i suoi viaggi, ma che non ha potuto avere il supporto di alcuna scoperta scientifica successiva. In sintesi, la sua teoria dell'evoluzione consisteva di vari scenari, supposizioni e congetture che Darwin stesso inventò con la sua immaginazione".
E ancora "Le affermazioni di Darwin naturalmente non erano basate alcuna prova o scoperta scientifica. Ma poiché la comprensione scientifica e i mezzi tecnologici disponibili a quel tempo erano ad un livello decisamente primitivo, la natura ridicola e irrealistica di questa asserzione non emerse alla luce del sole in tutta la sua completezza. In tale clima, gli scenari di Darwin ricevettero una generale accettazione da un gran numero di ambienti".
Non mancano, ovviamente,i riferimenti alla “cultura materialista”. Seguono una serie di osservazioni sulla scienza e sul mondo scientifico. Una persona anche non troppo dotata di cultura scientifica capisce al volo la montagna di idiozie che sono contenute in queste affermazioni. Non ho capito bene se chi scrive queste cose denota una completa ignoranza in materia o una eccezionale volontà di disinformare e mistificare.

Credo che questo testo provenga dalla Turchia: la questione infatti sta anche entrando nel mondo islamico, a mano a mano che il progresso scientifico avanza. Proprio in Turchia, ad esempio, è stato oscurato il sito di Richard Dawkins, e sta sorgendo una lobby creazionista ben strutturata e soprattutto ben finanziata.
Anche in Inghilterra la situazione è un po' pesantina, con scuole private che insegnano solo il creazionismo biblico (o, più probabilmente, il perchè secondo loro la scienza sbaglia). In Italia non andiamo troppo meglio... La cosa mi desta molte perplessità soprattutto perchè il movimento creazionista non è radicato nel nostro paese, ma vi è stato importato dagli USA molto di recente. L'Italia del XIX secolo invece è stata importante per Darwin, un po' per gli studi di Giovan Battista Brocchi, considerato un grande studioso persino da quel monumento della geologia che è stato Charles Lyell, un po' perchè in Italia Darwin aveva molti corrispondenti e fu addirittura nominato Accademico dei Lincei nel 1875.
Poi però sono venuti Benedetto Croce e Giovanni Gentile e allora addio scienza....

Nel nostro paese infatti la situazione è un po' diversa a causa della nota avversione della cultura umanistica dominante per la scienza, considerata cultura di “serie B”: vediamo come da noi in tema di evoluzionismo rispetto a quella della comunità scientifica tutta conti molto di più l'opinione della moglie di un noto sociologo, sociologa anche lei, (la cui ultima fatica letteraria in proposito è stata persino presentata a Rai1 e Rai2, oltrechè a Radio Maria...) che ha detto “impossibile che l'uomo e le scimmie abbiano gli stessi antenati” e secondo la quale l'evoluzionismo non può essere illustrato ai banbini: se ne può parlare solo al penultimo anno di liceo e all'università, ma ai bambini no....
Si ritorna al discorso di prima, sulla immoralità dell'evoluzionismo....

Per quanto riguarda la Chiesa Cattolica, dopo le coraggiose prese di posizione di Papa Wojtila, in parte smentite negli ultimi anni dal suo successore e dalla Curia Vaticana, c'è da mettersi le mani nei capelli, specialmente con alcuni personaggi legati ad ambienti molto conservatori: basti ricordare alla rimozione dalla Specola Vaticana di Padre George Koyne, valente astronomo e (ahilui!) convinto evoluzionista.
Resta il fatto che per calcolo politico e per l'influenza di alcune autorità religiose (che stanno ripetendo a secoli di distanza lo stesso errore commesso con Galileo), l'evoluzionismo ha ancora dei grossi problemi, anche in Italia dove era stato tolto dall'insegnamento nei licei...

