mercoledì 11 gennaio 2012

Il vulcanismo terziario fra Francia, Germania, Cechia e Polonia: riflessi settentrionali della formazione delle Alpi

In questi giorni la cattiva stampa si è molto scatenata per presunti rischi di una forte eruzione al Lacher See, un vulcano della catena dell'Eifel, in Germania, lungo la fossa del Reno Superiore. In questo momento nulla fa pensare ad un'eruzione (le emissioni di CO2 sono registrate da sempre, non solo negli ultimi giorni). Al proposito, rimando al post apposito su Eruption in cui il buon Eric Klemetti distrugge quell'allucinante articolo uscito sul Daily Mail, privo di qualsiasi senso da un punto di vista scientifico. Credo però interessante riprendere un discorso leggermente diverso e cioè spiegare le motivazioni di tutto quel vulcanismo che ha interessato nel Terziario l'apparentemente stabile Europa Centrale.

L'Europa a nord delle Alpi è stata interessata da una serie di manifestazioni magmatiche negli ultimi 70 milioni di anni, inquadrati nella Provincia Vulcanica Centro Europea, nota con la sigla CEVP. È probabile che l'attività sia tutt'ora in corso: in Germania (Eifel), Francia (catena dei Puy nel Massiccio Centrale) ed in Spagna ci sono manifestazioni oloceniche e nell'area della Sierra de Valenzuela, 200 km a sud di Madrid, c'è stata una attività fumarolica tra il XVI e il XVIII secolo) (anche la Spagna è il retroterra della catena alpina né più né meno della Germania o della Francia: bisogna considerare Corsica, Sardegna, Calabria Baleari etc etc tutte attaccate alla costa europea prima dell'apertura dei bacini del Mediterraneo Occidentale). L'attività nella Penisola Iberica è un motivo in più per dire che la CEPV è ancora attiva è che non si tratta di manifestazioni vulcaniche continue ma di eruzioni intervallate a lunghi periodi di stasi dell'attività che si protraggono ormai da oltre 60 milioni di anni.

I prodotti della CEPV sono distribuiti un po' in tutta l'area tra Polonia e Francia, come si vede dalla carta, tratta da un lavoro di Meyer e Foulge disponibile sul sito dei mantle plumes . L'attività della CEPV non può essere ascritta ad un classico punto caldo associato ad un pennacchio del mantello classico e cioè una zone anomalmente calda del mantello (meglio nota con il termine inglese di “mantle plumes”) per diversi motivi. Analizziamoli considerando un punto caldo classico come quello delle Hawaii, con il quale si notano molte differenze fondamentali:

- geografia: non c'è un trend geografico nel tempo (per esempio prime manifestazioni in Polonia, poi il magmatismo si sposta verso la Germania e ancora dopo verso la Francia): i prodotti della CEPV sono distribuiti più o meno in tutta l'area ad ogni intervallo temporal

- evoluzione tettonica: in un classico Mantle Plume si assiste prima ad un sollevamento, poi alla messa in posto dei magmi a cui segue un successivo abbassamento dell'area. In Europa Centrale invece sollevamenti e magmatismo vanno di pari passo

- composizione dei magmi: i magmi della CEVP sono dei classici esempi di liquidi dovuti alla fusione molto parziale di piccole zone del mantello che hanno subito una decompressione. Da un punto di vista chimico assomigliano molto alle lave tipiche dei punti caldi (OIB – basalti di isole oceaniche) e quindi sono simili alle lave hawaiiane, solo che sono stati prodotti a temperature molto più basse e senza la grande anomalia termica che caratterizza i plumes

- struttura del mantello: sotto i pennacchi ci sono delle estese zone in cui la temperatura è anomalmente alta che arrivano al mantello inferiore. Sotto la CEPV invece le anomalie sono di bassa entità e non arrivano oltre i 400 km di profondità

ma allora, che cosa ha provocato (e – probabilmente – provoca tutt'ora) la formazione di questi magmi?
Nella carta si vedono in verde le vulcaniti ed in rosso le fosse tettoniche (meglio note con il termine tedesco “graben”)
Una traccia importante per capire l'origine ovvia soluzione sarebbe il collegare la CEVP alle fosse tettoniche terziarie come quella del Reno, però anche in questo caso non c'è uniformità strutturale: troviamo i magmi sia all'interno dei Graben che nellevicinanze ma anche in zone più lontane, dove c'è “solo” un forte sollevamento. È comunque ovvia l'esistenza di un legame fra fosse e vulcani.

