martedì 23 giugno 2015

Smaltimento in pozzi profondi dei reflui del fracking e sismicità indotta: chiariti finalmente i rapporti


Ho parlato spesso del fracking, pratica ambientalmente molto discutibile, e della sismicità indotta che non è causata dal fracking in se e per sé ma dalla reimmissione in pozzi profondi di quella parte dei fluidi impiegati che, anziché starsene buoni buoni a qualche migliaio di metri di profondità nella roccia fratturata, torna indietro e deve essere in qualche modo depurata o smaltita a causa del suo contenuto “non propriamente salubre”. In USA la scelta principale è quella di collocarla in profondità per allontanarla dalle falde acquifere superficiali e dalle acque dolci, ma questo sistema ha portato nella zona centrale degli “States” un aumento esponenziale della sismicità, con qualche episodio piuttosto forte. Quindi una serie di studi hanno cercato di capire le motivazioni di tutto questo e ora, finalmente, dopo aver stabilito che la sismicità è dovuta alla reiniezione, si è capito perchè il fenomeno si attiva solo su alcuni pozzi. A questo punto si aspettano i rimedi.

L'ultimo articolo su Science a proposito dei rapporti fra sismicità indotta e estrazione di idrocarburi registra diverse reazioni scomposte anche in Italia: da un lato i "petroliofili" che gridano vittoria dicendo che è successo solo nel 10% dei casi, negando poi tutte le controindicazioni ambientali del fracking (finanche la pericolosità dei composti chimici impiegati), dall'altra gli ambientalisti nostrani che gridano allo scandalo e che anche per questo proclamano che non sia il caso di trivellare l'Adriatico (continuando a non capire che in Italia non si può fare fracking...). Non ne posso più... 

Vediamo dunque di ricapitolare la situazione.
Dal 2009 è bruscamente aumentata la frequenza della attività sismica nell'area centrale degli USA, quella delle grandi pianure e degli altopiani posta tra le Montagne Rocciose a Ovest e gli Appalachi ad est; molti eventi sono stati avvertiti dalla popolazione e qualcuno ha persino provocato forti danni in un'area in cui, siccome non se ne sentiva il bisogno, gli edifici sono stati costruiti non certo per resistere ai terremoti.
L'aumento è estremamente evidente, mentre si nota che la sismicità naturale non associata alle reiniezioni sia rimasta più o meno costante.
Di questi eventi i più forti sono stati nel 2011: Prague (M 5.6, Oklahoma), Trinidad (5.3, Colorado) e Guy (4.7, Arkansas); nel 2012 si è registrato il terremoto di Timpson (M 4.8, Texas). Il fenomeno continua: ad esempio in Oklahoma nel 2014 si sono prodotti 32 terremoti con M 4 o più, contro gli zero del 1994. La nuova situazione ha ovviamente suscitato un serio allarme nella popolazione e nelle autorità e la comunità geologica americana ha iniziato a studiare la situazione (anche se l'industria del petrolio americana ha sempre cercato di minimizzare la questione). Per una presentazione della storia delle ricerche in proposito, potete leggere questo mio post di 2 anni fa.

il Fracking: perforazione orizzontale che rompe
una serie di rocce di origine argillosa dure e compatte
L'ipotesi di una associazione fra questi terremoti e la nuova pratica della perforazione orizzontale, il fracking, era suggerito dalla contemporaneità degli eventi. Ben presto però è stato chiaro che la colpa non fosse da addebitare al fracking in se stesso, ma rappresentasse un danno collaterale di una pratica accessoria, l'immissione in profondità dei cosiddetti liquidi di flow – back, quella parte delle acque immesse a pressione nel sottosuolo per rompere le rocce contenenti il gas che, anziché rimanere tranquilla dove è arrivata, se ne torna indietro (tipicamente un po' meno del 20% del totale).

Questo fenomeno, tuttavia, non è diffuso in maniera costante ma riguarda più specificamente certe aree rispetto ad altre. La domanda quindi era capire perché alcuni pozzi di reiniezione provocano terremoti e altri no. Cliff Frohlich, uno che di queste cose si è occupato approfonditamente, nel 2010 notò nell'area del Texas dove viene coltivato il Barnett Shale, una delle formazioni più importanti del sistema americano di oil e gas shales, che il collegamento fra sismicità indotta e pozzi di reiniezione avveniva in presenza di ritmi di reiniezione superiori ai 150.000 barili (17.350 m3) al mese (1).