Non solo, ma quando il Parlamento Europeo, nel 2007, adottò la risoluzione n.1580, sui pericoli del creazionismo nell'istruzione, su 4 partecipanti italiani alla votazione, 3 hanno votato contro e precisamente Andrea Rigoni (Margherita), Dario Azzolini e Lorenzo Cesa (entrambi UDC). Sottolineo la strana inversione dei ruoli: Dario Rivolta (Forza Italia) si è pronunciato a favore della risoluzione (con molto coraggio visto che nel suo partito milita la Moratti che quando era ministro della pubblica istruzione ha cercato di tagliare Darwin e l'evoluzionismo dai programmi scolastici....) mentre ha votato contro un parlamentare di centro-sinistra....

Adesso non vorrei che, anche in Italia, il dibattito sull'evoluzionismo diventi politico, senza rendersi conto che la Scienza non è di destra o di sinistra e che quindi il parlamento si dividerà fra forze che appoggiano le istanze creazioniste solo per il bacino di voti che possono rappresentare e forze che si battono per una laicità dello stato (e quindi per il corretto insegnamento delle scienze senza preconcetti ideologici e morali).
Un'ultima considerazione in proposito: perchè nessun creazionista è laureato in materie scientifiche?
Difficilmente sarò ancora al mondo quando ci sarà il 200° anniversario della pubblicazione dell'Origine delle Specie. Spero per quel momento che i residui creazionisti saranno definitivamente sconfitti.

domenica 8 febbraio 2009

Charles Darwin: uno scienziato che seppe cambiare le proprie idee.


Il 12 febbraio di 200 anni fa nasceva Charles Darwin, probabilmente lo scienziato più amato o odiato che sia mai esistito.
L'origine delle specie è uno dei testi fondamentali per l'umanità: dopo diversi tentativi di spiegare l'evoluzione, ecco arrivare una teoria semplice e sintetica che spiega come abbia fatto ad evolversi la vita sulla Terra. L'avvento della genetica non ha fatto altro che confermare le idee darwiniane (e non so come alcuni riescano a dire il contrario).
Purtroppo a 150 anni esatti dalla presentazione di questo libro, ci sono ancora molte persone, scientificamente impreparate ma che si credono portatrici di verità grazie alla Bibbia, che continuano a negare l'evoluzionismo, e sostengono che ancora ne mancano le prove ...
E' chiaro che in tutto il mondo i creazionisti siano sulla difensiva: l'unica cosa che sanno fare è cercare spasmodicamente di trovare prove “contro” (di solito eventi ancora non spiegati, o frasi di biologi prese a caso, senza indicarne il contesto), nella speranza di inficiarne la validità generale. Mai che cerchino di trovarne ”a favore” delle loro idee. L'ultimo mi ha personalmente affermato con convinzione che “mancano ancora molti scheletri”.
L'ineluttabilità dell'evoluzionismo ha spinto il movimento creazionista a far nascere l'Intelligent Design, che ammette l'evoluzione, sia pure guidata da una mente intelligente. Il creazionismo, ormai non più sostenibile, rientra dalla finestra con questa nuova ipotesi, che però non può essere ovviamente considerato scienza, presupponendo l'intervento di un qualcosa di sovrannaturale.
Ora, capisco bene che per le religioni l'evoluzionismo può essere una minaccia (e il pensiero ateo come quello di Richard Dawkins ne è una dimostrazione), ma è impossibile andare contro la realtà dei fatti. Lo stesso Darwin, credente, si rese ben conto di questo.
Per delegittimare l'evoluzionismo, assistiamo anche alla demonizzazione del suo propugnatore: molti sostengono, per denigrarlo, che la “sopravvivenza del più adatto” e la “selezione naturale” siano alla base della eugenetica e del darwinismo sociale. La cosa è purtroppo vera, ma è come dare la colpa a Gesù Cristo per la santa inquisizione o le guerre di religione....
A questo proposito è rimarcabile che Darwin invece temesse proprio il contrario: oltre alla questione religiosa, aveva paura che specialmente “l'origine dell'uomo” e il suo contenuto potentemente egualitario potessero scardinare “dal basso” le istituzioni inglesi (e la superiorità dell'uomo bianco, su cui si reggeva l'Impero Inglese). Il ritardo fra le intuizioni e la loro pubblicazione si deve proprio a questo. Forse, senza Alfred Russel Wallace, il mondo avrebbe dovuto aspettare ancora altri anni per vedere pubblicata questa opera fondamentale: Wallace, un altro naturalista inglese, arrivò alle stesse conclusioni di Darwin (e il rapporto fra i due non è ancora chiarito del tutto). Comunque è passato lo stesso alla storia: la “linea di Wallace”, un ottima riprova biologica della realtà della tettonica a zolle è quella linea che divide le faune del sudest asiatico con quelle di Australia e Nuova Guinea. .

