Ad Arezzo è in corso una sperimentazione molto interessante per l'avvio di una “economia ad idrogeno”, in cui una parte del fabbisogno energetico è prodotto in situ.Questa esperienza riguarda scopi civili ed industriali. Prendendo spunto dal fatto che l'industria orafa,un comparto fondamentale dell'economia locale, necessita di idrogeno (molte aziende se lo producono in casa) in una zona industriale della città toscana è stato creato un sistema di produzione di questo gas medante celle solari, che con un idrogenodotto serve alcune aziende locali. Allo studio c'è anche una centrale a biogas. Il progetto è curato da aziende pubbliche e private (che hanno portato le loro esperienze specifiche nella produzione, gestione e distribuzione del gas) e dagli enti locali. Il gas viene usato sia direttamente nell'industria orafa che, attraverso le celle a combustibile, come generatore di corrente elettrica e calore. Ci sono previsioni per l'uso per altri scopi civili (cucina, riscaldamento e condizionamento domestico).
In una “cella a combustibile” (fuel cell) un combustibile (l'idrogeno) reagisce in maniera controllata con un ossidante (l'ossigeno): il risultato sarà una reazione che produce energia elettrica, calore e acqua. Nel caso toscano l'obbiettivo è arrivare a generatori singoli della potenza di 250 Kw (quindi capaci – ad esempio nell'uso civile – di produrre corrente elettrica per 80 appartamenti).
L'idrogeno potrebbe davvero essere la fonte di energia del futuro, ma è bene capire che, almeno per adesso, non è tutto oro quello che luccica: l'idea di un combustibile che quando brucia emette come prodotto di combustione l'acqua è sicuramente fantastica ma ci sono un paio di trappole: la prima che si tratta di uno degli elementi più reattivi che esistono e quindi va trattato con le molle (per questo nella ricerca su idrogeno e autotrazione si cerca un materiale che, come una spugna, faccia da serbatoio chimico, cioè un materiale che assorba e rilasci idrogeno senza avere un serbatoio pieno di gas o liquido) e, soprattutto che l'idrogeno non lo abbiamo a disposizione come ci serve: questo elemento è sempre legato a qualcos'altro e quindi per ottenerlo bisogna spendere energia.
Fondamentalmente la “miniera” di idrogeno potrebbe essere l'acqua, sostanza di per se disponibilissima e basterebbe scinderla nei suoi componenti (per inciso, quando la temperatura di un incendio è particolarmente elevata, buttarci acqua significa attizzare ulteriormente il fuoco, perchè si scinde subito in idrogeno e ossigeno che quindi prendono parte ai processi di combustione in corso).
E' chiaro che se idrogeno e ossigeno tendono “naturalmente” a combinarsi per produrre acqua – rilasciando oltretutto un bel po' di energia dalla ella a combustibile quando succede – uno dei principi della termodinamica prevede che per scinderla nei due elementi ci vuole una energia maggiore di quella successivamente rilasciata. E qui casca l'asino: se dobbiamo utilizzare petrolio per produrre idrogeno siamo punto a capo (qualcuno propone per lo scopo anche delle centrali nucleari). Inoltre è un sistema molto costoso: l'attuale domanda mondiale di idrogeno (che serve a molti usi, dal petrolchimico alla produzione di solventi e fertilizzante) è ottenuta mediante gassificazione del carbone e altri metodi che partono da combustibili fossili perchè è (molto) più sostenibile da un punto di vista economico (anche se da quello ambientale proprio non ci siamo...).
Quindi, come nel caso aretino, una soluzione ovvia sarebbe produrre idrogeno da fonti rinnovabili (in particolare vento e sole), o dalla combustione di biogas (le discariche di RSU sono adattissime allo scopo).
