In questo post Eugenio Tabet ci dà delle stime sulla gravità dell'incidente di Fukushima anche in rapporto a quello di Chernobyl
Sul numero del 29 marzo di Nature [471, 555-556(2011)] si accenna a “stime iniziali” per l’evento di Fukushima che darebbero il rilascio totale di materiale radioattivo a 1/10 di quello di Chernobyl, ma non vi è traccia dei fondamenti di quelle stime.
Abbiamo effettuato un calcolo del tutto preliminare sulla base delle considerazioni seguenti:
- le fonti ufficiali (IAEA in primis) danno un grave danneggiamento del combustibile delle tre unità di Fukushima per una frazione non inferiore al 50%
- contrariamente a Chernobyl vi è stata una buona tenuta di alcune delle strutture di contenimento;
- l’autorità di controllo giapponese ha evacuato la zona attorno all’impianto per un raggio di 20 km, aggiungendovi altri 10 km “facoltativi”;
- il colossale fuoco avvenuto nell’impianto di Chernobyl (provocato dall’incendio della grafite-moderatore del reattore-) e la spinta termica verso l’alto del pennacchio radioattivo qui non hanno avuto luogo, mentre una certa prevalenza dei venti in direzione N-E sembra abbia contribuito alla dispersione sull’oceano del materiale rilasciato. Tuttavia siamo ancora ben lontani da una mappatura puntuale della contaminazione al suolo, dalla quale risalire in qualche modo al rilascio.
Per comodità del lettore, si ricorda che il rilascio di Chernobyl è quantificabile nei termini seguenti (in percentuale dell’inventario del nocciolo, con un intervallo che riflette l’incertezza della stima): 100% dei gas nobili, 50-60% dello Iodio, 20-40% del Cesio, 4-6% dello Stronzio e così via fino ad arrivare al 3.5% del Plutonio e di altri transuranici.
Ovviamente, se si fanno i calcoli, il rilascio è di livello 7 (il più alto) nella scala INES dell’IAEA. Occorre però rammentare, per meglio apprezzare le considerazioni che seguiranno, che la scala INES è una scala di intervalli per ordini di grandezza, costruiti valutando i valori dei rilasci espressi in termini di iodio equivalente: in altri termini si sommano tutti i nuclidi dispersi nell’ambiente assegnando a ciascuno un peso dato dal rapporto tra il proprio fattore di dose e quello dello iodio, per pervenire così ad una stima bilanciata ed espressiva del rilascio. Chernobyl, situato al livello 7, è comprensibilmente molto più in alto del limite inferiore dell’intervallo al quale appartiene, che accomoda sia i rilasci molto gravi che quelli catastrofici.
Qui, per Fukushima, si sono assunte le seguenti ipotesi:
tranne i gas nobili, ai quali si assegna ancora la frazione di rilascio1, si suppone che sia stato rilasciato, complessivamente dai 3 reattori danneggiati, il 5% dello iodio, il 2% del Cesio fino al 0,03% dei transuranici.
Il calcolo mostra che l’incidente raggiungerebbe anch’esso il livello 7 della scala INES, anche se va ricordata la precisazione fatta poc’anzi.
Se si calcolano le dosi corrispondenti a queste frazioni di rilascio, in una situazione metereologica media, è interessante osservare che a fino a 20-30 km si superano i valori raccomandati internazionalmente per l’evacuazione della popolazione, scendendo poi, al crescere della distanza, a valori al di sotto dei 10 mSv (le dosi sono da inalazione + irraggiamento dalla nube + irraggiamento dal suolo per un’esposizione di 4 giorni).
Quando si avranno dati coerenti sulla contaminazione delle aree attorno a Fukushima sarà istruttivo confrontarli con le previsioni di questo calcolo (del quale si ribadisce il carattere preliminare) che, ad esempio, assegnano alla contaminazione da Cesio-137 valori attorno a 80 kBq/m 2 a distanze attorno ai 40 km dal sito nucleare.
In assenza di una mappatura accurata della contaminazione (della quale, da tempo, si dispone per Chernobyl, circostanza questa che permise di stabilire una correlazione certa tra assunzione di iodio e tumori alla tiroide), è oggi impossibile fare una stima anche solo qualitativa delle conseguenze sanitarie dell’incidente. Se, da una parte, deve destare preoccupazione l’alta densità della popolazione, dall’altra è essenziale disporre di dati sulla effettiva dispersione del materiale radioattivo dovuta alla diffusione in atmosfera.
In ogni caso le settimane dello Iodio volgono al termine e, come l’esperienza ucraina ci ha insegnato, inizia la difficile e lunga stagione del Cesio, con il carico economico e sociale (oltre che sanitario) che esso comporta.
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