mercoledì 22 novembre 2023

il concorso di cause naturali e cause antropiche alla base di frane e alluvioni in Italia




Prendo spunto dalla alluvione che ha colpito la Toscana il 2 novembre per una serie di riflessioni generali sulle alluvioni in Italia in questi ultimi tempi. Le cause di questa impressionante serie di disastri vengono dalla somma di diversi eventi di un lungo cammino storico, iniziato secoli fa, all’epoca logico ma che per l’appunto hanno tutti contribuito alle gravi perdite in vite umane e danni materiali. Da ultimo faccio alcune proposte sulla direzione verso la quale si dovrebbe andare per mitigare il gravissimo problema.

L'EVENTO DEL 2 NOVEMBRE IN BREVE. Il fenomeno ha interessato le aree di Prato-Pistoia e più in generale la fascia da sud-ovest a nord-est, da Livorno in direzione di Pistoia-Prato, Mugello fino a superare lo spartiacque appenninico.
La convergenza della corrente africana di scirocco con quella atlantica da NW ha sostanzialmente creato quello che si chiama un “cluster temporalesco stazionario autorigenerante” noto anche come V-Shaped per la forma che assume visto dal satellite. 
E quindi per diverse ore sul mare nei pressi dell'isola di Capraia si è creata una serie continua di celle temporalesche che le correnti in quota hanno spinto verso ENE senza spostare l'area interessata. La conseguenza è stata che le precipitazioni hanno insistito con continuità nelle stesse aree anche per 5 ore, con picchi di 200 mm nell’area di Pontedera e nei bacini idrografici di Ombrone Pistoiese e Bisenzio. Un quantitativo così elevato di pioggia ha mandato in crisi il reticolo idraulico dei due fiumi, creando allagamenti ed esondazioni, generalmente per sormonto di argine. Purtroppo i sormonti hanno anche eroso e rotto gli argini, peggiorando la situazione.


A. LE MOTIVAZIONI DELLA FREQUENZA DELLE ALLUVIONI IN ITALIA

Abitualmente sede di questi fenomeni, l'Italia lo è diventata ancora di più a causa di una politica e di azioni nei confronti dell' assetto del territorio non proprio corrette (eufemismo). Vediamole, premettendo che alcune di queste erano logiche per l'epoca in cui sono state realizzate.

1. CONDIZIONI NATURALI (GEOLOGICHE, GEOGRAFICHE E CLIMATOLOGICHE). L’Italia è un Paese geologicamente molto recente, interessato da due orogeni (Alpi e Appennini) con molte aree attualmente in sollevamento, e non poco. Basta vedere la Val d'Aosta, la Toscana Meridionale e ancora di più l'Appennino centrale, che appena 700.000 anni fa aveva un paesaggio quasi pianeggiante (ne ho parlato qui). E notiamo come al sud di pianure lungo le coste ce ne siano davvero poche.  Per cui dal punto di vista “originario” la civiltà umana è partita da queste condizioni: 

in verde e celeste le aree in sollevamento
nel territorio italiano
  • il rilievo è giovane 
  • molte delle colline e addirittura delle montagne sono costituite di materiali particolarmente erodibili o di sedimenti “vagamente consolidati” (questo è un termine non scientifico, ma l'ho coniato perché rende bene l'idea) 
  • l’Italia è circondata da mari caldi che quindi possono provocare precipitazioni intense e a cascata frane e alluvioni 
  • il dato brutale in mm segnala che piove più in Italia che in Belgio, solo che lì piove poco quasi tutti i giorni, da noi piove pochi giorni con forte intensità, da cui segue che i corsi d'acqua hanno un regime torrentizio
  • i suoi bacini fluviali sono molto piccoli e quindi rispondono molto velocemente ad intense precipitazioni 
Dai punti precedenti si ricava che in una buona fetta di territorio il motore principale di formazione del paesaggio siano le alluvioni e le frane (queste utime spesso generate o riattivate da alluvioni) e che tutte le pianure dalla più grande alla più piccola fossero un insieme di paludi, stagni e – lungo le coste – di lagune.

