lunedì 22 giugno 2015

La frana di Ricasoli (Montevarchi - Arezzo): situazione e monitoraggio


L'abitato di Ricasoli è posto sulle colline del Valdarno superiore, nel comune di Montevarchi. Questo piccolo centro abitato è gravemente interessato da una serie di dissesti franosi (sul versante a nord dal 2001 e su quello a sud dal 2013) che hanno messo a rischio diversi edifici. Ci sono in atto delle operazioni di monitoraggio della situazione e i lavori per mettere in sicurezza l'abitato sono stati in parte realizzati. La situazione è quindi costantemente sotto controllo della strumentazione messa in opera dal gruppo di Geologia Applicata del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze e rappresenta un interessante caso di studio.

Le Balze del Valdarno presso Piantravigne
Sull'origine della fossa del Valdarno Superiore e degli altri bacini della Toscana ci sono punti di vista diversi, come avevo sottolineato qui. Qualunque ne sia l'origine, tra il Pliocene superiore e il Pleistocene inferiore, diciamo tra 3 e 1,8 milioni di anni fa, la vallata è stata occupata da un sistema lacustre a cui appartengono tutti i sedimenti che affiorano al suo interno, il cui spessore massimo è di circa 500 metri e che sono suddivisibili in 3 cicli diversi. All'epoca il clima era subtropicale, caldo e umido: i laghi scomparvero per l'abbassamento del livello marino e l'instaurarsi di un clima più secco all'inizio dell'era glaciale; da quel momento l'erosione ha modificato il paesaggio e i depositi fluvio – lacustri formano le dolci colline che caratterizzano la vallata.

Queste colline, indubbiamente suggestive, sono particolarmente prone a fenomeni erosivi perchè i sedimenti plio - quaternari hanno una scarsa coesione e qjuindi godono di scadenti proprietà geotecniche; in aggiunta  ci sono livelli ad elevato contenuto in materia organica, dalle caratteristiche ancora peggiori; ne risultano un arretramento dei versanti continuo e costante (anche se difficilmente apprezzabile a scala temporale umana) e una elevata franosità, specialmente in presenza di alcune litologie. Inoltre a causa della natura del terreno e dei suoli e della diffusione dei depositi delle frane, una buona parte delle acque piovane anziché scorrere via si infiltra nel suolo, imbevendolo e peggiorando ulteriormente la situazione.
Perciò l'area è letteralmente tappezzate da frane, di cui una buona parte attualmente quiescenti (ma che vanno riconosciute per evitare guai).
I fenomeni franosi si possono dividere a seconda della litologia prevalente: le pareti sabbiose sono soggette a crolli, le aree argillose e limose sono invece soggette a scivolamenti.

L'erosione ha prodotto nel versante sinistro dell'Arno un sistema di crinali e valli perpendicolari al bacino. I crinali hanno più o meno tutti la stessa altezza che corrisponde quindi più o meno alla superficie più alta a cui era giunto il fondo dei laghi preesistenti. 
Ricasoli è un suggestivo borgo situato su uno di questi crinali e oltre al classico arretramento dei versanti è interessato oggi da una frana principale superficiale nel versante settentrionale e da una serie di altri dissesti su entrambi i lati. In questa immagine, per confronto ed esempio, sono segnate le frane recenti visibili sul crinale a nord di quello di Ricasoli, che si vede dal paese (la più grande ha addirittura due nicchie diverse a testimoniare la sua complessità).



Il costone è essenzialmente costituito dalle sabbie di Casa La Loccaia e questo è un problema proprio perché le sabbie sono molto permeabili e quindi presentano una circolazione idrica sotterranea che le indebolisce. Queste sabbie appartengono all'ultimo ciclo sedimentario del Valdarno e poggiano sui depositi del secondo ciclo.
Il contatto fra le sabbie e i sottostanti limi e sabbie del torrente Oreno (appartenenti al secondo ciclo sedimentario) non è visibile in affioramento nell'area ma solo grazie alle stratigrafie ricavate dai pozzi.
Sotto alla formazione dei limi e sabbie del torrente Oreno troviamo le argille del torrente Ascione e i limi di Terranova.


La frana superficiale principale del versante nord è iniziata nel 2001 a seguito di forti precipitazioni, nella zona più a monte dell'abitato. A questa sono seguiti altri crolli e scivolamenti che si sono propagati lungo questo lato, verso valle. Nel versante sud, che già nel dopoguerra aveva subito importanti dissesti (i più anziani ricordano perfino una strada ora franata dove erano addirittura passati dei carri armati), i fenomeni sono ricominciati solo nel 2013. Hanno minori dimensioni, una tendenza evolutiva più lenta ma hanno interessato maggiormente la zona edificata.

Un'altra conseguenza delle frane è la perdita di questo questo pozzo, posto a metà del costone nord: è diventato improduttivo perché il terreno si è mosso circa 4 metri sotto di esso, rompendone la camicia. 

