mercoledì 2 giugno 2010

Letto e consigliato: Le possibili origini della cultura etrusca

E' appena uscita una monografia come 25° numero della rivista “Systema Naturae” dal titolo: “Dal bronzo al ferro: sulla possibile origine anatolica degli etruschi”, (edizioni Altravista). Il libro, una pubblicazione ufficiale dell'International Institute for Humankind Studies riassume il dibattito sull'origine degli etruschi, antico quasi quanto questo popolo: Erodoto nel V secolo AC ne parla come provenienti dalla Lidia, seguito in questa opinione da molto altri, mentre nel I secolo DC Dionigi di Alicarnasso non ha dubbi nel definirli autoctoni italici.

Attualmente in materia non c'è ancora un accordo generale. Gli archeologi sono assolutamente convinti di una continuità fra il periodo villanoviano e quello etrusco. Addirittura la professoressa Daniela Cocchi ha recentemente dichiarato, molto semplicemente, che “sarò convinta che gli Etruschi vengono da lontano se se solo se vedrò degli scavi di cultura villanoviana in altre zone del mondo”.

Dall'altro lato ci sono studiosi che invece pensano ad una origine degli Etruschi lontana dalla Toscana, e precisamente nell'Asia minore, al confine fra gli attuali stati di Turchia, Siria ed Iraq. Secondo questa corrente di pensiero, che si rifà al pensiero di Erodoto e alle leggende etrusche, gli etruschi sono arrivati in Toscana sapendo che cosa cercare: le miniere di ferro.

Una premessa importante è, come mi ha fatto notare a proposito di un altro evento (la diffusione del neolitico) in una comunicazione personale il professor Emanuele Sanna, antropologo dell'università di Cagliari, che sono sempre più attendibili, allo stato attuale, dei modelli di diffusione culturale al posto dei modelli di diffusione demica in voga anche solo 10-20 anni fa.
In pratica c'è la sensazione che, al di là di tutto, la demografia di base dell'Europa occidentale si era già individuata parecchi millenni prima di Cristo e che le migrazioni successive abbiano avuto più una valenza politica, storica e culturale che genetica, con alcune eccezioni (per esempio la colonizzazione greca dell'italia meridionale)

La Toscana è caratterizzata antropologicamente da alcune peculiarità. Cominciamo dalla lingua: la suddivisione dei dialetti italiani ricorda molto quella etnica di età preromana. In questo contesto l'area toscana è caratterizzata da un dialetto (e soprattutto da una pronuncia) piuttosto particolare che non ha riscontro altrove in Italia e si può supporre che queste caratteristiche siano una eredità della pronuncia etrusca. Sulla lingua etrusca ci possono essere tre ipotesi: l'etrusco era una lingua indoeuropea, una lingua residua pre-indoeuropea, testimone di quella che Elizabet Hamel ha chiamato l'Europa bascofona (ne ho parlato QUI), o una lingua diversa, originariamente parlata in altra parte del Mediterraneo.
Secondo la Hamel quando c'è un numero anomalmente alto di nomi di fiumi che cominciano per una vocale questa è una traccia di toponomastica pre-indoeuropea e quindi bascofona. In Toscana è così: tolto Magra (che però è fuori dalla Toscana, linguisticamente parlando e il cui nome si riferisce al tipo di corso), Cecina, Cornia, Fiora e Sieve, i fiumi principali sono Arno, Auser (Serchio), Ombrone (due: pistoiese e grossetano), Era, Elsa, Ambra, Orcia, Egola. 

Questa però è tutto sommato una caratteristica comune a parecchie zone d'Italia, ma una traccia fondamentale la dà il dialetto toscano, che appare terminologicamente il più strettamente derivato dal latino: è evidente come la lingua etrusca sia stata spazzata via all'atto della conquista romana, come è successo in Sardegna, con una totale sostituzione linguistica, mentre nel resto d'Italia c'è stata una sorta di assimilazione del latino da parte dei linguaggi italici centromeridionali, gallo-italici e veneti, che nella maggior parte avevano parole con le stesse radici. 

