martedì 6 ottobre 2009

La Calabria: il punto focale per capire la storia meso - cenozoica del Mediterraneo Occidentale


Una o due Calabrie? Uno o due oceani? C'è stata una inversione della subduzione nel settore appenninico o no? Questi sono alcuni dei dilemmi dei geologi che si occupano di evoluzione mesozoico – terziaria del Mediterraneo Occidentale.
Innanzitutto una precisazione: parlando di “Calabria” si parla, abbreviandone il nome, dell'”Arco Calabro – Peloritano” e cioè di quella fascia della catena appenninica che va dal Pollino alla linea Taormina – Golfo di Patti, per cui nella definizione è compresa la parte più a NE della Sicilia, Messina compresa. Qualche tempo fa ho scritto un post su “Al.Ka.Pe.Ca”, il “continente perduto” della geologia mediterranea, la placca che secondo alcuni Autori si è scontrata con l'Europa Stabile prima che lo facesse l'Italia peninsulare.

Riepilogo brevemente la situazione:
1) la subduzione sotto l'Europa di tipo appenninico contrasta con quella alpina che invece è sotto l'”Africa”. C'è chi ipotizza quindi una inversione della subduzione sotto l'Appennino a partire dal primo Oligocene
2) Il magmatismo nell'area mediterranea occidentale sembra iniziare nell'Eocene assieme alla formazione dei bacini di retroarco.

Vediamo a fianco un disegno con le due ipotesi. Se da una parte alcuni Autori pensano ad una inversione della subduzione, altri dicono di no: pensano che nel settore appenninico ci sia sempre stata la subduzione sotto l'Europa e che tra la zona alpina e quella appenninica, adiacenti, le placche scorressero in senso opposto grazie ad una faglia trasforme. La formazione dei bacini del Mediterraneo Occidentale sarebbe iniziata solo alla la fine dell'Oligocene perchè solo da quel momento i movimenti relativi fra Africa ed Europa hanno costretto il piano di subduzione a muoversi, ruotando in senso antiorario.
In questo ambito l'assetto della Corsica, che era la terminazione della zona a subduzione “alpina” e sotto alla quale ora c'è la subduzione di tipo appenninico, viene spiegata, per esempio da Andrea Argnani con la presenza di un promontorio della placca adriatica che in qualche modo cozza sul sistema alpino e ne interrompe la subduzione, instaurando anche in quel settore alpino quella Europa – vergente.
Ricostruire la geologia del Mediterraneo occidentale vuol dire risolvere il puzzle di dove erano attaccate fra loro tutte le zone che bordeggiano da Gibilterra all'Italia i bacini “oceanici” che si sono aperti dalla fine dell'Oligocene in poi e i rapporti originari fra queste masse: dov'erano, come erano fatte, quando e come mai si sono attaccate fra loro. Il problema è che è abbastanza nota la geologia zona per zona, ma ci sono ancora delle terribili incertezze sui rapporti fra questi settori sia prima dell'apertura dei bacini del Mediterraneo occidentale che - ovviamente ancora di più - sui rapporti prima del coinvolgimento nell'orogenesi e cioè sulla loro collocazione sulle rive della Tetide. Le incertezze sono ben delineate da questa immagine in cui si confrontano il modello a subduzione unica e quello a subduzione che si inverte.

Per fortuna alcuni punti fermi ci sono e precisamente:
1) il Tirreno Settentrionale si è aperto nel Miocene, mentre quello meridionale lo ha fatto più tardi, nel Pliocene
2) la Calabria continua a muoversi verso sudest (o, almeno, lo ha fatto fino a poche centinaia di migliaia di anni fa)
3) prima dell'apertura del Tirreno Sardegna e Calabria facevano parte della stessa massa continentale, almeno dall'Oligocene: quindi attraverso Sardegna e Corsica anche la Calabria era attaccata all'Europa tra la Provenza e la Catalogna.

Una disamina della situazione, in maniera molto neutrale, è stata condotta da Alvarez e Shimabukuro nel corso di un convegno tenuto nel 2007, i cui atti figurano nell'ultimo volume del “Bollettino della Società Geologica Italiana”. Innanzitutto tratteggiano i problemi sul tappeto, notando come la Calabria sia un punto nodale della faccenda. in particolare:
1) la Calabria è un blocco unico dalla fine dell'Orogenesi Ercinica nel Permiano oppure è il risultato dell'unione di due blocchi nel Terziario Inferiore?
2) Nella regione ci sono tracce di un solo piano di subduzione o di due piani opposti?
3) Alla fine dell'Orogenesi Ercinica dov'erano Calabria e Sardegna? Erano vicine o addirittura in connessione fra loro oppure appartenevano a settori diversi di questa vecchissima catena?

