Con questo post introduco un argomento su cui vorrei tornare spesso: le acque dolci terrestri. Quando si dice che l'”oro blu” diventerà in futuro una causa di dispute di ogni ordine e grado (finanche guerre) non ci si riferisce solo alla questione della loro gestione pubblica o privata, ma anche al rischio di vere e proprie guerre combattute per le risorse acquifere. Per noi italiani, che non condividiamo le nostre risorse di acqua dolce con altre nazioni (a parte il corso superiore del Ticino e qualche caso nel Carso), il problema può sembrare secondario. Invece non lo è, visto che nel mondo sono molti e spesso importanti i bacini fluviali condivisi fra più nazioni. E chi sta a monte ha spesso il coltello dalla parte del manico. In alcuni casi viene accusato di prelevare troppa acqua, in altri di scaricarvi tutti gli inquinanti regalandoli alle nazioni della parte inferiore del corso.
Un caso attualmente alla ribalta riguarda il Mekong. Non si sa ancora bene quanto sia lungo il corso del fiume più importante dell'Indocina, perchè non c'è ancora un accordo unanime su quale sia sul Tibet il suo braccio principale. Sicuramente con i suoi oltre 4800 km manca di poco la Top Ten dei fiumi (è 11°). Attraversa Cina, Myanmar, Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam.
Le forti variazioni stagionali delle piogge contribuiscono a rendere la sua portata molto variabile. In questi giorni il Mekong è alla ribalta perchè fra la Cina e gli stati indocinesi c'è una delle tante “guerre dell'acqua” che si combattono sul nostro pianeta: molte organizzazioni hanno dato la colpa alla Cina per il basso livello del fiume, giunto in questa stagione ai minimi storici.
Così, i governi indocinesi sono terrorizzati dai progetti cinesi che hanno l'intenzione di costruire nella parte alta del suo corso una serie di dighe in aggiunta a quelle esistenti, temendo una drastica diminuzione delle risorse idriche per 60 milioni di persone che dal Mekong traggono non solo acqua, ma anche in generale una buona parte del loro sostentamento economico, energetico ed alimentare (la pesca in questo fiume è la più grande del mondo nella categoria): secondo loro le dighe che il governo di Pechino ha costruito e vuole costruire oltre a regimare il fiume e produrre energia idroelettrica serviranno ai cinesi per prelevare acqua e inviarla altrove, fuori dal bacino del fiume. Questi timori sono realistici, sia a causa del comportamento disinvolto del governo cinese nei temi ambientali (e soprattutto delle acque), sia perchè una vasta regione della Cina meridionale è attualmente in preda alla siccità.
Un primo segno delle difficoltà è il passaggio di molti laotiani dalle attività di pesca a quelle agricole.
Vietnam, Thailandia,Laos e Cambogia già nel 1995 avevano costituito la “Mekong river Commission”, che ha raccolto l'eredità del Mekong Committee, istituito dalle Nazioni Unite nel 1957. Nel 1996 Cina e Myanmar sono diventate partners esterni senza aderire formalmente alla commissione. Lo scopo di questa organizzazione è la promozione dello sviluppo sostenibile di questa importante arteria fluviale, dopo decine di anni di conflitti che avevano insanguinato la regione. Fra gli scopi c'è la tutela della risorsa – acqua non solo dal lato quantitativo, ma anche qualitativo, essendo il Mekong un fiume molto inquinato, ed energetico. Per quanto concerne l'inquinamento, è chiaro che la bassa regolamentazione degli scarichi industriali è un grosso fattore di rischio ed ha dato un contribuito fondamentale alle difficoltà per la sopravvivenza di una serie di specie animali, a partire dal delfino fluviale del Mekong. I valori di arsenico sono impressionanti (e interessano anche, purtroppo, le falde acquifere) e quelli di metalli pesanti pure. La situazione è molto peggiorata negli ultimi 15 anni.
Le quattro nazioni avevano in passato sottolineato come la regione è una delle più vulnerabili al mondo a causa dei cambiamenti climatici, per l'alta concentrazione di popolazione, la bassa regolamentazione dell'uso del territorio con relativi alti tassi di inquinamento e la bassa capacità dei governi di incidere decisamente sulla situazione. Gravi sono i rischi sia durante i periodi di piena, con frequenti alluvioni, sia durante le magre, durante le quali la navigazione diventa difficile e la concentrazione di inquinanti nelle acque assume valori preoccupanti.
In questi giorni si è svolta la prima conferenza della MRC, in Thailandia, a cui hanno partecipato i primi ministri della 4 nazioni e il vice primo ministro cinese. Nel corso del meeting i cinesi si sono impegnati a fornire informazioni sulle manovre delle dighe (segnatamente durante la stagione secca) ed è la prima volta che succede: fino ad oggi nulla avevano fatto trapelare su questa materia. È un fatto importantissimo. Speriamo che dalle parole derivino i fatti e che l'impegno internazionale serva a disinnescare questa bomba, potenzialmente devastante per l'intera Indocina.
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