La sostituzione linguistica avviene quando una elite conquista una zona caratterizzata da una parlata di altro ceppo (per esempio il turco, lingua turca, uralo-altaica imposta in Asia minore dove si parlavano lingue indoeuropee). Pertanto questo rende la meno verosimile l'appartenenza dell'etrusco al ceppo indoeuropeo; è quindi possibile che i villanoviani (e, secondo la sovraintendenza, i loro discendenti etruschi) parlassero una lingua del ceppo basco, resistita alla colonizzazione (probabilmente culturale) dell'indoeuropeo. Però è valida anche l'ìdea della alloctonia dell'etrusco: nella zona in cui leggende e alcuni studiosi pongono le origini del popolo etrusco sono documentate al momento giusto lingue ergative imparentate con quelle caucasiche settentrionali (sumero e hurrita, per esempio).

Scartando a priori la possibilità che l'etrusco sia una lingua indoeuropea, questo vuole dire che o i vllanoviani hanno resistito alla diffusione culturale indoeuropea o la loro lingua era venuta da fuori.

Quindi da questo punto di vista ci sono indizi di una “medioorientalità” degli etruschi. Altre peculiarità della Toscana, e che stavolta portano direttamente all'Anatolia, sono evidenti nella genetica. La seconda componente principale delle variazioni genetiche ottenuta da Cavalli Sforza e dai suoi, presenta uno dei poli proprio nella zona a sud di Siena. Da notare che una parte di questi studi sono stati fatti a Murlo, un paese che ha presentato per ragioni storiche un notevole isolamento genetico nella seconda parte del millennio appena trascorso.
In ogni caso presa così l'indicazione non prova nulla: come scrivono ineccepibilmente Cavalli Sforza, Menozzi e Piazza in “Storia e geografia dei geni umani (Adelphi edizioni)” “se la popolazione locale della Toscana Meridionale fosse stata protagonista, in un periodo lontano del tempo (nel caso degli etruschi, all'inizio della età del ferro, circa 3000 anni fa) di una crescita demografica molto elevata, e se nei periodi successivi le migrazioni dall'esterno fossero state limitate, il patrimonio genetico locale si sarebbe potuto mantenere ragionevolmente invariato”. Pertanto, a priori, “si potrebbe supporre che gli Etruschi fossero coloni di origine esterna, ma è difficile escludere (su queste basi, NdR) che essi abbiano avuto origine da una popolazione autoctona, geneticamente diversa da quelle vicine per un isolamento iniziale e per un effetto molto forte di deriva genetica”. 

Questo libro però è del 1996 e dall'epoca è stato visto che in Toscana sono molto più frequenti che in altre regioni dei tratti genetici che richiamano l'Asia Minore: addirittura, come fa notare A.Achilli, a il 5% del DNA mitocondriale toscano presenta sequenze assenti negli altri gruppi italiani ed europei, ma presenti invece nell'area mediorientale. Non si può far finta che non sussistano relazioni anche perchè non si parla di un solo aplotipo (ci potrebbe essere, casualmente, la stessa mutazione generatasi più volte!): sono diversi i richiami genetici all'Asia Minore.

Un altro indizio viene quasi insospettabilmente dagli animali domestici e precisamente dai bovini: la razza maremmana e quella chianina sono geneticamente più vicine a razze anatoliche che al resto di quelle europee.
Veniamo poi ai metalli. Agostino Vannini sostiene che le tecniche etrusche siano derivate da quelle in uso nell'alta valle dell'Eufrate attorno al XIII secolo AC, il secondo polo per la lavorazione del bronzo all'epoca oltre quello del basso Nilo.

Recentemente il prof. Chiarelli del dipartimento di antropologia dell'università di Firenze, è riuscito, diciamo così, a sintetizzare le due ipotesi, di per sé assolutamente inconciliabili, in una maniera molto brillante. Quindi secondo Chiarelli gli etruschi sono il risultato di una mescolanza fra elementi indigeni e i nuovi venuti metallurgisti che hanno imposto la loro parlata. È una soluzione elegante che spiega contemporaneamente sia la continuità archeologica che le evidenze genetiche.
 
A questo punto permettetemi una mia considerazione: una connessione temporale è  la quasi contemporaneità fra l'inizio della civiltà villanoviana ed una grave crisi climatica che sconvolse il Mediterraneo orientale attorno al 1200 AC, le conseguenze della quale furono devastanti per la civiltà micenea, a Crea, per l'appunto in Anatolia e nell'impero hittita e che hanno provocato un'ondata di migrazioni verso il Mediterraneo occidentale. Mi domando quindi se la contemporaneità dei due eventi sia casuale o no. Nel caso che non lo sia, quindi, più che sull'origine degli etruschi mi pare si debba dibattere sull'origine dei villanoviani...

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