lunedì 6 ottobre 2025

Breaking News: nell’atmosfera di Venere c’è molta più acqua del previsto


È semplicemente incredibile come dati vecchi di decenni possano essere recuperati e rivisitati con nuove tecnologie consentendo nuove interpretazioni, che oltretutto alle volte, come in questo caso, oscillano fra il sorprendente e il rivoluzionario. In questo caso sono stati rivisitati i dati ottenuti durante la discesa nell’atmosfera di Venere del satellite Pioneer Venus Large Probe, nei quali c’è la traccia di una cattura non prevista di aerosol che conterrebbero una quantità di acqua molto maggiore di quella che era accettata fino ad oggi. Questi dati potranno essere integrati ritrovando quelli delle altre sonde americane e di quelle sovietiche che hanno penetrato l’atmosfera venusiana, e sarebbero molto utili per le missioni pianificate verso Venere della NASA, ISRO Venus Orbiter e DAVINCI (ammesso che la NASA le effettui … con questi chiari di luna non è certo).

la classica immagine del sito di atterraggio 
della sonda sovietica Venera 14 nel 1981
VENERE, UN MONDO CALDO E SECCO. Le osservazioni dirette della superficie di Venere (ad esempio quelle della sonda sovietica Venera nel 1975) hanno dipinto un ambiente estremamente caldo e secco e fra acidità dell’atmosfera, pressione elevatissima ma soprattutto una temperatura di oltre 460 °C, queste poche missioni, tutte dell'era sovietica, sono sopravvissute solo pochi minuti dopo lo sbarco sulla superficie del pianeta. Sono comunque riuscite a a scattare ed inviare a Terra alcune foto di una superficie rocciosa arida e - ovviamente - senza tracce di vita.
Siccome dimensioni e materiale di origine di Venere sono simili a quelli della Terra, l’aridità indica una perdita d'acqua quasi totale partendo da condizioni iniziali umide che esistevano prima di 3 miliardi di anni fa, quando l’abbondanza di acqua avrebbe mediamente coperto il pianet con un oceano profondo circa 3 km (Chaffin et al 2024). Poi, a causa dell’aumento dell’irraggiamento solare, la temperatura e il vento solare hanno avuto effetti devastanti, non solo per la minor distanza dal Sole rispetto a noi, ma anche a causa dell’enorme effetto serra di una atmosfera in cui non si sono verificati quei processi tipicamente terrestri in grado di asportarne buona parte del CO2 (a partire da fotosintesi, formazione di rocce carbonatiche, seppellimento di materia organica e alterazione dei minerali). Quando è stato raggiunto il punto di non ritorno, tutti gli oceani sono evaporati e Venere è diventato il pianeta caldo e secco che vediamo oggi. Inoltre su Venere è diminuita l’attività tettonica e di conseguenza è crollato il campo magnetico, fattore che ha ulteriormente facilitato la dispersione dell’idrogeno lontano dal pianeta.
Senza entrare nell’argomento del come l’acqua sia fuoriuscita dal pianeta, il particolare che evidenzia maggiormente la fuga dell’idrogeno è l'arricchimento atmosferico del suo isotopo pesante: partendo da un rapporto iniziale deuterio / idrogeno simile a quello terrestre, oggi nella mesosfera di Venere questo rapporto è pari a circa 120 volte quello terrestre (Mahieux et al 2024). Questo perchè gli atomi di idrogeno sono più leggeri di quelli di deuterio e quindi fuoriescono nello spazio più facilmente, causando un aumento indiretto del secondo nell’acqua rimasta.
Però secondo Chaffin et al (2024), i modelli e i processi normalmente ipotizzati per questa fuga non sono in grado di spiegare del tutto i valori osservati, secondo i quali l’acqua contenuta dall’atmosfera potrebbe ricoprire la superficie del pianeta mediamente di 3 cm: questi processi si interromperebbero con un tenore di acqua tale da provocare una copertura teorica del pianeta di almeno 10 metri. Quindi o c’è più acqua del previsto o ci sono degli ulteriori processi ancora sconosciuti.


