domenica 19 dicembre 2010

Gli attuali sviluppi dei progetti per sfruttare l'energia delle maree

Si parla molto sulla possibilità di ottenere energia dalle maree o dalle correnti marine. In effetti le correnti marine sarebbero una soluzione teoricamente intelligente, fosse solo per la loro continuità, qualità in cui non brillano le principali energie rinnovabili note (vento e soprattutto sole).

Per le maree qualcosa è già stato fatto e ci sono diversi progetti. Gli impianti che sfruttano questa fonte di energia sono ancora pochi: il più noto è in Francia, 240 Mw installati in cui il cui costo dell'energia si attesterebbe sui 18 centesimi di Euro al Kw: per le energie rinnovabili, in cui questo valore è ancora molto caro, si tratta di un risultato eccezionale. Situato sull'estuario del fiume Rance, accanto alla nota cittadina bretone di Saint Malo, sfrutta l'energia di una delle zone più famose per le maree, lungo la Manica, dal lontano 1966 e produce 16 miliardi di kilowattora all'anno.
Ho delle notizie su una piccola turbina costruita nel Mar Bianco, ispirata alla centrale francese, che però, almeno negli anni 60 e 70, ha funzionato saltuariamente e, siccome ha bloccato gli scambi fra una insenatura ed il  mare aperto, ha provocato gravi danni ambientali. 

La ricerca si è rivolta soprattutto a zone caratterizzate da forti maree che hanno appunto una certa regolarità di flusso e consentono dunque una migliore prevedibilità sulla quantità di energia prodotta. Il target più interessante sono dei golfi delimitati da canali lungo i quali i moti mareali convogliano grandi quantità di acqua che scorre quindi a velocità interessanti.
Rispetto al modello francese (e a quello russo), la concezione degli impianti di questo tipo è molto cambiata: se a Saint Malo le turbine sono collocati su un ponte, nei nuovi progetti verrebbero poste sul fondo dei canali. Purtroppo siamo al limite delle tecnologie attualmente disponibili: ovviamente i luoghi ideali per impiantarle sono tratti di mare in cui le correnti mareali sono veloci, un ambiente però completamente diverso a quello ideale per lavorare.

Troviamo una turbina di questo tipo ad Annapolis, lungo la costa atlantica del Canada. L'impianto, gestito dalla Nova Scotia Power (una compagnia molto attiva nelle energie rinnovabili) ha fatto seguito ad una piccola installazione sperimentale da 20 MW costruita negli anni 80 ed ha una potenza installata di 1 Mw. Posizionata nel novembre 2009, attualmente risulta ferma per un problema ancora non perfettamente individuato, la cui ipotesi più probabile pare un danneggiamento del rotore.


Dall'altra parte del continente, il Puget Sound, il grande golfo della costa pacifica nordamericana al confine fra gli USA e il Canada, con i suoi tanti stretti che lo collegano all'oceano Pacifico, è interessato da diversi progetti in materia.
Una compagnia elettrica, la Tacoma Power, ha studiato negli anni passati un sistema che di energia ne produrrebbe eccome, però a causa dei limiti tecnologici l'impianto risultava attuale antieconomico e difficilmente fattibile. In effetti questa ed altre società avevano chiesto delle concessioni per la costruzione di impianti simili, concessioni che però sono per la maggior parte scadute senza avere un seguito.

Quindi allo stato attuale ci sono molte idee ma poche realizzazioni concrete. Inoltre, se 40 anni fa l'ambiente non era molto tenuto in considerazione, attualmente la situazione è per fortuna cambiata.

Il Puget Sound è un modello importante da questo punto di vista: lungo la costa canadese sono in corso ampi programmi di ripopolamento che hanno oggetto diverse specie considerate “minacciate” da estinzione, come l'ormai raro Salmone Chinook. Altra questione riguarda gli eventuali effetti sulla dinamica e sulle popolazioni di cetacei locali che nella zona si stanno riprendendo bene (almeno le specie sopravvissute!) dalla strage degli ultimi secoli (lì i giapponesi non arrivano): in particolare ci si domanda quanto le emissioni acustiche possono interferire con gli animali e la loro capacità (e necessità) di udire i suoni (in altre parole: le turbine possono provocare un rumore di fondo disturbante per i cetacei?). Al di là delle balena che comunicano a distanza tramite suoni (e quindi le turbine potrebbero ostacolarne l'ascolto) destano preoccupazione soprattutto le possibili ripercusioni per i cetacei dotati di ecolocazione: la ricerca in particolare si focalizza sui ripetuti passaggi di alcuni branchi di orche.

Dopo un forte interesse fino a qualche anno fa, attualmente la situazione sembrerebbe molto più calma: la produzione di studi in materia sul Puget Sound, intensa tra il 2002 e il 2008, oggi lo è molto meno. Apparentemente, quindi, tra il fiasco della Tacoma Power e le obiezioni dal punto di vista ambientale, gli operatori si sarebbero scoraggiati. Invece forse siamo ad una svolta: la Marina degli Stati Uniti vorrebbe installare un sistema del genere per l'alimentazione di un sua base che si affaccia giusto sul Puget Sound. Costituito da 6 turbine da 40 kW cadauna, questa centrale – per la quale il Congresso degli USA ha stanziato oltre 5 milioni di dollari – dovrebbe entrare in servizio nel 2012. Un particolare importante per l'ambiente è che il meccanismo di lubrificazione del rotore utilizzerà l'acqua marina e non un lubrificante di sintesi o derivato dal petrolio.
È in fase di avvio anche l'installazione di un secondo sito, civile e non militare, ad opera dello Snohomish County Public Utility District. Costituito da due rotori alti una quindicina di metri che ospitano ciascuno una turbina da 600 Kw è quindi più simile nella concezione a quello della Nuova Scozia (anche il fornitore delle turbine è lo stesso, la Openhydro.

Entrambe le centrali verranno collocate sul fondo di alcuni degli stretti che collegano l'Oceano Pacifico con il Puget Sound, dove le correnti di marea sono piuttosto forti.
Se i progetti avranno un risultato soddisfacente, è possibile che verranno realizzati altri impianti del genere lungo tutta la costa pacifica tra l'Alaska e lo stato di Washington.
L'energia delle maree non potrà certamente da sola risolvere i problemi energetici del pianeta a scala globale, ma in ristrette aree potrebbe davvero fornire una buona soluzione, consentendo autonomia energetica a comunità che si affacciano su tratti di mare adatti allo scopo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissimo articolo!
Pier Angelo

Anonimo ha detto...

Troppe pugnette...

gli ambientalisti gridano sempre troppo allo scandalo e la cosa è ancora + buffa dato che anche io sono ambientalista ma non mi viene il ciclo mestruale per un paio di pale eoliche o di centrali idroelettriche.

Per fortuna le turbine sono sotto il mare, così non ci sorbiremo le ennesime proteste di gente che dice che sono brutte (ma la centrale a gas vicino casa vostra no?), giusto per alimentare le polemiche da italiani affetti da sindrome nimbi e portare ad un nulla di fatto.

Credo che si debba creare un sottile equilibrio tra energie e natura, ma inevitabilmente qualcosa dovremo cedere...nulla si ha per nulla.
Spiace per le orche e le balene...ma credo siano anche in grado di adattarsi e spostarsi un qualche chilometro più in là.