Vorrei fare un po' di chiarezza su Darwin e l'evoluzionismo e soprattutto ricordare che l'evoluzionismo è nato ben prima di Darwin e che Darwin nacque creazionista.

Prima del grande scienziato inglese, altri studiosi avevano ipotizzato vari meccanismi per l'evoluzione, compreso Lamarck con la trasmissione dei caratteri acquisiti, ma nessuno aveva convinto appieno, compreso un italiano, Giovan Battista Brocchi che ai primi dell'800 aveva ipotizzato per le specie un ciclo di vita come i corpi (giovinezza, maturità e morte), senza però riuscire a spiegare come una specie si originava. Per chi volesse leggere una sintesi dell'evoluzionismo prima di Darwin (e sul dibattito sulla natura dei fossili), da Niccolò Stenone in poi, compresa la famosa “beffa di Beringer”, perpetrata da evoluzionisti ad un noto scienziato creazionista che negava la natura ormai riconosciuta dei fossili come tracce di animali del passato, consiglio “le pietre false di Marrakech”, ultima opera del compianto Steven Jay Gould, un paleontologo, eccezionale divulgatore, che non si sa come mai alcuni creazionisti citano contro Darwin...
Per capire la grandezza dell'intuizione darwiniana, facciamo un parallelo fra evoluzionismo e tettonica a zolle: Francis Bacon (!) ebbe la prima intuizione sull'apertura dell'Atlantico, Wegener nel 1910 scrisse “la formazione dei continenti e degli oceani” ma fino ai primi anni 60, quando l'immenso (e purtroppo sconosciuto ai più) John Tuzo Wilson descrisse su “Scientific American” la tettonica a zolle crostali, nessuno prendeva in considerazione il movimento dei continenti perchè era più semplice per spiegare la distribuzione delle faune e delle flore fossili far apparire e scomparire dei ponti fra dei continenti che muoverli. Poi, con lo studio dei fondali oceanici, furono scoperte le età dei sedimenti oceanici, il paleomagnetismo nella loro crosta, i valori di flusso di calore dall'interno della terra, le dorsali medio-oceaniche e le differenze fra crosta oceanica e crosta continentale. A quel punto, unificati tutti i fenomeni geologici in un singolo contesto, per i geofisici è diventato più facile spiegare le cose con espansioni di oceani e movimenti dei continenti che trovare un meccanismo per creare dei ponti di terra fra i continenti e farli poi affondare.
Darwin quindi sta alla biologia come Wilson alla Geologia: è stato “solo” colui che ha ipotizzato un meccanismo congruo per l'evoluzione, la selezione naturale (in pratica ha predetto l'esistenza del DNA 100 anni prima della sua scoperta), dopo che altri ne avevano in qualche modo già presentato il concetto.

