lunedì 12 ottobre 2009

Gli insegnamenti della tragedia di Giampilieri

«la causa scatenante le forti alluvioni è stata certamente l'elevata intensità di eventi meteorici, ma non può non essere presa in considerazione la leggerezza di alcune scelte territoriali, che si sono rilevate determinanti negli effetti provocati dal dissesto idrogeologico. Scelte che hanno fatto sì che il degrado dei corsi idrici del messinese diventasse un fenomeno ormai generalizzato e diffuso capace di provocare un vero e proprio disastro». La Protezione Civile alla Magistratura di Messina, Ottobre 2008 sull'alluvione che aveva colpito Giampilieri un anno prima.

Alcuni amici mi hanno chiesto di parlare della tragedia di Messina. Non è che ne abbia tanta voglia perchè corro il rischio di dire le solite cose sulla irresponsabilità da parte dello Stato e delle persone. Ma è davvero “irresponsabilità”? A volte sì, a volte no. Mi spiego: una persona è “irresponsabile” se sa quello che sta facendo e i rischi a cui espone se e gli altri con le sue azioni. Se non sa quello che fa è da classificarsi come “ignorante” (e spesso gli ignoranti espongono se e gli altri a grossi rischi). Mi chiedo a che categoria appartengano quelli che, approfittando della situazione, si sono mescolati con i loro camion a quelli che smaltivano il fango, smaltendo in mare chissà che cosa e provocando lo stop alla operazione.

A giudicare da foto, articoli e poche esperienze personali in occasione di mie visite nelle zone diciamo che il territorio è trattato in maniera brutale, così come si faceva nel resto d'Italia in Europa e nel mondo prima che le parole “ecologia” ed “ambiente” entrassero nel vocabolario dell'umanità. Solo che apparentemente da qualche parte non sono ancora arrivate e proprio dove le condizioni sono peggiori essendo attualmente una delle aree a maggiore deformazione tettonica in Europa
Non è che vedendo telegiornali e/o leggendo giornali si capisca poi molto della situazione. In compenso ho sentito tanta gente parlare senza sapere come sono andate le cose, nutrendosi dei più normali luoghi comuni. Un esempio su tutti: una casa isolata a Scaletta Zanclea Marina accanto alla foce del fiume che ha scatenato i soliti commenti sui deficenti che costruiscono lungo i fiumi, lasciando intendere pure che era una costruzione abusiva: non era isolata fino a quando l'alluvione ha distrutto quelle adiacenti. Se tanti si fossero tappati la bocca o avessero fatto un controllo su Google Earth (o Google Maps per chi non ha g.e....) prima di parlare a vanvera si sarebbero risparmiati fiato e non avrebbero dato il là ad “ispiratissimi” commenti sui meridionali Per fortuna ho trovato in rete alcuni interventi piuttosto significativi che hanno ristabilito almeno per me la realtà dei fatti.

Innanzitutto un dato piuttosto preciso e forse ignorato: basta allontanarsi lungo la costa di qualche chilometro dai luoghi del disastro e lì non è successo niente. Invece a Giampilieri, Scaletta Zanclea, Briga Marina, Santa Margherita, Ponte Schiavo (chi conosceva questi posti fuori dai Messinesi?) è successo l'inferno.
Le circostanze mi ricorda un po' l'alluvione della Versilia di 15 anni fa. Lì successe una cosa davvero strana, una concentrazione incredibile di pioggia da una nuvola che rimase ferma nello stesso posto senza valicare il versante. Praticamente a poca distanza non venne giù neanche una goccia. Non so se a Giampilieri sia andata così. Però era da giorni che la situazione era difficile in Sicilia, fra il forte vento e le piogge che avevano già provocato altri guai da quelle parti qualche giorno prima.

La cosa più dolorosa è comunque sapere che nel 2007 c'erano già state le prime avvisaglie del problema, regolarmente ignorate (anche se, onestamente, siamo nel 2009 e non so se intervenire sarebbe stato tempisticamente possibile, tra burocrazia, redazione del piano, proteste di chi ci rimetteva qualcosa etc etc). E qui nasce un giallo, con informazioni contrastanti.
C'è chi dice che qualcosa non abbia funzionato a dovere: l'intervento non ci sarebbe mai stato in quanto non sono arrivati finanziamenti per la messa in sicurezza; questo non per ritardi burocratici ma semplicemente perchè il comune di Messina non aveva attuato la procedura per classificare l'area come zona a rischio idrogeologico. Un altro evento del genere è avvenuto un pò più a nord, nella zona di Mili San Pietro una quindicina di anni fa.
Altre fonti invece segnalano che dal comune la richiesta di revisione del PAI (piano di assetto idrogeologico) era partita un anno fa e che l'ufficio geologico del comune di Messina non sia proprio all'avanguardia: c'è un solo geologo in servizio (che ovviamente, con un territorio come quello messinese e scarsissimi mezzi tecnici fa quello che può e probabilmente è visto più come un “nemico” da parte di costruttori e cittadini). Il quale geologo comunque aveva indicato esattamente come a massimo rischio proprio le zone colpite in questi giorni e che quindi è sicuramente una persona molto competente.

