giovedì 22 aprile 2010

Terremoti, vulcani e mass-media

Mi riallaccio al post scritto da poco su scienza e comunicazione perchè il risvolto mediatico delle ultime vicende sismiche e vulcaniche meritano una certa attenzione

Il 13 aprile si è verificato un terremoto piuttosto forte in Cina, di poco successivo a quello della Baja California. Dopo la catastrofe di Haiti, dovuta ad una scossa di magnitudo simile a quella cinese (7.0 contro 6.9) e il terremoto in Cile che è entrato agilmente nella “top ten” dei terremoti da quando esistono le registrazioni, è diffusa nel grande pubblico l'opinione che quest'anno soia caratterizzato da una attività sismica anomalmente alta. Persino nell'Australia sudoccidentale si è registrato una scossa di 5.2 (in Australia i terremoti sono poco frequenti ma raggiungono alle volte intensità molto elevate)

Nella classe di magnitudo tra 5 e 6 la cosa è vera, ma l'anomalia è dovuta alle repliche associate al terremoto cileno, che continuano a tutt'oggi in quella classe dimensionale: se togliamo l'area della rottura del 27 febbraio, nel resto del mondo la situazione è nella norma.

Discorso diverso se andiamo a vedere il numero di terremoti con M=7 o superiore. In media dal 1900 ne avvengono 16 all'anno (quindi più di uno al mese: uno ogni 23 giorni!), un valore medio soggetto ad oscillazioni molto estese: si sono registrati da un minimo di 6 (1986 e 1989) ad un massimo di 32 terremoti del genere nel 1943, quindi tra la metà e il doppio del valore medio.
Veniamo al 2010: quest'anno di terremoti con M uguale o maggiore di 7 ne sono avvenuti già 7, quindi in media uno ogni 15 giorni, il che proiettando questo valore sui 365 giorni porterebbe la cifra annuale a 24 eventi, un livello ragguardevole, anche se pur sempre compreso nel range giusto.
Guardando gli ultimi 365 giorni, ci sono stati 13 eventi del genere e quindi, se non fosse per il primo quadrimestre 2010, l'attività sismica degli ultimi 12 mesi sarebbe addirittura ai minimi storici: nel 2009 il numero totale è 11, di cui ben 5 nel primo trimestre.
E infine, sommiamo i dati del 2010 fino ad oggi con quelli del 2009: abbiamo 18 eventi, uno ogni 26 giorni. Quindi l'attività del primo quadrimestre del 2010 non ha fatto altro che recuperare il basso livello del 2009. Resta comunque che in questo inizio di anno il livello è stato davvero piuttosto alto, sia pure all'interno della normale variazione dei valori, che come si vede è piuttosto ampia.

Niente quindi di drammatico.

Da dove deriva la consapevolezza di una forte attività sismica in questo periodo? Cominciamo con l'osservare la localizzazione dei sismi più forti: una buona percentuale avviene nel Pacifico sudorientale, in un'area essenzialmente intraoceanica, con poche isole e pochi abitanti e quindi non c'è nel grande pubblico la consapevolezza che sia avvenuto qualcosa: ad esempio alzi la mano chi, tolti gli addetti ai lavori e gli appassionati del genere, sapeva in corrispondenza del terremoto di Haiti che c'era appena stato il 3 gennaio un 7.2 alle isole Salomone, in cui oltre ai danni si era verificato uno tsunami di circa 3 metri di altezza.
La percezione della forte attività sismica in questo periodo è anche dovuta al numero di sismi avvenuti in zone “giornalisticamente” importanti (la parte più abitata del Cile, Haiti – soprattutto per le dimensioni della catastrofe – la California etc etc): se due scosse con M=7 sono distanziate anche di 2 mesi, un tempo quasi triplo rispetto alla media, avvengono in due zone importanti dal punto di vista mediale, la sensazione è che sia un momento molto agitato. Se ne avvengono 3 in un mese tra Salomone, Tonga e Kermadec (cosa peraltro successa) non se ne accorge nessuno.
Il terremoto della Baja California, invece, ha avuto una eco mediatica enorme, compresi filmati girati in diretta, immediate immagini della scarpata generata dall'evento, numerosi rapporti sui movimenti del suolo etc etc. Eppure mi pare di ricordare che ci son stati non più di 5 morti.

La stessa cosa si può dire sull'attività vulcanica.

A parte il can-can suscitato dalle dichiarazioni di Boschi sul Marsili (è molto triste pensare di poter ricevere finanziamenti per studiare un vulcano così solo annunciando gravi minacce...) quest'anno di vulcani finora si era sentito parlare molto poco.
E senza internet probabilmente non avrei neanche saputo niente da due anni a questa parte sulla eruzione, così importante e caratteristica, del Chaiten. Ora accade che si sveglia l'Eyjafjallajokull e nessuno dice niente sui giornali (al solito, tutte le notizie sono state apprese tramite siti specializzati): poi cambia lo stile eruttivo, si blocca il traffico aereo e giù notizie sui vulcani.

Però nessuno ha riportato che proprio in queste ore nelle isole Vanuatu, 3000 persone sono state fatte sfollare dall'isola di Gaua dove il vulcano locale rischia di fare grossi danni,
Quanto al traffico aereo, chi frequenta abitualmente le rotte tra Indonesia, Filippine, Kamchatka e le Aleutine (quindi tra Asia Orientale e USA) sa benissimo che una buona parte dei voli subiscono deviazioni a causa delle frequenti eruzioni con formazione di penacchi di cenere.
Ma, al solito, sui giornali queste notizie non passano, come nessuno, neanche i volatori abituali, sanno dell'esistenza dei vari VAAC (Volcanic Ash Advisor Center) sparsi per tutto il mondo, una rete di osservatori che tramite immagini satellitari, rapporti di piloti e altre osservazioni monitorano l'evoluzione dei plumes vulcanici proprio come supporto alla navigazione aerea. Segno che il problema era noto all'aviazione civile e militare da ben prima dell'eruzione islandese.....

2 commenti:

girovago ha detto...

Salve, complimenti per il blog.
Anch'io sono geologo, ma ci ho ho lavorato poco e allora ho dovuto ripiegare sull'insegnamento. Il mestiere del prof è tuttavia gratificante e mi entusiasma sempre.

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Girovago, anch'io sono un laureato in geologia che fa il prof. Purtroppo non condivido (più) il tuo entusiasmo per la scuola. Per fortuna esistono blog come questo di Aldo che ci tengono in allenamento. :)