Rimettendo a posto una serie di appunti scritti a mano e quindi scampati dai guai del PC, vedo che già il martedì dopo il terremoto avevo annotato che Giuliani e le polemiche innescate dalle sue dichiarazioni non solo mi stavano infastidendo (termine molto eufemistico...), ma potevano essere molto utili per non parlare della tragica realtà e cioè che sono crollati o sono ormai inagibili edifici la cui antisismicità doveva essere stata curata con grande attenzione. Mi riferisco e agli edifici pubblici in generale e a costruzioni recenti. Sapere che il sisma ha provocato il crollo o ha reso inagibili prefettura, ospedale, questura e che sono crollati la Casa dello Studente e le scuole, lascia veramente sbalorditi.
Si rincorrono pure voci su edifici recenti da abbattere, dichiarati antisismici. E pare che L'Aquila sarebbe stata declassata da un punto di vista sismico qualche anno fa, un'altra notizia che non posso confermare.
Ieri i telegiornali parlavano di 3 edifici dichiararti agibili su 4, ma senza specificare il dato e cioè a che zona si riferisse. Classico esempio di notizia confusa e quindi inutilizzabile senza delle precisazioni.
Però basta vedere la mappa dello scuotimento per rendersi conto che, alla fine, è stata sì una scossa fortina, ma in fin dei conti non terribile. Quasi 300 morti sono un tributo assolutamente fuori da ogni logica per un paese civile, anche tenendo conto della bassa profondità ipocentrale, peraltro considerata nella mappa in questione.
Annoto che se le scuole fossero state ben costruite (o ristrutturate) una scossa del genere gli avrebbe fatto ben poco.
E' stato detto da più parti che la costruzione di un'autostrada fa più audience elettorale rispetto alla messa in sicurezza dei principali edifici pubblici (scuole comprese).
Però dopo i morti di San Giuliano e quelli dell'Aquila voglio proprio vedere se ci si ostinerà a non far niente...
Non c'è neanche la scusa che le mappe di pericolosità sismica siano vecchie e/o inadeguate. Quelle odierne sono piuttosto valide.
Però ricordo benissimo come sindaci ed amministratori locali vari abbiano spesso protestato per l'inclusione dei loro comuni nelle aree sismiche, una cosa considerata di "ostacolo allo sviluppo (edilizio...) del territorio".
Il problema è culturale: purtroppo gli ultimi 90 anni in Italia hanno coinciso sia con un enorme aumento dell'urbanizzazione, sia con un periodo di quiete sismica.
Un discorso che faccio da tempo, ma che fino ad oggi non avevo scritto. O, meglio, ne ho accennato sul post scritto il giorno stesso del terremoto.
Dopo il 1915 abbiamo avuto soltanto 8 eventi degni di essere ricordati in oltre 90 anni: Irpinia 1930 e 1960, Belice 1967, Friuli 1976, ancora Irpinia 1980, Umbria 1997, Molise 2002 e Abruzzo 2009. Per giunta ben 3 degli 8 eventi considerati hanno avuto per teatro la stessa area in maniera piuttosto inaspettata (è il caso di dirlo sopratuttto per il 1980).
Adesso prendiamo 3 casi di persone nate in diversi periodi.
La prima nasce nel 1925: è troppo giovane per ricordarsi Irpinia 1930 e quindi il primo terremoto lo ha "vissuto" nel 1960, quando aveva 35 anni. Nel 1980, a 55 anni, ne aveva vissuti 4
Io sono nato nel 1960 e nel 1980, a 20 anni, avevo provato 3 terremoti importanti in Italia, più una nutritissima serie di scosse di minore importanza. Cito a memoria Lentini, Ancona, Tuscania, mentre negli anni 80 ci furono eventi importanti in Valnerina e Abruzzo (Opi e Villetta Barrea per l'esattezza). Ho anche dei ricordi confusi di un fortissimo evento nella ex-Yugoslavia, mi pare nel 1969.
La terza persona nasce nel 1975. difficilmente si ricorda dell'Irpinia e quindi il primo terremoto lo ha visto ad Assisi a 21 anni.
In altre parole tra 1960 e 1980 abbiamo avuto 4 terremoti forti in 20 anni e addirittura 3 in 13. Una media del genere ci porterebbe attorno ai 20 eventi per secolo!
