Trovare un meeting più inconcludente di questo sarà molto difficile: tutto rinviato al 2010 quando l'organizzazione sarà ad un bivio drammatico: continuerà ad esistere oppure si dissolverà e/o le nazioni che vogliono cacciare le balene si sentiranno libere di farlo senza nessuna costrizione. Di fatto il senso del rinvio è questo e per studiare il futuro dell'IWC è stato attivato un sottocomitato che si riunirà ad ottobre in Cile. Praticamente questa è l'unica decisione uscita da 4 giorni di discussioni.
Ma si poteva fare di più? Difficile: purtroppo fra favorevoli e contrari alla caccia le posizioni sono inconciliabili. Intanto il fronte del “sì” accoglie un nuovo membro, la Danimarca che vorrebbe il permesso per permettere agli aborigeni di praticare la caccia tradizionale di 10 esemplari di megattera lungo le coste groenlandesi, in aggiunta ai 178 capi di Balena della Groenlandia in programma. Non so se dietro la richiesta ci sia il nuovo governo groenlandese. Gli altri membri della Unione Europea non l'hanno presa molto bene. Comunque la discussione di questa richiesta è stata rinviata, ma non al meeting dell'anno prossimo: per adesso se ne dovrebbe discutere in un meeting secondario in programma a ottobre.
Che tiri una brutta aria lo si nota anche dalla questione dei “santuari”, le zone di protezione integrale dalla caccia alle Balene: è stata pure rimandata per l'ennesima volta la discussione sulla istituzione di nuove aree, come quella dell'Atlantico Meridionale (un cavallo di battaglia del Brasile). Notiamo come in quell'area per adesso nessuno vi faccia attività del genere: sarebbe stato un bel gesto l'approvazione da parte delle nazioni favorevoli alla caccia, ma evidentemente volevano qualcosa in cambio. Quanto al whalewatching, che sta diventando un business importante e che chiaramente si scontra con la pratica della caccia, forse stiamo un po' esagerando: un gruppo di studio si occuperà del problema della influenza di questa attività sulla vita dei cetacei. Una delle poche decisioni prese e non certo una di alto livello....
Il meeting poi si è occupato dei problemi che i cetacei stanno incontrando ed incontreranno a causa dei cambiamenti climatici. Particolarmente interessati non sono solo quelli che vivono in zone polari, bensì sono a rischio anche le popolazioni che vivono in ambienti costieri: l'innalzamento del livello marino, le modificazioni delle correnti all'uscita dei fiumi in mare e del regime dei fiumi stesso (dettato da cambiamenti nella quantità e nella distribuzione delle precipitazioni) potranno apportare modifiche anche pesanti all'ambiente, a livello morfologico e nella distribuzione del carico dei sedimenti. Con quali conseguenze per la fauna non è dato sapere, anche perchè sono questioni estremamente localizzate e ciascuna area ha le sue peculiarità.
Sulla questione delle balene vittime di incidenti, spesso letali come nel caso del Capodoglio che si vede nella figura qui a fianco, si registra che è stato attivato dall'IWC un database degli incidenti. Non sempre lo scontro è mortale per gli animali: sono state spesso avvistate balene vive che portano i segni degli scontri. Il globo di cui sono dotate le navi moderne sotto la prua è un grave problema quando lo scontro avviene sul davanti dell'imbarcazione. Ovviamente elencare i morti serve ma non è l'unico aspetto per capire quanto queste perdite incidano sulla popolazione: è ovviamente necessario conoscere anche la consistenza degli stock. C'è poi il lato umano ed economico della cosa: danni alle imbarcazioni e vittime fra le persone. Oltre alle normali navi da carico, hanno avuto incidenti del genere navi da crociera, aliscafi e imbarcazioni di whale-watching.
Purtroppo non tutti gli incidenti vengono annotati e non sempre per omissione: è possibile che nessuno sulla nave, specialmente se commerciale, si accorga della cosa. Spesso che c'è stato un incidente lo si nota quando una carcassa arriva sulla costa e viene analizzata. Le aree più a rischio sono quelle dove sono contemporaneamente più alte la densità della popolazione e quella del traffico navale. Tali condizioni si verificano di più lungo la costa atlantica del nordamerica e nel Mediterraneo
Uscendo dalla cronaca, non capisco perchè i giapponesi abbiano rifiutato la diminuzione delle catture “a scopo scientifico” in Antartide in cambio del permesso di cacciare commercialmente nelle acque di casa loro un numero di capi pari al “taglio” delle catture nelle acque polari. I miei dubbi aumentano se si pena anche che hanno davvero l'obbiettivo di cacciare a scopi scientifici nel Pacifico Settentrionale.... Forse puntano semplicemente ad ottenere nuove quote. E tutto questo mentre il governo giapponese ammette esplicitamente il consumo di carne di balena nel proprio paese, chiedendo alle altre nazioni di essere d'accordo che in qualche nazione si possa mangiare.
