giovedì 3 ottobre 2024

il dramma del dissesto idrogeologico in Italia: motivi e possibili soluzioni


ITALIA, ABBIAMO UN PROBLEMA. Il dissesto geologico in Italia è ormai cronico e tutte le volte che in questa stagione una perturbazione sta per arrivare in Italia gli addetti del settore incrociano le dita. In questi giorni, passate le alluvioni che hanno fatto danni e morti geologi ed ingegneri idraulici rilasciano di continuo interviste in svariate testate giornalistiche (televisioni, radio, carta stampata e online) del “bel Paese” (termine peraltro coniato proprio da un geologo). Questa fase in genere dura una quindicina di giorni del post-catastrofe, dopodichè silenzjo fino all’evento successivo. Deve essere chiaro che eventi simili a quelli degli ultimi anni sono avvenuti normalmente pure in passato, ma ciò che è cambiato è la frequenza con la quale accadono, a causa dei cambiamenti climatici. Paghiamo così decenni di mala gestione di un territorio fragile e difficile come quello italiano, malagestione che purtroppo perdura anche adesso, e tornare indietro è praticamente impossibile. E come ripete spesso il buon Nicola Casagli, se cadono 200, 300, 400 millimetri di pioggia in poche ore non c’è terreno che tenga, a parte Liguria e alta Toscana (bacini di Magra e Serchio), dove per contenere fino a 300 mm i fiumi sono abbastanza bene attrezzati.

LE RAGIONI DEL PROBLEMA

i tronchi bloccati da un fiume in Romagna nel settembre 2024
TRONCHI, ALVEI E VERSANTI. Il mantra del momento al bar sport è che con la pulizia degli alvei e con il loro abbassamento non sarebbe successo niente. Del perché scavare gli alvei sia una fesseria rimando a questo post. Di recente, a proposito della Romagna, i soliti soggetti hanno messo in evidenza i tronchi bloccati a monte dei ponti, additandoli come il problema, dicendo che la colpa è di quello e non del riscaldamento globale (che alle volte negano, altre volte dicono che è naturale e in ogni caso il CO2 non c’entra niente). Di sicuro il problema non sono i tronchi, ma i ponti quando rappresentano ostacoli alla corrente (con ponti “fatti bene” sarebbero tranquillamente passati). Quanto alla loro origine, questi danno per assodato che i tronchi provengano dagli alvei; io invece penso che, a causa delle frane innescate dalle piogge, vengano dai versanti, i quali fra deforestazione post unitaria e recente abbandono delle campagne sono messi male. Si, è vero che le aree boscate stanno aumentando, ma sono boschi “giovani” su terreni spesso problematici im versanti decisamente delicati. 

I FIUMI. Come ho fatto notare spesso, ci sono state una serie di operazioni, tutte logiche all’epoca della loro realizzazione, ma che purtroppo nei secoli hanno tutte concorso a peggiorare lo stato dei fiumi e soprattutto la loro reazione alle piogge. Ne ho parlato qualche anno fa evidenziando la necessità di costruire un nuovo mondo intorno ai fiumi e l’ho ribadito anche in una recente intervista al TG1. Riassumendo quello che potete leggere in quel post, tali operazioni sono state:
  • le bonifiche, con l’eliminazione di paludi e lagune; queste però erano zone in cui venivano stoccate le piene dei fiumi (e che ne alimentavano le magre)
  • le rettifiche ed i restringimenti degli alvei ne hanno diminuito la portata utile e velocizzato la corrente; di conseguenza le bocche degli affluenti sono più vicine fra loro, con un maggiore rischio che le piene dei tributari si sommino, anzichè passare ad intervalli
  • durante le bonifiche è stato sempre realizzato un insieme di canali per scolmare le acque evitandone il ristagno. Ma nelle aree urbanizzate i canali sono stati distrutti e quindi l’acqua arriva nel fiume in un tempo molto minore di prima
  • da ultimo i tombamenti, realizzati in genere con portate insufficienti. Seveso e Bisagno sono i casi più clamorosi, ma ci sono centinaia di aste fluviali assoggettate a questi interventi e per esempio nell’alluvione del 2 novembre 2023 sono stati nel pratese teatro di episodi gravissimi.
Insomma, qualsiasi intervento fatto sul reticolo fluviale ha avuto conseguenze nefaste per la situazione odierna: restringere, rettificare o e finanche tombare i fiumi, costruirci ponti bassi e a più campate che rendono la sezione insufficiente e non curarne il territorio intorno è come entrare indifesi nella gabbia di una tigre: non c’è scampo, specialmente quando la tigre ha fame.