Questa è una dimostrazione che la distribuzione dei terremoti in Italia non è casuale, ma gli eventi si addensano in "crisi sismiche".
Una crisi sismica minore c'è stata tra il 2002 e il 2003: ricorderete il terremoto di San Gkiuliano, le sequenza del Tirreno Meridionale e delle Timpe catanesi, le eruzioni di Stromboli (con relativo tsunami) e dell'Etna. La calma tornò solo dopo un forte terremoto sulla costa algerina, che al di là di essere geograficamente in un altro continente, è geologicamente la continuazione della Sicilia Settentrionale.
E chiaro ed evidente che una nuova crisi sismica prima o poi (speriamo poi...) si verificherà. E se sarà come quella della seconda metà del XIX secolo, culminata all'inizio del XX scecolo con i terremoti di Messina ed Avezzano, saranno dolori a meno che non si riqualifichi l'edilizia in molte zone dell'Italia soprattutto centro-meridionale.
Occorre quindi un grande piano di investimenti per esaminare accuratamente l'edilizia esistente, a partire da quella pubblica necessaria in caso di emergenza (prefetture, ospedali, caserme, uffici comunali, scuole) e vedere di mettere a norma quanto prima questi edifici nelle zone a massimo rischio.
Occorre la predisposizione di piani di emergenza a livello locale.
Occorre preparare la popolazione al rishio: un cittadino informato ha maggiori possibilità di cavarsela. Per farlo e per verificare la bontà di questi piani occorrono le esercitazioni che coinvolgono la popolazione, come le fanno in Giappone o in California.
In termini di edilizia privata occorre costruire il nuovo in zone geologicamente più sicure, che esistono anche all'interno della fascia sismica principale. E si deve scartare l'idea di costruire in zone non sicure: la scuola di San Giuliano è l'esempio più terribile di dove NON costruire o ristrutturare e di come le caratteristiche sismiche possano variare enormemente anche in pochi metri.
E anche abbandonare il vecchio ove non fornisse garanzie a causa della costruzione e/o della situazione geologica.
In un paese dove abbiamo assistito alla più bieca speculazione edilizia con tecniche costruttive e materiali quantomeno discutibili in molti casi, l'impresa è titanica, soprattutto da un punto di vista culturale.
Ma il prezzoi da pagare sarà inevitabile in termini di morti e distruzioni.
I quasi 300 morti di questi giorni gridano vendetta.
E quindi occorreranno anche leggi piuttosto drastiche nei confronti di costruttori e professionisti, qualora si ravvisino delle irregolarità nelle costruzioni.
Si rincorrono pure voci su edifici recenti da abbattere, dichiarati antisismici. E pare che L'Aquila sarebbe stata declassata da un punto di vista sismico qualche anno fa, un'altra notizia che non posso confermare.
Ieri i telegiornali parlavano di 3 edifici dichiararti agibili su 4, ma senza specificare il dato e cioè a che zona si riferisse. Classico esempio di notizia confusa e quindi inutilizzabile senza delle precisazioni.
Però basta vedere la mappa dello scuotimento per rendersi conto che, alla fine, è stata sì una scossa fortina, ma in fin dei conti non terribile. Quasi 300 morti sono un tributo assolutamente fuori da ogni logica per un paese civile, anche tenendo conto della bassa profondità ipocentrale, peraltro considerata nella mappa in questione.
Annoto che se le scuole fossero state ben costruite (o ristrutturate) una scossa del genere gli avrebbe fatto ben poco.
E' stato detto da più parti che la costruzione di un'autostrada fa più audience elettorale rispetto alla messa in sicurezza dei principali edifici pubblici (scuole comprese).
Però dopo i morti di San Giuliano e quelli dell'Aquila voglio proprio vedere se ci si ostinerà a non far niente...
Non c'è neanche la scusa che le mappe di pericolosità sismica siano vecchie e/o inadeguate. Quelle odierne sono piuttosto valide.
Però ricordo benissimo come sindaci ed amministratori locali vari abbiano spesso protestato per l'inclusione dei loro comuni nelle aree sismiche, una cosa considerata di "ostacolo allo sviluppo (edilizio...) del territorio".
Il problema è culturale: purtroppo gli ultimi 90 anni in Italia hanno coinciso sia con un enorme aumento dell'urbanizzazione, sia con un periodo di quiete sismica.
