In questo post parlo nuovamente dei cetacei dei nostri mari perchè ci sono due notizie importanti, un convegno a Civitavecchia e l'autopsia della balena spiaggiata a San Rossore alla fine di Gennaio.I miei amici dell’Accademia del Leviatano svolgono una attività molto interessante: durante l'estate viaggiano sui traghetti di linea tra Sardegna, Corsica, Liguria, Toscana e Lazio, quindi all'interno del Santuario dei Cetacei e nelle aree limitrofe, monitorando tutti i cetacei che osservano, dai piccoli delfini ai giganti come la balenottera, stando sul ponte di comando della navi. Nell'estate 2010 i ricercatori hanno fatto più di 40 viaggi. L'attività è collegata all'attività dell'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale).
In totale, nel 2010, sono stati avvistati 142 cetacei, di 6 diverse specie. Si tratta in 68 casi di balenottere, 8 di Zifio, 34 Stenelle, 1 Tursiope, 1 Grampo e 2 Capodogli (i Capodogli in generale si trovano nel Tirreno Meridionale e nel Canale di Sicilia).
Tra i risultati ottenuti la ricerca ha confermato la presenza nel Tirreno Centrale di un’area ad alta densità di cetacei e di una popolazione di Zifio (delfino raro nel mediterraneo). Il problema quindi è che una buona parte degli animali vivono al di fuori del Santuario.
C'è una ottima notizia:rispetto agli studi realizzati dal 1989 al 1992 la frequenza di avvistamento della Balenottera è aumentata di circa il 200%. Questa ultima, inoltre, è stata avvistata nelle aree con maggiore concentrazione di clorofilla e non è un caso perchè sono le zone in cui è maggiore il contenuto di fitoplancton, costituito da microscopiche particelle algali in sospensione nelle acque, e quindi dove si trova anche lo zooplancton di cui si nutrono i grossi cetacei.
Un dato molto interessante è che la maggior parte degli avvistamenti di Balenottera e Stenella sono avvenuti in condizioni meno intense di traffico marittimo. Lo studio sottolinea la necessità di un comportamento di navigazione prudente in prossimità delle aree ad alta densità di cetacei. E questo potrà essere un problema se (finalmente!) entreranno in servizio le navi per le cosiddette “autostrade del mare” che dovrebbero dirottare dalla gomma all'acqua i trasporti a lungo raggio tra il sud e il nord dell'Italia: una prospettiva auspicabile – che purtroppo appare ancora lontana – ma che indubbiamente porterà la necessità di istituire delle misure per la riduzione dell’impatto con i cetacei
Veniamo ora alla balena di San Rossore: l'esemplare di Balenottera Comune (Balaenoptera physalus), era un maschio lungo 16,80 m e pesante 16-18 tonnellate (nelle Balenottera spesso le femmine sono più grandi dei maschi). Le pinne dorsali differiscono fra un esemplare e l'altro e così in base alle foto è stato accertato che prima di spiaggiarsi il 26 gennaio a San Rossore la balena era apparsa davanti a Follonica il 16 e davanti a Viareggio il 21. Un comportamento non comune perchè le Balenottere
Dell'autopsia se n'è occupati il Servizio Diagnostico di Patologia e Anatomia Patologica, sempre della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Padova. Stabilito che non c'erano tracce di urti con natanti o reti è parso evidente che la morte è riferibile a cause naturali. Infatti la balena mostrava un elevato grado di debilitazione se non di immunodepressione: lo stomaco era infatti completamente vuoto e lo strato di grasso era piuttosto ridotto rispetto ai valori di riferimento (6 cm contro i 9-10 tipici di esemplari di queste dimensioni). Anche la pelle era interessata da intensa parassitosi, associata a reazioni infiammatorie e possibili infezioni secondarie, indicava un quadro di debilitazione del soggetto. In effetti l'animale aveva il morbillo: il referto necroscopico ha evidenziato che la balenottera era affetta da infezioni da morbillivirus e Toxoplasma condii; inoltre, forse in conseguenza di ciò, è stato anche possibile rilevare che lo stato di salute dell’esemplare era compromesso da una ridotta funzionalità del rene e da un digiuno prolungato.
L'esame esterno della carcassa della balenottera ha evidenziato aree di escoriazione, compatibili con l'evento dello spiaggiamento e quindi lo sfregamento con la sabbia e il fondo marino. Le condizioni di conservazione dei tessuti e l'aspetto dell'occhio fanno pensare che il decesso possa essere avvenuto intorno alle 24-48 ore dal primo ritrovamento della carcassa sulla spiaggia di San Rossore.
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