mercoledì 2 dicembre 2009

Acanthostega e l'origine dei tetrapodi


Innanzitutto mi devo scusare con un lettore, Simonpietro, a cui non ho più risposto. Ma come vedete a novembre ho combinato molto poco su Scienzeedintorni perchè in questo periodo sono stato molto impegnato su diversi fronti.
In uno dei suoi primi post, quando gli citai l'ornitorinco come un animale “nel guado fra rettili e mammiferi”, un misto di caratteristiche rettiliane e mammaliane, lui scrisse, citando Harun Yahya e il suo “dilemma della forma di transizione” che "Gli esseri di cui gli evoluzionisti hanno bisogno, per confermare la loro teoria dell’evoluzione, sono delle vere forme di transizione, non dei mosaici. E queste forme dovrebbero avere organi carenti o mancanti del tutto, oppure non completamente formati, o per niente funzionali. Al contrario, tutti gli organi delle creature mosaico sono completamente formati e senza difetti."
E' chiaro ed evidente che l'ornitorinco è un animale "completamente formato e senza difetti" (per dirla come Yahya). Ma è anche un “animale mosaico”, per le sue caratteristiche, un po' mammaliane e un po' rettiliane. Andiamo ora negli animali fossili e parliamo del già citato in una di quelle discussioni con Simonpietro Acanthostega.


I dipnoi. pesci polmonati attualmente esistenti, possono usare le pinne carnose come rudimentali arti per spostarsi da una pozza ad un'altra. Addirittura, a dimostrarne la stranezza, il dipnoo sudamericano e quello africano erano stati scambiati per anfibi. La specie africana e quella sudamericana hanno le pinne archipterige, molto simili nella struttura agli arti dei vertebrati terrestri. Questo li colloca fra i Sarcopterigi, pesci che tra il Siluriano e il Devoniano erano molto diffusi. Ora sono molto rari: si contano 3 specie di dipnoi e la Latimeria, un celacanto, l'unico superstite dell'altro gruppo di Sarcopterigi, i crossopterigi e che presenta un polmone totalmente riempito di materiali adiposi, per cui non più funzionante.

Normalmente nei pesci ossei le pinne pettorali si connettono ad una scaglia ossea sulla superficie del corpo. Nei Sarcopterigi invece le pinne carnose anteriori sono sorrette dall'omero che poi si ramifica in radio e ulna. Così succede anche per quelle posteriori. In queste particolari pinne c'era quindi già la struttura principale degli arti dei tetrapodi.
Per molto tempo l'ipotesi sull'origine dei tetrapodi, i vertebrati terrestri (o, meglio, dei loro arti) aveva preso esempio dall'attuale stile di vita dei dipnoi, che usano la locomozione terrestre per muoversi tra una pozza ed un'altra in ambienti semiaridi o con alternanza di stagioni secche e aride. In realtà le cose dovrebbero essere andate diversamente e i tetrapodi sono più vicini ai ripidisti, crossopterigi di acqua dolce o salate costiere, come Tiktaalik o Acanthostega che ai dipnoi, cosa dimostrata anche dalla anatomia comparata. Quindi i dipnoi non sono antenati diretti dei vertebrati terrestri, anche se sono molto vicini, formando rispetto a questi un “gruppo parafiletico” (cladisticamente parlando, anche noi tetrapodi siamo dei crossopterigi....). Inoltre ci sono evidenti prove a favore del fatto che i dipnoi abbiano adottato questo stile di vita in tempi abbastanza recenti, favoriti dall'avere dei polmoni funzionanti.

Quasi due anni fa in un post sulla storia della respirazione nei vertebrati feci notare come molti pesci hanno un polmone residuo (la vescica natatoria) e che la respirazione branchiale non poteva essere sufficiente in alcuni ambienti per cui oltre ad affiancarla alla traspirazione nella pelle molti pesci avevano iniziato a usare la respirazione buccofaringea. Ergo, come dimostrano ancora oggi i dipnoi, c'è stato un periodo in cui in alcuni pesci hanno coesistito branchie e polmoni (più o meno sviluppati). I dipnoi quindi sono un altro esempio degli aborriti “animali – mosaico” di Yahya.