PROVE DI ACQUA E FERRO NELL'ATMOSFERA DI VENERE. I ricercatori sapevano che durante la discesa verso il pianeta delle varie sonde russe e americane gli spettrometri ultravioletti hanno temporaneamente e più volte perso il segnale; l’ipotesi è che queste perdite siano state dovute all'ostruzione dei loro ingressi a causa della cattura non pianificata degli aerosol. Questa cattura si è riflessa in una misurazione di gas come SO2, H2O e O2, inaspettatamente abbondanti
Per questo (e immagino anche in vista delle nuove missioni verso Venere delle sonde ISRO Venus Orbiter e DAVINCI) alcuni scienziati qualche anno fa si sono messi alla ricerca dei dati di una sonda americana, Pioneer Venus Large Probe, che è scesa attraverso l'atmosfera di Venere nel 1978, elaborando un piano per rivisitarli. La loro ricerca non è stata semplice, ma alla fine il set di dati archiviato è stato scoperto presso l'ufficio della NASA Space Science Data Coordinated Archive e successivamente pubblicato online.
Ed eccoci alla grande novità: Mogul et al (2025) presentano una nuova e rivoluzionaria composizione degli aerosol nelle nubi di Venere, ottenuta analizzando quei dati. I nuovi risultati supportano la valutazione secondo la quale il satellite durante la discesa attraverso l'atmosfera sempre più calda abbia recuperato gli aerosol delle nubi. Gli aerosol, una volta entrati negli strumenti di bordo, hanno subito una decomposizione termica grazie alla quale hanno rilasciato gas e composti, che sono ovviamente stati rilevati. Questi gas e composti includevano acqua H₂O, SO₂, O₂ e probabilmente Fe₂O₂. Sulla sonda era installato uno spettrometro di massa e queste molecole sono state identificate nel set di dati come H₂O+, SO₂+, O₂+ e Fe₂O+. Il tutto indica che gli aerosol delle nubi contengono una notevole quantità di acqua e masse comparabili di solfato ferrico e acido solforico.
Per gli Autori è probabile che l'acqua degli aerosol derivi da idrati, tra cui solfati idrati di ferro e magnesio e che ferro e magnesio potrebbero avere origine cosmica.
Questo lavoro, rivelando riserve di acqua e possibili materiali cosmici negli aerosol offre nuove e rivoluzionarie considerazioni per i modelli di chimica delle nubi venusiane e per le discussioni sulla loro abitabilità.

LE PROSPETTIVE FUTURE. È chiaro come questi dati rivoluzionano le conoscenze sugli aerosol di Venere, finora ritenuti composti quasi esclusivamente da acido solforico concentrato. E siccome a questo punto è altamente probabile che la raccolta e l'analisi non pianificate degli aerosol si siano verificate in tutte le misurazioni dirette condotte finora nelle nubi di Venere, sarebbe quindi interessante ritrovare anche i dati delle sonde americane e sovietiche, a bordo delle quali c’erano dei sensori chimici che hanno tutte misurato una notevole quantità di acqua nelle nubi dopo la cattura non pianificata di aerosol.
Queste valutazioni della raccolta imprevista di aerosol atmosferici oltre a precisare meglio il quadro, sono rilevanti per le prossime missioni pianificate verso Venere:
  1. DAVINCI che intende proprio campionare l'interno delle nubi. Ci si aspetta che queste misurazioni potrebbero anche correggere le incertezze relative all'abbondanza di vapore acqueo nelle nubi medie e basse.
  2. il Venus Orbit Dust Experiment della missione ISRO Venus Orbiter invece prevede di misurare l'abbondanza e il flusso di particelle di polvere interplanetaria per identificare potenziali materiali cosmici negli aerosol (ad esempio, Fe, Mg e Si)

BIBLIOGRAFIA


Chaffin et al (2024). Venus water loss is dominated by HCO+dissociative recombination. Nature 629, 307–310

Mahieux et al (2024). Unexpected increase of the deuterium to hydrogen ratio in the Venus mesosphere. PNAS 121 No. 34 -e2401638121

Mogul et al (2025). Re‐analysis of Pioneer Venus data: Water, iron sulfate, and sulfuric acid are major components in Venus' aerosols. Journal of Geophysical Research: Planets, 130, e2024JE008582.


mercoledì 1 ottobre 2025

Animalia: dalla radiazione del Cambriano alla prima estinzione di massa accertata (ovviamente associata ad una Large Igneous Province)