Il disegno a sinistra ci fa vedere quattro ipotesi di evoluzione della Calabria, centrate nel Terziario medio. Si vede appunto come risolvere la geologia della Calabria significhi davvero risolvere buona parte dei dubbi sulla geologia mediterranea.
Assodato che Calabria e Sardegna erano all'incirca e in qualche modo attaccate fra loro prima dell'apertura del Tirreno Meridionale a partire dal Miocene, resta da capire quando si sono attaccate. C'è continuità stratigrafica e strutturale fra alcuni terreni calabri e sardi? Se la risposta fosse sì, allora la ricostruzione con due oceani diventa un po' difficile.

L'arco calabro – peloritano è formato da 4 settori, Sila, Stilo, Aspromonte e Peloritani. Fino agli anni 80 nessuno aveva dubbi sulla sua unicità e che nell'area fosse esposta tutta una intera sequenza di una crosta continentale profonda con anche parti del sottostante mantello. Anzi, veniva citata come un esempio eccezionale di ciò. In seguito una scuola di pensiero capitanata dal prof. Glauco Bonardi ha visto la Calabria come un assemblaggio di due terranes differenti, che si sono assemblati uno contro l'altro nel Miocene. ciò perchè oggettivamente si distinguono fra loro due "stili" diversi per alcune caratteristiche stratigrafiche, strutturali e metamorfiche. Il problema è che l'unico contatto visibile fra questi due blocchi, la linea di Cardinale, nella zona tra Serre San Bruno e Soverato, non è molto chiaro; potrebbe essere sia di natura tettonica (un sovrascorrimento) che stratigrafico (un passaggio fra due settori diversi di una vecchia crosta continentale). Alcune caratteristiche portano a definirlo un sovrascorrimento, altre un contatto stratigrafico. Per venirne a capo l'unica possibilità è quella di scavare dei pozzi, arrivare alla zona incriminata e carotarla.

Passando alla questione dei piani di subduzione, il fulcro della questione sono le ofioliti, le rocce di provenienza del mantello terrestre appartenenti a vecchi oceani che sulle catene montuose sono le cicatrici della chiusura di un oceano schiacciato fra due masse continentali. Le ofioliti della Calabria erano state correlate a quelle della Corsica e questo rendeva ovvia la presenza di due oceani, l'Oceano Ligure – Piemontese a ovest (definitivamente chiuso alla fine dell'Eocene) e lo Jonio ad est, che ancora deve finire di chiudersi. Le ofioliti sarebbero i resti dell'Oceano Ligure andato in subduzione sotto la placca adriatica, in direzione “alpina” e – quindi – in direzione opposta a quella odierna in direzione dell'Europa. Il tutto era dimostrato dall'assetto tettonico dei massicci calabri.

Poi c'è stato chi ha interpretato le cose in maniera un po' diversa, sulla base di osservazioni fatte nelle zone di subduzione del Pacifico e quindi pensa che questo assetto possa essere tranquillamente il risultato di una subduzione sotto l'Europa, che continua almeno dalla fine dell'era Mesozoica. Nessuna inversione della subduzione, quindi. Per poter affermare questo, però è necessario che Calabria e Sardegna fossero attaccate fra loro almeno dalla fine del Paleozoico. L'idea potrebbe anche funzionare visto che entrambe posseggono rocce continentali deformate in età Ercinica e dei graniti tardo-orogenici. Però questo non basta e, anzi, le prove di una contiguità paleozoica fra le due regioni sono molto deboli: senza entrare in dettagli ci sono grosse differenze fra i graniti sardi e quelli calabresi (che è possibile pure siano più recenti), fra i metamorfismi delle due croste e nelle coperture sedimentarie permo – mesozoiche. Solo la zona dei Peloritani potrebbe assomigliare alla Sardegna, ma a me sembra molto più simile alle sequenze della Toscana occidentale e meridionale.

Continuo a pensare che il modello a due subduzioni sia quello più verosimile e che Al.Ka.Pe.Ca. sia veramente esistita. Anzi, portandola fino in Toscana meridionale forse sono un “estremista” fra i sostenitori di questa microzolla.
Non mi pronuncio sulla questione delle due Calabrie o meno: non ho le necessarie conoscenze. E' un'idea interessante.
Purtroppo temo che per avere delle certezze sull'evoluzione dell'area mediterranea occidentale ci vorranno ancora parecchi anni.

2 commenti:

Gloria ha detto...

C'è un lavoro pubblicato nell' Italian Journal of Geosciences (Società Geologica Italiana) de 2014 (2) di Passeri te al. In cui si propone una visione alternativa ai due oceani, proprio perchë le coperture di Longobucco (Calabria) e Longi-Taormina (Peloritani) risultano essere di appartenenza europea, quindi l'arco calabro-peloritano non è stato interessato dall'orogenesi alpina, come è anche dimostrato dalle vertenze e dalle età di deformazione dei basamenti. Sono uno degli autori. Mi è piaciuto molto il suo articolo, soprattutto per la lucidità con cui sono state presentate le problematiche trattate.

Aldo Piombino ha detto...

ringrazio sentitamente la prof. Ciarapica per il commento!
Naturalmente ho letto l'articolo (sono socio della SGI dal 1980)