Nel devoniano, per una ventina di milioni di anni, c'è stata una fioritura di forme diciamo così intermedie fra i pesci sarcopterigi e i tetrapodi. Tulerpeton, Tiktaalik, Eustenopteron e altri fossili presentano stadi diversi della formazione degli arti e hanno dimostrato che i tetrapodi erano già tetrapodi prima di conquistare le terre emerse. Eustenopteron e Tiktaalik ancora non hanno degli arti che terminano con delle vere e proprie dita, mentre Tulerpeton sì (e con 6 dita)

Un fossile particolarmente significativo al riguardo è Acanthostega, anche per la completezza degli scheletri e che si colloca in uno stadio intermedio. Per essere è un tetrapode, ma ha delle caratteristiche un po' diverse da quelle degli anfibi con cui è stato spesso confuso
Vediamone alcune in dettaglio: le caviglie non erano adatte a sostenerne il peso dell'animale fuori dall'acqua e le costole erano troppo corte per impedire il collasso della cavità toracica. Era dotato di una grande pinna caudale e gli arti più che gambe assomigliavano a pagaie e alle loro estremità c'erano ben 8 dita (le tradizionali 5 dita dei tetrapodi si affermeranno in seguito: molte creature al passaggio pesci – anfibi erano dotate di più di 5 dita) e le proporzioni delle ossa dell'avambraccio ricordano quelle dei pesci polmonati. Tutte queste caratteristiche sono incompatibili con la vita subaerea come anche la struttura delle branchie, perfettamente funzionanti e interne (gli anfibi, quando le posseggono, si trovano in posizione esterna). Pertanto Acanthostega era più che altro un pesce con delle pinne trasformate in arti, non un anfibio primitivo. Anzi, sulla terraferma proprio non ci poteva assolutamente andare, nonostante che vi vivesse molto vicino: i suoi resti sono stati trovati in sedimenti fluviali. <
In questo animale coesistano strutture tipiche dei pesci con altre che saranno successivamente tipiche dei tetrapodi. E a giudicare dal numero dei fossili, anche Acanthostega era un animalecompletamente formato e senza difetti.
Quindi possiamo dire (anche se Henry Gee inorridirebbe a leggere questa frase) che l'Acanthostega sta tra pesci (sarcopterigi, ovviamente) e tetrapodi come l'ornitorinco sta tra i rettili e i mammiferi placentati.
A questo punto una cosa è sicura: i tetrapodi hanno evoluto gli arti prima di uscire dall'acqua. E anche se in seguito queste strutture hanno rappresentato una eccellente attrezzatura per la conquista delle terre emerse, all'inizio della loro storia non sono serviti a questo. Mancando strutture omologhe fra gli animali odierni non possiamo che provare ad immaginare a cosa servissero questi arti. Siccome forme del genere erano abbastanza diffuse dovevano avere una qualche funzione importante.
Vedendo l'anatomia dei Sarcopterigi è abbastanza intuitivo per un evoluzionista capire come questi arti si sono formati. Ma rispondere alla domanda “a cosa servivano” è un po' più complesso: l'unica certezza è che se si sono evolute a qualcosa dovevano servire ma non essendoci attualmente forme corrispondenti siamo costretti ad ipotizzare. Forse le pinne hanno incominciato ad essere utilizzate per il movimento anziché per una pura funzione di direzionalità: in pratica il pesce oltre a muoversi sinuosamente (come ancora fanno fra i tetrapodi anfibi e rettili) ha incominciato a usare le pinne come pagaie che poi si sono irrobustite ulteriormente.

I fossili dei primi tetrapodi sono stati tutti rinvenuti in sedimenti di zone paludose o lagunari, particolarmente difficili per la presenza di acque basse, stagnanti e piene di residui vegetali per cui anche poco ossigenate. In un ambiente del genere poter respirare direttamente l'aria con la bocca (e i polmoni) e non solo tramite le branchie o la pelle, avere un collo che consentiva di muovere la testa fuori dall'acqua e delle pinne specializzate per districarsi nella vegetazione (viva e morta) sul fondo erano indubbiamente dei grandissimi vantaggi, che hanno successivamente consentito la conquista delle terre emerse.

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