Ad aggravare le difficoltà naturali l’Italia ha una densità di popolazione molto elevata e per tutto questo il territorio italiano necessiterebbe di una attenzione maggiore che altrove. E invece da noi è stato fatto tanto di quello che non doveva essere fatto, ma quasi nulla di quello che avrebbe dovuto essere fatto per un corretto uso del territorio, come si nota nei punti successivi. 


a sinistra la pianura di Pisa. A destra le Everglades in Florida:
senza le bonifiche anche la piana pisana sarebbe un'alternanza di isolotti e specchi d'acqua
2. LA TRASFORMAZIONE DI PALUDI E LAGUNE IN AREE AGRICOLE. Come ho scritto in Italia qualsiasi pianura era una palude o - se lungo la costa - una laguna e le paludi fungevano da stoccaggi per l’acqua delle piene, come dimostra l’Arno, più largo a Firenze che a Pisa: prima delle bonifiche l’acqua in eccesso da Firenze finiva più nell’immenso sistema palustre del Valdarno inferiore che occupava tutta la vallata piuttosto che nell’alveo principale. Insomma, le pianure erano delle immense casse di espansione. 
Tale opere di bonifica, in corso addirittura nel periodo etrusco, sono proseguite a più riprese, e sono state completate a metà del secolo scorso ed hanno seguito la prassi progettuale classica creando un reticolo di drenaggio per le acque basse di pianura, i cui canali sfociano nei corsi principali che scendono dai rilievi limitrofi. Queste operazioni avevano una logica, rispondendo soprattutto a due azioni per rendere vivibili e utilizzabili queste aree: eradicare la malaria e rendere sfruttabili per l'agricoltura nuovi terreni.

Leonardo raffigurò l'Arno tra Firnze e Signa come un fiume meandriforme
Oggi è un canale rettilineo
3. LE DRAMMATICHE MODIFICHE AL RETICOLO FLUVIALE: in Natura i fiumi quando arrivavano nelle pianure sarebbero liberi di creare meandri e spostare il loro corso. Oltre ad averli arginati per prevenire le piene, i fiumi sono stati canalizzati, rettificati e ristretti. Di conseguenza:
  • la loro lunghezza è stata ridotta anche di un terzo, per cui si verifica una diminuzione del volume totale di acqua contenibile dall’alveo 
  • la velocità della corrente è aumentata per l’aumento della pendenza e per la mancanza di anse 
  • la diminuzione della distanza vale anche fra le foci degli affluenti e così le piene degli affluenti si riversano quasi contemporaneamente nell’asta principale 
  • per non parlare della massiccia opera di tombamenti che hanno coinvolto il reticolo minore (e talvolta non solo i fossi minori)
  • da ultimo l'urbanizzazione ha in genere cancellato il reticolo di canali creato durante le bonifichei

4. L’AUMENTO DELLA QUANTITÀ DI SUOLO SIGILLATO DAL DOPOGUERRA. Come non si stanca di ripetere ad ogni occasione il buon Nicola Casagli (parlavamo così nel 2012 e da allora non è che sia cambiato molto...) l'urbanizzazione selvaggia è avvenuta senza criterio, soprattutto senza rendersi conto di costruire su suolo di pertinenza fluviale e cancellando totalmente il reticolo di canalizzazioni realizzato al tempo delle bonifiche. Il sigillamento del terreno e la cancellazione del reticolo di canalizzazioni contribuiscono ad inviare più velocemente le acque piovane nei fiumi

Il risultato è che oggi il reticolo fluviale va in crisi anche con piogge inferiori a quelle che in un territorio meno denaturalizzato provocherebbero meno danni.
Da notare che se dopo le bonifiche, le alluvioni erano benedette per l’agricoltura perché ricoprivano i campi di limo fertile, oggi invece le alluvioni rappresentano un disastro totale per le aree colpite