nelle zone urbanizzate si sono persi i canali di bonifica. Da NE: Prato, Campi Bisenzio e la parte NE di Firenze

IL MASSICCIO CONSUMO DEL SUOLO. Abbiamo costruito dappertutto con una disinvoltura degna di ben altra causa, fregandosene di trovarsi su pendii instabili o in aree alluvionabili (golene dei fiumi comprese). Personalmente mi sono trovato davanti ad alcuni casi in cui il significato recondito delle conclusioni di chi ha fatto le indagini a seguito di un movimento franoso suona più o meno così: “se nessuno avesse rotto le scatole al versante, questo non sarebbe franato”. Stendiamo poi un velo pietoso su costruzioni realizzate in aree che si erano alluvionate pochi decenni (o anni) prima, senza che venissero fatte preventivamente opere di mitigazione del rischio (o, meglio, della pericolosità).
E l’andazzo prosegue, perchè tutti gli anni gli appositi rapporti ISPRA evidenziano come il consumo di suolo non accenna a diminuire. Il che in un periodo di stagnazione economica e demografica può apparire una contraddizione. Un aspetto fondamentale della questione è che l’edilizia non dovrebbe essere nell’economia di un Paese avanzato un settore trainante, invece purtroppo siamo quasi ancora a livello di “quando il muratore lavora, tutti lavorano e tutti hanno una abitazione”. Ma se questo lo disse Amintore Fanfani a proposito del piano casa 1949 purtroppo questa equazione viene considerata valida ancora oggi,
quando l’edilizia continua a rappresentare un settore trainante dell’economia e una “occasione di sviluppo”.
Inoltre la cosa peggiore è che si preferisce costruire su un terreno vergine anziché su un’area dismessa, perché coprire il nuovo costa molto meno che recuperare il vecchio (a partire dalle problematiche burocratiche dello smaltimento di quello che c’è da sgombrare…).

IL CLIMA CHE CAMBIA. Il riscaldamento globale, che soltanto qualche personaggio con un forte bias mentale può ritenereuna bufala, sta cambiando il modo con cui piove nel nostro Paese. Quello che pare strano, ma è vero, è che in Italia piove più che in Gran Bretagna. Ma da loro di acqua ne viene giù poca tutti i giorni, da noi ne viene tanta in pochi. E quel tanta sta aumentando e i pochi stanno diminuendo: avremo la stessa quantità di pioggia ma in ancora meno giorni e soprattutto pioverà in maniera più violenta e concentrata su aree ristrette

MA ALLORA COSA SI POTREBBE FARE?

consumo di suolo, ISPRA 2024
È chiaro quindi che gli eventi pluviali violenti non solo continueranno, ma aumenteranno ulteriormente di frequenza e personalmente, proprio per il nuovo regime pluviale, più sono ridotte le dimensioni dei loro bacini idrografici, più i torrenti mi fanno paura. Ad esempio a Firenze ho più preoccupazioni per l’Ema o il Terzolle che per l’Arno. Intanto pensiamo che per difendere la pianura e i ponti si deve cominciare dai versanti, che non devono franare e dove l’acqua delle precipitazioni deve scorrere più lentamente possibile o, meglio, andare a rifornire le falde acquifere. Vediamo alcune soluzioni teoricamente possibili.

EDILIZIA A SUPERFICIE ZERO: se in un territorio comunale ci sono delle superfici coperte non utilizzate, non deve essere reso possibile sigillarne altre. Insomma, come per 3 delle 4 “erre” dei rifiuti, diamoci al Riuso, al Riciclo e al Recupero delle aree sigillate non utilizzate (la prima “R”, la “Riduzione” è più difficile, ma va pensata anche questa nelle aree a rischio)

DARE RESPIRO AI FIUMI: occorre creare un sistema che sostituisca le paludi e che serva sia per mitigare le piene che le magre, ridando respiro ai fiumi. La Commissione De Marchi aveva provato a proporlo, anche dettagliatamente e per tutta Italia. Ed era il 1970, sull’onda del disastro della Toscana e del Triveneto del 1966. Dall’epoca in Toscana è stato realizzato l’invaso di Bilancino, ma mancano altri 20 piccoli invasi. Nel resto del Paese non saprei. Oggi come oggi ci vuole un sistema misto, composto da casse di espansione, invasi, briglie, sistemazioni dei versanti anche tramite cura del bosco e sostituzione dei ponti che ostacolano la corrente (e pure il cammino dei tronchi). Un sistema capace di stoccare le acque di piena per limitare i danni, e contemporaneamente sfruttarle come riserva d’acqua per i lunghi periodi siccitosi.

l'invaso di Bilancino
ARGINI: ecco un tasto dolente: usura del tempo, attività degli animali che ci scavano le tane, pressione dell’acqua durante le piene e scarsa manutenzione sono un mix terribile per strutture che si estendono per migliaia di km. Occorre un sistema per il loro controllo speditivo. Speditivo perché sono decine di migliaia i kilometri da controllare. Qualcosa c’è in studio, vedremo l’evoluzione della situazione.