Come ho sottolineato, nonostante il nonno fosse un evoluzionista, Darwin nacque creazionista. Nelle sue memorie scrive che sì, la “Zoonomia”, il libro pubblicato da Erasmus Darwin, lo aveva meravigliato, ma che non ci aveva trovato niente di utile. E la “trasmutazione” di una specie in un'altra era un concetto a lui familiare, ma che rifiutava. Furono le faune del Sudamerica, così diverse da quelle europee e l'osservazione delle differenze fra le due popolazioni di Warrah delle Falkland, ancora prima di arrivare alle Galapagos a instillargli durante il famoso viaggio con la “Beagle” i primi dubbi.
La seconda scintilla la ebbe osservando i nandù, dei grossi uccelli non volatori: notò come le due specie fossero diffuse in aree geografiche adiacenti, pensò ai Warrah e ad altri casi del genere e si chiese se questo fenomeno potesse accadere oltrechè nello spazio anche nel tempo. La dimostrazione che all'epoca era ancora creazionista sta nel fatto che quando, proseguendo il viaggo, arrivò alle Galapagos, non iniziò subito a segnalare accanto a disegni o reperti l'isola di provenienza e quando anni dopo riprese in mano questi materiali – rendendosi conto dell'importanza di questo aspetto – dovette chiedere l'aiuto del comandante della Beagle, il Capitano Fitzroy, che invece i suoi li aveva ben catalogati (dubito che Fitzroy, ardente creazionista, gli abbia poi dato una mano...). Quindi l'idea dell'evoluzionismo gli venne in mente a poco a poco.
Dalla prima formulazione darwiniana l'evoluzionismo si è.... evoluto, traendo negli ultimi decenni nuova linfa dalla genetica. Soprattutto ha perso un po' di quella costanza graduale nei cambiamenti tipica del pensiero darwiniano (mutuata da Lyell, che è un pò il fondatore della geologia moderna) e suggerendo delle accelerazioni improvvise nell'evoluzione, come per esempio negli “equilibri puntiformi” di Gould, seguite da fasi di stasi. E' possibile che il gradualismo quasi perfetto di Darwin si sia sviluppato come reazione estrema ai "catastrofisti", quelli che pensavano che la Terra più che cambiamenti graduali sperimentasse catastrofi improvvise che cambiavano di netto la situazione.
Personalmente sono un darwinista di “confessione” dawkinsiana, quella del “gene egoista”, per intendersi: gli esseri viventi non sono altro che il mezzo con cui i geni tentano di replicare se stessi. Ma vorrei anche riuscire a fare una sintesi con gli equilibri Gouldiani. Peccato che Dawkins e Gould sono sempre stati in polemica fra di loro: secondo me hanno raccontato due facce diverse dello stesso poligono....
In definitiva non possiamo che inchinarci al genio di Charles Darwin, un uomo che osservando la natura, ha cambiato le sue convinzioni e ha capito, almeno da un punto di vista biologico, le domande principali della filosofia: “chi siamo” e “da dove veniamo”. Ma filosofi e umanisti vari se ne sono tutti resi conto?

giovedì 5 febbraio 2009

"scienzeedintorni" segnalato da Ole Nielsen!

Devo pubblicamente ringraziare una persona: Ole Nielsen.
Ole Nielsen, danese, è sicuramente uno dei migliori blogger scientifici del mondo (a mio avviso il migliore). Il suo “Olelog”, oltre alla brillante veste grafica, è un capolavoro di chiarezza, competenza ed attualità e non nego di averlo avuto come inarrivabile modello quando pensavo a “Scienzeedintorni
I blogger sono personaggi importanti dal punto di vista della informazione, perchè hanno la capacità di intervenire sulla notizia del momento (e soprattutto sanno quale scegliere fra le tante). E Olelog è un brillante esempio di questo.
Ebbene, Ole Nielsen ha fatto una classifica dei blog che, a suo giudizio, sono i migliori nella geoblogosfera. E fra questi ha messo proprio Scienzeedintorni, nonostante che sia in italiano, come ha puntualizzato.
Ammetto che ricevere mail con commenti, richieste di informazioni o semplicemente di complimenti e l'essere citato e/o linkato da siti e blog vari mi fa veramente molto piacere, come quando qualcuno commenta direttamente gli articoli. Ma di solito preferisco non farne cenno pubblicamente perchè lo considero un fatto personale. In attesa di (improbabili, purtroppo) soddisfazioni materiali (che però sarebbero assolutamente gradite....!), sono le soddisfazioni morali che ti ripagano del tempo che perdi a scrivere i post. E ringrazio ancora una volta infinitamente tutti coloro che mi hanno scritto o hanno parlato di me sulle loro pagine. Ma essere scelto fra più di un centianio di “fratelli” della geoblogosfera da Ole Nielsen e affiancato a mostri sacri del geo-blogging come “the volcanism blog”, “clastic detritus” e “highly alloctonous”, fa venire le vertigini....