La reiniezione dei fluidi può avere due scopi:
- il primo è la stimolazione della produzione dei pozzi di idrocarburi convenzionali (pozzi "EOR": Enhanced Oil Recovery): si iniettano liquidi per poter ricavare altro petrolio da riserve impoverite
- il secondo è il collocamento in una riserva profonda di acque inquinate che sarebbero un pericolo per le acque superficiali e per quelle delle falde sfruttate a scopi idropotabili e irrigui (pozzi "SWD": Salt Water Disposal)

Questo collegamento è stato esteso dall'area del Barnett Shale a tutti gli USA centrali da altri ricercatori americani che hanno pubblicato i loro risultati questo mese su Science (2).
Nel lavoro sono sotto inchiesta sia le attività di estrazione convenzionali che le reiniezioni direttamente conseguenti al fracking. I pozzi EOR rappresentano il 75% del numero dei pozzi, ma è più facile che siano gli SWD a provocare terremoti, perché nei primi il quantitativo di fluidi immessi deve essere più o meno uguale a quello dei fluidi estratti dai pozzi petroliferi attivi (per cui le variazioni di pressione dei fluidi nel sottosuolo rimane più o meno costante), mentre i secondi immettono fluidi in zone dove non c'è estrazione e quindi ne risulta un aumento della pressione dei liquidi nel sottosuolo.

L'associazione fra reiniezione e sismicità indotta non è costante. Se la sismicità indotta si produce sempre vicino ai pozzi, non è vero il contrario: ci sono ampie zone in cui si reinietta senza sismicità indotta. Sono stati esaminati (ovviamente tramite software...) i dati di 187.000 pozzi incrociandoli con gli eventi sismici (o, meglio, con l'incremento degli eventi sismici) avvenuti entro i 15 km di distanza, ricavati dall'Advanced National Seismic System's compprehensive earthquake catalog. L'associazione fra pozzi e scosse è stata trovata in circa il 10% dei casi.
Per cui la reiniezione è una condizione necessaria ma non è da sola sufficiente per indurre la sismicità. In questa carta sono segnati in blu i pozzi che non hanno dato problemi, in giallo quelli che li hanno dati.
Carta dei pozzi di reiniezione da (2): si nota il raggruppamento nello spazio di quelli coinvolti nella sismicità

Quindi vanno cercati altri parametri che la devono influenzare. Weingarten e i suoi hanno considerato:
- il volume di fluidi iniettato
- il tasso di iniezione
- la pressione alla testa del pozzo
- la distanza dal basamento cristallino.

Questa ultima merita una precisazione per i non geologi: anche dove in superficie ci sono rocce sedimentarie prima o poi scendendo si incontrano rocce cristalline. Negli USA centrali questo succede a profondità molto diverse: ci sono punti dove poche centinaia di metri di sedimenti coprono il basamento, mentre in altri punti bisogna sono parecchie migliaia di metri.

Di questi parametri il tasso di iniezione risulta quello più importante, come era emerso nel 2012 e come si vede dalla figura qui sopra: la percentuale di pozzi associati con la sismicità indotta aumenta all'aumentare del tasso di iniezione. Non ci sono invece particolari associazioni fra sismicità e quantità totale di fluidi introdotti.

Vediamo ora un'altro aspetto: la relazione spaziale fra terremoti naturali e "artificiali":
in quest'altra carta, sempre tratta da (2), i cerchi bianchi rappresentano la sismicità naturale,
quelli rossi la sisimicità indotta

La carta qui sopra suggerisce che anche la sismicità indotta abbia una logica “geologica”, perché i terremoti artificiali (cerchi rossi) si innescano in generale nelle stesse zone di quelli, sia pure infrequenti, di origine naturale. Quindi insieme al motivo per cui il fluido viene iniettato (stimolazione della produzione o stoccaggio permanente) e alla sua quantità, va considerata anche la geologia del sito, in particolare la vicinanza del pozzo ad una faglia attiva o quiescente. 
Il criterio geologico decisivo è quello della profondità del basamento cristallino: vediamo la carta di Mooney e Kaban della profondità del basamento cristalino in USA (3). Di fatto ci sono zone dove l'attività di iniezione è molto intensa ma non c'è traccia di attività sismica né naturale ne indotta e sono tutte aree dove la copertura sedimentaria molto spessa: per esempio alcuni grandi bacini sedimentari, come quello del San Juan (New Mexico), di Williston (nord Dakota) e del Michigan e le aree costiere di Texas e Louisiana.

È evidente che in questi bacini sedimentari lo spesso volume di depositi non è interessato da faglie, oppure queste non sono nelle condizioni di attivarsi in presenza di un alto tasso di iniezione di liquidi come quelle del basamento cristallino.
Le zone dove il basamento è molto meno profondo, come l'Oklahoma e l'interno del Texas, sono invece quelle più soggette al fenomeno.

A questo punto ritengo che questo articolo possa mettere la parola fine (se qualcuno continuasse ad insistere al proposito) sulla stupidissima questione dell'innesco artificiale dei terremoti emiliani del 2012, dovuto secondo qualche personaggio un po' eccentrico alla attività di estrazione di idrocarburi (e in particolare alla reiniezione nel pozzo Cavone).

BIBLIOGRAFIA SCIENTIFICA CITATA:

(1) Frohlich (2012) Two-year survey comparing earthquake activity and injection-well locations in the Barnett Shale, Texas. PNAS 109;13934–13938
(2) Weingarten et al. (2015): High-rate injection is associated with the increase in U.S. mid-continent seismicity. Science 348; 1336 – 1340
(3) Mooney and Kaban (2010) The North American upper mantle: Density, compositionm and evolution J. Geophys. Res. 115, B12424

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