mercoledì 13 aprile 2011

Ancora Eugenio Tabet su Fukushima: i rischi sono tuttora gravissimi

Notizie inquietanti provenienti da Fukushima, seppure di fonte giornalistica (Agenzia Kyodo news), stimolano a riprendere la serie dei commenti sull’evoluzione dello stato dei reattori a Daiichi e sulle possibile conseguenze del grande incidente dell’11 marzo.

1. EVOLUZIONE DELL'INCIDENTE. La stima (ricordata nelle nota di ieri) che assegna al rilascio da Fukushima un valore dell’ordine del 10% di quello di Chernobyl potrebbe non corrispondere al bilancio finale dell’evento, poichè si lascia intendere (dalla TEPCO) che quel bilancio potrebbe perfino eccedere quello del reattore sovietico. [E’ utile in proposito ricordare che l’inventario radioattivo iniziale complessivo  dei 3 reattori gravemente danneggiati di Fukushima è circa il doppio di quello dell’unità 4 di Chernobyl.] Questa ipotesi fa comprendere che l’integrità del contenimento dei 3 reattori di Daiichi è in uno stato precario e che non vi è alcuna certezza di poter riprendere in mano il completo controllo della situazione.

2. L’INVENTARIO RADIOATTIVO. Qui accanto riproponiamo il grafico che descrive l’andamento della potenza termica da smaltire, in funzione del tempo.
Il rapido calo iniziale di quella potenza è dovuto essenzialmente al veloce decadimento di molti nuclidi a breve vita media: lo stesso non avviene, sfortunatamente, per l’attività totale dei radionuclidi più importanti dal punto di vista radiologico (e anche da quello sanitario).
La figura qui inserita mostra l’andamento dell’attività di questi nuclidi in funzione del tempo

Come si vede, a un mese dallo spegnimento dell’impianto la riduzione è di circa un fattore 5, poco se paragonato a quello della potenza termica del decadimento, che è calata di quasi due ordini di grandezza. Ciò vuol dire che la dimensione di un eventuale rilascio tardivo, di tipo catastrofico, non sarebbe così drasticamente ridimensionata dall’intervallo temporale che ci separa dall’incidente.

E’ molto significativo, a tale proposito, che la US Nuclear Regulatory Commission abbia mantenuto la raccomandazione del 16 marzo, per i cittadini USA in Giappone, con l’invito a rimanere ad oltre 80 km dal sito nucleare (ricordo che proprio questa raccomandazione fece capire a Eugenio Tabet e ad altre persone particolarmente ferrate in materia che le cose erano un pò peggiori di quello che veniva dichiarato ai media, ndr).

Tutto ciò che precede, occorre ripeterlo, indica che molti degli elementi utili per una comprensione adeguata dello stato degli impianti non sono ancora in possesso dell’esercente e delle autorità di controllo. 
Ciò accade per una serie di ragioni probabilmente legate
- da un lato, alla difficoltà di ispezioni in loco a causa dello stato disastroso dei reattori e degli elevati livelli di radiazione in prossimità delle zone critiche
- dall’altro al fatto che almeno parte della strumentazione è stata messa fuori uso dagli stessi eventi che hanno portato alla fusione di parti significative del combustibile. 

La medesima incertezza, sfortunatamente, contraddistingue la conoscenza dello stato della piscina del combustibile (reattore n. 4), capace anch’essa di dare luogo a rilasci veramente cospicui

Nessuna delle Agenzie deputate ad espimersi sulla sicurezza di Fukushima (la NISA e l’IAEA in particolare) ha, al momento, delineato uno scenario capace di descrivere lo sviluppo futuro degli eventi.

L’autore di queste note non può fare altro che citare le parole finali del Conte di Montecristo (A. Dumas): “Aspettare e sperare”.

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