PS per chi volesse visitare "Olelog" e gli altri blog citati, il link è dalla fondazione di scienzeedintorni (o, meglio, da quando ho capito come mettere i link) in alto a sinistra nella pagina

mercoledì 4 febbraio 2009

Il trionfale 2008 dell'energia eolica in Europa e i dubbi sul solare: la risposta ai bisogni di energia "soffia nel vento"?


Finalmente una buona notizia sulla spinosa questione della produzione di energia elettrica: nel 2008 nell'Unione Europea sono entrati in servizio impianti di produzione per quasi 20.000 MW e per la prima volta le energie rinnovabili sono state quasi pari ai combustibili fossili, grazie all'energia eolico, che vince la classifica con un bel distacco: ben il 43% dei nuovo megawatt impiantati sono ricavati dal vento (con un incremento in termini assoluti del 15% rispetto all'installato del 2007). Seguono gas (35%), petrolio (13%) carbone (4%) e, seconda fra le rinnovabili, l'energia idroelettrica con il 2%. Il valore del fotovoltaico è risibile.
I risultati dell'eolico sono veramente lusinghieri in Europa, mentre gli Usa sono un po' più indietro (anche se la consociata statunitense della nostra ENEL sta progettando grosse cose e non è la sola).
Questi dati si prestano ad alcune considerazioni importanti:
1. un futuro energetico “rinnovabile” è davvero possibile
2. nell'immediato conviene puntare sull'eolico
3. il solare, nonostante il grande battage pubblicitario e le spinte politiche di cui gode, è assolutamente inconsistente
Le turbine eoliche installate fino ad oggi assicurano il 4.2% della domanda di corrente elettrica della UE, evitando di emettere in atmosfera 108 milioni di tonnellate di C0 2 all'anno (come se si togliessero dalle strade europee più di 50 milioni di automobili).
A questo vanno aggiunti dei grossi vantaggi economici: l'eolico consente di crearsi energia in casa propria ad un costo più o meno costante, evita inquinamento atmosferico e importazioni dall'estero che penalizzano la bilancia commerciale, produce posti di lavoro (160.000 nella EU, che in un periodo come questo sono tutt'altro che trascurabili), crea know-how da rivendere all'estero. L'unico impatto è quello visivo delle pale eoliche, ma mi sembra che in Italia in materia paesaggistico – ambientale si sia fatto anche di molto peggio....
Quello che lascia oggettivamente perplessi è la mancanza di attenzione in merito degli organi di stampa generalisti, che si occupano dell'argomento solo in casi particolari, spesso dando fiato a nemici delle pale eoliche, ree di disturbare il paesaggio. Noto a questo proposito come in Sicilia stanno avversando l'idea di turbine eoliche a largo delle coste e nella terraferma, con grandi personaggi politici coinvolti: mi chiedo cosa pensino questi stessi personaggi della cementificazione delle bellissime spiagge dell'isola..... Ho notizie di almeno un altro caso in Italia, in Maremma
Eppure il nostro paese, per una volta, non sta a guardare: secondo la EWEA, European Wind Energy Association, siamo al terzo posto in Europa per megawatt eolici installati nel 2008: Germania e Spagna si giocano il primato (rispettivamente 1665 e 1609 MW), ma noi arriviamo buoni terzi con 1010 MW, davanti a Francia (950) e Gran Bretagna (840). Da notare che i paesi rivieraschi dell'Atlantico hanno dei venti molto più interessanti dei nostri.....
In sostanza ci sono 12 stati europei che hanno più di 900 Megawatt di capacità di produzione di energia eolica. E in paesi più piccoli o in cui questa fonte di energia copre un fabbisogno marginale, il 2008 ha portato un raddoppio della capacità installata.
