I mammiferi adulti non possono assumere latte perchè non riescono a digerire il lattosio che vi è contenuto. L'insorgere in un ceppo umano di una mutazione che consente di assumere lattosio anche dopo lo svezzamento ha permesso a chi la possiede di accedere ad una vasta gamma di nuovi alimenti, derivati dal latte. La presenza di un elevato numero di individui mutanti è tipica di una popolazione nella cui dieta sono presenti latte e prodotti derivati dal latte.
Una caratteristica comune di tutti i mammiferi è la dieta neonatale: incapaci di assumere qualsiasi altro nutrimento, i cuccioli possono soltanto bere il latte materno, che è quindi semplicemente indispensabile. Questo succede sia ai cuccioli che per diverso tempo dopo il parto rimangono fermi e incapaci di fare qualsiasi altra cosa (come quelli di molti carnivori, ma non solo, che nascono in una tana) sia ai cuccioli che vivendo costantemente in campo aperto devono seguire la madre fin dalle prime ore di vita.
Una caratteristica comune di tutti i mammiferi è la dieta neonatale: incapaci di assumere qualsiasi altro nutrimento, i cuccioli possono soltanto bere il latte materno, che è quindi semplicemente indispensabile. Questo succede sia ai cuccioli che per diverso tempo dopo il parto rimangono fermi e incapaci di fare qualsiasi altra cosa (come quelli di molti carnivori, ma non solo, che nascono in una tana) sia ai cuccioli che vivendo costantemente in campo aperto devono seguire la madre fin dalle prime ore di vita.
Il latte è un nutrimento particolarmente nobile, come è ovvio per un alimento che deve servire per nutrire un cucciolo da trasformare prima possibile in un individuo semi adulto: contiene una vasta gamma di sostanze nutritive (grassi, zuccheri, proteine, vitamine) e apporta anche alcuni elementi chimici fondamentali come il calcio e il magnesio e composti necessari come l'acqua. Con lo svezzamento il piccolo cessa di bere il latte. Assumerlo in seguito può dare grossi problemi perchè lo zucchero – base che lo compone è il lattosio, un composto molto energetico ma che nasconde una grossa insidia: è una molecola complessa, formata dall'unione di una molecola di glucosio con una di galattosio e per questa particolare struttura il lattosio può essere digerito solo grazie a un particolare enzima, la lattasi.
Le cellule che producono la lattasi risiedono nel primo tratto dell'intestino ma un meccanismo genetico permette la produzione dell'enzima solo durante l'allattamento e la prima fase dello svezzamento: quando ormai il giovane mammifero è svezzato e si ciba allo stesso modo degli adulti la lattasi non viene più prodotta.
Il tutto è chiaramente spiegabile in termini biologico – evolutivi: siccome l'animale non beve più il latte, è assurdo che il corpo continui a produrre un enzima da utilizzare solo ed esclusivamente per un composto, il lattosio appunto, che non viene più ingerito.
È evidente che una intolleranza al lattosio congenita impedisce un sano sviluppo del cucciolo e quindi questa mutazione genetica non si può trasmettere: in natura un cucciolo che la porta difficilmente potrà arrivare all'età riproduttiva. Era anche un problema per il genere umano ma oggi la presenza in commercio di latte senza lattosio consente di nutrire correttamente anche i bambini che altrimenti avrebbero grossi problemi nutrizionali (peraltro alcuni disturbi intestinali dei neonati possono avere proprio alla base una carenza nella produzione di lattasi)
Quindi l'apparato digerente di un mammifero adulto non è più in grado di digerire il lattosio, con pesanti ripercussioni in fatto di disturbi intestinali se lo ingerisce: questo zucchero non viene trasformato né assorbito dall'intestino ma viene fermentato dalla flora intestinale con la produzione di gas e la comparsa di fenomeni diarroici.
C'è anche una intolleranza secondaria al lattosio, dovuta cioè a cause esterne a quelle genetico – fisiologiche dell'organismo: alcune malattie del primo tratto intestinale (celiachia, morbo di crohn e altri disturbi gastroenterici) distruggono le cellule che sintetizzano la lattasi (o ne diminuiscono le capacità.
E allora i mammiferi all'epoca dello svezzamento sviluppano una intolleranza al lattosio. Tutti, ad eccezione di alcuni appartenenti al genere umano. Come mai? Semplicemente perchè alcuni di noi sono portatori di una mutazione genetica grazie alla quale nell'intestino continua la produzione della lattasi anche in età adulta.