A proposito: ho finalmente trovato un lavoro scientifico sui dati ricavati dalle balene cacciate: un riassunto di un workshop tenutosi a Yokohama alla fine del Gennaio 2009. Non mi risulta abbia avuto una vasta eco nel mondo scientifico. Ho gli atti di questo convegno e li leggerò appena posso. Da una lettura sommaria resto perplesso soprattutto su una cosa: le catture servirebbero per determinare diverse variabili, fra cui età, peso e dimensioni, aspetti genetici, malattie, effetti dell'inquinamento e di cosa si nutrono le balene. Soprattutto con l'ultimo si rasenta il ridicolo, visto che proprio da parte del Giappone e dei suoi sostenitori era stato avanzato il dubbio che le balene fossero la causa del declino delle popolazioni ittiche e che quindi causavano danni economici (nei confronti dei pescatori) e ambientali. Ma non si erano accorti che più che tonni, merluzzi e altri pesci di interesse commerciale i grandi cetacei si ingollano tonnellate di krill o di altri piccoli crostacei planctonici????
Sempre per il Giappone mi chiedo quanto effettivamente costi una cattura. Non solo in spese “vive”, ma per esempio in tutta quella attività internazionale a sostegno della cosa: penso soltanto a quante nazioni aderenti all'IWC del terzo mondo non hanno tradizioni di caccia alle balene ma sostengono questa attività e le tesi del Sol Levante nell'IWC solo perchè il suo governo in qualche modo li ripaga.
Intanto gli islandesi hanno cominciato la caccia alla balenottera comune. Quest'anno ne vorrebbero catturare 150, anche se la specie è definita “in pericolo” dalla “International Union for Conservation of Nature”. Il nuovo governo irlandese protesta timidamente (la ripresa della caccia è il frutto dell'ultima riunione - pre-elettorale! - del vecchio governo, che fra parentesi mi pare fosse di sinistra). Le proteste probabilmente sono utili sul fronte esterno, e cioè in funzione di un avvicinamento alla Unione Europea. Mistero sulla sorte della carne: i giapponesi (almeno ufficialmente) non ne sono interessati e sembra che i norvegesi abbiano sospeso le catture a meno della metà delle 885 previste semplicemente perchè non riescono a venderla.
E alla fine questa potrebbe essere la soluzione: nessuno compra carne di balena, nessuno caccia le balene.... Si teme che per adesso finisca nelle scatole di cibo per animali. E' una "leggenda metropolitana" diffusasiin rete o una ipotesi reale
Ma si poteva fare di più? Difficile: purtroppo fra favorevoli e contrari alla caccia le posizioni sono inconciliabili. Intanto il fronte del “sì” accoglie un nuovo membro, la Danimarca che vorrebbe il permesso per permettere agli aborigeni di praticare la caccia tradizionale di 10 esemplari di megattera lungo le coste groenlandesi, in aggiunta ai 178 capi di Balena della Groenlandia in programma. Non so se dietro la richiesta ci sia il nuovo governo groenlandese. Gli altri membri della Unione Europea non l'hanno presa molto bene. Comunque la discussione di questa richiesta è stata rinviata, ma non al meeting dell'anno prossimo: per adesso se ne dovrebbe discutere in un meeting secondario in programma a ottobre.
Che tiri una brutta aria lo si nota anche dalla questione dei “santuari”, le zone di protezione integrale dalla caccia alle Balene: è stata pure rimandata per l'ennesima volta la discussione sulla istituzione di nuove aree, come quella dell'Atlantico Meridionale (un cavallo di battaglia del Brasile). Notiamo come in quell'area per adesso nessuno vi faccia attività del genere: sarebbe stato un bel gesto l'approvazione da parte delle nazioni favorevoli alla caccia, ma evidentemente volevano qualcosa in cambio. Quanto al whalewatching, che sta diventando un business importante e che chiaramente si scontra con la pratica della caccia, forse stiamo un po' esagerando: un gruppo di studio si occuperà del problema della influenza di questa attività sulla vita dei cetacei. Una delle poche decisioni prese e non certo una di alto livello....
Il meeting poi si è occupato dei problemi che i cetacei stanno incontrando ed incontreranno a causa dei cambiamenti climatici. Particolarmente interessati non sono solo quelli che vivono in zone polari, bensì sono a rischio anche le popolazioni che vivono in ambienti costieri: l'innalzamento del livello marino, le modificazioni delle correnti all'uscita dei fiumi in mare e del regime dei fiumi stesso (dettato da cambiamenti nella quantità e nella distribuzione delle precipitazioni) potranno apportare modifiche anche pesanti all'ambiente, a livello morfologico e nella distribuzione del carico dei sedimenti. Con quali conseguenze per la fauna non è dato sapere, anche perchè sono questioni estremamente localizzate e ciascuna area ha le sue peculiarità.
