domenica 10 gennaio 2010

Le incredibili conseguenze delle ultime ricerche sui piccoli scheletri umani ritrovati a Flores: quando la Scienza sorpassa la fantasia

Sarà capitato a tutti un libro, un fumetto o un film in cui uomini moderni incontrano una popolazione primitiva, se non di “pitecantropi” (un termine scientificamente superato che comunque continua ad essere usato dal solo Sermonti, biologo antievoluzionista, non a caso in buoni rapporti con De Mattei. Anche per questo gli oltre 9000 “euri” buttati via dal CNR per far stampare gli assurdi sproloqui di quella congrega rappresentano un oltraggio al buon senso).
Ma quello che fino ad oggi era semplicemente fantasia di qualche mente più o meno geniale, probabilmente è proprio quello che è successo nell'Indonesia di 17.000 anni fa.

EDIT MAGGIO 2016: RECENTI RICERCHE HANNO SMENTITO L'ETÀ COSÌ RECENTE E IPOTIZZANO UNA SCOMPARSA DI HOMO FLORESENSIS CIRCA 50.000 ANNI FA (vedi qui )

La scoperta dell'anno nel 2003 fu senz'altro quella dei 14 strani scheletri rinvenuti nell'isola indonesiana di Flores: sicuramente appartenenti a "uomini" primitivi questi scheletri (di cui quello più completo, LB1 di sesso femminile, da cui il soprannome "Flò") possiedono una caratteristica semplicemente sconvolgente: le piccolissime dimensioni e la capacità cranica altrettanto limitata.
Ovviamente il primo problema è stato capire chi erano di queste creature. Considerando la loro età la loro collocazione sistematica non è stata un gioco semplice. Il secondo è che il loro cervello era di dimensioni estremamente ridotte, 417 centimetri cubici, un valore tipico per scimpanzè e australopitechi. Possibile che con un cervello così piccolo fosse accompagnato da un livello culturale elevato, come dimostrano le ossa di Stegodon (un proboscidato) che mostrano evidenti segni di macellazione?
Sono state avanzate diverse ipotesi, generalmente ascrivibili in tre categorie:

1, Gli scheletri appartenevano a normali Homo Sapiens affetti da qualche patologia o da qualche disturbo genetico. Sono state ipotizzate via via diverse malattie che soprattutto hanno come conseguenza una testa di dimensioni ridotte. Questo soprattutto perchè, come fece notare Dean Falk, antropologo alla Università della Florida, "molti studiosi mostrano il preconcetto secondo il quale una capacità cranica così ridotta sia incompatibile con la costruzione di utensili come quelli rinvenuti vicino ai resti".

2. E' un caso di nanismo insulare. Questo si scontra con una difficoltà importante: ad oggi il fenomeno sembra sconosciuto nel genere umano, nonostante che diverse comunità primitive abbiano vissuto davvero in contesti insulari (isola di Flores compresa) nei quali altri mammiferi (elefanti, ippopotami etc etc) hanno subìto tale processo. Per ritrovare fra i nostri "parenti" più prossimi un caso del genere bisogna ritornare a Oreopithecus Bambolii, del Miocene toscano e sardo.

3. Siamo al cospetto di una nuova specie: le caratteristiche scheletriche mal si addicono a considerarli degli Homo Sapiens.

4. è una popolazione simile ai negritos, cacciatori – raccoglitori di piccola statura che vivono in nuclei isolati tra Filippine, Malaysia e Andamane. Probabilmente imparentati con alcune piccole popolazioni dell'India e dello Skri-Lanka, mostrano le somiglianze somatiche principali con gli aborigeni australiani e melanesiani e infatti le loro lingue appartengono alla famiglia linguistica indopacifica. Secondo alcuni studiosi rappresentano i “relitti” della migrazione dall'Africa verso il Pacifico meridionale dell'Uomo Anatomicamente Moderno.