Sfruttare sole e vento per produrre idrogeno potrebbe lì per lì sembrare una complicazione inutile ma non è così: a parte l'uso diretto a scopi industiali dell'idrogeno, le energie rinnovabili come vento e sole dipendono molto dalle condizioni meteo (e nel caso del solare, anche astronomiche), quindi la loro produzione non è costante: siccome l'energia elettrica non si stocca, l'idrogeno prodotto funge da magazzino di energia, pronto ad essere immessa in rete quando serve e non solo a scopi di generazione di corrente, ma anche per riscaldamento, condizionamento e altri usi domestici ed industriali.
L'idrogeno è molto studiato anche nel campo dell'autotrazione, con le ovvie attenzioni per la sua pericolosità viste sopra: in diverse città europee ma anche italiane ci sono delle sperimentazioni per autobus ibridi, in cui una cella a combustibile produce l'energia che fa funzionare dei motori elettrici. Qualche tempo fa ha circolato anche in Italia, per dimostrazione, un “mostro”, un autobus lungo 24 metri con due snodi (i 18 metri ne hanno uno). Testimoni oculari particolarmente ferrati nel settore mi hanno assicurato, comunque, che avesse la manovrabilità di un normale 18 metri. Il problema principale è che ancora il mezzo a gasolio costa meno sia di acquisto che come costi kilometrici, per cui la strada da fare è ancora lunga, specialmente considerando i bilanci delle nostre aziende di trasporto pubblico.
Quindi per arrivare realmente ad una “economia all'idrogeno”, occorrerà risolvere tutta una serie di problemi tecnici, ma anche economici, nonostante il continuo aumento dei prezzi degli idrocarburi. Ed è chiaro che ci si deve spendere sopra tanti soldi senza le garanzie di un ritorno nell'immediato, ma nel lungo periodo non abbiamo altra scelta.
E anche evidente che attualmente l'energia prodotta in questo modo è molto più cara delle fonti tradizionali (altrimenti si sarebbe assistito ad una corsa all'idrogeno....). Quindi siccome nessuna azienda può permettersi di spendere in energia elettrica più delle sue concorrenti, o in qualche modo viene aiutata, valutando che un'operazione del genere porta meno inquinamento e migliora la bilancia commerciale con l'estero, oppure continuerà sicuramente ad usare i metodi attuali (almeno finchè saranno disponibili....).
E' di questi giorni la notizia di una nuova generazione di pannelli solari più efficenti. Vedremo se e in che modo i nuovi pannelli potranno migliorare, specialmente dal versante economico, la possibilità dell'uso energetico dell'idrogeno.
In una “cella a combustibile” (fuel cell) un combustibile (l'idrogeno) reagisce in maniera controllata con un ossidante (l'ossigeno): il risultato sarà una reazione che produce energia elettrica, calore e acqua. Nel caso toscano l'obbiettivo è arrivare a generatori singoli della potenza di 250 Kw (quindi capaci – ad esempio nell'uso civile – di produrre corrente elettrica per 80 appartamenti).
L'idrogeno potrebbe davvero essere la fonte di energia del futuro, ma è bene capire che, almeno per adesso, non è tutto oro quello che luccica: l'idea di un combustibile che quando brucia emette come prodotto di combustione l'acqua è sicuramente fantastica ma ci sono un paio di trappole: la prima che si tratta di uno degli elementi più reattivi che esistono e quindi va trattato con le molle (per questo nella ricerca su idrogeno e autotrazione si cerca un materiale che, come una spugna, faccia da serbatoio chimico, cioè un materiale che assorba e rilasci idrogeno senza avere un serbatoio pieno di gas o liquido) e, soprattutto che l'idrogeno non lo abbiamo a disposizione come ci serve: questo elemento è sempre legato a qualcos'altro e quindi per ottenerlo bisogna spendere energia.
Fondamentalmente la “miniera” di idrogeno potrebbe essere l'acqua, sostanza di per se disponibilissima e basterebbe scinderla nei suoi componenti (per inciso, quando la temperatura di un incendio è particolarmente elevata, buttarci acqua significa attizzare ulteriormente il fuoco, perchè si scinde subito in idrogeno e ossigeno che quindi prendono parte ai processi di combustione in corso).