B. I CAMBIAMENTI CLIMATICI 
E LA DRASTICA MODIFICA DEL REGIME DELLE PRECIPITAZIONI 

una supercella a V in Oklahoma
immagine dal sito del Luther College - Iowa
In buona sostanza nei prossimi anni pioverà la stessa quantità di acqua ma in meno giorni (un trend già presente adesso..) per questo sta cambiando la tipologia delle alluvioni: non eventi epocali in cui tutto un bacino come quello dell’Arno è interessato da giorni e giorni di piogge continue, ma episodi come quello del 2 novembre 2023, in cui si sono verificati violentissimi picchi di precipitazione in bacini più ristretti e per poche ore. 
In altre parole: a Firenze, per esempio, mi fan più paura il reticolo minore tipo Terzolle o Ema di quanto oggi me ne faccia l'Arno.
Evitando di fare un elenco partendo dal disastro della Versilia del 1995, un altro aspetto importante è che eventi come questo ultimo in Toscana o quello delle Marche del settembre scorso (di cui ho parlato qui) si sono originati da celle temporalesche autorigeneranti “V-Shape: il nome deriva dalla forma a V del temporale come è visibile dal satellite, mentre per autorigenerante si intende un temporale che continua ad autoalimentarsi rimanendo praticamente fermo per diverse ore, anziché muoversi come fanno la maggior parte dei temporali comuni. Vista l’area ristretta in cui si svolgono questi eventi, una loro previsione diventa praticamente impossibile: abbiamo visto appunto il 2 novembre come la cella sia rimasta ferma alimentandosi a largo di Livorno con l’evaporazione da un mare ben più caldo di quello che avrebbe dovuto essere in questo periodo. Questi fenomeni provocano i flash flood (termine ben più adatto rispetto a “bomba d’acqua”, quella che una volta si chiamava "nubifragio"...!).
Oltretutto se fino al settembre 2022 si poteva pensare che eventi del genere fossero localizzati solo sui rilievi vicino alle coste del Mar Ligure e nella pianura padana davanti all'Appennino ligure, l'evento delle Marche e quello del 2 novembre hanno evidenziato un "salto di qualità" in quanto hanno attraversato mezza o quasi tutta la penisola. 

C. PROPOSTE 

A questo punto mi permetto di esporre un ventaglio di proposte che secondo me potrebbero essere portate avanti per iniziare a parare i danni.

errare è umano, ma perseverare è diabolico:
Tortona: 60.000 mq di capannoni logistici in costruzione in riva allo Scrivia
1. COMUNICAZIONE ALLA POPOLAZIONE. Innanzitutto bisogna spiegare che cementificare gli argini, dragare gli alvei (ne ho parlato qui) e cose simili sono delle fesserie solenni (ma purtroppo persino vasta parte della classe politica propaganda queste iniziative che non sono inutili, ma, peggio, dannose). E se i corsi d’acqua andrebbero tenuti puliti, questa non è la soluzione “definitiva”… per alcuni soggetti sembra che se il Bisenzio fosse stato pulito sarebbe andata molto meglio (e non so neanche se non fosse stato pulito. Ma chi dice così mica si informa, ripete un mantra).
E basta anche con “ai tempi dei nonni si faceva così”, oppure "era meglio quando c’erano più analfabeti e meno studiosi", come se a quei tempi non ci fossero alluvioni.

2. POLITICA DI “SUPERFICIE ZERO. Si continua a costruire su aree vergini, piuttosto che recuperare aree abbandonate. Questo non è certo un corretto uso del territorio e quindi bisogna fermare, o ridurre a livelli ragionevoli, il consumo di suolo. Quindi occorrono almeno: 
  1. una politica di “superficie zero
  2. rendere più conveniente recuperare strutture e superfici laddove qualcuno in precedenza aveva già costruito. 

3. UN IMPEGNO PER MIGLIORARE LA SICUREZZA IDRAULICA, ma qui ci sono dei problemi “culturali”, che non viene vista come una priorità da popolazione e politica, e non esiste continuare a vedere situazioni in cui la popolazione addirittura ostacola la messa in sicurezza come nel caso delle lotte contro le casse di espansione del Seveso o del Misa

4. EVIDENZIAZIONE DEI VERSANTI CHE POSSONO RISULTARE PRONI A CELLE V-SHAPE, in base a modellizzazioni impostate soprattutto su topografia (orientazione e pendenza dei versanti) e direzione delle correnti che li possono alimentare. Occorre prioritariamente investire nella mitigazione del rischio su questi versanti (in particolare sui ponti e su opere di laminazione delle piene)

5. SUPERAMENTO DELLA NORMATIVA IDRAULICA BASATA SULLA PIENA DUECENTENNALE. Ne avevo già parlato in un post specifico. Le alluvioni degli ultimi anni sono spesso andate oltre questa soglia. Bisogna ripensare la normativa in base ad una modellistica basata su un certo evento possibile in un bacino. Come mi ha fatto notare un esponente molto importante del DPC, definire un “massimo evento possibile" è un po' difficile, e allora ho pensato di prendere come esempio la modellizzazione di un V-shape che persiste per un certo numero di ore


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