E' stata dunque una tragedia annunciata? In parte sì, come dimostra la dichiarazione della Protezione civile. Non c'è stato bisogno di attendere molto per verificare la veridicità di queste parole, e una precipitazione definita eccezionale ha provocato quello che era stato previsto (oltre 300 mm di pioggia in tre ore).

Ma in ambienti scientifici si nega l'eccezionalità dell'evento: il professor Ortolani dell'Università di Napoli, in una bellissima e completa descrizione del fenomeno, afferma che un livello paragonabile fu toccato nel già citato evento dell'ottobre 2007, in occasione del quale si ebbero le prime episodiche colate di fango.
Riassumo brevemente che il danno è stato fatto non dalle acque ma da colate di fango. L'ossatura dei colli della costa messinese è formata da rocce metamorfiche paleozoiche del complesso dei Peloritani, di cui ho appena parlato a proposito della storia geologica della Calabria. La parte più superficiale è alterata e la pioggia ne ha azzerato le caratteristiche geofisiche: quando materiali sciolti vengono imbevuti di acqua la loro resistenza al taglio si abbassa drasticamente e quindi su un pendio la forza di gravità vince sulla coesione del terreno. Per fare un paragone è come quando si mette l'acqua in un secchiello riempito di sabbia: la sabbia dove c'è l'acqua si liquefa. Ovviamente nello strato superficiale sciolto sono ancora presenti dei massi, scesi a valle assieme al resto. Il fenomeno è concettualmente simile a quello che ha colpito Sarno nel 1998. Il primo distacco di fango dall'alto del versante sopra a Giampilieri ha trascinato anche il suolo sottostante, formano una valanga di materiale alta parecchi metri che ha percorso le strade del paese sommergendolo.
Più a valle (Scaletta Zanclea) il danno lo ha fatto l'acqua a cui si sono mescolati i fanghi provenienti dal monte. Ci sono state lungo i litorali delle pesanti modificazioni con una notevole avanzata delle spiagge alle foci delle fiumare

Ora vediamo cosa si può fare. Innanzitutto una brutta notizia: secondo il prof.Ortolani il rimboschimento non servirebbe a molto, perchè la superficie di scollamento è sotto al livello a cui arrivano le radici degli alberi, che quindi in caso di ripetizione del fenomeno scivolerebbero a valle con il fango. Le soluzioni sono due: terrazzare tutta la montagna, ma con fondazioni molto profonde, e soprattutto allargare gli alvei. E qui è evidente che il secondo lavoro deve essere fatto senza pietà, buttando giù tutto quello che deve essere buttato giù senza considerare costruzioni abusive ma che i proprietari sono riusciti a legalizzare in uno dei tanti condoni o edificate regolarmente in base a piani regolatori geologicamente sballati: ci troviamo davanti alla necessità di sfoltire le abitazioni e creare un alveo interno per le acque, circondato da una larga zona golenale (magari da attrezzare a verde pubblico) per consentire ai detriti di arrivare a mare. Questo perchè è stato appurato un fatto molto importante: a Scaletta Zanclea l'alveo avrebbe potuto reggere al volume di acqua. Il guaio, la portata maggiore al momento, lo hanno combinato i fanghi. E questi fenomeni possono accadere lungo tutta una fascia di territorio, come dimostra l'evento del 1996.

Terrazzare la montagna, scendendo con le palificazioni nel substrato roccioso e non fermandosi nel suolo, non è cosa semplice però mi pongo dei quesiti a cui spero qualcuno possa darmi una risposta: fino al 2007 non era mai successo niente del genere? Suppongo che la risposta giusta sia "no": le case di Giampilieri, almeno nella zona più alta, non sono proprio costruzioni moderne. Quindi, almeno per Giampilieri Superiore, dare tutta la colpa alla speculazione edilizia della seconda metà del XX secolo è quantomeno fuorviante.
E allora, se non era mai successo (almeno fino dal 1500), perchè? Forse perchè la montagna era regolarmente manutentata da chi ci lavorava? Oppure si erano verificati prima della edificazione del paese attuale e se ne era perso il ricordo o non era stato dato loro il peso necessario?