Una mutazione si fissa nel patrimonio genetico di una specie se è neutra o in qualche modo produce dei vantaggi; in questo secondo caso la sua diffusione può essere estremamente rapida ed è il caso della tolleranza al lattosio: disporre della possibilità di assumere latte prodotto dagli animali allevati (o alimenti a base di latte, come formaggi) senza subire i disturbi intestinali dell'intolleranza al lattosio anche in età adulta è stato per i mutanti sicuramente un bel vantaggio in termini di disponibilità di cibo!
La storia comincia quando una parte dell'umanità abbandonò la vecchia economia di caccia e raccolta per quella agricolo – pastorale, avvenuto quasi contemporaneamente in molte aree della Terra circa 10.000 anni fa. Non si può dire che all'epoca il cibo fosse particolarmente abbondante, anche perchè, passata l'ultima era glaciale, il clima è stato per diverse migliaia di anni molto instabile (ho riassunto qui le mutazioni climatiche degli ultimi 20.000 anni e più specificamente quelle più recenti in quest'altro post). Anzi, è probabile che l'adozione dell'agricoltura e della pastorizia fu una necessità dovuta proprio alla riduzione delle fonti di approvvigionamento di cibo al passaggio fra Pleistocene e Olocene, oltre 10.000 anni fa.
La mancata interruzione della produzione della lattasi è avvenuta in modo estremamente semplice: è bastato che una Citosina sostituisse una Timina in un particolare sito del DNA.
Luigi Luca Cavalli Sforza, uno dei massimi esperti di genetica umana del mondo, colloca questo evento in una popolazione di allevatori di renne della Russia meridionale di circa 6.000 anni fa (altri Autori pensano che sia avvenuta più verso i Balcani o l'Europa Centrale all'epoca della “ceramica a bande lineari”) e fa notare una cosa molto interessante: il Nordeuropa ha il massimo numero di individui con questa mutazione e lo si spiega sia con la vicinanza genetica con questa popolazione di allevatori di renne uralici, sia perchè vivendo in un clima molto freddo il consumo proteico è molto alto e quindi poter bere senza problemi il latte anche da adulti era un vantaggio incredibilmente importante, quasi determinante fino a poche centinaia di anni fa.
È significativo che questa data corrisponde a quella dell'optimum climatico olocenico, una fase particolarmente calda, anche più di oggi, nella quale però se il clima era eccellente in Scandinavia ed Inghilterra l'Europa Centrale e orientale aveva visto una significativa contrazione della piovosità, con evidenti ripercussioni sulla disponibilità di cibo.
Chi possiede questa mutazione ha quindi almeno un antenato proveniente da questa popolazione e discendente del primo (o della prima) mutante.
La distribuzione della tolleranza al lattosio degli uomini adulti è correlata abbastanza efficacemente con la presenza massiccia o no di latte e derivati nella dieta adulta; genti che non mangiano latte da adulti né hanno una dieta in cui abbondano i latticini non sono stati interessati a questa mutazione che è posseduta da una minima parte della popolazione (è il caso ad esempio di cinesi, giapponesi, e dei nativi americani).
Nella carta è rappresentata la percentuale di individui capaci di tollerare il lattosio anche da adulti. Si nota come le popolazioni di centro e sud America, tutta l'Asia orientale e meridionale e dell'Africa meridionale siano estremamente prive del gene che permette la produzione della lattasi da adulti, come anche i nativi del nordamerica e dell'Australia. Il centro della tolleranza è nell'Europa settentrionale e quindi fra gli discendenti degli europei che vivono nel Nordamerica ed in Australia, per la maggior parte di origine nordeuropea. Altri nuclei di tolleranza si trovano in Africa e Medio Oriente. In queste altre aree secondo un lavoro a firma di Yuval Itan ed altri autori, pubblicato in questi giorni su Evolutionary Biology questi altri nuclei di tolleranza parrebbero collegati a mutazioni diverse da quella di cui sono dotati gli europei, che però si sono manifestate nello stesso gene.
In Italia le cose sono abbastanza complesse e ci sono studi contrastanti: per alcuni Autori la zona di maggior frequenza della tolleranza è a cavallo tra Italia centrale e la parte settentrionale dell'Italia meridionale, per altri è l'Italia settentrionale. Tutti d'acordo invece sul fatto che la capacità di produrre lattosio anche in età adulta sia mediamente bassa in Sardegna e molto bassa in Sicilia, specialmente nella zona meridionale.
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