Un discorso che faccio da tempo, ma che fino ad oggi non avevo scritto. O, meglio, ne ho accennato sul post scritto il giorno stesso del terremoto.
Dopo il 1915 abbiamo avuto soltanto 8 eventi degni di essere ricordati in oltre 90 anni: Irpinia 1930 e 1960, Belice 1967, Friuli 1976, ancora Irpinia 1980, Umbria 1997, Molise 2002 e Abruzzo 2009. Per giunta ben 3 degli 8 eventi considerati hanno avuto per teatro la stessa area in maniera piuttosto inaspettata (è il caso di dirlo sopratuttto per il 1980).
Adesso prendiamo 3 casi di persone nate in diversi periodi.
La prima nasce nel 1925: è troppo giovane per ricordarsi Irpinia 1930 e quindi il primo terremoto lo ha "vissuto" nel 1960, quando aveva 35 anni. Nel 1980, a 55 anni, ne aveva vissuti 4
Io sono nato nel 1960 e nel 1980, a 20 anni, avevo provato 3 terremoti importanti in Italia, più una nutritissima serie di scosse di minore importanza. Cito a memoria Lentini, Ancona, Tuscania, mentre negli anni 80 ci furono eventi importanti in Valnerina e Abruzzo (Opi e Villetta Barrea per l'esattezza). Ho anche dei ricordi confusi di un fortissimo evento nella ex-Yugoslavia, mi pare nel 1969.
La terza persona nasce nel 1975. difficilmente si ricorda dell'Irpinia e quindi il primo terremoto lo ha visto ad Assisi a 21 anni.
In altre parole tra 1960 e 1980 abbiamo avuto 4 terremoti forti in 20 anni e addirittura 3 in 13. Una media del genere ci porterebbe attorno ai 20 eventi per secolo!
Questa è una dimostrazione che la distribuzione dei terremoti in Italia non è casuale, ma gli eventi si addensano in "crisi sismiche".
Una crisi sismica minore c'è stata tra il 2002 e il 2003: ricorderete il terremoto di San Gkiuliano, le sequenza del Tirreno Meridionale e delle Timpe catanesi, le eruzioni di Stromboli (con relativo tsunami) e dell'Etna. La calma tornò solo dopo un forte terremoto sulla costa algerina, che al di là di essere geograficamente in un altro continente, è geologicamente la continuazione della Sicilia Settentrionale.
E chiaro ed evidente che una nuova crisi sismica prima o poi (speriamo poi...) si verificherà. E se sarà come quella della seconda metà del XIX secolo, culminata all'inizio del XX scecolo con i terremoti di Messina ed Avezzano, saranno dolori a meno che non si riqualifichi l'edilizia in molte zone dell'Italia soprattutto centro-meridionale.
Occorre quindi un grande piano di investimenti per esaminare accuratamente l'edilizia esistente, a partire da quella pubblica necessaria in caso di emergenza (prefetture, ospedali, caserme, uffici comunali, scuole) e vedere di mettere a norma quanto prima questi edifici nelle zone a massimo rischio.
Occorre la predisposizione di piani di emergenza a livello locale.
Occorre preparare la popolazione al rishio: un cittadino informato ha maggiori possibilità di cavarsela. Per farlo e per verificare la bontà di questi piani occorrono le esercitazioni che coinvolgono la popolazione, come le fanno in Giappone o in California.
In termini di edilizia privata occorre costruire il nuovo in zone geologicamente più sicure, che esistono anche all'interno della fascia sismica principale. E si deve scartare l'idea di costruire in zone non sicure: la scuola di San Giuliano è l'esempio più terribile di dove NON costruire o ristrutturare e di come le caratteristiche sismiche possano variare enormemente anche in pochi metri.
E anche abbandonare il vecchio ove non fornisse garanzie a causa della costruzione e/o della situazione geologica.
In un paese dove abbiamo assistito alla più bieca speculazione edilizia con tecniche costruttive e materiali quantomeno discutibili in molti casi, l'impresa è titanica, soprattutto da un punto di vista culturale.
Ma il prezzoi da pagare sarà inevitabile in termini di morti e distruzioni.
I quasi 300 morti di questi giorni gridano vendetta.
E quindi occorreranno anche leggi piuttosto drastiche nei confronti di costruttori e professionisti, qualora si ravvisino delle irregolarità nelle costruzioni.
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