Speriamo solo che da questo disastro si impari una lezione e cioè che siamo costretti a convivere con il rischio idrogeologico, e che quindi bisogna tenere conto di questo nel costruire. Da oggi ignoranza e irresponsabilità non devono più prendere il sopravvento, né nei privati cittadini, né nelle isituzioni.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao, sono il solito anonimo (reggino) del ponte.
Non sottovaluterei un'altra possibile concausa del disastro: il "sifonamento".
Questo si verifica quando si annullano le tensioni "efficaci" del terreno a causa della pressione dell'acqua che tende a risalire, trasformandolo in sabbie mobli.
A riprova di ciò 3 indizi:
1) ho letto, non ricordo dove, della presenza di falda freatica, dunque di una superficie normalmente impermeabile, ma dove può saltare "il tappo" da qualche parte per eccesso di pressione idrostatica;
2) in alcune foto si nota nettamente uno sprofondamento del terreno, anche se una visuale 2D può ingannare;
3) il fatto che esistano almeno 2 link interessanti su Internet, che corrispondono alle chiavi di ricerca SIFONAMENTO e GIAMPILERI; si tratta di 2 precisi episodi avvenuti a gennaio ed aprile 2009.
Complimenti per la passione e l'impegno che ci metti.

Aldo Piombino ha detto...

rispondo in netto ritardo...
al sifonamento proprio non ci avevo pensato ma è senz'altro un'ipotesi da tenere in considerazione. Potrebbe addirittura essere il meccanismo fatale se verificatosi in alto, dove si sono innescate le frane. Però a meno di una forte circolazione nel metamorfico dei peloritani, mi suona un pò strano che ci fosse qualche acquifero in pressione da quelle parti: dove lo confini al tetto?

Quanto allo sprofondamento del terreno da te notato possono esserci tante cause. Per esempio la perdita di competenza di un sedimento sottostante imbevuto d'acqua percolata che ha raggiunto il valore limite della resistenza al taglio.
Bisognerebbe anche capire se lo sprofondamento è contemporaneo all'alluvione o l'ha seguita a una certa distanza temporale.
Grazie per la simpatia

Anonimo ha detto...

Il tetto non saprei, non è il mio campo; in ogni caso c'è testimonianza sui giornali locali (Gazzetta del Sud) di lavori lungo la direttrice FS Messina - Giampilieri, dove pali da 17 metri sprofondavano per sifonamento
http://www.biancoscudati.it/invision/index.php?showtopic=23804&st=223

c'è anche qualcosa qui
http://radiostereosantagata.blogspot.com/2009_01_01_archive.html

Su Repubblica c'era una foto dall'alto, prima e dopo, di lato alla chiesa erano crollate un buon numero di case e l'idea visiva di sprofondamento del terreno lo davano delle linee di demarcazione nette quardando la parte alta.

Ho sbagliato nel parlare di falda freatica, intendevo invece artesiana.

Potrebbe il "tappo" essere costituito da calcarenite? Abbiamo rinvenuto dei sottili strati di essa (se ricordo bene 1-2 metri) a poche decine di metri di profondità sulla spiaggia di Cannitello, che potrebbe fare scopa con i 10-15 metri dei pali a Messina; poi mettici una pendenza tra il 10%-20% che è grosso modo o poco più di quella delle fiumare in Calabria, e penso anche in Sicilia... Però parlo da profano.
Ciao.
Lodovico
(preferisco l'anomimato perché non mi va di crearmi account vari che poi dimentico per strada)

Aldo Piombino ha detto...

una piccola annotazione: probabilmente nel tratto costiero è facile avere acquiferi in pressione. Non conosco la la geologia dell'area se non in maniera molto rudimentale, ma sicuramente è nettamente diversa tra i monti, dove abbiamo il metamorfico dell'unità dei peloritani e un pò di suolo e la zona costiera dove ci sono sedimenti marini e terrestri recenti (non so però quanto sia lo spessore, potrebbe essere poche decine di metri come centinaia di metri). Nella zona costiera è un fenomeno molto possibile, lo vedo molto più difficile in alto. Hai accennato alle calcareniti. Potrebbe essere, anche se vedo meglio un pacco di argille (impermeabili) che sovrasta dei ciottolami. Considera comunque la possibilità di forti variazioni laterali, dovute sia a eteropie di facies che a faglie che hanno interessato persino i sedimenti recenti.
grazie per i link!

Anonimo ha detto...

Ciao Aldo come va?
Complimenti per l'analisi di questo disastro, precisa e imparziale.
Molto interessante anche perchè didattica, perlomeno per me che all'università seguo un corso basato proprio sul dissesto idrogeologico!
A presto!
Simone (IR2265)