Esistevano poi  delle indicazioni per cui era probabile anche l'esistenza di uno scivolamento profondo. I dati del monitoraggio hanno successivamente confermato l'ipotesi: la zona è interessata pure da un movimento non visibile in superficie; lo scorrimento, suborizzontale, avviene lungo su una superficie posta una ventina di metri sotto il piano di campagna della valle; è possibile che corrisponda al contatto fra i limi e sabbie di Oreno e le argille dell'Ascione, ma siccome queste contengono degli intervalli di torbe in cui il valore di resistenza al taglio è piuttosto basso, la superficie potrebbe corrispondere ad un livello più debole ad alto contenuto organico (torba), costituendo un orizzonte prono allo scivolamento.

Il Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze si occupa del monitoraggio di questa zona di dissesto con una strumentazione piuttosto varia.
Inizialmente sono stati eseguiti una dozzina di sondaggi tramite delle perforazioni profonde tra 40 e 90 metri); una parte di questi pozzi è stata attrezzata con tubi inclinometrici, estensimetri a filo e piezometri. Su questi pozzi vengono effettuate misurazioni periodiche con una sonda che misura ogni 50 centimetri le variazioni angolari del tubo inclinometrico e permettono di individuare le superfici di scivolamento. 
Le misure sono affiancate a prove di resistenza in situ e prove dei materiali in laboratorio. 

 Un estensimetro su un edificio e dei distanziometri laser
In seguito è stata approntata una rete di monitoraggio su alcuni edifici a rischio, comprendente distanziometri ed fessurimetri. 
Tutta questa strumentazione è automatica e i sensori sono collegati ciascuno ad un proprio nodo (visibile accanto allo strumento e che lo interroga a intervalli predeterminati). Il nodo fa parte di una rete wi-fi dedicata che opera a frequenze diverse da quelle normalmente in uso, grazie alla quale trasmette i dati ad un nodo centrale, dal quale vengono inviati via GSM ad un terminale remoto. I nodi, specialmente quelli più lontani, possono comunicare con quello centrale anche attraverso gli altri nodi se non riescono ad ottenere una connessione diretta.

il nodo centrale  per trasmette i dati provenienti dagli strumenti
e  il pannello solare che ne ricarica le batterie
Il nodo centrale, oltre alla batteria è munito di pannelli solari a causa del suo maggior consumo di energia. Altri pannelli solari alimentano una stazione meteorologica, che è stata intallata a completamento del monitoraggio per ottenere in tempo reale vari parametri tra i quali sono specificamente importanti la pluviometria e l'igrometria.

Tutto funziona a batterie senza collegamenti con la rete elettrica. Il sistema a batterie è stato sviluppato per lo studio delle frane non solo perché non sempre dove c'è una frana ci sono a disposizione punti per il prelievo di energia elettrica, ma anche perché così si evitano problemi dovuti ai frequenti sbalzi di tensione. Per cui anche dove la rete elettrica è disponibile è sempre preferibile evitare di allacciarvisi. Quanto alla durata delle batterie il sistema è ottimizzato per una loro lunga durata e sono di facile sostituzione. 
Naturalmente è stato effettuato anche un censimento delle fratture sugli edifici che viene costantemente aggiornato in caso di novità. 


In questa immagine si vede la sistemazione della frana principale sul versante nord. Sono state messe in posto delle palificazioni in legno e terre armate, accompagnate da reti. Qualche perplessità suscita la realizzazione del sistema di drenaggio: è essenziale che l'acqua eviti quanto più possibile di immettersi nella zona in frana e quella che ci entra deve essere immediatamente fatta evacuare e i dreni realizzati paiono un po' troppo superficiali mentre dovrebbero andare più in profondità.


Un altro provvedimento importante visibile qui sopra è stato lo sbancamento della parte più alta della collina nella zona non abitata, effettuato togliendo uno spessore di un metro di terreno per alleggerire lo sforzo sulla zona in frana. 
Per evitare che le acque piovane si infiltrino nel terreno sotto l'area sbancata, è interessante la realizzazione di un canale a trincea subito prima della scarpata per convogliarle nella rete fognaria (visibile con un pò di attenzione dalla fotografia). Simili trincee sono state realizzate anche sui gradoni della sistemazione della frana.

Purtroppo a valle della sistemazione le frane continuano sul versante nord, mentre sul versante sud i lavori non sono ancora partiti. Sono stati solamente coperti con dei teli di plastica a scopo di impermeabilizzazione alcuni terreni.

Ricasoli rappresenta un buon laboratorio sulle dinamiche geologiche di un centro abitato situato su una zona in frana. 
La presenza della rete di monitoraggio costituisce un indubbio vantaggio per i residenti: dà loro la tranquillità di sapere che in mancanza di allarmi la situazione è stabile e avverte prima che avvengano movimenti importanti: in questo contesto è importante anche la presenza della stazione meteorologica, in grado di valutare quando il maltempo rischia di provocare guai. 
Vista la tipologia dei fenomeni, è necessario che il monitoraggio dei movimenti rimanga permanente per tenere sotto controllo eventuali problemi futuri.

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