POLITICA E SOCIETÀ. Purtroppo fino a quando un sindaco riceve più consensi quando sponsorizza la fiera paesana o quando strilla per ottenere gli aiuti con gli stivali in mezzo al fango rispetto a un sindaco che spende per sistemare un versante, si va poco avanti (avrei diversi esempi al proposito). Occorre quindi cambiare radicalmente la posizione dell’assetto del territorio nel cervello degli italiani (e nella loro classe dirigente), come scrissi anni fa. Qualcuno in passato ha pensato (ed io ero tutt’altro che contrario) ad una assicurazione tipo RCA per gli immobili. Visto che ovviamente più alta è la pericolosità dell’area (pericolosità, non rischio…), più alto sarebbe il premio assicurativo, forse a quel modo verrebbe più premiato dagli elettori il sindaco che sistema un versante di quello con gli stivali perché consente ai cittadini di diminuire i premi pagati dai cittadini: insomma, al solito occorre toccare il portafoglio per far capire un problema 

Aggiungo che se da un lato per fronteggiare i periodi siccitosi e migliorare le forniture idriche abbiamo bisogno di un piano dell'acqua, i bisogni di questo piano potrebbero coincidere in parte con quelli della mitigazione del dissesto idrogeologico. Per cui occorre un accordo politico bipartizan e soprattutto - se si vogliono davvero fare le cose - occorre una velocizzazione dei processi burocratici. 



 

 

martedì 1 ottobre 2024

Il possibile anello che avrebbe circondato la Terra nell'Ordoviciano e la possibilità di risolvere alcuni enigmi su alcuni avvenimenti di quel periodo


Non ci sarà per sempre, ma la Terra dal 29 settembre al 25 novembre avrà una seconda luna, un piccolo asteroide, 2024 PT5, proveniente dalla fascia degli asteroidi di Arjuna (corpi celesti con un’orbita molto simile a quella terrestre), che rimarrà comunque a circa 4.5 milioni di km (15 volte la distanza Terra – Luna). Nello stesso momento è stato annunciata la possibilità che anche la Terra abbia avuto, sia pure per un breve periodo iniziato 465 milioni di anni fa, addirittura un anello. La cosa aggiunge un altro tassello alla complicata storia dell’Ordoviciano, un periodo in cui ne sono successe di tutte.

IL PICCO DI IMPATTI DELL’ORDOVICIANO. Sulla Terra, il picco degli impatti dell’Ordoviciano è un evento noto e studiato. Nei sedimenti dell’epoca il suo inizio è contrassegnato da un deciso aumento nei sedimenti di materiali provenienti dal condriti di tipo L. Ricordo che le condriti sono le meteoriti più diffuse e all’interno di esse le condriti L hanno un'abbondanza di ferro relativamente bassa (meno del 10% in peso) rispetto alle condriti H, che ne hanno circa il 20-25%.). L’aumento del materiale condritico L (essenzialmente spinelli di minima dimensione, distinguibili da quelli terrestri per la composizione) ha un inizio molto preciso: 465,76 ± 0,30 milioni di anni fa nell’Ordoviciano medio, esattamente nel Darriwiliano (Martin et al, 2018). Il picco di impatti dell’Ordoviciano sarebbe stato causato dal più grande evento di rottura di un asteroide documentato negli ultimi 3 miliardi di anni, noto come rottura del corpo genitore L-condrite, evento che ha appunto innescato un drammatico aumento del flusso verso la Terra di materiale L-condritico, durante il quale aumentano non solo il materiale cosmico nei sedimenti, ma anche il numero dei crateri da impatto (Liao et al, 2022). Non è ancora chiaro quando questo bombardamento si sia concluso, ma nei sedimenti di 425 milioni di anni, nel Siluriano superiore al limite Gorstiano-Ludfordiano, la dominanza nei sedimenti di micrometeoriti L-condritiche rispetto ad altro materiale extraterrestre è diminuita in modo significativo, da >99% in coincidenza dell’inizio del picco a ~60% nel Siluriano superiore. Questa anomalia si riflette in un accumulo di detriti di condrite L nei sedimenti.