Nel Neoproterozoico non esistevano animali con parti dure, solo con parti molli; dall’inizio del Cambriano Animalia ha iniziato una radiazione evolutiva importante con la comparsa di forme dotate di parti dure. Questa radiazione, precedentemente nota come esplosione perché i pochi dati facevano pensare ad un evento quasi istantaneo collocabile a circa 538 milioni di anni fa, ha subìto una importante battuta d’arresto dopo circa 25 miloni di anni, quando un evento di estinzione di massa (l’evento di Sinsk) spazzò via il 60% delle specie conosciute. Anche questo evento è contemporaneo alla messa in posto di una Large Igneous Provinces, quella di Kalkarindji nell’Australia Centro-settentrionale; anzi,  è la più antica associazione del genere conosciuta.

a sinistra un tipico esonente delle faune di Ediacara:
Dickinsonia (Bobrovskiy et al. 2018, Science 361, 1246–1249 
a destra una trilobite del Cambirano (credit:  John R. Paterson)
DAL CONCETTO DI ESPLOSIONE DEL CAMBRIANO AL CONCETTO DI RADIAZIONE DEL CAMBRIANO. Nella documentazione fossile il passaggio Ediacarano – Cambriano era precedentemente noto come passaggio Precambriano – Cambriano. Da qualche decennio però Precambriano è diventato ormai soltanto una definizione “informale”, essendo ormai quella lunga fase della storia della Terra divisa in eoni, ere e periodi. Il passaggio Ediacarano – Cambriano, datato a 538 milioni di anni fa, evidenzia la discontinuità fra le faune di tipo ediacarano ad animali complessi, spesso dotati di parti dure come conchiglie o scheletri esterni, che nei successivi 20 milioni di anni sono stati protagonisti di una incredibile differenziazione e acquisizione di nuove nicchie ecologiche in un turbinio di estinzioni e sostituzioni di specie, la cosiddetta Radiazione Cambriana (Raup e Sepkoski,1982). Non mi piace linkare wikipedia, ma questa pagina al proposito è fatta abbastanza bene.
All’inizio della storia della Paleontologia, nel XIX secolo, la mancanza di organismi dotati di parti dure (e quindi di fossili) nelle formazioni “precambriane” delle Isole Britanniche fu confusa con la mancanza di fossili tout court (è difficile trovare adesso, figuriamoci all’epoca, trovare resti di organismi con solo parti molli) e quindi ha avuto molto sostenitori l’idea secondo la quale “prima” del Cambriano non ci fosse vita, distinguendo una era “azoica” che precede l’era Paleozoica.
Insomma, sembrava che all’inizio del Cambriano ci fosse stata una improvvisa comparsa di una serie di organismi, definita come “esplosione del Cambriano”. L’essere (anzi, il sembrare) un evento improvviso, ha provocato parecchie speculazioni, in particolare è stato un cavallo di battaglia degli antievoluzionisti e ha posto dei problemi al darwinismo nella sua accezione più lenta e graduale.
In realtà, oltre al definitivo riconoscimento di fossili risalenti a prima del Cambriano, appena è stato possibile utilizzare tecniche genetiche, anche l’orologio molecolare ha dimostrato come una prima differenziazione di Animalia avvenne già nel Neoproterozoico, soprattutto nell’Ediacarano (ne ho parlato spesso, per esempio qui) e inoltre è ormai assodato che l’affermazione di Animalia sia stata un processo graduale, e quindi la definizione più giusta è diventata Radiazione Cambriana. 

variazioni della ricchezza di specie e di nicchie ecologiche
nel Cambriano inferiore prima dell'evento di Sinsk (Murphy et al, 2025)
LA VELOCITÀ NON COSTANTE DELLA RADIAZIONE CAMBRIANA. Murphy et al (2025) in un interessante lavoro appena uscito, hanno esaminato in dettaglio la diversità funzionale nei metazoi scheletrici del Cambriano inferiore della Piattaforma Siberiana, all’epoca un vasto continente tropicale isolato dominato da ambienti carbonatici marini poco profondi, un hotspot di biodiversità che ospitava un terzo di tutti i metazoi scheletrici del Cambriano inferiore documentati [4]. 
In un intervallo all’interno del Cambriano inferiore, tra 529 e circa 520 milioni di anni, che quindi inizia una decina di milioni di anni dopo l’inizio del periodo, la ricchezza di specie mostra variazioni su piccola scala, per poi aumentare drasticamente fino a circa 514 milioni di anni, dopodichè è diminuita significativamente in coincidenza dell'evento di Sinsk. L’evento prende il nome dalla Formazione di Sinsk, dove è espresso più chiaramente: la Formazione di Sinsk e strati coevi simili coprono in totale oltre 750.000 km2 sulla Piattaforma Siberiana e contengono – aspetto importante che esaminerò più avanti – estesi scisti neri ricchi di pirite, uranio e materiale organico. 
L’ipotesi più accreditata per spiegare tassi di diversificaizone differenti nel Cambriano inferiore è la presenza di oscillazioni nel livello di ossigenazione oceanica (OOE) (He et al, 2019)
L’aumento della diversificazione è stato interrotto bruscamente, circa 513,5 milioni di anni fa, all’altezza dell’Evento di Sinsk, dalla prima estinzione di massa globale del Fanerozoico, come si vede dalla figura, tratta da Murphy et al (2025).