La quarta ipotesi ha sempre trovato poco credito. Con il tempo, nonostante che ancora non ci sia unanimità fra gli studiosi, si è sempre più imposta all'attenzione l'idea che davvero siano tracce di una nuova specie, Homo Floresiensis e che questa specie sia più simile ai predecessori di Homo Sapiens che a noi stessi. Non è stata una vicenda indolore ma accompagnata da fortissime polemiche, in particolare a causa della asimmetria nel cranio di LB1, che i sostenitori della patologia hanno appunto addebitato a questa causa, mentre i sostenitori della nuova specie hanno sempre addebitato la cosa alla non perfetta fossilizzazione e a deformazioni indotte dal peso dei sedimenti sovrastanti. Per la cronaca LB1 doveva avere circa 30 anni quando è morta e anche questo oi fa propendere per un individuo sano: l'età è già avanzata per l'epoca per un individuo normale, figuriamoci per uno affetto da una patologia così grave.

I primi “rumors” sulla arcaicità delle ossa di Flores sono partiti abbastanza presto (o, meglio, subito): alla luce delle evidenti differenze con la nostra specie qualcuno, cominciò a dire che questi scheletri mostravano delle notevoli somiglianze più con Homo Erectus che non con Homo Sapiens.
Le ultime ricerche però sono arrivate a un livello decisamente sorprendente: nel corso del 2009 su Nature è comparso un eccellente articolo in cui osservando la pianta del piede l'Hobbit ricorda più un australopiteco che un esponente del genere Homo.

Andiamo con ordine, partendo dalla testa. Come fa notare la sempre chiara Kate Wong, una delle firme principali di Le Scienze, Homo Floresiensis è un po' un puzzle fra caratteristiche arcaiche da australopiteco e più moderne da umani. La testa, a parte la robustezza della mascella inferiore, è abbastanza “umana”. C'è anche una spiegazione per le notevoli capacità culturali: uno studio tomografico della scatola cranica dimostra che nel cervello ci siano delle strutture che sovrintendono ad attività culturali complesse, come l'area 10 di Broadman, assenti nelle australopitecine. Ma dal collo in giù si cambia la musica: il polso è scimmiesco, con un osso, il trapezoide, piramidale: nell'uomo moderno il trapezoide assume una forma simile ad uno scarpone e consente movimenti molto più precisi della mano. Clavicola, pelvi, femore e tibia dicono la stessa cosa. Ma la parte più “sconvolgente” è il piede: a parte la lunghezza relativamente elevata (il 70% del femore, contro il nostro valore medio del 55%), che rendeva non facilissimo camminare, manca l'arco plantare. Per inciso un rapporto dimensionale piede / femore simile è presente solo nel Bonobo. In compenso l'alluce è allineato con le altre dita e questa è una caratteristica più umana che da australopiteco e da scimmia antropomorfa.

Pertanto appare sempre più improbabile che le caratteristiche di LB1 e degli altri reperti siano ascrivibili ad una strana patologia. In effetti per poter sostenere questa idea occorre pensare a un meccanismo che ricrei delle strutture arcaiche. Un atavismo un po' troppo complesso per essere vero.
Però qui viene il bello. E' stato definitivamente risolto il dilemma se siamo davanti a una specie diversa o no: la maggior parte degli studiosi a questo punto concordano: “sì, gli individui appartengono a una nuova specie, denominata Homo Floresiensis

Spesso nella scienza la risoluzione di un problema ne apre degli altri: un siffatto scheletro starebbe molto bene nell'Africa di 2 milioni di anni fa: come è possibile trovare tutto ciò nell'Indonesia di 17.000 anni fa?
Si nota infatti come la soluzione indicata, che sicuramente è quella più logica, apre una serie di problematiche antropologiche non indifferenti: se Homo Floresensis deriva direttamente dalle australopitecine (o addirittura "è" un'austalopitecina), allora bisogna per forza concludere che qualcuno emigrò dall'Africa verso l'Asia ben prima di 2 milioni di anni fa in assenza di una tecnologia (relativamente) moderna. Un evento completamente sconosciuto fino ad adesso e che avrebbe una seconda conseguenza: un australopiteco sarebbe sopravvissuto praticamente fino ai nostri giorni, quando si sapeva che nessuna altra specie di ominini condivideva con i nostri antenati l'ambiente almeno negli ultimi 30.000 anni (dall'estinzione di homo Neandertalensis) e, di più, che i sopravvissuti erano nostri cugini molto più alla lontana di tutte le forme conosciute attraverso le ricerche paleontologiche degli ultimi 2 milioni di anni!

