giovedì 11 giugno 2015

Il picco di metano nei ghiacci antartici durante gli Eventi di Heinrich: le strane interconnessioni dei cambiamenti climatici


Il clima terrestre è un sistema in cui alcuni avvenimenti possono innescare dei cambiamenti in zone piuttosto lontane, dimostrando così la complessità e l'interdipendenza del sistema a scala globale. È noto che una deglaciazione molto spinta nelle zone artiche si accompagna ad un temporaneo raffreddamento e inaridimento in Europa e tutto sommato, dopo qualche piccolo dubbio ("il pianeta si riscalda ma l'Europa si raffredda" non suona benissimo...) è stato facile capire il perché. Artico, Atlantico settentrionale ed Europa sono vicini, ma è stato recentemente notato che gli effetti di quanto si svolge da queste parti si ripercuotono sulla fascia equatoriale e vengono persino registrati nelle aree più lontane, persino in Antartide.

Nel post precedente ho parlato di come il volume delle acque di deglaciazione provenienti dall'Artico influenzi la velocità della Corrente del Golfo: maggiore è questo volume, minore è la velocità della corrente, che nei casi estremi si può addirittura fermare. In tal caso – paradossalmente - la deglaciazione porta in Europa, Mediterraneo e Vicino Oriente un peggioramento delle condizioni atmosferiche, in un quadro climatico freddo e arido.
Un'altra correlazione apparentemente strana è stata recentemente dimostrata in un lavoro pubblicato su Science (1): la deglaciazione nell'emisfero settentrionale ha apportato un aumento di metano nell'atmosfera in Antartide nella parte finale dei cosiddetti “eventi di Heinrich, momenti in cui a causa dell'eccessivo afflusso di acque dall'Artico la Corrente del Golfo si ferma. 
Questi episodi sono riconosciuti perché nell'Atlantico settentrionale in quei momenti si depositano sedimenti provenienti da nord. I dati dell'andamento del rapporto fra gli isotopi 16 e 18 dell'Ossigeno nei ghiacci groenlandesi (che è un ottimo indicatore delle temperature) dimostrano che gli eventi di Heinrich sono contrassegnati da un freddo piuttosto intenso.

I ricercatori (primo firmatario dell'articolo è Rachael H. Rhodes dell'università dell'Oregon) hanno analizzato delle carote di ghiaccio prelevate nella calotta dell'Antartide occidentale, che sostanzialmente coprono gli ultimi 60.000 anni, in particolare la quantità di metano e le sue variazioni.
Perché proprio il metano? Perchè la quantità di metano contenuto nel ghiaccio antartico oltre ad essere dipendente da quanto gas viene sequestrato o liberato da permafrost e idrati dei fondi marini, è un segnale della risposta della biosfera (almeno di quelle delle zone umide) ai cambiamenti climatici.
Le variazioni nel tempo del contenuto di metano in Antartide sono all'incirca in armonia con le variazioni del rapporto fra gli isotopi 16 e 18 dell'Ossigeno in Groenlandia e della calcite in una grotta in Cina, tranne che durante le fasi finali degli Eventi di Heinrich, in cui nel Continente Bianco si osserva un picco improvviso della quantità di metano.

È una cosa abbastanza sorprendente di cui però abbiamo una spiegazione, per la quale dobbiamo introdurre il concetto di “zona di convergenza intertropicale”.

Gli alisei dell'emisfero settentrionale (o "di nordest”) si dirigono verso sud – ovest, mentre quelli dell'emisfero meridionale (gli “alisei di sud – est”) si dirigono verso nord – ovest. È ovvio quindi che ad un certo punto si devono scontrare e lo fanno proprio lungo una fascia che è la zona di convergenza intertropicale. Quando si scontrano l'aria tende a risalire verso l'alto e quindi a rilasciare l'umidità.
La zona di convergenza intertropicale è quindi una fascia dove piove parecchio e si muove secondo le stagioni, spostandosi verso l'emisfero dove è estate.

Durante gli eventi di Heinrich si evidenzia in tutto l'emisfero settentrionale una certa siccità, il che implica uno spostamento verso sud della zona di convergenza intertropicale, che a pensarci bene è logico: se si sposta durante l'anno verso l'emisfero in cui è estate, sarà altrettanto sensibile a degli “inverni prolungati” causati da queste vicissitudini dell'emisfero settentrionale.
E qui viene alla ribalta il metano atmosferico, di cui le paludi sono grandi produttori naturali durante le reazioni di decomposizione dei vegetali morti: una maggior piovosità aumenta l'estensione delle zone umide al posto degli ambienti di savana. 
Gli eventi di Heinrich, in special modo verso la loro fine, spostano la zona di convergenza intertropicale alle basse latitudini dell'emisfero meridionale, dove si registra un aumento delle piogge e di conseguenza dell'estensione delle zone umide rispetto alle savane. Una logica conseguenza è quindi l'aumento della produzione di metano in quell'area.

Il gas prodotto nelle paludi è entrato nella circolazione atmosferica che prevede sostanzialmente una salita verso la stratosfera nella zona di convergenza intertropicale e una discesa nelle aree polari di ciascun emisfero. Seguendo le correnti questo metano è arrivato in Antartide ed è rimasto intrappolato nei ghiacci a dimostrare che gli eventi di Heinrich influenzano il clima a livello globale, non solo nei dintorni dell'Atlantico settentrionale dove si verificano.

Di riflesso, siccome la risoluzione delle età nelle carote di ghiaccio è particolarmente precisa, è stato finalmente possibile ricavare con una ottima approssimazione la data e la durata degli ultimi 6 eventi di Heinrich, che con la sola stratigrafia dell'Atlantico Settentrionale non era ben determinabile.


(1) Rhodes et al., 2015: Enhanced tropical methane production in response to iceberg discharge in the North Atlantic. Science 348, 1016–1019

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