martedì 19 aprile 2011

Zone di subduzione accrezionali ed erosionali: i carotaggi marini a largo del Costa Rica

L'International Oceanic Drilling Project, ultimo per adesso erede del leggendario DSDP (Deep Sea Drilling Project) che tanto ha contribuito al riconoscimento dell'espansione dei fondi oceanici e quindi della Tettonica a Zolle crostali fa tappa a largo del Costa Rica per una crociera breve ma intensa della nave oceanografica Joides Resolution, il CRISP – Costa RIca Seismogenesis Project. È un progetto molto importante perchè ha lo scopo di aiutarci a capire i meccanismi sismogenetici nelle zone di subduzione erosionali.

Negli anni '70 entrò nella nomenclatura geologica il termine “prisma di accrezione”, con cui si identifica tutta quella serie di scaglie tettoniche che si accumulano tra la zona di subduzione e la crosta sotto la quale la placca oceanica subduce. Per lo più sono costituiti da materiali terrigeni provenienti dall'arco magmatico: ce ne sono tanti, sia per l'elevato livello di erosione che contraddistingue queste aree emerse e le aree marine prospicenti (dove abbondano canyons sottomarini) sia perchè nell'arco sono diffuse eruzioni vulcaniche di tipo esplosivo con la produzione di tufi.
Questi sedimenti si depositano in parte lungo la breve piattaforma continentale come depositi di “forearc” ma più spesso finiscono direttamente nella fossa oceanica che evidenzia sulla superficie terrestre l'inizio della subduzione.
Di queste scaglie però possono occasionalmente fare parte anche parti di crosta oceanica (le cosiddette “ofioliti”) e la loro copertura oceanica: questi materiali infatti anziché condividere con la placca in subduzione il destino di finire nel mantello ed esservi “digeriti” spesso rimangono al contatto fra le due placche. I prismi di accrezione, con le varie scaglie delimitaste da piani di faglia suborizzantali, sono le aree sorgenti dei più potenti terremoti di thrust come Alaska 1964, Sumatra 2004, Cile 1962 e 2010 o appunto il recentissimo terremoto di Sendai 2011.

Con queste basi teoriche immaginatevi la sorpresa quando, carotando nel 1979 e nel 1981 il margine continentale a largo del Nicaragua al posto del prisma composto da sedimenti di fondo oceanico accreti alla zolla continentale fu trovato, sotto a una serie di sedimenti di mare poco profondo, il basamento cristallino centroamericano.

A questa scoperta ne sono seguite altre analoghe in altre aree di collisione fra le zolle ed è venuto alla luce il concetto che non su tutti i margini convergenti di zolla si sviluppi un prisma di accrezione: ci sono anche i margini convergenti erosionali. La differenza fondamentale fra i due tipi sta nel limite fra le due zolle, quella di sopra e quella che le scorre sotto.

Come vediamo  nell'immagine qui accanto, in un margine accrezionale il taglio operato dalla subduzione è dentro la zolla inferiore, quindi alcune delle sue parti, segnatamente i sedimenti depositatisi nel tempo nella fossa oceanica, rimangono a contrasto fra le due zolle ed essendo sufficientemente plastici si deformano e in parte si accavallano su quella superiore.


I margini di questo tipo sono, diciamo così, quelli "classici", ma come abbiamo visto fu chiaro abbastanza velocemente che non tutte le zone di subduzione avevano queste caratteristiche.
Vediamo quindi un margine di subduzione di tipo erosivo: invece il taglio si imposta all'interno della zolla superiore tutti questi sedimenti e parte della zolla superiore scendono nella zona di subduzione. 



Nella figura qui sotto si vede come nell'anello di fuoco che circonda il'Oceano Pacifico ci sono sia margini accrezionali (in celeste) e margini erosivi (in rosso).


Il problema fondamentale è capire come si scatenano i grandi terremoti nelle zone di subduzione erosionali. Innanzitutto si verificano? Sicuramente sì, come vediamo nella stessa figura.

Però i materiali in gioco sono completamente diversi e quindi c'è da capire il meccanismo sismogenetico.

Nei margini accrezionali le zone dei “megathrust” sono fasce vicine al passaggio fra zone a scorrimento plastico e zone a scorrimento rigido. Si pensa che le inclusioni dei fluidi e la struttura dei minerali possano governare la posizione del limite duttile – fragile. I fluidi sono quelli contenuti nei sedimenti della fossa oceanica che stanno subducendo e che per il variare delle condizioni di temperatura e pressione spesso si trasformano in altri minerali con la possibile perdita di liquidi (anche la porosità diminuisce all'aumentare della pressione). I materiali possono arrivare a temperature e pressioni tali da modificare pesantemente la loro struttura cristallina, formando rocce metamorfiche. In genere le rocce metamorfiche originate da piani di subduzione mostrano assemblaggi di minerali tipici di alte pressioni ma temperature abbastanza basse.

Nelle zone di subduzione erosionali il prisma di accrezione non si può formare perchè il sovrascorrimento principale è nella zolla superiore e quindi i sedimenti provenienti dall'arco che si accumulano nella fossa sono trascinati molto in basso. È quindi evidente che la zona sismogenetica nei margini compressivi erosionali è fatta da rocce molto diverse dai giovani sedimenti marini che compongono i prismi nei margini erosionali. Fino ad oggi non era possibile con le tecniche disponibili carotare queste fasce sismogenetiche e quindi di capire che rocce ci siano in quella precisa parte del prisma, che facevano parte della crosta profonda della parte continentale della zolla caraibica.

Adesso finalmente c'è la possibilità di carotarli e nel corso del CRISP (di cui uno dei responsabili è la geologia fiorentina Paola Vannucchi, che ringrazio per la documentazione mandatami direttamente dalla nave) uno dei siti scelti corrisponde alla zona in cui si è scatenato un terremoto di Magnitudo 6.4 nel giugno 2002 (ho qualche incertezza nelle fonti sulla data esatta e sulla magnitudo).

Nella speranza quindi che si possa sapere un po' di più sui margini di convergenza erosionali.

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