Le fosse sono provocate dal sollevamento generale dell'area che è collegato alla formazione più a sud della Catena Alpina.

Durante la formazione delle Alpi l'Eocene sia uno spartiacque importante: prima lo scontro era fra la zolla europea e la crosta oceanica della Tetide; poi lo scontro da continente – oceano è diventato continente – continente e quindi la zona di influenza degli sforzi si é propagata all'Europa Centrale (troviamo blandi piegamenti dovuti all'Orogenesi Alpina persino nelle Isole Britanniche!). Questo ha causato il forte innalzamento dell'area, le fosse tettoniche e la risalita di piccoli quantitativi di magmi mantellici. È molto probabile che almeno alcune linee di risalita e allineamenti di fosse siano ereditate da strutture della Catena Ercinica formatasi alla fine del Paleozoico lungo la convergenza fra Laurasia e Gondwana. Nella cartina qui accanto si vede bene come una importante sutura ercinica corrisponda più o meno al percorso del Reno. 

Le fosse principali sono

- il graben superiore del Reno, tra il confine svizzero e Francoforte sul Meno (dove c'è appunto la caldera del Laacher Sea in questi giorni alla ribalta delle cronache) e la zona di Messel nota per il ritrovamento di Darwinius masillae
- il graben inferiore del Reno, tra la zona di colonia ed il Mare del Nord
- i graben della Limagne, della Bresse e del Rodano nella Francia sudorientale vicino ai quali, nel Massiccio Centrale, troviamo le importanti manifestazioni vulcaniche della catena dei Puy
- l'Essian Graben a est del Graben inferiore del Ren
- l'Eger graben al confine fra Germania e Cechia

Manifestazioni magmatiche precedenti all'Eocene dimostrano comunque che questi sforzi erano attivi già prima della chiusura dell'oceano. Sostanzialmente il vulcanismo copre in maniera piuttosto irregolare una larga fascia a nord della Catena Alpina e l'orientazione di questa fascia non è parallela a quella delle fosse, bensì, molto vagamente, alla catena alpina.

Che cosa dire della zona di origine dei magmi? Le caratteristiche geofisiche sotto al Massiccio Centrale Francese e sotto la zona dell'Eifel sono state studiate in diverse occasioni. Vediamo per esempio questa, tratta da The Seismic Signature of the Eifel Plume di Joachim R.R. Ritter.
Si vede bene come sia sotto all'Eifel che sotto al Vogelsberg, che si trova a circa 400 km ad est , più o meno dove c'era il confine fra le due Germanie.
Sotto le zone vulcaniche ci sia un mantello in cui le velocità delle onde P sono piuttosto basse, ma questo non succede dappertutto ed inoltre l'anomalia riguarda solo le onde P.
C'è chi come Joachim Richter pensa a grandi eterogeneità sotto ai vulcani, principalmente per la presenza di vecchie camere magmatiche. Le zone dei rift (e quindi anche le aree vulcaniche, corrispondono ad aree in cui la crosta è molto sottile, tra 80 e 30 km di spessore, rispetto al valore ordinario dell'Europa Centrale che va dai 100 ai 140 km.
Sempre secondo Meyer e Foulger appare probabile un processo inverso a quello dei Mantle Plumes, dove l'origine dei magmi è “in basso”, nel mantello profondo: in pratica gli sforzi che vengono dalla zona di collisione delle Alpi hanno formato delle fratture lungo le quali sono risaliti dei magmi originatisi a causa della decompressione: diminuendo la pressione una roccia infatti può tendere a parità di temperatura a fondersi parzialmente

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