Poi sulla classificazione di austalopitechi, uomini primitivi etc vale sempre il detto di Dawkins: "non è che la mamma Australopitecus abbia partorito un figlio Homo": anche considerando in quelche momento delle violenti accelerazioni dell'evoluzione  (gli "equilibri punteggiati" di Gould e Eldredge), è chiaro ed evidente che i passaaggi sono stati complessi e che le caratteristiche di molti reperti sono per forza "intermedie" fra quelle tipiche di una specie e quelle tipiche di un'altra.

Per questo sono in corso una serie di ricerche in diversi siti dell'Indonesia per confermare questa rivoluzione nella antropologia: la scoperta di nuovi Hobbit è vicina?

1 commento:

Aldo Piombino ha detto...

Vorrei aggiungere una discussione sull'argomento che hoavuto con Francesco Saliola su Facebook:
F: è un argomento molto interessante e ancora ricco di possibili interpretazioni... Ulteriori scoperte porteranno sicuramente sviluppi interessanti. Da un punto di vista ecologico, comunque, sono proprio le isole dell'Indonesia ad essere state un vero e proprio laboratorio di endemismo insulare.

IO: siamo assolutamente d'accordo sul laboratorio: il basso livello del mare che periodocamente per le oscillazioni glaciali ha tolto l'isolamento consentendo diffusione e nuovi arrivi e le frequenti eruzioni catastrofiche che hanno trasformato violentemente l'ambiente hanno consentito delle evoluzioni molto accelerate a causa di "effetto del ... Mostra tuttofondatore" o di "colli di bottiglia" particolarmente stretti.
Però chi poteva aspettarsi che degli australopitecini, sia pure più umani della media, fossero arrivati fin la?

F: Comunque la soluzione "drastica" al problema è l'eventuale isolamento del DNA mitocondriale... l'hanno estratto da resti fossili di Neanderthal molto più antichi (ma anche molto ben conservati)... quel tipo di analisi potrebbe chiarire l'effettiva vicinanza alle australopitecine o, come ritengo più probabile, a forme arcaiche di genere Homo. Peccato che questi resti siano in pessime condizioni per tali studi... speriamo si trovi qualcosa di più "fecondo" in tal senso.

IO: i reperti, data la giovane et... Mostra tuttoà non sono neanche completamente fossilizzati.... però se non hanno fatto già il DNA vuol dire che le loro condizoni di conservazione sono pessime.
temo che o ne trovano altri o niente da fare.
quanto alla querelle se australopitechi o forme arcaiche di Homo, essendo certe caratteristiche "intermedie" fra i due generi è facile che si sia davanti ad un "homo" basale. In base agli "equilibri punteggiati" gouldiani la transizione potrebbe essere stata molto rapida (eventualmente velocizzata anche da un minimo di "selezione culturale o sessuale").
Hai qualche notizia sui loro utensili? sono ancora riferibili alla cultura olduvaiana?

F: Allora... il DNA lo volevano fare, ma da quelle ossa non si estrae a causa della conservazione.

Quanto agli utensili... bisogna vedere se sono associati in maniera certa a quelle ossa (Leakey ha i suoi dubbi, per esempio)... se però fossero effettivamente fatti da Homo Floresiensis, ci sono alcuni autori, in particolare l'australiano Mark W. Moore e il britannico Adam Brumm, che affermano la loro "compatibilità" con industrie litiche olduvaiane evolute di 1.2 milioni di anni.