la posizione delle masse continentali nell'Ordoviciano e la posizione dei crateri da impatto del periodo
tutti nella zona equatoriale. Il planisfero attuale per confronto

LA TERRA CON UN ANELLO, SIA PURE DI BREVE DURATA? Tomkins et al (2024) hanno esaminato le paleolatitudini dei 21 crateri da impatto noti di quell’epoca: sono tutti situati entro 30 gradi dall'equatore terrestre. Questa distribuzione è anomala per due motivi:
  • nell’Ordoviciano oltre il 70 per cento della crosta continentale terrestre capace di mantenere fino ad oggi i segni di un impatto di quel periodo si trovava al di fuori di questa regione,
  • contrasta con le tipiche distribuzioni casuali osservate sulla Terra e su altri corpi celesti
Inoltre gli autori notano come una distribuzione come questa è altamente improbabile se prodotta da oggetti provenienti direttamente dalla fascia degli asteroidi, dove appunto sarebbe avvenuta la rottura del corpo genitore e pertanto ipotizzano un quadro in cui un grande frammento del corpo genitore della condrite L sia arrivato vicino alla Terra, raggiungendo il limite di Roche e quindi rompendosi a causa delle forze di marea. A seguito della rottura i suoi frammenti avrebbero formato un anello intorno al nostro pianeta, come succede adesso per i pianeti giganti e forse era già successo in passato per Marte.

la scala del tempo geologico
per l'Ordoviciano 
ALTRI EVENTI DELL’ORDOVICIANO. Dobbiamo notare che durante questo periodo oltre al picco di impatti si registrano altri fenomeni, biotici e abiotici piuttosto significativi. Insomma, nell'Ordoviciano ne sono successe di tutte!
  1. IL GREAT ORDOVICIAN BIODIVERSIFICATION EVENT (GOBE) nel quale si diversificano i phyla sorti durante l'esplosione del Cambriano. È l'aumento più rapido e sostenuto della biodiversità marina mai avvenuto. La radiazione principale del GOBE si è verificata in due picchi, il primo al passaggio Floiano-Dapingiano (470 milioni di anni fa) e il secondo proprio durante il Darriwiliano medio. Questo secondo picco precede di poco la rottura del corpo genitore della condrite L e l’inizio del bombardamento
  2. UN FORTE TURNOVER FAUNISTICO: l'Ordoviciano superiore e Il Siluriano inferiore sono caratterizzati da una breve durata dei piani in cui sono divisi, dimostrando quindi il prolungato turn-over faunistico caratteristico del GOBE
  3. UNA ALTA ATTIVITÀ SISMICA E DI TSUNAMI. Questo periodo coincide con un picco di attività sismica e di tsunami. Parnell (2009) ha attribuito questo fenomeno all'enorme numero di impatti; invece per Meinhold et al. (2011) si tratterebbe di un notevole incremento nella attività tettonica, perché nota che (a) questi fenomeni sono avvenuti in zone tettonicamente attive, (2) Siberia, Laurenzia (il Nordamerica) e Baltica (l'Europa settentrionale) si stavano velocemente muovendo verso nord e (3) perché sul lato NE del Gondwana si stava preparando la separazione dal continente dei terreni cimmerici (quelli che ora tra Turchia, Iran, Afghanistan e Tibet formano buona parte dell’Asia di SW)
  4. UN TREND DI RAFFREDDAMENTO CULMINATO NELLA GLACIAZIONE HIRNANTIANA: ci sono forti indizi del fatto che la fine dell’Ordoviciano si sia verificata una glaciazione importante, associata ad un trend di raffreddamento a lungo termine che è iniziato ben prima, nel ancora nel Cambriano
  5. L’ESTINZIONE DI MASSA DELL’HIRNANTIANO: L'estinzione di massa del tardo Ordoviciano, a causa della sua drammatica perdita di specie, è ampiamente considerata come la seconda più grande delle "Big Five", i 5 maggiori eventi di estinzione di massa del Fanerozoico, a partire dal lavoro di Raup e Sepkoski (1982). È all'incirca coeva con l'estinzione di massa

in alto: la biodiversità generica (in blu), quella della Cina (in rosso)
e quella dei solo brachiopodi (in verde) nell'Ordoviciano
in basso: la diminuzione delle temperature del mare e del CO2 nell'Ordoviciano
da Cocks e Torsvik (2021). In rosso l'inizio del bombardamento 