Sulla questione delle balene vittime di incidenti, spesso letali come nel caso del Capodoglio che si vede nella figura qui a fianco, si registra che è stato attivato dall'IWC un database degli incidenti. Non sempre lo scontro è mortale per gli animali: sono state spesso avvistate balene vive che portano i segni degli scontri. Il globo di cui sono dotate le navi moderne sotto la prua è un grave problema quando lo scontro avviene sul davanti dell'imbarcazione. Ovviamente elencare i morti serve ma non è l'unico aspetto per capire quanto queste perdite incidano sulla popolazione: è ovviamente necessario conoscere anche la consistenza degli stock. C'è poi il lato umano ed economico della cosa: danni alle imbarcazioni e vittime fra le persone. Oltre alle normali navi da carico, hanno avuto incidenti del genere navi da crociera, aliscafi e imbarcazioni di whale-watching.
Purtroppo non tutti gli incidenti vengono annotati e non sempre per omissione: è possibile che nessuno sulla nave, specialmente se commerciale, si accorga della cosa. Spesso che c'è stato un incidente lo si nota quando una carcassa arriva sulla costa e viene analizzata. Le aree più a rischio sono quelle dove sono contemporaneamente più alte la densità della popolazione e quella del traffico navale. Tali condizioni si verificano di più lungo la costa atlantica del nordamerica e nel Mediterraneo
Uscendo dalla cronaca, non capisco perchè i giapponesi abbiano rifiutato la diminuzione delle catture “a scopo scientifico” in Antartide in cambio del permesso di cacciare commercialmente nelle acque di casa loro un numero di capi pari al “taglio” delle catture nelle acque polari. I miei dubbi aumentano se si pena anche che hanno davvero l'obbiettivo di cacciare a scopi scientifici nel Pacifico Settentrionale.... Forse puntano semplicemente ad ottenere nuove quote. E tutto questo mentre il governo giapponese ammette esplicitamente il consumo di carne di balena nel proprio paese, chiedendo alle altre nazioni di essere d'accordo che in qualche nazione si possa mangiare.
A proposito: ho finalmente trovato un lavoro scientifico sui dati ricavati dalle balene cacciate: un riassunto di un workshop tenutosi a Yokohama alla fine del Gennaio 2009. Non mi risulta abbia avuto una vasta eco nel mondo scientifico. Ho gli atti di questo convegno e li leggerò appena posso. Da una lettura sommaria resto perplesso soprattutto su una cosa: le catture servirebbero per determinare diverse variabili, fra cui età, peso e dimensioni, aspetti genetici, malattie, effetti dell'inquinamento e di cosa si nutrono le balene. Soprattutto con l'ultimo si rasenta il ridicolo, visto che proprio da parte del Giappone e dei suoi sostenitori era stato avanzato il dubbio che le balene fossero la causa del declino delle popolazioni ittiche e che quindi causavano danni economici (nei confronti dei pescatori) e ambientali. Ma non si erano accorti che più che tonni, merluzzi e altri pesci di interesse commerciale i grandi cetacei si ingollano tonnellate di krill o di altri piccoli crostacei planctonici????
Sempre per il Giappone mi chiedo quanto effettivamente costi una cattura. Non solo in spese “vive”, ma per esempio in tutta quella attività internazionale a sostegno della cosa: penso soltanto a quante nazioni aderenti all'IWC del terzo mondo non hanno tradizioni di caccia alle balene ma sostengono questa attività e le tesi del Sol Levante nell'IWC solo perchè il suo governo in qualche modo li ripaga.
Intanto gli islandesi hanno cominciato la caccia alla balenottera comune. Quest'anno ne vorrebbero catturare 150, anche se la specie è definita “in pericolo” dalla “International Union for Conservation of Nature”. Il nuovo governo irlandese protesta timidamente (la ripresa della caccia è il frutto dell'ultima riunione - pre-elettorale! - del vecchio governo, che fra parentesi mi pare fosse di sinistra). Le proteste probabilmente sono utili sul fronte esterno, e cioè in funzione di un avvicinamento alla Unione Europea. Mistero sulla sorte della carne: i giapponesi (almeno ufficialmente) non ne sono interessati e sembra che i norvegesi abbiano sospeso le catture a meno della metà delle 885 previste semplicemente perchè non riescono a venderla.
E alla fine questa potrebbe essere la soluzione: nessuno compra carne di balena, nessuno caccia le balene.... Si teme che per adesso finisca nelle scatole di cibo per animali. E' una "leggenda metropolitana" diffusasiin rete o una ipotesi reale
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