Si parla molto di produzione di energia eolica su piattaforme offshore: indicata da molti come la soluzione migliore, allo stato è responsabile di appena il 2% della produzione totale. Ci sono molto progetti in materia, specialmente in California, ma ci sono delle perplessità per eventuali conseguenze sulla fauna e la flora marine: se da un lato queste “isole” potrebbero servire per ricostituire artificialmente un buon ecosistema costiero un po' a largo (e quindi fungere anche da fulcri per la salvaguardia delle creature marine), uno studio ha ipotizzato che tali costruzioni possano rallentare le correnti lungo le coste interessate, provocando un rimescolamento in verticale delle acque che avrebbe delle pesanti ripercussioni sulla distribuzione delle sostanze nutritive. Un punto di vista da studiare con interesse, secondo il noto "principio di precauzione”, anche se mi entra una pulce nell'orecchio: la ricerca proviene dalla Norvegia, uno dei maggiori paesi produttori di petrolio e gas....
Se il vento sta riscuotendo tutto questo successo nel silenzio, il solare si sta rivelando un bluff, nonostante l'enorme spinta politica e mediatica? Io aspetterei ancora un pò a parlare di bluff. Diciamo che il solare ha ancora dei problemi non indifferenti e che, una volta risolti, potrà comunque occupare dei settori “di nicchia”. Fondamentalmente il Kw solare costa ancora troppo, l'energia che sviluppa è poca e soprattutto è generata discontinuamente: il vento soffia 24 ore su 24 (e indipendentemente dalla presenza di nuvole), il solare necessita appunto dell'insolazione e quindi, se anche può funzionare persino con cielo nuvoloso, è impossibile che ciò avvenga di notte....
Quindi per poter essere indipendente, un impianto fotovoltaico deve essere dotato di un polmone per conservare in qualche modo l'energia, per la notte e per i giorni a scarsa luminosità. E qui casca l'asino: sfortunatamente lo stoccaggio di energia elettrica è molto difficile (altrimenti l'auto elettrica sarebbe una realtà ben più solida...).
Sono state già fatte delle esperienze utilizzando come vettore e riserva di energia l'idrogeno (per esempio ad Arezzo, ne ho parlato l'estate scorsa). Il problema è che ancora i costi sono alti, insostenibili per l'economia reale anche se il sistema è estremamente vantaggioso dal punto di vista ambientale.
La ricerca sul fotovoltaico deve svolgersi su due binari, migliorare l'efficienza dei pannelli e trovare delle tecniche di stoccaggio dell'energia prodotta più efficaci. Sul primo aspetto leggo notizie tutti i giorni - anche troppe -, sul secondo un po' meno. Pensare ad un futuro in cui almeno le utenze domestiche (i classici 3 kwh) possano essere servite da energia fotovoltaica prodotta e stoccata in proprio non è vietato. Ma è ancora piuttosto lontano: oggi ci sono solo buoni esempi di piccole attrezzature che consumano poca energia alimentate con celle fotovoltaiche, come cartelli stradali (in California persino cartelloni pubblicitari), idrometri e quant'altro.

Invece le potenzialità dell'energia eolica per la produzione concentrata di grandi quantitativi di energia sono ormai assodate e nell'immediato, con la fame di energia che c'è e con la drammatica situazione delle emissioni dei combustibili fossili, questa è la fonte da privilegiare ovunque e comunque. Teniamo conto anche che, se oggi (febbraio 2009) il prezzo del petrolio è ai minimi, prima o poi risalirà, con evidenti ripercussioni sul prezzo dell'energia che vi viene prodotta, mentre il costo di produzione di un kilowatt eolico rimarrà evidentemente costante....
Insomma, alla famosissima canzone di Bob Dylan bisognerebbe aggiungere che anche il futuro dell'energia pulita “is blowing in the wind”....