gli scisti scuri dell'evento di Sinsk in Australia e Antartide
L’EVENTO DI SINSK: UNA VERA ESTINZIONE DI MASSA. L’evento di Sinsk non era stato incluso tra le principali estinzioni di massa del Fanerozoico, nonostante gli alti tassi di estinzione, paragonabili a quelli degli eventi successivi, a causa del basso numero assoluto di generi durante il Cambriano rispetto al resto del Fanerozoico, e per questo motivo è poco noto, anche se in realtà il suo impatto sulla biosera è stato drammatico: ha annientato oltre il 60% delle specie animali e per ritornare a una biodiversità come quella che lo ha preceduto bisognerà aspettare l’inizio dell’Ordoviciano, quindi quasi 30 milioni di anni (Bambach, 2006)
L’evento di Sinsk è stato una vera estinzione di massa perché soddisfa le condizioni principali per essere così classificata:
  1. tassi estremamente elevati di estinzione e ricambio in una vasta gamma di phyla
  2. la drastica riduzione della diversità dei metazoi è documentata in tutte le serie stratigrafiche mondiali, cioè non è un fatto limitato alla piattaforma siberiana
  3. i sopravvissuti all'evento Sinsk si sono diversificati in comunità con composizioni tassonomiche radicalmente diverse da quelle che avevano dominato prima
L'evento di Sinsk segna quindi la fine della radiazione cambriana, reimpostando la traiettoria per la successiva evoluzione dei metazoi.

FENOMENI GEOLOGICI IN CORRISPONDENZA DELL’EVENTO DI SINSK. Dal punto di vista geochimico l’evento di Sinsk corrisponde anche al ROECE (Redlichiid - Olenellid Extinction Carbon isotope Excursion): un momento in cui il rapporto fra gli isotopi 12 e 13 del Carbonio, noto come δ13C, presenta valori particolarmente bassi, coevo con l’estinzione dei trilobiti della famiglia degli onellidi, a sua volta compresa nell’ordine dei Redlichidi (Faggetter et al, 2017). Il ROECE corrisponde anche ad un drammatico aumento della deposizione di sedimenti scuri perché ricchi di materia organica non decomposta, e conseguenza della presenza di condizioni anossiche e con la perdita di molte altre specie di metazoi e persino con l’assenza di tracce fossili, nonché con abbondanti prove di biomarcatori della presenza di comunità batteriche anaerobiche (Zhuravlev e Wood, 1996). I sedimenti anossici oltre che in Siberia sono presenti negli altri sedimenti dell'epoca, per esempio in Antartide, nell'orogene di Ross, e nella sua continuazione in Australia, l'orogene delameriano (Myrow et al, 2024). Tutti questi fattori suggeriscono un declino improvviso nei livelli globali di ossigeno oceanico che ha innescato un evento anossico globale.