E' chiaro che se idrogeno e ossigeno tendono “naturalmente” a combinarsi per produrre acqua – rilasciando oltretutto un bel po' di energia dalla ella a combustibile quando succede – uno dei principi della termodinamica prevede che per scinderla nei due elementi ci vuole una energia maggiore di quella successivamente rilasciata. E qui casca l'asino: se dobbiamo utilizzare petrolio per produrre idrogeno siamo punto a capo (qualcuno propone per lo scopo anche delle centrali nucleari). Inoltre è un sistema molto costoso: l'attuale domanda mondiale di idrogeno (che serve a molti usi, dal petrolchimico alla produzione di solventi e fertilizzante) è ottenuta mediante gassificazione del carbone e altri metodi che partono da combustibili fossili perchè è (molto) più sostenibile da un punto di vista economico (anche se da quello ambientale proprio non ci siamo...).
Quindi, come nel caso aretino, una soluzione ovvia sarebbe produrre idrogeno da fonti rinnovabili (in particolare vento e sole), o dalla combustione di biogas (le discariche di RSU sono adattissime allo scopo).
Sfruttare sole e vento per produrre idrogeno potrebbe lì per lì sembrare una complicazione inutile ma non è così: a parte l'uso diretto a scopi industiali dell'idrogeno, le energie rinnovabili come vento e sole dipendono molto dalle condizioni meteo (e nel caso del solare, anche astronomiche), quindi la loro produzione non è costante: siccome l'energia elettrica non si stocca, l'idrogeno prodotto funge da magazzino di energia, pronto ad essere immessa in rete quando serve e non solo a scopi di generazione di corrente, ma anche per riscaldamento, condizionamento e altri usi domestici ed industriali.
L'idrogeno è molto studiato anche nel campo dell'autotrazione, con le ovvie attenzioni per la sua pericolosità viste sopra: in diverse città europee ma anche italiane ci sono delle sperimentazioni per autobus ibridi, in cui una cella a combustibile produce l'energia che fa funzionare dei motori elettrici. Qualche tempo fa ha circolato anche in Italia, per dimostrazione, un “mostro”, un autobus lungo 24 metri con due snodi (i 18 metri ne hanno uno). Testimoni oculari particolarmente ferrati nel settore mi hanno assicurato, comunque, che avesse la manovrabilità di un normale 18 metri. Il problema principale è che ancora il mezzo a gasolio costa meno sia di acquisto che come costi kilometrici, per cui la strada da fare è ancora lunga, specialmente considerando i bilanci delle nostre aziende di trasporto pubblico.
Quindi per arrivare realmente ad una “economia all'idrogeno”, occorrerà risolvere tutta una serie di problemi tecnici, ma anche economici, nonostante il continuo aumento dei prezzi degli idrocarburi. Ed è chiaro che ci si deve spendere sopra tanti soldi senza le garanzie di un ritorno nell'immediato, ma nel lungo periodo non abbiamo altra scelta.
E anche evidente che attualmente l'energia prodotta in questo modo è molto più cara delle fonti tradizionali (altrimenti si sarebbe assistito ad una corsa all'idrogeno....). Quindi siccome nessuna azienda può permettersi di spendere in energia elettrica più delle sue concorrenti, o in qualche modo viene aiutata, valutando che un'operazione del genere porta meno inquinamento e migliora la bilancia commerciale con l'estero, oppure continuerà sicuramente ad usare i metodi attuali (almeno finchè saranno disponibili....).
E' di questi giorni la notizia di una nuova generazione di pannelli solari più efficenti. Vedremo se e in che modo i nuovi pannelli potranno migliorare, specialmente dal versante economico, la possibilità dell'uso energetico dell'idrogeno.
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