venerdì 14 dicembre 2007

Non bastava il riscaldamento globale: nuovi guai incombono sulla calotta della Groenlandia (e potrebbero colpire anche in Antartide)

Nella attuale situazione di cambiamenti climatici la calotta polare della Groenlandia è uno degli osservati speciali. La sua estensione e soprattutto la zona di scioglimento estivo stanno aumentando, contribuendo all'allarmismo generale (ahimè, mi dispiace dirlo, sostanzialmente fondato).

Ora ci sono un paio di notizie che non ridimensionano certo questo allarme, ma che potrebbero giustificare l'eccessivo tasso di scioglimento della calotta groenlandese quest'anno. Purtroppo la seconda è molto preoccupante... L'estate 2007 passerà alla storia come quella dell'apertura del “passaggio a nord-ovest”: per la prima volta da quando gli europei hanno conosciuto il Nordamerica una striscia di mare libero dai ghiacci ha collegato la Groenlandia all'Alaska. Sembra che la causa del fenomeno sia la scarsa copertura nuvolosa di questa estate, che ha permesso un riscaldamento solare eccessivo. Il che, se fosse avvenuto in un periodo di ghiacci normali, non sarebbe stato un problema. Ma il ghiaccio assottigliato dal riscaldamento globale è più sensibile, e quindi la maggior insolazione ha sortito effetti devastanti. In pratica, mi si perdoni l'umorismo, ha “piovuto sul bagnato”.

Logicamente anche la calotta glaciale groenlandese non è stata esente dal problema

La seconda notizia lì per lì appare sconcertante: è stata trovata una anomalia termica all'estremità nordorientale dell'isola. Si può spiegare solo con una massa magmatica risalita nella crosta che trasferisce calore alla base della calotta. Non si sa ancora se si tratta di magma intruso all'interno della crosta o l'indizio del risveglio di un vulcano sepolto dal ghiaccio. Le mie conoscenze geologiche della zona sono scarsine. Ci sono vulcani vicini nell'oceano Atlantico (Islanda, Jan Majen, Svalbard) e una dorsale oceanica. Nell'oceano polare artico sono stati scoperti dei vulcani lungo la dorsale oceanica nel 1999 (siamo comunque a distanze superiori ai 100 kilometri dal luogo dell'anomalia termica). A senso dovrebbe trattarsi di un magma basaltico di origine molto profonda.

Alla comparsa dell'anomalia il ghiaccio in zona ha incominciato a scorrere ed è un po' difficile che sia una combinazione: un vulcano non si caratterizza solo con l'emissione di lave e ceneri. Attività come quella fumarolica possono proseguire durante le fasi di quiescenza tra un'eruzione ed un'altra o anticiparne una. La convivenza fra vulcani e ghiaccio è molto pericolosa, come ci insegna la tragedia di Armero, quando nel 1985 l'eruzione del Nevado del Ruiz sciolse un ghiacciaio la cui acqua travolse la cittadina, oppure l'eruzione del Grímsvötn in Islanda, che per lo stesso motivo provocò un'alluvione di proporzioni enormi nel 1996.

I guai in Groenlandia potrebbero venire da un riscaldamento eccessivo: già una serie di fumarole porebbe sciogliere la base della calotta locale, facendola scorrere verso il mare, figuratevi cosa potrebbe succedere in caso di una eruzione...

Lo stesso fenomeno potrebbe accadere prima o poi in Antartide, dove tutta la costa tra la Penisola Antartica ed il mare di Ross pullula letteralmente di vulcani.

E' quindi importante per una modellizzazione della calotta groenlandese misurare il flusso di calore dall'interno della terra e questa è una variabile a cui sinceramente la scienza non aveva pensato. In più occorre capire se sepolti sotto il ghiaccio ci siano altri edifici vulcanici. Fino ad oggi si sapeva che le grandi eruzioni vulcaniche hanno provocato dei grossi problemi a livello climatico. Ma in questa visione anche eruzioni minori possono davvero provocare grosse alterazioni climatiche.

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