La Grande Provincia Magmatica di Kalkarjindi
nel quadro della separazione dal Gondwana (Pannotia)
di vari terranes che ora fanno parte dell'Asia
CORRELAZIONI FRA L’ESTINZIONE DI MASSA E UNA LARGE IGNEOUS PROVINCE. Durante tutto il Fanerozoico la relazione tra perturbazioni ambientali ed estinzioni di massa è un focus comune degli studi, compresi quelli nel Cambriano. In particolare anche in corrispondenza dell’evento di Sinsk si nota una coincidenza fra una estinzione di massa e una serie di fenomeni geologici quali cambiamenti bruschi e temporanei del livello del mare, anossie marine, escursioni degli isotopi del carbonio. Questi fenomeni avvengono anche in corrispondenza della messa in posto di Large Igneous Provinces. 
Le Large Igneous Provinces sono delle enormi serie magmatiche, dell’ordine delle centinaia di migliaia se non di milioni di km cubi di magmi, che si mettono in posto in tempi geologicamente brevi. C’è una ampia letteratura che dimostra il legame fra queste enormi eruzioni e gli eventi di estinzione di massa, ad esempio i Trappi della Jacuzia per l’estinzione del Devoniano superiore, i trappi siberiani per la fine del Permiano, i basalti dell’Atlantico centrale per la fine del Triassico e i trappi del Deccan per la fine del Cretaceo (anche se sul K/T moltio non sono d’accordo, preferendo l’impatto dello Yucatan). Se poi si considerano anche brevi fasi di caratterizzate da tassi di estinzione anomalmente alti ma senza le percentuali elevatissime delle grandi estinizoni di massa, per esempio gli Eventi Anossici Oceanici del Cretaceo, la corrispondenza temporale diventa praticamente completa.
Una accoppiata LIP – estinzioni può essere un caso (e nel caso del K/T dal mio punto di vista lo è), due pure, ma una sincronia così regolare dovrebbe fornire una certa evidenza. Non discuto le cause in questo post: la letteratura su diversi meccanismi per spiegare l’associazione fra LIP ed estinzioni di massa è sterminata, se volete una sintesi leggete Ernst et al (2021). Inoltre ho parlato spesso di questo rapporto causa - effetto sia su Scienzeedintorni che sul mio libro "il meteorite e il vulcano, come si estinsero i dinosauri". 
La domanda è quindi: c'è una Large Igneous Province attiva in corrispondenza con la ROECE e con l’evento di Sinsk? Certamente: i due eventi coincidono approssimativamente con la messa in posto della grande provincia magmatica di Kalkarindji nell’Australia Centro-settentrionale, datata approssimativamente tra 514 e 513 milioni di anni fa (Jourdan et al, 2014) e di cui avevo parlato qui

Dal punto di vista della Storia della Terra, si tratta quindi della più antica correlazione temporale nota fra messa in posto di una Large Igneous Province, fenomeni di anossia oceanica e una estinzione di massa
Anche questa LIP, come diverse altre, si inquadra nel contesto di una futura apertura di un oceano, come - per fare un esempio "attuale" - quelle in corrispondenza dei punti caldi intorno all'Africa. È interessante inoltre notare come la LIP di Kalkarijndi si collochi immediatamente prima del primo grande distacco dal Grande Gondwana (che io continuo ad insistere a chiamare Pannotia per distinguerlo dal Gondwana di fine Paleozoico e Mesozoico) di vari terranes che ora fanno parte dell'Asia (Cina meridionale, Cina Settentrionale, Indocina, Qangtang), a cui poi è seguito più tardi il distacco dal Gondwana dei terranes galatiani e cimmerici. 

BIBLIOGRAFIA

Bambach (2006). Phanerozoic biodiversity mass extinctions. Annu. Rev. Earth Planet. Sci. 34, 127–155.

Ernst et al (2021). Large Igneous Province Record Through Time and Implications for Secular Environmental Changes and Geological Time-Scale Boundaries. Chapter 1 In: Ernst, et al (eds.) Large Igneous Provinces: A Driver of Global Environmental and Biotic Changes. AGU Geophysical Monograph 255, pp. 3-26.

Faggetter et al (2017). Trilobite extinctions, facies changes and the ROECE carbon isotope excursion at the Cambrian Series 2–3 boundary, Great Basin, western USA. Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology 478 (2017) 53–66

He et al. (2019). Possible links between extreme oxygen perturbations and the Cambrian radiation of animals. Nat. Geosci. 12, 468–474

Jourdan et al (2014). High-precision dating of the Kalkarindji large igneous province, Australia, and synchrony with the Early −Middle Cambrian (Stage 4−5) extinction. Geology 42/6, 543–546

Murphy et al (2025). Changes in metazoan functional diversity across the Cambrian Radiation and the first Phanerozoic mass extinction: the Cambrian Sinsk Event. Proc. R. Soc. B 292: 20250968.

Myrow et al (2024). Tectonic trigger to the first major extinction of the Phanerozoic: the early Cambrian Sinsk event. Sci. Adv. 10, eadl3452.

Raup e Sepkoski (1982). Mass extinctions in the marine fossil record. Science 215, 1501–1503

Zhuravlev e Wood (1996). Anoxia as the cause of the mid-early Cambrian (Botomian) extinction event. Geology 24, 311–314.