LE CAUSE DI QUESTI FENOMENI. Le cause dell’estinzione di massa e della glaciazione sono ancora dibattute (Algeo e Shen, 2024), anche se come ho fatto notare l’estinzione è contemporanea alla messa in posto della recentemente riconosciuta Grande Provincia Magmatica (LIP) di Alborz e quindi così rientrerebbe nella correlazione fra LIP ed estinzioni di massa (Derakhshi et al, 2022). Da notare che questa LIP si colloca in un contesto "classico" per fenomeni di questo tipo e cioè l'inizio della divisione di un continente (in questo caso: i terreni cimmerici che si separano dal Gondwana). La glaciazione è però anomala proprio perché è avvenuta in una fase che avrebbe dovuto corrispondere ad un riscaldamento come succede durante tutte le attività di LIP, dovuto alle emissioni di gas-serra da parte dell’attività magmatica. Ed in effetti alla fine dell’Hirnantiano (e quindi dell’Ordoviciano) abbiamo una glaciazione, ma in condizioni di alto tenore di CO2 atmosferico e con una escursione positiva e non negativa del rapporto fra gli isotopo 12 e 13 del Carbonio. Da notare comunque che se il tenore atmosferico era decisamente maggiore di quello attuale, nel diagramma di Cocks e Torsvik (2021) la diminuzione delle temperature della superficie del mare inizia ben prima del picco di impatti, ed è associata ad una continua diminuzione del tenore - peraltro molto elevato rispetto ad oggi - di CO2 atmosferico. Non riporto il grafico, ma secondo gli stessi Autori l’Hirnantiano è stato caratterizzato da una anomalia positiva molto spiccata e di breve durata del tenore di ossigeno atmosferico, dal 20 al 30%.

La spiegazione ipotizzata da Tomkins et al (2024) risponderebbe elegantemente alla contraddizione di una glaciazione con un tenore di CO2 elevato: l'anello potrebbe aver proiettato un'ombra sulla Terra, bloccando buona parte della luce solare e contribuendo decisamente all’innesco sia del periodo freddo in generale che della glaciazione hirnantiana, anche se non spiega l’inversione dell’anomalia del Carbonio.

Per quanto riguarda invece i rapporti con l’accelerata evoluzione del GOBE la connessione non mi pare molto valida, perché:
  • per una buona fetta di ricercatori il GOBE non è altro che la “coda” della esplosione del Cambriano, 
  • perché la conquista di nuovi ambienti, in particolare l’espansione di Animalia verso acque più profonde, è stata tumultuosa e quindi ricca di un continuo avvicendasi di specie
  • perché anche se introducendolo come fase a se stante, il GOBE inizia prima dell'inizio del bombardamento
Tantomeno vedo un legame diretto fra il bombardamento e l'estinzione di massa, in quanto la biodiversità nelle fasi iniziali del bombardamento ha continuato ad aumentare. Ma si può effettivamente ipotizzare un rapporto indiretto fra estinzione di fine Ordoviciano e presenza dell'anello: se questo ha diminuito l'irraggiamento innescando la glaciazione, questa potrebbe aver contribuito ad aggravare la crisi biotica dovuta alle eruzioni della LIP degli Alborz o - viceversa - la LIP ha dato il colpo di grazia alla crisi biotica innescata dalle glaciazioni: di fatto nell'Hirnantiano il diagramma di Cocks e Torsvik (2021) evidenzia in corrispondenza del periodo glaciale una momentanea inversione del trend di aumento della biodiversità. A sua volta però potrebbe essere che le emissioni di CO2 degli Alborz siano state la causa della fine della glaciazione, visto l'aumento delle temperature che contraddistingue l'inizio del Siluriano.

BIBLIOGRAFIA

Cocks e Torsvik (2021). Ordovician palaeogeography and climate change. Gondwana Research 100, 53–72

Derakhshi et al (2022). Ordovician-Silurian volcanism in northern Iran: Implications for a new Large Igneous Province (LIP) and a robust candidate for the Late Ordovician mass extinction. Gondwana Research Gondwana Research 107 (2022) 256–280

Liao et al (2020). Absolute dating of the L-chondrite parent body breakup with high-precision U–Pb zircon geochronology from Ordovician limestone. Earth and Planetary Science Letters 547 - 116442

Martin et al (2018). From the mid-Ordovician into the Late Silurian: changes in the meteorite flux after the L-chondrite parent breakup. Meteorit Planet Sci 53, 2541–2557.

Meinhold et al (2011). Global mass wasting during the Middle Ordovician: meteoritic trigger or plate-tectonic environment? Gondw Res 19, 535–541.

Parnell (2009). Global mass wasting at continental margins during Ordovician high meteorite influx. Nat Geosci 2, 57–61.

Tomkins et al (2024). Evidence suggesting that Earth had a ring in the Ordovician Earth Planet. Sci. Lett. 646 (2024) 118991