I vulcani di fango sono una caratteristica comune in molte zone degli oceani, specialmente lungo le zone di subduzione. Ce ne sono anche sulle terre emerse: è noto in questi anni il problema di una struttura del genere nato da poco in Indonesia, forse per cause antropiche.
In Italia ci sono le “salinelle” vicino a Catania e le Salse di Nirano nell'Appennino modenese.
Su Titano, il grande satellite di Saturno, è accertata l'esistenza di criovulcanismo, cioè vulcani in cui la “lava” è l'acqua.
Ma la scoperta annunciata in questi giorni è veramente strana: a largo di Santa Barbara sono stati trovati dei vulcani di asfalto!
L'asfalto è una sostanza scura e appiccicosa che si trova nel petrolio. Differisce dall'asfalto stradale in cui, asieme all'asfalto vero e proprio, sono aggiunti materiali lapidei anche per aumentare la temperatura di fusione dell'asfalto, troppo bassa per consentirne una certa durata
Passata la sorpresa ho cominciato ad indagare e ho visto che non è esattamente una novità in quanto la prima scoperta di un qualcosa del genere si deve ad una spedizione del 2003 nelle acque dello Yucatan
In questo caso i geologi dell'università di Corpus Christi hanno trovato in una zona di risalita di duomi salini addirittura più di un kilometro quadrato di fondo marino coperto da 3 metri di asfalto (E' strano che Vojager non ci abbia ancora parlato di una civiltà superiore precedente ai Maya e ormai sommersa che usava asfaltare le piazze dei loro villaggi....).
L'asfalto dovrebbe essere uscito dal terreno piuttosto caldo e fluido, visto che la struttura della colata è simile alle fluide lave basaltiche come quelle hawaaiane. Nella zona ci sono anche depositi di gas idrati e sedimenti deposti durante fasi anossiche. Per la formazione di queste colate è stata proposta come causa la presenza di acqua a pressione e temperatura molto alte
E veniamo a Santa Barbara. 10 km a largo della costa, a 200 metri di profondità, già negli anni '90 un geologo californiano, Ed Keller, aveva evidenziato delle strane ondulazioni del suolo, di cui un paio grandi come un campo di calcio e alte come un edificio di 6 piani.
Purtroppo la profondità era troppo elevata per arrivarci con delle immersioni subacquee e quindi si è dovuto aspettare il 2007 quando David Valentine dell'Università della California, con sede proprio a Santa Barbara, ha fatto una ricognizione preliminare, utilizzando l'Alvin, un piccolo (e famoso) sottomarino da ricerca. Valentine vide queste strutture e prese dei campioni. Immagino la sorpresa quando fu dimostrato che di asfalto si trattava e l'interesse è stato tale che nel 2009 è stata condotta una accurata campagna con Sentry, un veicolo automatico della Woods Hole Oceanographic institution, che ha scattato numerose foto e prelevato campioni da queste originali alture.
Alla fine si è visto che la formazione dei vulcani di asfalto del canale di Santa Barbara è avvenuta quando del petrolio è stato eruttato sul fondo marino tra 30.000 e 40.000 anni fa.
I due edifici maggiori sono circondati da piccole depressioni del suolo che dimostrano la provenienza locale del materiale accompagnata da un degassamento, un fenomeno che sia pure a livelli molto bassi, è stato rilevato anche durante l'esplorazione.
Queste eruzioni hanno avuto un forte impatto ambientale, almeno in zona: è stato accertato che durante il parossismo del tardo pleistocene assieme al petrolio è stata emessa una considerevole quantità di gas serra, a partire dal metano e questi fenomeni hanno anche causato gravi danni alla fauna locale. Prossimamente i ricercatori vogliono accertare se e in che misura questi eventi abbiano influito sul clima a livello regionale se non mondiale .
C'è anche da verificare se la frazione più liquida e più leggera del petrolio si sia mossa dal fondo arrivando in superficie
In questa foto Christopher Farwell, Sarah Bagby e David Valentine posano con un pezzo di asfalto recuperato con Sentry
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