mercoledì 5 ottobre 2011

Montano le polemiche sullo sfruttamento del metano nei gas-shales, sia in USA che in Europa


La fame di energia e il costo elevato dei combustibili fossili relativamente a pochi anni fa ha provocato una corsa a giacimenti alternativi di idrocarburi, da quelli off-shore (con le pessime conseguenze di eventi come l'incidente della Deeepwater Horizon) a giacimenti non convenzionali come i gas-shales e le oil-sands. Negli USA gli scisti gassiferi sono materia di grandi polemiche fra l'industria e gli ambientalisti che oltre a volere una riduzione nell'uso dei combustibili fossili accusano i petrolieri di immettere nel sottosuolo quantità ingenti di sostanze inquinanti. Il problema sta arrivando in Europa, dove stanno già montando i primi contrasti politici sulla questione ambientale, in particolare nei riguardi della fratturazione idraulica delle rocce attualment enecessaria per lo sfruttamento di questi giacimenti.


Giusto un anno fa avevo parlato dei gas-shales, un nome che in italiano tradurre è un po' difficile, qualcosa come “scisti gassiferi” (il termine “scisti bituminosi” da me usato nel post in questione mi piace veramente poco). La cosa negli Usa si fa sempre più importante: ci sono centinaia di migliaia di posti di lavoro, ricchi proventi da royalties e un risparmio nelle importazioni di gas (e con i consumi che hanno gli statunitensi non è davvero un particolare di trascurabile importanza!).
La situazione è abbastanza tranquilla nonostante che gruppi ambientalisti minaccino gravi catastrofi, a partire dall'inquinamento delle acque: per le tecniche rimando all'appena linkato mio post precedente. 
Al solito mi pare che ci siano le solite manfrine con da una parte i filo – petrolieri a dire che tutto va bene e dall'altra gli ecologisti a dire che tutto va male. 
Personalmente ho seri dubbi che vada tutto bene anche perchè iniettare liquidi contenenti acidi non mi pare una cosa particolarmente environmentally frendly.... E intanto le pagine dei giornali si riempiono di articoli in cui si legge tutto e il contrario di tutto: "le operazioni di fratturazione delle rocce per ricavare gas inquinano le acque delle falde", ma anche no; "questa è una risorsa energetica più pulita di petrolio e carbone, giusto sporca un po' le acque della zona" ma anche "questa è una attività che immette tanti gas-serra in atmosfera" e ci sono persino idee contrastanti sul fatto che porti davvero ricchezza alle economie rurali interessate.

Parlando dell'inquinamento, secondo una indagine della Duke University le falde acquifere conterrebbero rilevanti quantità di metano. Era uno dei rischi previsti, quello che venisse liberata una parte del metano contenuto nella roccia durante le operazioni di rottura degli scisti e/o di cattura del gas. Mi sorprende invece che non siano ancora presenti le sostanze inquinanti iniettate per spezzare meglio le rocce (forse i pozzi dell'acqua sono ancora troppo superficiali e le acque inquinate non sono ancora riuscite ad arrivarci?). Comunque già per la sola questione metano il rapporto è stato duramente criticato dalle industrie estrattive con critiche che vanno dalle accuse di mistificazione a quelle di voler far sì che l'America rimanga al buio.
L'epicentro delle polemiche è la Pennsylvania e non potrebbe essere diversamente visto che è lo stato maggiormente interessato alla questione: oltre al famosissimo e gettonatissimo dall'industria petrolifera Marcellus Shale, ci sono altre 2 formazioni sopra e sotto questa con grandi possibilità di sfruttamento. Fra l'altro la Duke University non è in Pennsylvania la cui locale università è invece tacciata dagli ambientalisti di essere d'accordo con i petrolieri.

La questione riguarda anche i cosiddetti “oil shales” che anziché gas contengono petrolio e sono diffusi più a ovest, fra Utah, Colorado e Wyoming. In queste rocce l'estrazione è ancora bloccata per l'eccessivo rilascio di CO2 associato. Un team della American Chemical Society ha recentemente vinto un premio per produrre energia elettrica da queste rocce catturando contemporaneamente la CO2. Quanto alle oil sands, le sabbie petrolifere del Canada di cui avevo parlato qui, per fortuna sono posizionate in una nazione dove tutto sommato l'ambiente è rispettato e quindi stanno facendo di tutto per diminuire l'impatto ambientale della estrazione, anche se recentemente sono sorti forti dubbi sulla completa comprensione delle modifiche all'ecosistema indotte da queste attività e quindi è possibile che sorgano nuove polemiche anche qui. 

E veniamo all'Europa. Rocce che potenzialmente nascondono giacimenti di metano sono diffuse in quasi tutto il continente: sedimenti paleozoici tra Inghilterra, Svezia, Germania, Polonia e Ucraina, calcari scuri mesozoici in Austria e persino rocce del Terziario in Ungheria. 
Anche la Francia non è priva di rocce potenzialmente utili ed è qui che si è gioca tala prima partita, tra le pressioni dell'industria e le resistenze degli ambientalisti.
Siamo nel sudovest francese: il governo aveva concesso 3 permessi di ricerca, due ad una compagnia texana minore e il terzo al gigante transalpino Total. Però dopo che questi permessi erano stati concessi, il parlamento francese ha vietato l'uso del classico sistema usato in America della fratturazione idraulica.  Quindi alle due compagnie è stato chiesto di presentare soluzioni alternative per lo sfruttamento della risorsa, cosa che ovviamente allo stato dell'arte attuale è impossibile. Concessioni revocate, pertanto, anche se la Total sta cercando soluzioni alternative che però per adesso non si possono considerare operative, come ha dichiarato il Ministro dell'Ambiente Nathalie Kosciusko-Morize 

Attualmente però la partita più importante si svolge attualmente in territorio polacco. La posizione della UE è abbastanza chiara e il Commissario all'Energia Gunther Oettinger lo ha ripetuto più volte: occorre sul problema una politica comune fra tutti gli Stati membri (anche perchè – ovviamente – le questioni ambientali hanno il potere di provocare impatti sovranazionali). Il governo polacco sa che la fratturazione idraulica non sia al momento una tecnologia per la quale la Commissione Europea nutra una grande simpatia e questo cozza contro la sua politica energetica nazionale: il sottosuolo della Polonia contiene ampie riserve di gas intrappolato nelle rocce. Quindi Maciej Olex-Szczytowski, che non ho capito se sia un funzionario od un superconsulente del Ministero degli Affari Esteri polacco, ha dichiarato recentemente ad una conferenza sull'argomento che la sua nazione porrà il diritto di veto su qualsiasi limitazione all'utilizzo di tecnologie estrattive in nome della libertà per ogni Stato di adottare la politica energetica di suo interesse e che il regime ambientale richiesto dalla UE sia esagerato in rapporto alle esigenze economiche. Inoltre ha lanciato la solita tiritera degli ambientalisti che si oppongono allo sviluppo e osservato come secondo lui l'UE non possa permettersi di non sfruttare risorse che le darebbero una maggiore autosufficienza energetica.

Da notare che nell'estate appena scorsa in Polonia sono stati trovati importanti giacimenti convenzionali di metano con il diretto coinvolgimento di società americane, dei quali quello di Kutno appare molto importante. Questo giacimento è nella continuazione meridionale dei giacimenti ad idrocarburi del Mare del Nord ed è quindi un gicimento convenzionale a tutti gli effetti, ma le riserve stimate nei gas shales polacchi sono di un paio di ordini di grandezza superiori. Per questo a Varsavia c'è un così grande fermento al proposito.


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